martedì 19 gennaio 2016

AVETE FATTO ARRABBIARE ANCHE PADRE LIVIO!



È forse l’affinità visionaria quella che salda più intimamente l’analogia tra la nostra piccola testata e l’ormai storica radio di Padre Livio Fanzaga: oggi quest’emittente popolare e fieramente cattolica accompagna il popolo del 20 giugno verso la nuova manifestazione.

Silvia Lucchetti (La Croce Quotidiano) 

Il 30 gennaio si avvicina ed è impossibile non tornare con la mente alla piazza del 20 giugno scorso, alla gioia, alla tenacia, alla resistenza rappresentata da un milione di persone riunite a San Giovanni. Nei giorni che precedettero la manifestazione, dai microfoni di Radio Maria, Padre Livio con passione e coraggio invitò gli ascoltatori a partecipare. Lo fece con il suo stile diretto, senza peli sulla lingua e privo di mezze misure. Sì sì, no no, perché il di più viene dal demonio. Lesse gli articoli de La Croce e degli altri pochissimi giornali che pubblicarono informazioni sulla mobilitazione, li rese disponibili a tutti caricandoli sul sito e sulla pagina Facebook di Radio Maria e diede spazio nel palinsesto alle voci dei rappresentati dei comitati pro famiglia e agli esperti di teoria del gender ed educazione. Angela Pellicciari intervistò Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale che diede massimo appoggio alla manifestazione e lesse in diretta le lettere di molti genitori italiani preoccupati per l’educazione dei loro figli nelle scuole. La sua trasmissione, come quella della dottoressa Chiara Atzori e insieme a tante altre diedero ampio spazio al tema e fornirono dati e spunti fondamentali alla riflessione sul problema culturale e antropologico della teoria del gender. In quel momento decisivo intensificarono il lavoro di informazione, ma cosa ancor più importante, continuano a farlo tuttora con professionalità, fede e costanza. Bisogna ricordarlo: in quei giorni, come oggi d’altronde, tutti i media e tutte le televisioni ostacolarono e silenziarono la manifestazione, tutti, tranne Radio Maria. Perciò dobbiamo dire grazie a Dio e benedire Padre Livio per la sua forza e la sua fedeltà al Vangelo. Il caffè mattutino di Radio Maria del 20 giugno, recitava: “I figli me li ha dati Dio e me li educo io”. Più chiaro di così! Il 23 giugno a tre giorni da piazza San Giovanni, durante il commento alla stampa del giorno, appuntamento che noi de La Croce seguiamo con attenzione, Padre Livio esordì: «La manifestazione di sabato scorso è stata popolare, è salita dal basso a difesa dei bambini dall’ideologia del gender. I laici si sono assunti le loro responsabilità, hanno affrontato di tasca propria molte spese per esserci, una piazza così non si vedeva da tempo». «La mobilitazione ha già dato i suoi frutti, se servirà ne faremo un’altra e di gente ce ne sarà il doppio. Su queste cose non molliamo!». E sulle polemiche rispetto al mancato appoggio ufficiale da parte della Chiesa disse con profondo rispetto e umiltà: «Per me va bene così, son contento e mi basta che la Chiesa ci lasci combattere. Ci pensiamo noi a difendere la famiglia». Se servirà ne faremo un’altra? Detto, fatto! Siamo pronti! Altro attacco alla famiglia, nuova manifestazione da organizzare, necessaria battaglia da combattere. Consapevoli di essere piccole matite nelle mani di Dio, come diceva Santa Madre Teresa di Calcutta, è bene ripetere insieme a Santa Giovanna d’Arco a chi ci fraintende e accusa: “A noi la battaglia, a Dio la vittoria”. Lo diciamo insieme alla pulsella d’Orléans affinché ci ispiri il suo stesso coraggio e a Mario Adinolfi che lo esclama ogni lunedì mattina alla fine della sua 
