mercoledì 7 ottobre 2015

Teresa patrimonio dell’umanità



(Cristiana Dobner) «Teresa patrimonio dell’umanità» è stato intitolato il congresso mondiale che si è svolto ad Ávila all’università della Mistica dei carmelitani scalzi dal 21 al 28 settembre scorso, a chiusura del quinto centenario della nascita di Teresa di Gesù. La sua testimonianza di vita e di fede infatti ha oltrepassato i secoli e, ancor oggi, richiama per la sua vitalità non solo chi la segue sulla strada dei consigli evangelici — come le figlie e i figli della sua riforma — ma anche innumerevoli laici e tante persone lontane dalla fede.Patrimonio dell’umanità è una definizione audace. Paolo VI, però, l’aveva in qualche modo anticipata quando di lei scrisse «com’è grande, com’è unica, com’è umana!». Un rapido sguardo sullo svolgimento del congresso sarà sufficiente per comprendere lo spessore del lascito teresiano: non un reperto archeologico, ma linfa che scorre ancora limpida e vitale.
La tornata delle conferenze è stata aperta, dopo la prolusione del preposito generale dell’ordine, Saverio Cannistrà, da un filologo, Víctor García de la Concha — il direttore dell’Istituto Cervantes che ha guidato la Real Academia Española — con una conferenza dedicata alla riforma letteraria di Teresa di Gesù, unita alla riforma conventuale e a quella spirituale. Il teologo e poeta Rowan Williams, già arcivescovo di Canterbury e primate anglicano, nella sua relazione ha poi definito Teresa «un pilastro per l’ecumenismo» e la sua fedeltà all’eucaristia come la migliore risposta possibile nel secolo in cui visse, perché è il sacramento che ci insegna a «far sì che la realtà di Gesù diventi viva in noi». Sono poi intervenuti due ecclesiastici spagnoli. Il cardinale Ricardo Blázquez, arcivescovo di Valladolid e presidente della Conferenza episcopale spagnola, parlando di Teresa patrimonio spirituale per l’uomo d’oggi, si è rivolto a ogni persona che cerchi oggi di accogliere l’invito di Dio a conoscerlo e amarlo. L’arcivescovo di Madrid Carlos Osoro ha invece illustrato la gioia del Vangelo e di Teresa che l’ha incarnato e l’ha trasmesso alla sua Riforma.
Hanno parlato psichiatri, biblisti, specialisti — come il segretario dell’Unesco per il dialogo interreligioso, Francesc Torradeflot — che le hanno riconosciuto una straordinaria creatività e una grande intelligenza, risorse che le hanno permesso di affrontare le difficoltà e di diventare un ponte di dialogo, di incontro e di comunione.
Conferenze, simposi paralleli, relazioni, tavole rotonde e concerti hanno fatto emergere le diverse sfaccettature di Teresa dottore della Chiesa e donna integra che seppe aprirsi un varco in una società maschilista.
Secondino Castro — teologo, biblista e specialista di Teresa — ha parlato della sua esperienza trascendentale, ovvero della sua mistica senza i fenomeni mistici, e ha affermato che l’esperienza teresiana di Dio è stata spesso interpretata alla luce della sua fenomenologia e chiarita da questa impostazione metodologica. Non sempre però così accade, tanto che sarebbero auspicabili ulteriori studi in questo campo. La sua mistica comunque si rivela come mistica radicata nella Scrittura.
Nella quarta giornata del convegno, Julia Kristeva, autrice di Thérèse mon amour (2008), ha tenuto insieme a chi scrive la relazione «Teresa di Gesù “umanista” una visione da angoli contrastanti». Le grandi tradizioni mistiche islamiche e induiste si sono poi confrontate in una tavola rotonda.
Ma è sembrata Teresa stessa a guidare con la sua presenza e il suo spirito i cinquecento partecipanti al convegno e le migliaia di persone collegate in rete, invitando a camminare verso quella meta già tracciata da Paolo VI quando proclamò la santa dottore della Chiesa: «Il centro della dottrina spirituale di Teresa è Cristo che rivela il Padre, ci unisce a lui e ci associa a sé» e «l’umanità di Cristo assume intimamente l’uomo che a lui interamente si affida, nel mistero della sua morte, risurrezione e vita gloriosa presso il Padre. Per questo l’umanità sacratissima di Cristo comprende ogni nostro bene e salvezza».
L'Osservatore Romano