lunedì 19 agosto 2013

Francesco e il diavolo

Papa Francesco

Francesco lo ha già citato varie volte, «Civiltà Cattolica» critica chi nella Chiesa lo riduce a «pura metafora, banalizzandolo»

ANDREA TORNIELLI

«Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del demonio». Così Papa Francesco nell'omelia della sua prima messa da Pontefice, celebrata nella Cappella Sisitina all'indomani dell'elezione. Il nuovo vescovo di Roma, venuto «dalla fine del mondo», ha citato più volte il diavolo nella sua predicazione. In piazza San Pietro il 24 marzo, celebrando la Giornata della Gioventù, ha ricordato che la gioia del cristiano deriva non dal possedere molte cose ma dall'incontro con Gesù, «dal sapere che con lui non siamo mai soli, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti! E in questo momento viene il nemico, viene il diavolo». Mentre il 4 maggio, durante la messa mattutina a Santa Marta, riflettendo della persecuzione dei cristiani, Francesco ha parlato dell'«odio del Principe di questo mondo verso quanti sono stati salvati e redenti da Gesù».


Questi accenni ripetuti, già a suo tempo fatti notare dalla stampa, hanno offerto lo spunto per una riflessione di padre Giandomenico Mucci su «Civiltà Cattolica». «Da vari decenni - ha scritto - la predicazione cattolica si è dimenticata del diavolo che pure è corposamente presente nei documenti dello stesso Vaticano II. Alcuni teologi hanno accolto l'opinione secondo la quale Satana è frutto della fantasia umana sviluppatasi nell'area del paganesimo e penetrata successivamente nel pensiero giudaico». Si spiegherebbe così «lo scalpore suscitato, tra i credenti e i non credenti, dalla predicazione del Papa sul diavolo».


La dimenticanza del diavolo è un fenomeno che ha caratterizzato in modo particolare gli ultimi cinquant'anni. Proprio per ovviare a questo, ricordando le tante citazioni dei Vangeli, dell'Apocalisse, delle Lettere apostoliche, dei Padri della Chiesa, dei Concili e del magistero dei Papi, nel 1975, dunque durante il pontificato di Paolo VI, venne pubblicato uno studio della Congregazione per la dottrina della fede intitolato «Fede cristiana e demonologia», nel quale veniva arginato il tentativo «di demitizzazione della secolare dottrina della Chiesa su Satana».


Uno spazio consistente nell'articolo di padre Mucci è dedicato ad ampie citazioni del famoso discorso di Paolo VI, che il 15 novembre 1972 dedicò a questo argomento la catechesi dell'udienza generale, affermando che «uno dei bisogni maggiori della Chiesa oggi è la difesa da quel male che chiamiamo Demonio». Papa Montini ribadì che «il male non è più soltanto una deficienza, ma è un'efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa. Esce dal quadro dell'insegnamento biblico ed ecclesiastico chi si rifiuta di riconoscerla esistente».


Paolo VI metteva in guardia dall'atteggiamento dei contemporanei: «Si pensa da alcuni di trovare negli studi psicanalitici e psichiatrici o in esperienze spiritiche, oggi purtroppo diffuse in alcuni Paesi, un sufficiente compenso. Si teme di ricadere in vecchie teorie manichee, o in paurose divagazioni fantastiche e superstiziose. Oggi si preferisce mostrarsi forti e spregiudicati, atteggiarsi a positivisti, salvo poi prestare fede a tante gratuite ubbie magiche o popolari, o peggio aprire la propria anima alle esperienze licenziose dei sensi, a quelle deleterie degli stupefacenti, come pure alle seduzioni ideologiche degli errori di moda, fessure queste attraverso le quali il Maligno può facilmente penetrare ed alterare l'umana mentalità».