trasmissione Il Mormorio di un vento leggero sempre su Radio Maria. Ieri durante il commento alla stampa del giorno Padre Livio ha parlato del nuovo Family Day del 30 gennaio: «Tutti quelli che hanno a cuore la famiglia sono invitati a partecipare perché non è una manifestazione contro qualcuno o qualcosa ma è una manifestazione per dare sostegno alla famiglia naturale, quella formata da marito e moglie, maschio e femmina, sposo e sposa e dai bambini. Una manifestazione che vuol far pressione sul Governo affinché cambi registro su queste Unioni Civili simil matrimonio che riguardano 1500 coppie al massimo in tutta Italia, mentre fa le spallucce per quanto riguarda i veri problemi della famiglia. È una manifestazione organizzata dai laici ma che ha l’esplicito sostegno da parte della CEI» ha ribadito il direttore di Radio Maria Italia. «Il Governo, per quanto riguarda l’utero in affitto non ha cercato nessuna mediazione, lo vuole far approvare a tutti i costi, ma siamo in democrazia e le maggioranze possono anche cambiare». «Il presidente della Repubblica ha manifestato la sua preoccupazione per gli aspetti del Ddl Cirinnà che sarebbero contrari alla Costituzione, la quale prevede il matrimonio fra uomo e donna e quindi per sfuggire alla possibilità che poi il testo venga dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale si prevede che il Governo faccia alcune modifiche ma non toccherà l’utero in affitto. Per il Governo l’utero in affitto è un comandamento divino». E poi incalza: «Ma Bagnasco non fa distinguo: tutta la legge è da respingere. Quindi tutti i deputati cattolici devono votare no alla legge. Andassero pure in porto le mediazioni devono votare no»! «Per l’Arcivescovo di Genova di fronte alla disoccupazione e alla disperazione delle famiglie in profonda difficoltà è una distrazione grave e irresponsabile quella del Governo accanito sulle Unioni Civili». «Sabato 30 gennaio vi invito per questo a partecipare numerosi al Family Day, non è invitato a mobilitarsi solo il mondo cattolico ma tutti coloro che vogliono tutelare la famiglia. Noi ne parleremo ancora perché per Radio Maria questi sono argomenti all’ordine del giorno». Se procedo a ritroso, prima ancora del 20 giugno mi sovviene un’altra data: il 13 gennaio 2015, giorno in cui uscì in edicola La Croce. La prima cosa che pensai quella mattina con il quotidiano tra le mani fu che aveva almeno una caratteristica in comune con Radio Maria, precisamente la più bella e grande delle sue qualità: l’essere libera. La Croce quotidiano rifiuta i finanziamenti pubblici, è senza pubblicità e non è sorretta da nessun gruppo editoriale. Libera. Che bello! Ricordo che Mario Adinolfi, nei giorni che precedettero l’uscita del giornale e in quelli immediatamente successivi, ripeteva con fede e speranza quella Parola del Vangelo che ci invita a non essere in ansia per la nostra vita e per il nostro sostentamento, ma piuttosto a cercare il Regno di Dio e la sua giustizia perché tutto il resto ci sarà dato in aggiunta. In una parola: Provvidenza Divina. Scrissi a Padre Livio una mail il giorno in cui La Croce debuttò, gli spiegai delle somiglianze fra le due realtà, quella nuova del giornale #controifalsimitidiprogesso e quella della solida e ormai storica Radio da lui diretta, gli parlai del libro Voglio la mamma e del lavoro dei redattori del tutto volontario (altro aspetto in comune) e lui mi rispose: “Non è un’impresa facile… però meritoria”. E poi ancora: “Coraggio!” Allora oggi lo ripetiamo anche noi, insieme a Padre Livio: combattere i falsi miti di progresso, difendere i diritti dei bambini ad avere una mamma ed un papà, preservare la famiglia dagli attacchi del mondo, non è impresa facile però meritoria. Merita tutti i nostri umani sforzi, merita le nostre fatiche e le nostre preghiere. Se anche voi siete arcistufi di sentire frasi come: Il Paese è arretrato, è l’Europa a chiedercelo, la GPA #uteroinaffitto è un gesto di amore e gratuità, venite il 30 gennaio! La Madonna ci accompagnerà. Coraggio!

