lunedì 19 ottobre 2015

NFORMARE PER MOBILITARE PER RESISTERE

Gli ultrà della famiglia: "Stop al gender, boicottiamo la scuola per un giorno"

di Mario Adinolfi
Ci vediamo domani a Lugo di Romagna, venerdì a Pieve di Cento da dove farò mille chilometri per arrivare sabato a Potenza e domenica ci si ritrova in qualche migliaio al Palasport di Andria. Sono le tappe dalla 217 alla 220 dei miei venti mesi in giro per l'Italia, quindi ormai ho una qualche esperienza, so che alla fine di ogni incontro dopo esserci dati forza l'un l'altro, più di qualcuno mi chiederà: "Ma io, concretamente, cosa possa fare?".
L'avanzata dell'ideologia gender, delle leggi ad essa collegate (ddl Cirinnà bis, ddl Fedeli, ddl Scalfarotto), sta subendo delle battute d'arresto. E' il frutto di una battaglia complessa e faticosissima, compiuta giorno dopo giorno contro una gigantesca armata iperfinanziata che ha a proprio sostegno i cannoni di tutta l'informazione, le corazzate dell'intrattenimento televisivo, l'aviazione dei giornali alla moda. Autori e conduttori di tutte le tv, di tutte la radio ripetono senza sosta: "Che vergogna che l'Italia non abbia ancora una legge sulle unioni omosessuali" e l'unione gay è diventato l'ingrediente must anche di qualsiasi fiction, di qualsiasi salotto televisivo à la page, di qualsiasi trasmissione radiofonica finto-trasgressiva. L'ideologia gender si è fatta pensiero unico e spunta da ogni tombino della comunicazione mainstream. Eppure. Eppure resistiamo. Eppure le leggi non vengono approvate. Eppure nei palazzi della politica in questi giorni serpeggia netta le sensazione che non convenga accelerare sul varo di norme che gli italiani in stragrande maggioranza rifiutano. Perché difendono la dignità della persona e non vogliono vedere i bambini trasformati in oggetto di compravendita, le donne in uteri da affittare, la maternità in qualcosa di commerciabile. La legge sulle unioni omosessuali dunque non viene votata in Parlamento, il ddl Cirinnà per la terza volta viene ri-ti-ra-to e riscritto, in tutti i partiti si aprono sacche di dissenso in particolare rispetto all'articolo 5, il colossale imbroglio in salsa anglofona della "stepchild adoption". Come mai, data la sproporzione dei mezzi messi in campo, la resistenza è efficace e segna ogni giorno punti a proprio favore? Come si può realizzare la circostanza, da molti data per impossibile, di vincere questa battaglia?
Sono domande intimamente legate a quella iniziale: "Ma io, concretamente, cosa possa fare?".
La resistenza all'avanzata dell'ideologia gender è, specie all'inizio, una scelta individuale. Penso a quel genitore che a Trieste ha protestato da solo contro "il gioco del rispetto", il classico corso genderista proposto ai bambini a scuola. Gli hanno dato del pazzo, ma lui ha insistito. Ha aggregato. ll caso è diventato nazionale. Alla fine il gioco del rispetto è stato cancellato come progetto da 45 scuole. Ha vinto lui.
Non eravamo molti di più a convocare la manifestazione di piazza San Giovanni. Dodici persone su un terrazzo mentre passavano le Frecce Tricolori, era il 2 giugno. Ci siamo dati appuntamento al 20, ci siamo ritrovati in un milione. Abbiamo cambiato la storia di leggi che venivano date per matematicamente approvate "in estate", poi "il 15 ottobre", poi a novembre, ora ci dicono che se ne discuterà nel 2016. Forse. E che sulla stepchild adoption sono in pochi pochi ad essere d'accordo.
Quel giorno da piazza San Giovanni poi ognuno è tornato sul proprio territorio e anche individualmente ha cominciato a parlare di gender a qualche familiare, a qualche amico, nella scuola dei propri figli. Ha fornito informazioni, raccolte grazie alla mobilitazione nazionale, ha a suo modo organizzato la resistenza. Una resistenza mai ideologica, ma basata su fatti concreti, su notizie, su storie, su vicende esemplificative.
