giovedì 1 ottobre 2015

La famiglia di oggi tra sfide e prospettive.



 Per un nuovo sguardo pastorale

(Lucetta Scaraffia) Fra un sinodo e l’altro Papa Francesco ha messo al lavoro tutta la Chiesa sul tema della famiglia, e se ne sono visti i frutti in questi ultimi mesi, quando libri e dibattiti si sono susseguiti a ritmo crescente, portatori di punti di vista differenti, ma con intenti costruttivi. Quasi tutti si sono concentrati sull’indissolubilità del matrimonio e sull’accoglienza dei divorziati risposati, trascurando però altri problemi emersi dai questionari raccolti nelle diocesi, e quindi di grande attualità e interesse.
In Francia una riunione preparatoria — durante la quale si sono confrontati docenti universitari di otto facoltà teologiche, con una particolare attenzione alla diversità delle impostazioni — si è mossa invece in una direzione più ampia, affrontando non solo le problematiche indicate dalla relatio synodi, ma anche le domande emerse durante l’assemblea dei vescovi francesi. Ne è nato un libro intelligente e vivace (La famiglia fra sfide e prospettive, Edizioni Qiqajon, 2015), che apre prospettive diverse di riflessione e fa pensare. In particolare colpisce la nutrita presenza di donne, teologhe e bibliste, che fanno sentire la loro voce.
La riflessione teologica avviata vuole considerare la famiglia a partire dalla parola di Dio, non dimenticando però i bisogni del nostro tempo, senza quindi cadere in astrazioni. Anne-Marie Pelletier ricorda come i modelli familiari offerti dalla Bibbia siano molto diversi tra loro, e in alcuni casi francamente contestabili, per concludere che il racconto scritturistico non pretende certo di legittimare queste condotte, «ma testimonia come Dio venga ad investire delle situazioni trasgressive per farne strumento di salvezza». In sostanza, in questo come in altri interventi, si denuncia una tendenza a leggere i testi sacri per parlare di una famiglia ideale, che non esiste, piuttosto che affrontare la realtà e vedere il lavoro di Dio nelle nostre vite reali e imperfette.
Fin dai primi saggi, si apre il problema della legge di natura, a cui spesso si rifanno documenti della Chiesa, e della famiglia “naturale” a cui molti vogliono legare il modello cattolico di famiglia. Questo problema percorre tutte le questioni, in particolare quelle che riguardano la sessualità e la procreazione, e viene affrontato in modo risolutivo nella postfazione di Enzo Bianchi, che invita a considerare «l’esistenza di diverse forme di famiglia nel cammino di umanizzazione».
Due contributi del libro vorrebbero dar conto con un taglio storico dell’emergenza nella storia del modello cristiano di famiglia — e quindi offrire un fondamento più solido alla visione della famiglia come esito storico-culturale — ma in questo caso il risultato non è all’altezza dei propositi, dimostrando ancora una volta la carenza di analisi storica che caratterizza in genere l’attuale cultura cattolica.
Più ricche e interessanti le sezioni di esegesi biblica, in particolare l’esame dell’immagine del matrimonio modellato sul rapporto fra Cristo e la Chiesa. Questa immagine da più parti viene sottoposta a una serrata analisi critica, anche perché — scrive Hélène Bricout — «noi ereditiamo una lettura della questione dell’indissolubilità che è stata elaborata in un contesto matrimoniale, culturale, sociale diverso dal nostro».
Oltre ai problemi relativi ai divorziati risposati, numerosi sono i temi affrontati — tra questi, il cammino per chi non è chiamato né al matrimonio né alla vita religiosa e la questione dell’omosessualità — ma in tutte le risposte, che pure partono da punti di vista differenti fra loro, viene ribadita la necessità di uscire dall’astratto e dall’autoreferenzialità. «Parlare di matrimonio e di famiglia oggi richiede di discernere e di incontrare le domande di oggi, quelle che la pastorale ecclesiale conosce, a contatto con gli uomini e le donne di questo tempo» scrive Antoine Guggen-heim. E continua: «Ci aspettiamo un chiarimento e un progresso non della dottrina cattolica, ma della pastorale cattolica». In chiara sintonia, quindi, con le esortazioni di Papa Francesco a uscire, per andare incontro ai fedeli nella realtà delle loro vite.