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Una resistenza che è politica Resistere alla legge che con le c.d. “unioni civili” autorizzano la pratica dell’utero in affitto è questione di amor proprio della civiltà: solo da qui può ripartire un genuino impegno politico italiano 

di Giuseppe Focone – La Croce, martedì 19 gennaio 2016

Il Family Day del prossimo 30 Gennaio sarà un vero e proprio evento politico, nel senso più alto del termine. La politica è l’attività relativa alla pianificazione, progettazione e gestione della vita pubblica, è l’arte dell’orientare e governare una comunità, una città, uno Stato. L’espressione “politica” deriva dall’aggettivo greco πολιτικός, utilizzato anticamente per denotare tutto ciò che apparteneva alla dimensione della vita comune riguardo sia alla Stato, πόλις, sia al cittadino, πολίτης. Ed è proprio questa caratteristica che connoterà il prossimo evento, così come aveva connotato quello del 20 giugno scorso. Una manifestazione spontanea di famiglie, padri, madri e figli, cellule fondanti la nostra società, la colonna vertebrale del nostro Paese, unico autentico welfare in questi anni difficili, che realizzano di non essere più rappresentate né tutelate. Famiglie, sistematicamente tradite da politici opportunisti che, in cambio di un po’ di potere, giorno dopo giorno ne hanno progressivamente svenduto i valori e minato le risorse. Famiglie che prendono finalmente coscienza della propria identità, si assumono il coraggio delle proprie azioni e fanno sentire la propria voce. Una voce diventata vento che soffia impetuoso e che non si può più né ignorare né contenere. Famiglie che si fanno popolo. Il popolo di Piazza San Giovanni. Gigantesche sono le responsabilità di chi era deputato a difenderle e che invece, per vili interessi personali, le ha abbandonate alla mercé degli attacchi di chi aveva interesse a distruggerle. Sottoposta a pressioni e difficoltà insostenibili per mancanza di politiche specifiche, la famiglia naturale è sembrata avviarsi verso una lenta e inesorabile agonia, producendo un gravissimo vuoto culturale nel quale una numericamente irrilevante, ma mediaticamente agguerrita, minoranza si è sentita legittimata a riempire di qualsiasi stravaganza antropologica. Finora. Da oggi, però, le famiglie si riappropriano del la politica finalmente consapevoli della loro forza e del loro essere spina dorsale di questo Stato. Come ha ripetuto più volte Papa Francesco, “un buon cattolico si immischia in politica, offrendo il meglio di sé perché il governante possa governare. La politica è una delle forme più alte della carità perché è servire il bene comune e un cattolico non se ne può lavare le mani!” Ecco, oggi le famiglie si immischiano, anzi, irrompono nella politica italiana per correggere e orientare l’azione di chi, avendo responsabilità di legiferare, vorrebbe codificare leggi che le stravolgerebbero radicalmente nella loro stessa sostanza. E lo fanno in modo meraviglioso, con un evento pacifico, gioioso, apartitico, aperto a tutte le donne e agli uomini di buona volontà. Famiglie che vogliono determinare direttamente e autonomamente cosa è Bene e cosa è Male per sé stesse, iniziando col chiarire, una volta per tutte, cosa vuol dire essere famiglia. La famiglia italiana vuole essere “naturale”, l’unica unione costituita sull’amore fecondo di un uomo e di una donna, potenzialmente genitori perché insieme naturalmente capaci di generare figli. Questo è il Bene che essa, per sé stessa, intende perseguire. Le famiglie si oppongono con vigore al concetto di “genitorialità” usato strumentalmente in contrapposizione ai naturali concetti di paternità e maternità (che da soli sarebbero già sufficienti a comprendere che per generare un figlio occorrono una madre e un padre) allo scopo di legittimare una presunta vocazione genitoriale a prescindere dall’incontro delle due meravigliose e complementari diversità di una mamma e di un papà. Non esiste per nessuno il diritto generico di avere figli, mentre esiste il diritto di ogni bambino di avere una madre e un padre e di sapere chi sono. Di fatto, tutte le pratiche che consentono alle persone dello stesso sesso di procurarsi dei figli da crescere, privano proprio quei bambini innocenti della loro mamma o del loro papà naturale, riducendoli a meri oggetti di un insano desiderio di genitorialità. E’ questa voglia di correggere il Creatore (o la natura, se non credete) che le famiglie italiane rifiutano, perché sanno che confondere il piacere con l’amore porta solo tanto dolore. La pratica dell’utero in affitto, che il DDL Cirinnà di fatto incoraggia, è solo la punta dell’iceberg di quel dolore. Una donna che per danaro affitta il proprio utero a due uomini facoltosi, che per contratto vi impianteranno un ovulo di una terza donna fecondato con lo spermatozoo di uno dei due, resta e resterà per sempre la madre biologica di quel bambino. Lo avrà tenuto nel suo grembo per nove mesi e non potrà mai essere solo l’incubatrice a cui vorrebbero ridurla perché in quei nove mesi la madre nutrirà il figlio attraverso il cordone ombelicale e il figlio sarà fatto di ciò di cui la madre l’avrà nutrito e avrà respirato attraverso di lei e si sarà orientato con il battito del suo cuore. E invece quel bambino, un attimo dopo la nascita sarà strappato da quel seno a cui per tutto il tempo avrà anelato con l’istinto naturale proprio di ogni essere umano e subirà, per contratto tra adulti incoscienti, la negazione di quel diritto che non si nega neanche agli animali nei primi mesi di vita. E’ invidia di Dio (o della natura che così ha disposto, se non credete) quella per cui due persone dello stesso sesso che hanno deciso di vivere insieme vogliono completare la loro unione superando a ogni costo i limiti che la natura stesso impone loro. E quel costo impongono di pagarlo ai bambini.

