sabato 31 agosto 2013

Riflessioni su alcuni personaggi di scienza


In questi giorni di mare ho ritagliato alcuni articoli di giornale sulla storia della scienza. Li metto in fila.
Il più notevole è sicuramente la paginata di Giulio Meotti, su Il Foglio del 24 agosto. Si ricorda che Orwell scrisse “1984” dopo aver appreso “la degradazione della scienza sotto un regime totalitario”. Lo scrittore inglese era stato colpito dalla sorte toccata a eminenti scienziati russi: al genetista Vavilov, sottoposto a duemila ore di interrogatori, torturato e lasciato morire di fame nel gulag di Saratov; a Tulaikov e Karpechenko, altri due biologi sostenitori, come Vavilov, della genetica mendeliana, e per questo fucilati. 
Perché i sostenitori di Mendel, nella Russia atea, venivano privati delle cattedre, emarginati e persino, talora, condannati a morte? L’accusa a Mendel era duplice: essere stato un prete cattolico e aver proposto, con le sue leggi, una “superstizione metafisica”.
L’espressione “superstizione metafisica” ci fa capire quanto i sovietici fossero “buoni filosofi”. L’atto di nascita della genetica, come di tutta la scienza moderna, infatti, era stato proprio un atto di fede metafisico non nel caos, ma nell’ordine del creato; in un ordine di derivazione trascendente, evidente nelle leggi che regolano la realtà data. Mendel prima credette che esistessero delle leggi, qualcosa di invisibile che regola e guida ciò che è visibile; qualcosa di “intelligente” che rimanda a Legislatore, ad Intelligenza. Poi le cercò, pazientemente, per anni, sino a trovarle. Gli atei sovietici lo sapevano, e condannarono Mendel per decenni; così come condannarono l’astronomia del sacerdote cattolico Lemaitre, primo teorico dell’espansione delle galassie e del Big bang: suonavano, anche le sue scoperte, poco confacenti al dogma dell’eternità della materia.
Ma Mendel non piace neppure oggi: o lo si prende solo in parte, per dire che l’uomo è determinato dai suoi genti (cosa che lui mai avrebbe pensato neppure dei suoi piselli), oppure, implicitamente, lo si nega quando si sostiene, per esempio, che non esiste una identità sessuale naturale. Tutta le teoria del gender ha radici marxiste, e di fatto non fa altro che negare il dato genetico: la XX delle femmine e l’ XY dei maschi.
E’ anche per questo che a febbraio e marzo dell’anno prossimo si celebreranno, in 30 città italiane, i Mendel day. Per ricordare fatti storici, idee metafisiche, realismo filosofico.
Forse sarà anche l’occasione per rammentare che le uniche grandi persecuzioni di uomini di scienza sono state realizzate dai giacobini: quelli bolscevichi, e, prima, quelli della Rivoluzione francese che tagliarono la testa a Lavoisier e a diversi altri scienziati francesi, prima di togliere la cattedra ai troppo devoti Ruffini, Galvani…
Il secondo ritaglio è dal Corriere del 18 agosto: vi si racconta la storia di un grande fisico del Novecento, Gillo Pontecorvo che “scelse l’Urss e finì leggendo la Bibbia”. Pontecorvo fu un fervente comunista, tanto da dichiarare: “Per me il comunismo era come una religione. Ma ho commesso tanti errori”. Prima di assistere alla caduta terrificante di una religione durata pochi decenni, aveva scelto di leggere, ogni giorno, la Bibbia. Passando dal messianismo marxista, che salva l’Umanità tramite gli uomini, all’interesse per il Dio “fons pietatis”, “qui salvando salvas gratis”.
Il terzo ritaglio è sempre dal Corriere (25 agosto): Anna Meldolesi ricorda che il “co-scopritore” della selezione naturale, Alfred Russell Wallace, è stato dimenticato a vantaggio di Darwin, senza un vero motivo scientifico. Meldolesi lo definisce “vittima di una ‘selezione naturale’”. In verità fu tutto assai artificiale: Darwin fu scelto dal pensiero socialista e marxista che lo piegò ai suoi fini: fare dell’evoluzionismo la “prova” del materialismo. Wallace non poteva servire al fine: credeva in Dio e nell’unicità spirituale dell’uomo. Così fu accantonato…
Infine, sempre dal Corriere del 18 agosto: si pubblicizzano i “corsivi” di Umberto Veronesi. Medico, ma soprattutto, così ama presentarsi da tempo, storico, filosofo, teologo… Questo il succo: “Credo nell’uomo, non in Dio. Io non sono credente, e rispetto al problema di Dio mi considero agnostico. Sono però profondamente convinto che esiste una morale laica altrettanto valida della fede in Dio”.
Veronesi, lo ha ricordato più volte, è anche lui un figlio del materialismo comunista. Qui ci sono diverse visioni della storia: Veronesi crede nell’uomo, nonostante i gulag e i lager, e forse, anche a ragione di essi, non crede in Dio; io non credo nell’uomo, che per dare a tutti la felicità, senza Dio, ha creato i gulag, e credo in Dio, grazie ad uomini (che mi fanno credere anche nell’uomo) come i ragazzi della rosa bianca, san Massimiliano Kolbe o Solgenitsyn (secondo il quale: “Gli uomini hanno dimenticato Dio, ecco perché tutto questo è accaduto”)…
Veronesi è a favore dell’aborto (uccisione di un uomo piccolo da parte di un uomo grande); crede nella bontà della clonazione (uomo grande che fotocopia uomo piccolo); crede nella bontà dell’utero in affitto (persone ricche affittano l’utero di povere)… Cosa intenda, in concreto, per “credere nell’uomo”, mi sfugge… Il Foglio, 28 agosto 2013
F. Agnoli