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Il volto oscuro della famiglia. La casa della speranza di padre Aldo Trento in Paraguay
Donne, chiesa, mondo - L'Osservatore Romano
(Franca Giansoldati) Povera Liza. Povera Paulina. Povera Patricia. Tutte con le ali spezzate. Botte, violenze domestiche, sevizie. La via crucis ha tanti volti. E la lista dei loro nomi potrebbe continuare a lungo. 
Del resto, in questi anni, la casa della speranza di padre Aldo Trento, missionario in Paraguay, è conosciuta per essere una specie di porto di mare, un approdo sicuro dove trovare rifugio. Quando la polizia non sa cosa fare, alle prese con casi di violenza estrema, bussa al portone di legno della parrocchia. Da un muro di cinta di mattoncini rossi spuntano ciuffi di piante. «Benvenuti, qui si confessa ogni ora», c’è scritto. Naturalmente i poliziotti non vanno da padre Aldo per confessarsi. Sanno che è l’unico che accoglie gli scarti umani che nessuno vuole; troppo spesso corpi di donne ridotti a una poltiglia di sangue, denutriti, sottoposti a ogni genere di pratiche bestiali. Ragazzine dal volto di bambine pestate a sangue. Perché non è solo il racket della prostituzione a mietere vittime. Il machismo, deformazione culturale devastante, è parte sostanziale della società sudamericana. 
Al sinodo straordinario sulla famiglia, lo scorso autunno, sono risuonate nell’aula assembleare diverse testimonianze. Erano riflessioni angustiate sulla deriva di questo fenomeno endemico al quale la Chiesa si oppone con forza e contribuisce a fermare. Cosa certamente non facile, visto che l’imprinting popolare muta col tempo, di generazione in generazione, e così c’è bisogno di un costante impegno a livello educativo e didattico, in parrocchia, nelle scuole. In ogni caso serve determinazione e coraggio. Il silenzio non giova mai. 
Povera Liza, povera Paulina, povera Maria. Potrebbero essere nomi di fantasia, eppure non lo sono. Le loro vite non sono invenzioni, frutto di operazioni immaginarie. Disgraziatamente la realtà con la quale ci si scontra quando si mette piede nell’hospice di padre Aldo fotografa uno spaccato impietoso di prepotenza. Il volto oscuro della famiglia. Mariti brutali, padri orchi, padrigni senza pietà. 
E così nella struttura parrocchiale del missionario italiano non solo trovano riparo i malati terminali e i bambini abbandonati, ma ritrovano il sorriso anche le donne con le ali spezzate. Alcune sono lungodegenti, con patologie invalidanti riportate dopo anni di sevizie.
In una stanza colpisce il volto di cartapecora di una anziana. Sembra un cameo del secolo scorso, a un primo sguardo potrebbe essere centenaria. Immobile, mantiene una posizione fissa, quasi innaturale. Mercedes, invece, ha da poco compiuto cinquantaquattro anni. A trasformarla in questo fagotto pelle e ossa sono state le botte. Tante. Per anni, al punto che l’hanno fatta diventare autistica. Dal suo mondo inghiottito nel buio la donna capta solo una voce: quella di padre Aldo. Quando le si avvicina evocando due parole sacre per gli indios guaranì, lei spalanca gli occhi: è come se una chiave avesse aperto una memoria affievolita. Mercedes si alza dal letto pronta ad accogliere la benedizione con le mani giunte. Una donna accanto a lei osserva quello che accade. Padre Aldo sussurra altre parole di affetto. Le infermiere si fanno in quattro per aiutare coloro che non sono più in grado di essere autonome. Apparentemente sono tutte anziane, ma chi può dirlo? 
Le botte che hanno preso per anni, le hanno sfigurate, invecchiate, curvate. Padre Aldo ha messo in piedi una specie di welfare alternativo. «Per noi europei il machismo è qualcosa che non comprendiamo fino in fondo. Certo, abbiamo violenze, assistiamo a uccisioni, ma non abbiamo una cultura maschilista così violenta e radicata. La Chiesa cattolica è consapevole che bisogna difendere l’importanza dell’uguaglianza tra uomo e donna, insegnando il mutuo rispetto, la complementarietà dei ruoli».
Il cammino da fare è in salita. Nulla è scontato. Al piano sottostante del centro parrocchiale, nel grande salone pieno di giocattoli colorati e mobili allegri, una decina di bambini si diverte. Alcuni di loro hanno solo pochi mesi. Sono accuditi da cinque o sei ragazze che avranno sì e no una ventina d’anni. 
In disparte c’è Liza, una adolescente paralizzata, costretta su una carrozzina. Occhi nerissimi, capelli corvini, il suo sguardo è assente. Anche lei con le ali spezzate. La sua storia ha commosso Papa Francesco quando si è recato a fare visita al centro di don Aldo. La sua è forse la vicenda più agghiacciante. 
Liza è appena dodicenne, ma a vederla sembra ancora più piccola. Per anni è stata violentata dal padrigno che la lasciava senza cibo, spegnendole le cicche delle sigarette sulle gambe, divertendosi a torturarla. Le cicatrici orrende non se ne andranno più. La polizia l’ha trovata, grazie a una segnalazione, abbandonata in una casupola, nelle campagne circostanti, in condizioni indescrivibili. I suoi piedi erano stati spezzati più volte ed è per questo che non le sarà più possibile reggersi. Padre Aldo l’ha accolta che non emetteva alcun suono, non apriva nemmeno gli occhi. Era incinta di sei mesi, violentata dal padrigno. Oggi il suo bambino, David, è un meraviglioso bebè coccolato da alcune ragazze che si alternano a fare le baby sitter. Ognuna di loro è portatrice di altre storie legate al marciapiede, alla droga, al racket. 
Un bambino di tre anni, Diego, corre felice incontro al missionario e lo abbraccia. Gli porge un giocattolo rotto. «Ora proviamo a ripararlo». Come le ali da aggiustare di queste donne. Un sorriso per ciascuna. Forse un giorno torneranno a volare.

L'Osservatore Romano

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Ruini: "Il matrimonio è indissolubile, no all'eucarestia per i risposati". L'ex presidente della Cei: "La Chiesa vive di voci eterogenee" 
 La Repubblica 
(Paolo Rodari) «È profondamente sbagliato presentare come in contrapposizione le sensibilità diverse presenti al Sinodo sulla famiglia. Le diversità esistono ma sono arricchenti, e sono convinto che i padri sinodali troveranno soluzioni comuni ai problemi più delicati riguardanti la famiglia e le sue ferite. In questo senso non vi sono due Chiese, ma una sola Chiesa che vive di voci eterogenee».