Questo per le famiglie italiane è il Male. Se il rapporto, la convivenza, l’unione tra due persone dello stesso sesso venisse equiparato anche seppur lontanamente al matrimonio, non si potrebbe negar loro la possibilità di procurarsi figli a qualsiasi costo. Qualsiasi altra unione, quindi, non può e non deve essere equiparata in nessun modo al matrimonio tra un uomo e una donna. Le tutele per chi compie scelte diverse sono già presenti nel nostro ordinamento, anche per quei bambini che già vivono realtà del genere. Possono essere migliorate e rafforzate, ma il matrimonio tra un uomo e una donna resterà sempre un’altra cosa. Lo dicono le famiglie, ma lo dice anche la nostra Costituzione, all’articolo 29: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare ». Tale principio è difeso anche dalla Corte Costituzionale, giudicante sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi dello Stato e delle Regioni. E la Corte, chiamata a esprimersi dai Tribunali di Venezia e di Trento che avevano sollevato questione di legittimità costituzionale di alcuni articoli del codice civile, nelle parti in cui “sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso”, ha dichiarato inammissibile la questione di tale legittimità. Grottesco è il tentativo dei sostenitori del DDL Cirinnà di voler riferire le unioni civili alle formazioni sociali previste ai sensi dell’art. 2 della Costituzione: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». Possono chiamarle unioni, formazioni sociali o in mille altri modi, ma la verità è che il DDL Cirinnà, è stato concepito proprio per voler equiparare la convivenza di due persone dello stesso sesso al matrimonio tra un uomo e una donna. L’amore generico da solo non basta per fare di un’unione un matrimonio. C’è bisogno dell’amore potenzialmente fecondo. Per tutti questi motivi il DDL Cirinnà è contro la famiglia naturale, contro i bambini, contro la Costituzione della Repubblica Italiana e va ritirato. Di ben altre priorità che non il loro essere ridisegnate per legge hanno bisogno le famiglie italiane. E per questo motivo che diventa indispensabile la partecipazione al Family Day di ognuno che abbia a cuore le sorti della famiglia. Perché non è più possibile delegare. Bisogna esserci e partecipare, per evitare che, come è già successo in passato, qualcun altro decida per noi cosa sia Bene e cosa sia Male.