mercoledì 14 agosto 2013

Maestra di cristianesimo

Nel giorno dell’Assunzione Maria ci richiama a rendere forte la fede e sicura la speranza.

(Salvatore M. Perrella) Il 15 agosto la cristianità intera celebra, sin dal secolo VIII, l’avvenimento dell’assunzione al cielo di Maria di Nazaret, madre del Crocifisso-Risorto, icona di coloro che accolgono nella fede la promessa di Dio in un futuro e in una “dimora” di luce e di pace, che a lei sono stati donati in modo anticipato rispetto a noi. Ecco perché la liturgia del giorno pone come antifona d’inizio il noto brano di Apocalisse: «Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna ammantata di Sole, con la Luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di stelle» (12, 1).La celebrazione liturgica rilegge questo brano apocalittico e lo rafforza nella prospettiva escatologica che tutti coinvolge con la proclamazione della prima Lettera ai Corinzi (15, 20-27), dove si afferma Cristo risorto come primizia di coloro che sono morti: grazie a lui e al suo mistero di Pasqua, la morte non fa più paura, non tiene più l’ultima mesta parola, in quanto tutti coloro che muoiono in Cristo riceveranno per mezzo suo la vita immortale, quella che ha come orizzonte permanente la comunione dei santi in Dio.
In questo giorno Maria ci richiama a rendere forte la fede e sicura la speranza. Tutti quelli che come lei “sono di Cristo” saranno con lui per sempre. Questa “bella notizia”, passa però, per il pungiglione della morte (cfr. 1 Corinzi, 15, 55). Mentre per molti di noi la morte è un dramma, una iattura, una cancellazione del nostro essere, per la Vergine Maria non è stato, non è così. Per lei la morte, ha insegnato Giovanni Paolo II, è stata causata (ella è Immacolata, la resa Innocente dall’Amore trinitario) dal suo essere creatura umana, immersa nel cammino che inevitabilmente porta alla morte e a cui lo stesso Gesù si è volontariamente assoggettato. Per lei la morte, o dormitio come la definisce l’Oriente cristiano, ha realizzato il ricongiungimento stabile con l’amato, con il Dio dell’alleanza e della promessa. Per cui il corpo mortale di Maria è stato rivestito di immortalità, compiendosi così in lei la parola della Scrittura: «La morte è stata inghiottita nella vittoria (…) Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo» (1 Corinzi, 15, 55-57).
Con l’assunzione, ha trovato pienezza e completa realizzazione quel processo di progressiva conformazione a Cristo che è stata l’opera discreta e incisiva del grande iconografo che è lo Spirito Santo, nella sua vita di fede. La Donna nazaretana, la beata perché ha veramente ascoltato e creduto alla Parola (cfr. Luca, 11, 28), è stata veramente resa dallo Spirito e a causa di Cristo nuova creatura, venendo al termine della sua vita terrena dotata di un corpo eternamente trasfigurato e glorificato da cui promana quella luce e quell’aura di bellezza che è propria dei santi amici dell’Agnello di Dio.
La festa dell’Assunta è perciò un incentivo a desiderare ardentemente lo stare, o meglio, il ricongiungersi all’Amato sopra ogni cosa, vero tesoro del cuore credente. Papa Francesco nell’Angelus di Domenica 11 agosto 2013, rileggendo la pagina evangelica del giorno (cfr. Luca,  12, 32-48), ha detto che questa «ci parla del desiderio dell’incontro definitivo con Cristo, un desiderio che ci fa stare sempre pronti, con lo spirito sveglio, perché aspettiamo questo incontro con tutto il cuore, con tutto noi stessi. Questo è un aspetto fondamentale della vita. C’è un desiderio che tutti noi, sia esplicito sia nascosto, abbiamo nel cuore, tutti noi abbiamo questo desiderio nel cuore. Anche questo insegnamento di Gesù è importante vederlo nel contesto concreto, esistenziale in cui lui lo ha trasmesso. In questo caso, l’evangelista Luca ci mostra Gesù che sta camminando con i suoi discepoli verso Gerusalemme, verso la sua Pasqua di morte e Risurrezione, e in questo cammino li educa confidando loro quello che lui stesso porta nel cuore, gli atteggiamenti profondi del suo animo. Tra questi atteggiamenti vi sono il distacco dai beni terreni, la fiducia nella provvidenza del Padre e, appunto, la vigilanza interiore, l’attesa operosa del Regno di Dio. Per Gesù è l’attesa del ritorno alla casa del Padre. Per noi è l’attesa di Cristo stesso, che verrà a prenderci per portarci alla festa senza fine, come ha già fatto con sua Madre Maria Santissima: l’ha portata al Cielo con lui. Questo Vangelo vuole dirci che il cristiano è uno che porta dentro di sé un desiderio grande, un desiderio profondo: quello di incontrarsi con il suo Signore insieme ai fratelli, ai compagni di strada. E tutto questo che Gesù ci dice si riassume in un famoso detto di Gesù: “Dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” (Luca, 12, 34)».
La fede, quindi, non solo è fiducia, credito, affidamento e adesione al Signore e alla sua Parola; ma è soprattutto coinvolgimento totale nell’Amore infinito di Dio pienamente e definitivamente manifestatosi in Gesù, tanto da destare gradatamente nel cristiano una santa inquietudine che si soddisfa solo nel ritornare da dove siamo originariamente venuti perché voluti e dove dobbiamo andare perché attesi: il seno accogliente del Dio amante della vita. Questa convinzione di fede, richiamata da Papa Francesco, purtroppo, non sempre è palese e riscontrabile nelle stesse persone credenti in quanto troppo legate alla terra e agli affetti, persino ai giorni carichi di fatica, tanto che il giorno ultimo dell’esistenza non lo si desidera e non lo si considera veramente e sinceramente come il compimento di un percorso verso la patria in compagnia della Chiesa dei discepoli e delle discepole, che attesta pubblicamente al mondo che siamo viandanti e cercatori dell’Amore. Inoltre, sovente ci si dimentica quanto san Paolo afferma: «Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso» (2 Timoteo, 2, 11-13). Morire in Cristo significa aver realmente vissuto con lui e per lui. La promessa di Cristo basata sulla volontà del Padre è stata ben tenuta in mente dalla Madre, che come maestra di cristianesimo ci rammenta proprio nel giorno della sua gioia, le parole del Figlio: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: io non perda nulla di quanto egli mi ha dato ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Giovanni, 6, 37-40).
Il dogma dell’Assunzione di Maria in anima e corpo è per noi cristiani il pegno e il segno che «le grandi cose» compiute da Dio in lei (cfr. Luca, 1, 49) sono una consolante realtà per tutti i credenti ed è nel contempo verità che la stessa Chiesa definendola come dogma fidei non teme di proporre nel suo insegnamento e di celebrare nel suo rendere lode e grazie a Dio nel dies natalis della Madre del Figlio dell’Altissimo. Facendo nostra la preghiera liturgica diciamo: «Arda nei nostri cuori, Padre, la stessa fede che spinse Abramo e Maria a vivere sulla terra come pellegrini, e non si spenga la nostra lampada, perché vigilanti nell’attesa della tua ora, siamo introdotti da te nella patria eterna».
L'Osservatore Romano