Le parole di Papa Francesco richiamano dunque la presenza del diavolo, una presenza che negli ultimi decenni - dopo la fase della dimenticanza - si rischia ora di veder esagerata ma confinata soltanto nel sensazionalismo o nel folklore di notizie dedicate al satanismo. Anche per questo, l'articolo di padre Mucci su «Civiltà Cattolica» conclude: «C'è il rischio che il cristiano dia eccessiva importanza al diavolo, sedotto dalla paccottiglia di certa stampa e di certi servizi televisivi che inducono a dilettarsi nel brivido causato malsanamente da interventi diabolici veri o presunti o inventati. Satana esiste e, Dio permettendolo, tenta l'uomo al male e gli può nuocere anche gravemente. Ma non può impedire in noi né la vita evangelica né la salvezza eterna. Egli è pari a un cane ringhioso e feroce legato con una robusta catena alla parete. Tanto può aggredire e uccidere quanto l'uomo si avvicina al raggio d'azione concesso alla bestia dalla catena. Quella catena è Cristo».

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Approfondimenti

DEMONOLOGIA: LA SACRA SCRITTURA E IL DIAVOLO

Demonologia: la Sacra Scrittura e il diavolo
Per definizione il diavolo è quella “invisibile potenza personale che dirige le forze del male in lotta con i disegni di Dio e a danno dell’uomo” [cf. Diz. Biblico, Spadafora, Studium, Roma, 1955, p. 159 e succ.].
In lingua ebraica diavolo è “haś-śaṭān” che sta ad indicare precisamente “l’avversario”; vedremo bene di chi è “l’avversario” e come agisce.
In Giobbe 1 “6 Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche satana andò in mezzo a loro. 7 Il Signore chiese a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra, che ho percorsa». 8 Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male». 9 Satana rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? 10 Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra. 11 Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!». 12 Il Signore disse a satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui». Satana si allontanò dal Signore.
In Giobbe 2 “1 Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore, anche satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. 2 Il Signore disse a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra che ho percorsa». 3 Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo». 4 Satana rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l’uomo è pronto a darlo per la sua vita. 5 Ma stendi un poco la mano e toccalo nell’osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». 6 Il Signore disse a satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita». 7 Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. 8 Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. 9 Allora sua moglie disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!». 10 Ma egli le rispose: «Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?». In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.
L’avversario, il nemico di Cristo, della Chiesa cattolica e dell’uomo. Come sappiamo per tradizione, secondo molti padri e teologi il motivo per cui Lucifero si rivoltò al Creatore fu proprio l’unione ipostatica[leggi approfondimento a fine articolo], da qui l’espulsione e l’odio nei confronti dell’uomo che, secondo le intenzioni del demonio, deve morire quando è non gradito a Dio, con peccato mortale; l’operato dell’“avversario”, quindi, avrà come indirizzo ciò. Per permissione di Dio (permette l’azione ordinaria e straordinaria del demonio) egli si adopera affinché l’uomo pecchi e diventi vizioso, quindi si allontani dal Sommo Bene,  dalla salvezza eterna.
Per permissione di Dio, Satana spinse Davide a censire gli Israeliti poiché “Satana insorse contro Israele” (I Cro. 21,1); in Zaccaria vediamo Satana prendere le sembianze anche di un “accusatore”, si legge “3,1 Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè, ritto davanti all’angelo del Signore, e satana era alla sua destra per accusarlo. 2 L’angelo del Signore disse a satana: «Ti rimprovera il Signore, o satana! Ti rimprovera il Signore che si è eletto Gerusalemme! Non è forse costui un tizzone sottratto al fuoco?».
In ebraico lo stesso termine ma senza l’articolo sta ad indicare anche un nemico umano, non il demonio quale “invisibile potenza personale”, bensì nemico in unione sostanziale dell’anima con il corpo (uomo o donna). Abbiamo dei riferimenti in I Sam 29, 4;  II Sam 19, 22.
Nella versione greca della Bibbia dei Settanta leggiamo “διάβολος”, da “διαβάλλω”, “accusatore” “calunniatore” usato come traduzione per l’ebraico “haś-śaṭān” o “sār” e “sōrēr”, “nemico”; “ma il nostro avversario non potrebbe riparare al danno fatto al re con la nostra morte” in Ester 7,4 “In quello stesso giorno il re Assuero diede alla regina Ester la casa di Amàn, nemico dei Giudei” in Ester 8,1.