Su La Croce non rinunciamo mai al racconto. La nostra informazione è fatta di dati concreti e siamo convinti che senza dare concretezza alla narrazione si scade nella dimensione ideologica. Per questo per raccontare cosa in realtà fosse la stepchild adoption e perché i proponenti della legge stanno rischiando di perdere tutto pur di difendere l'articolo 5, spiegando così loro stessi che è il cuore vero della legge, abbiamo dovuto illustrare la storia del senatore vero regista del ddl che ha lui stesso compiuto una pratica di utero di affitto all'estero e attraverso l'articolo 5 del ddl punta a legittimare in Italia quella pratica. Senza la legge non può farlo, con la legge potrà. Questa storia spiega perché il disegno di legge sulle unioni omosessuali è nel suo cuore un disegno di legge sulla legalizzazione dell'utero in affitto. Senza la vicenda concreta lo si sarebbe capito meno bene.
Anche la dimensione violenta di questa pratica si comprende meno bene senza le storie di donne che muoiono per la stimolazione follicolare ormonale o per le complicazioni di infinite gravidanze da fattrici. Quelle storie noi le raccontiamo, l'ultima, la morte di una trentaquattrenne in Idaho, è stata purtroppo una nostra esclusiva mondiale, siamo l'unico quotidiano ad averla portata alla luce dopo averla raccolta su una serie di siti sia pro-utero in affitto che prolife americani e averla verificata sul registro dei decessi in Idaho. Un lavoro giornalistico sempre complesso, che ha come finalità quella di una narrazione faticosa ma necessaria di casi concreti.
C'è chi ci rimprovera questa modalità comunicativa, c'è chi dice anche nel mondo e nella stampa cattolica che "non bisogna occuparsi di dati e storie individuali", ma non capiscono che senza la concretezza delle vicende umane allora si scade davvero nell'ideologico e si perde di efficacia. La nostra modalità di informazione è una modalità finalizzata: informare per mobilitare per resistere. E allora dobbiamo sporcarci le mani con la verità, anche e soprattutto la verità dei fatti accaduti, per testimoniarla tutta intera questa verità.
Cosa può fare ognuno di noi concretamente? Questo. Informarsi. Conoscere i fatti nel dettaglio. Lo strumento più adatto per la quotidiana informazione su questi argomenti è senz'altro il quotidiano La Croce e per questo noi chiediamo con insistenza l'ampliamento della base di abbonati e il sostegno perché con tremila abbonati "sostenitori" noi potremmo tornare con il cartaceo anche in edicola e non limitarci a uscire solo nella versione digitale. Ricordando il link www.lacrocequotidiano.it/abbonarsi-orariteniamo di compiere un passaggio decisivo nella costruzione di quella opinione pubblica diffusa che sola può contrastare il cannoneggiamento quotidiano del pensiero unico nella sua dimensione mainstream.
Ognuno di noi con la sua quota di informazioni raccolte nel dettaglio è una cellula della resistenza che deve agire su un tessuto gravemente compromesso dall'infezione. Siamo i globuli bianchi, agiamo per debellare il danno infettivo, più siamo più possiamo ritenere concreta la possibilità di vincere sull'infezione. La formazione di una opinione pubblica diffusa, fondata sullo spargersi ormai di milioni di cellule della resistenza, ha costruito nella concretezza ad esempio quei dati arrivati fino alla casamatta del potere (Palazzo Chigi, intendo) dove ora sanno che la stragranda maggioranza degli italiani è contraria alla stepchild adoption. Fino a qualche mese fa gli italiani manco sapevano cosa fosse la stepchild adoption, ho partecipato personalmente a riunioni in cui anche un parlamentare presidente di un importante movimento prolife italiano nel maggio scorso sosteneva che il ddl Cirinnà non contenesse la legalizzazione della pratica dell'utero in affitto, delle resistenze di segmenti molto rilevanti della Cei alla manifestazione di piazza San Giovanni non ho bisogno di parlare, le ricordano tutti. Ebbene oggi anche la Cei è schieratissima sulle prime pagine di tutti i giornali con mons. Galantino contro la legge sulle unioni gay, tutti i movimenti sanno bene che l'utero in affitto ne è il cuore, gli italiani in stragrande maggioranza a quelle norme sono contrari. Ben scavato, vecchie talpe, mi verrebbe da dire con una frase gergale che qualcuno riconoscerà.
Abbiamo solo questa strada: informare per mobilitare per resistere. E' una strada complicata, non garantisce il risultato, le forze in campo contro di noi hanno mezzi preponderanti. Ma non ho bisogno di ricordarvi come finisce tra Davide e Golia, ce l'ha ricordato a tutti Papa Francesco qualche settimana fa. Occorre solo scegliere i sassi giusti e una fionda che lanci con precisione. A noi la battaglia, a Dio la vittoria.