Il diavolo è il responsabile originario delle caduta di Adamo ed Eva, che sono per certo i nostri progenitori, i quali conseguentemente persero i doni sovrannaturali e preternaturali (cf. Gen. III,1; Sap. II,24; Giov. VIII,44; Ebr. II,14; Ap. XII,9 e XX,2).
Il diavolo è presentato in Giob. I,6 ss.; I Cro. 21,1; Zac. III,1 ss. come il nemico invincibile e onnipresente, come quella precisa carogna che accusa gli uomini al cospetto di Dio e che tenta gli stessi affinché ottengano la giusta e meritata condanna, proprio perché una delle principali caratteristiche di Dio è lagiustizia, quindi Dio castiga (in terra) e condanna (castigo eterno) dopo la morte.
Stando alla tradizione, i diavoli possono avere moltissimi nomi; Asmodeo, per esempio, è il demonio della libidine che può sconfiggersi solamente con preghiera e mortificazione. In Tobia III “8 Bisogna sapere che essa era stata data in moglie a sette uomini e che Asmodeo, il cattivo demonio, glieli aveva uccisi” (v. anche Tob. VI,8 ss.)
Secondo Origene il demonio Azael (cf. Patrologia Greca, II, 1364) sarebbe il principe dei diavoli il giorno dell’espiazione anche se, sostiene mons. Spadafora, probabilmente “è soltanto un nome dello stesso capro espiatorio, scacciato nel deserto (Clamer)”; in Levitico XVI “7 Poi prenderà i due capri e li farà stare davanti al Signore all’ingresso della tenda del convegno 8 e getterà le sorti per vedere quale dei due debba essere del Signore e quale di Azazel.
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mosche
L’altro termine Belzeboul (o Belzeboub) ha un’origine incerta. In II Re 1,2s e 6,16 compare come «dio di Ekron», il ba’ahlz’bub, «signore delle mosche». Probabilmente deriva da ba’ahl zibbul, «signore del letame, della sporcizia». Daimonion è la forma diminutiva di daimôn, che a sua volta deriva dal verbo daiomai, «dividere, suddividere», come traspare dal nome daimôn adoperato nella letteratura greca per il dio dei morti che decompone i cadaveri. Nel Nuovo Testamento troviamo 37 volte diabolos, 36 Satanas, 63 volte diamonion, 7 Beelzeboul. [cf. testo in pubblicazione Diavoli guida essenziale, Stanzione - Di Pietro, Fede & Cultura, Verona, 2013]
Nel Nuovo Testamento il diavolo è detto anche Satana, nome proprio o usato  come singolare collettivo per indicare genericamente gli angeli ribelli; molti studiosi della Bibbia e alcuni padri concordano sul fatto che un terzo degli angeli cadde in peccato seguendo l’inganno di Satana, da qui divennero appunto angeli ribelli (cf. Ap. XII,3-4).
Satana è a capo degli angeli ribelli ed è proprio lui a fomentare il male e la perdizione. Per tradizione si ritiene che l’angelo “Portatore di luce” o Lucifero [lux (luce) e ferre (portare) - grecophosphoros (phos=luce, pherein=portare)]  sia effettivamente e certamente Satana, figure perfettamente assimilabili sia secondo il giudaismo che secondo il cristianesimo. Alcuni esoteristi, i quali interpretano la Scrittura secondo il libero esame, ritengono che siano due entità differenti, sebbene il loro parere poco importa per i nostri studi.
Ben 39 volte ritroviamo nel Nuovo Testamento la parola “o διάβολος” usata quindi al singolare, dove tecnicamente stiamo parlando del “nemico di Dio” o di uno dei suoi fedeli; in I Timoteo 3,11 ; in II Timoteo 3,3 ed in Tito 2,3 ritroviamo il plurale come attributivo “accusatore”.  “o σατανἄς” ricorre 36 volte più varie voci affini. Termini dallo stesso significato li ritroviamo altre 63 volte, di cui 27 al singolare e 36 al plurale.
In Apocalisse XII,9 e XX,2 il diavolo (Satana) è riconosciuto come il “dragone”; viene denominato anche il “tentatore” (cf. Mt. IV,3), il “malvagio” (cf. Atti XIX,22), lo “spirito immondo” (cf. Mt. XII,43), “l’accusatore dei fratelli nostri (i cristiani) che li accusa davanti a Dio giorno e notte” (Ap. XII,10).
Quanto al Giudizio universale è definito anche come “l’avversario che attende in tribunale”, o che “vi aspetta”.
Il diavolo è un “divoratore di anime” ovunque, in ogni luogo della Terra nessuno è esente dalle tentazioni, difatti in I Pietro si legge “6 Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, 7 gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. 8 Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. 9 Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi.
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bacio
Breve demonologia negli studi biblici di mons. Francesco Spadafora
L’antica tradizione religiosa ebraica, relativa al peccato degli angeli, è riportata da s. Pietro (cf.  II Pt. 2,4) e da s. Giuda (I, 6) ed accennata da Cristo; «Egli era omicida fin dal principio e non perseverò nella verità, perché la verità non è in lui» (Giov. VIII,44) e da san Giovanni «fin dal principio il diavolo pecca» (I Gv. 3,8). Si dà la preferenza al peccato di superbia, più consono alla natura angelica spirituale. Confinati negli abissi tenebrosi (cf. II Pt. 2,4; Giuda l,6) e puniti col fuoco eterno per loro creato (cf. Mt. XXV,41), questi angeli decaduti, assai numerosi (cf. Mc. V,9; Lc. VIII,30), hanno un potere limitato sugli uomini (cf. I Pt. 5,8) fino alla condanna nel giudizio finale (cf. II Pt. 2,4; Giuda I,6).
Come «capo di questo mondo» (cf. Gv. XII,31; XIV,30; XVI,11), «dio di questo secolo» (cf. II Cor. 4,4) e «padrone» (cf. Mt. IV,9; Lc. IV,6) manifesta la sua potenza nelle tenebre dell’idolatria (cf. At. XXVI,18; Col. l,13). La lotta diabolica è portata anzitutto contro Cristo; dopo le iniziali tentazioni a carattere messianico, lo avversò fino alla morte, suggerendo il tradimento a Giuda Iscariota (cf. Gv. XIII,2; VI,71) e pigliando saldo possesso del suo spirito (cf. Lc. XXII,3; Gv. XIII,27; Lc. XXII,53). La lotta contro la Chiesa di Cristo è tratteggiata nelle parabole del seminatore e della zizzania (cf. Mt. XIII,19.25.39; Mc. IV,15; Lc. VIII,12).
Dopo Cristo, sono tentati i cristiani (cf. At. V,3), con grande astuzia (cf. I Cor. 7,5; II Cor. 2,11; I Ts. 3,5), dal diavolo che si trasforma in angelo di luce (cf II Cor. 11,14), promotore di dottrine false (I Tim. 4,1). Soprattutto i propagatori del cristianesimo sono oggetto dell’odio diabolico (cf. Lc. XXII,31; II Cor. 12,7; I Ts. 2,18). Cristo però inferse al diavolo la prima grave sconfitta, quando realizzò la profezia genesiaca (cf. Gen. III,15; Luc. X;18; Gv. XII,31; XIV,30; XVI,11; I Gv. 3,8), con la sua morte distrusse il dominatore della morte (Ebr. II,14) e liberò i soggiogati dal terrore della morte (Ebr. II,15; Col. II,14 ss). Ma poiché la sconfitta definitiva avverrà solo alla fine del mondo, quotidiana deve essere la resistenza dei cristiani ai suoi attacchi (cf. I Pt. 5,8-9), con “intera l’armatura” soprannaturale (cf. Ef. VI,16; II Cor. 12,7 ss.; Rom. XVI,20). Né infrequente sarà il successo del diavolo; al tempo di Cristo vi sono seguaci fedeli del diavolo (Gv. VIII,41-44); nell’età apostolica l’incestuoso di Corinto e gli apostati Imeneo ed Alessandro sono abbandonati in punizione in potere di Satana (cf. I Cor. 5,5; I Tim. 1,20). Fino al giorno del giudizio vi sarà opposizione fra i “figli di Dio” ed “i figli del diavolo” (Gv. VIII, 44-47; I Gv. 3,8-10), i quali compiono le “opere del diavolo” (cf. At. XIII,10) che si riassumono nell’impostura o seduzione (cf. Gv. VIII,44; I Tim. 4,2; Ap. XII,9; XX,9) con cui alla verità e alla giustizia viene sostituito il peccato (cf. Rom. l,25 ss; Giac. V,19).
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burattinaio
Come abbiamo appreso, Lucifero, avendo perduto la sua originaria posizione di autorità ed essendo consapevole della sua eterna sconfitta,  è divenuto Satana e si oppone ai piani di Dio; Dio, dal canto Suo, permette sapientissimamente l’operato del demonio nella οικονομια.
Satana odia Dio ed odia vedere Dio servito ed onorato, ed essendo l’uomo il “coronamento” della Creazione, Satana sin dal principio tentò i nostri certi progenitori che furono Adamo ed Eva, il primo uomo e la prima donna; ancora oggi il diavolo agisce con l’obbiettivo demolitore di rovinare l’uomo e di impedire che questi ami e riconosca Dio, come fine ultimo il diavolo opera per la dannazione delle anime.
E’ proprio attraverso il nostro “io” che noi diveniamo servitori di Satana abbandonando l’unico culto salvificoper il tramite della Chiesa cattolica, dacché adoriamo le cose del mondo, i falsi idoli, diveniamo peccatori dapprima e viziosi poi e ci facciamo traghettare verso l’Inferno.
Pur tuttavia noi sappiamo Satana essere operante solo ed esclusivamente per permissione di Dio, quindi la sua potenza non è illimitata ma è ben confinata sotto la mano del Signore, e va detto che il demonio opera in tutto il mondo con le sue schiere di angeli decaduti, difatti gli conviene il titolo di “principe di questo mondo” come abbiamo già appreso. Le Scritture ne parlano come “il principe delle potenze dell’aria” e “il dio di questo mondo”, che sa mascherarsi anche da “angelo di luce” o da “falso profeta” per raggirare gli uomini affinché diventino suoi servitori.
Per permissione di Dio il demonio può operare in via ordinaria mediante le normali tentazioni, ed in via straordinaria mediante le vessazioni, le ossessioni, le infestazioni e le possessioni.
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alf-pap
Sulla misericordia di Dio e sul demonio
[Inganni del demonio - Punto II, Sant’Alfonso Maria de' Liguori]
Dice: “Dio è di misericordia“. Ecco il terzo inganno comune de’ peccatori, per cui moltissimi si dannano.
Scrive un dotto autore che ne manda più all’inferno la misericordia di Dio, che non ne manda la giustizia; perché questi miserabili, confidano temerariamente alla misericordia, non lasciano di peccare, e così si perdono. Iddio è di misericordia, chi lo nega; ma ciò non ostante, quanti ogni giorno Dio ne manda all’inferno!
Egli è misericordioso, ma è ancora giusto, e perciò è obbligato a castigare chi l’offende. Egli usa misericordia, ma a chi? a chi lo teme. “Misericordia sua super timentes se… Misertus est Dominus timentibus se” (Ps 102,11.13). Ma con chi lo disprezza e abusa della sua misericordia per più disprezzarlo, Egli usa giustizia. E con ragione; Dio perdona il peccato, ma non può perdonare la volontà di peccare.
Dice S. Agostino che chi pecca col pensiero di pentirsene dopo d’aver peccato, egli non è penitente, ma è uno schernitore di Dio: “Irrisor est, non poenitens”. Ma all’incontro ci fa sapere l’Apostolo che Dio non si fa burlare: “Nolite errare, Deus non irridetur” (Gal 6,7).
Sarebbe un burlare Dio offenderlo come piace, e quanto piace, e poi pretendere il paradiso.“Ma siccome Dio m’ha usate tante misericordie per lo passato, e non m’ha castigato, così spero che mi userà misericordia per l’avvenire”.
Ecco il quarto inganno. Dunque perché Dio ha avuta compassione di te, per questo ti ha da usare sempre misericordia, e non ti ha da castigare mai? Anzi no, quanto più sono state le misericordie, che Egli t’ha usate, tanto più devi tremare, che non ti perdoni più e ti castighi, se di nuovo l’offendi. “Ne dicas: Peccavi, et quid accidit mihi triste? Altissimus enim est patiens redditor” (Eccl 5,4). Non dire (avverte l’Ecclesiastico), ho peccato e non ho avuto alcun castigo; perché Dio sopporta; ma non sopporta sempre. Quando giunge il termine da Lui stabilito delle misericordie, che vuol usare ad un peccatore, allora gli dà il castigo tutto insieme de’ suoi peccati. E quanto più l’ha aspettato a penitenza, tanto più lo punisce, come dice S. Gregorio: “Quos diutius exspectat, durius damnat”.
Se dunque tu vedi, fratello mio, che molte volte hai offeso Dio, e Dio non t’ha mandato all’inferno, dei dire: “Misericordiae Domini, quia non sumus consumti” (Thren 3,22). Signore, ti ringrazio, che non m’hai mandato all’inferno, com’io meritava. Pensa, quanti per meno peccati de’ tuoi si son dannati. E con questo pensiero cerca di compensare l’offese, che hai fatte a Dio, colla penitenza e con altre opere buone. Questa pazienza, che Dio ha avuta con te, dee animarti, non già a più disgustarlo, ma a più servirlo ed amarlo, vedendo ch’egli ha fatte a te tante misericordie, che non ha fatte agli altri.
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denzinger
Secondo la vera Fede Cattolica, escludiamo quindi il parere degli eretici modernisti (leggi nota [2]), il demonio non è una metafora, non è una ipotesi, non è una interpretazione, non deriva da un genere letterario, non è una fantasia.
Il demonio è una certezza, egli è una “invisibile potenza personale che dirige le forze del male in lotta con i disegni di Dio e a danno dell’uomo” perché il demonio vuole che le anime periscano nell’Inferno; l’Inferno è certamente uno “stato” ed un “luogo” dove si soffrono le pene del senso, le pene del danno, lepene accessorie ed è eterno. L’inferno non è una ipotesi, non è una metafora, non è solo uno stato, non è temporaneo, non è una fantasia.
Facciamo attenzione a non farci sedurre dai “falsi profeti”, dai falsi “angeli di luce” i quali raggirano e conquistano gli uomini con astuti e mirabolanti insegnamenti eterodossi. Per approfondire questo concetto si può studiare l’introduzione allo scritto “GESÙ CRISTO IN ALCUNE FONTI STORICHE PAGANE ED EBRAICHE (PARTE 1)” [1]
Carlo Di Pietro
note:
[1] http://radiospada.org/2013/07/20/gesu-cristo-in-alcune-fonti-storiche-pagane-ed-ebraiche-parte-1/
[2] http://www.vatican.va/holy_father/pius_x/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_19070908_pascendi-dominici-gregis_it.html
Approfondimento:
Gesù Cristo solo come uomo non preesisteva all’Incarnazione. Prima dell’Incarnazione nessun uomo aveva merito di giustizia, difatti i santi dell’AT hanno meritato l’Incarnazione non di giustizia ma solo di convenienza. L’Incarnazione, secondo l’Aquinate, fu convenientissima poiché così si resero evidentissimi gli attributi di Dio. L’Incarnazione fu anche di “necessità relativa” per riparare al peccato del genere umano, poiché fu il miglior modo di fare ciò. L’Incarnazione si ha solo perché l’uomo ha peccato (Adamo ed Eva) poiché “era l’unico modo per liberare dal peccato l’uomo dandone a Dio la condegna soddisfazione” sostiene il Doctor Angelicus.
Nell’Uinione Ipostatica v’è la Natura Divina che non può essere parte o forma di una natura creata, soprattutto corporea quale è l’umana. Ora, resta “totalmente escluso che l’unione del Verbo con la natura umana fosse un’unione di natura” quindi successiva. L’Unione del Verbo fu una unione nella persona. Natura significa essenza di una specie, mentre “persona” significa essenza stessa di una specie. L’unione del Verbo, quindi, fu una unione nella persona del Verbo, quindi è una unione “in persona”.
Attenzione a non commettere l’errore dei Nestoriani. “Ipostasi, o soggetto, è lo stesso che persona, con questa sola differenza, che la sola persona, essendo propria di un soggetto di natura intellettuale, ne mette in evidenza la dignità ed è perciò nome di dignità. Non si può quindi asserire che l’unione del Verbo con l’umana natura fu fatta nella persona e nell’ipostasi, perché così si distingue realmente ciò che non è realmente da distinguere e l’unione sarebbe non intima, ma soltanto esteriore. Peggio ancora, distinguendo in Gesù l’ipostasi del Verbo e la persona, non si può più attribuire al Verbo, ma si deve attribuire ad altri ciò che è proprio dell’uomo, cioé la nascita, la passione e la morte”.
La persona del Verbo dopo l’Incarnazione sussiste nella natura divina e nella umana, quindi è composta di ude nature. Assumere la natura umana non compete alla natura divina ma compete alla persona divina. Gesù è il Figlio di Dio perché è stato concepito dallo Spirito Santo (Luca 1:35). Ma ciò non significa che Gesù non esisteva prima di essere concepito. Gesù è sempre esistito (Giovanni 8:58; 10:30). Quando Gesù fu concepito, divenne un essere umano in aggiunta ad essere già Dio (Giovanni 1:1, 14). Cristo, con l’Incarnazione, ciò che era è rimasto, e ciò che non era l’ha assunto (Quod era permansit et quod non erat assumpsit). Ciò che ha assunto non si è confuso con la Natura divina, ma è sempre rimasto distinto. Ed è proprio in questo secondo ambito che Cristo è stato in potenza.
S. Ireneo (Ad. Haer. 1,9) dice: “Imparate, o insensati, che Gesù, il quale ha patito per noi che ha abitato fra noi, Egli è lo stesso Verbo di Dio”. S. Ignazio (Magn. 6,1; Trall. 7,1; Rom. 3,3, ecc.), asserisce contro i Doceti che Cristo, da una parte è il Verbo di Dio esistente dalla eternità nel seno del Padre, dall’altra è vero Uomo, nato da Maria Vergine dalla stirpe di David, che ha patito, è morto e che si è risuscitato. Nel III secolo comincia ad apparire una esposizione più filosofica. Origene (De princ. 1,2; 2,6) dice che in Cristo altra è la natura divina per cui è l’Unigenito del Padre, e altra la natura umana, ma le due nature costituiscono un unico Ente. Gesù, Cristo, anche come questo uomo, è Figlio di Dio per natura e non si può dire in nessun modo adottivo: e giustamente si dice predestinato.
Conc. di Efeso che definì: “Cristo è veramente Dio, come Figlio per natura” (D.311) contro Nestorio; e dal Conc. di Lione II: “Crediamo che lo stesso Figlio di Dio, eternamente nato dal Padre… nato nel tempo dallo Spirito Santo da Maria sempre Vergine.., non adottivo.., ma uno e unico Figlio di Dio in due e da due nature” (D.426) e contro gli Adoziani, i quali ammettevano che il Verbo era Figlio di Dio, ma come Figlio di Maria, era Figlio di Dio solo per adozione e per grazia. Conc. di Toledo XI dichiara: Il Cristo, “per il fatto che procedette senza inizio dal Padre, generato soltanto, perciò non si prende nè fatto, nè predestinato; ma per il fatto che e nato da Maria Vergine, si deve credere che è nato e fatto e predestinato” (D. 285).
DOMANDA: Si dirà, se l’uomo ha peccato per tentazione di Satana, quindi Lucifero era già caduto per ribellarsi all’Unione Ipostatica, come è possibile che l’Incarnazione è avvenuta dopo?
SOLUZIONE: C’è concordanza fra le varie scuole: il tomismo, lo scotismo e la suareziana, quanto alla caduta per un peccato di orgoglio anche se ci sono divergenti opinioni, come ho precisato nello studio (“alcuni ritengono”), per quanto riguarda l’oggetto di questo peccato. 
Nell’Opera Omnia del Suarez (libro VII, capitolo 13) si legge che, secondo alcuni, si ritiene che il peccato di orgoglio degli angeli e quindi di Lucifero è dato da un desiderio disordinato di Lucifero di un’unione ipostatica dell’Incarnazione. Questa opinione viene presa in considerazione da coloro che ammettono che Dio abbia fatto comprendere agli angeli il proposito del mistero dell’Incarnazione. Dio, secondo alcuni, avrebbe espresso il suo “desiderio” dell’unione ipostatica del Verbo con la sua natura , l’angelo avrebbe commesso, quindi, un peccato di orgoglio nei confronti della Divinità poiché reputava questa unione come cosa che ingiustamente gli sarebbe stata rifiutata per essere invece accordata alla natura umana.
Sostanzialmente Lucifero disse: ma perché Dio ci dice che vuole incarnarsi nella natura umana e non in quella angelica? Noi siamo superiori agli uomini, quindi se Dio vuole incarnarsi, DEVE (si sostituisce a Dio) incarnarsi nella natura angelica poiché noi ABBIAMO (peccato di superbia) natura superiore a quella umana. Da qui il peccato di superbia. Gli angeli, quindi, avrebbero peccato non aventi per oggetto un desiderio di beatitudine naturale o soprannaturale, ma un desiderio di unione ipostatica, poiché loro reputavano che questo onore dovesse spettare a loro, al loro capo, proprio per questa idea Lucifero è riuscito, secondo alcuni, a persuaderli.
Nelle tradizionali Meditazioni su San Michele Arcangelo si legge: “Considera quanto sia stato grande l’amore di S. Michele verso Nostro Signore Gesù Cristo. Cominciò quest’amore dal principio del mondo, quando agli Angeli fu manifestato il mistero dell’Incarnazione. Fu questa la cagione – dice il P. Granata – per cui Lucifero si ribellò a Dio. Conoscendo che il Divin Verbo avrebbe assunto nella pienezza dei tempi la natura umana e sarebbe divenuto così capo degli Angeli e degli uomini, adorato dagli uni e dagli altri per l’unione ipostatica, sdegnò Lucifero di adorare il Verbo nell’assunta umanità, e trascinò nella rivolta molti Angeli, ma sorse S. Michele a difendere l’onore di Gesù Cristo, predicò agli Angeli l’adorazione dovuta al Verbo Incarnato, confuse Lucifero e lo vinse con tutti i suoi seguaci.”
I pensatori cristiani si dividono circa le cause di un tale orgoglio anche se in termini generali concordano sul fatto che il primo Angelo, Lucifero, volesse diventare come Dio (da qui è conveniente che si pensi per il desiderio di unione ipostatica, poiché diversamente come Lucifero avrebbe mai potuto desiderare di diventare come Dio? ) e che gli altri angeli lo abbiano in certo modo imitato. Lucifero, presuntuoso per la sua bellezza, avrebbe desiderato ciò che era al di sopra di lui e a cui non poteva pervenire. L’orgoglio l’avrebbe dunque spinto a provare un desiderio inammissibile e indebito di dignità, a desiderare ciò a cui sarebbe pervenuto solo in virtù della grazia divina (esempio con l’unione ipostatica). Quindi: interpretazione del peccato d’orgoglio è quella che concepisce la colpa di Lucifero come il desiderio disordinato di un’unione ipostatica del Verbo di Dio con la sua natura angelica allo stesso modo di ciò che avviene nell’Incarnazione, reputandola a lui assolutamente dovuta e ingiustamente rifiutata per essere assurdamente accordata alla natura umana. Comunque questo peccato d’orgoglio è la malizia assoluta che rifiuta di fatto la piena trascendenza divina nell’ordine dei rapporti personali con lui, nella pretesa, usando le parole di Isaia, di “farsi uguale all’Altissimo” (Is XIV,14).
bib.:
Diz. Biblico, Spadafora, Studium, Roma, 1955
- San Tommaso, Summa Theologiae
Diavoli guida essenziale, Stanzione M. – Di Pietro C., Fede&Cultura, Verona (testo in pubblicazione)
il Burattinaio, Di Pietro C., Segno, Udine, 2007 
Vita eterna: l’Inferno, Di Pietro C., Segno, Udine, 2013