*

Antifona d'Ingresso  Ap 12,1
Un segno grandioso apparve nel cielo:
una donna ammantata di sole,
con la luna sotto i suoi piedi
e sul capo una corona di dodici stelle.

 

Oppure:
Rallegriamoci tutti nel Signore,
in questa solennità della Vergine Maria;
della sua Assunzione gioiscono gli angeli
e lodano il Figlio di Dio.
 
Colletta

Dio onnipotente ed eterno, che hai innalzato alla gloria del cielo in corpo e anima l'immacolata Vergine Maria, madre di Cristo tuo Figlio, f
a' che viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni, per condividere la sua stessa gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. 
 

LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura  
Ap 11, 19a; 12, 1-6a.10ab
Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi.
 
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».

Salmo Responsoriale  Salmo 44
Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.
 
Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.

Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.

Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.

Dietro a lei le vergini, sue compagne,
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re. 

 
Seconda Lettura  1 Cor 15, 20-27a
Cristo risorto è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo.
 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita.
Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza.
È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.
 

Canto al Vangelo
Alleluia, alleluia.

Maria è assunta in cielo;
esultano le schiere degli angeli.

Alleluia.

  
  
Vangelo 
Lc 1, 39-56

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.
Dal vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. Parola del Signore.

*

I nostri occhi assomigliano agli occhi di Maria, disegnati per vedere Dio in ogni istante



Maria è l’immagine della storia di salvezza che Dio ha preparato per ogni uomo, lo specchio fedele di quello che ci accade ogni giorno: in noi è già seminato ed è vivo il miracolo della vita eterna, ma le nostre forze non hanno ancora potuto darlo alla luce. Intuiamo d’essere fatti per qualcosa che non si corrompa, che non resti impigliato nei ricordi e nei rimpianti.Ma, come per Elisabetta,abbiamo bisogno d'una visita che ci “colmi di Spirito Santo”,perché il miracolo di Grazia “sussulti nel grembo”, e lo prepari a nascere.Abbiamo bisogno di Maria. 
Non vi è altro motivo che l’amore gratuito e infinito di Dio, a spingere Maria, immagine della Chiesa, a “venire da noi” per annunciarci e donarci suo Figlio. Il suo “saluto” che risuona dove si cela il seme di eternità, è l'annuncio del Vangelo che desta la vita in un’ “esultanza” di gioia: Dio s'è fatto carne nella nostra carne per fare santa la nostra vita.
“Shalom” annuncia Maria ad Elisabetta, come una profezia delle parole del Figlio risorto. “Pace” ci annuncia la Chiesa, come un’eco della vittoria di Cristo, laddove il mondo ode invece una dichiarazione di guerra, e arma l'ira, la ribellione, l'indignazione, i conati di chi sente defraudato dalle ingiustizie.
Dove i giudei hanno visto solo una donna rimasta incinta prima di sposarsi, e in Gesù solo carne e sangue uguali a quelli di tutti, Dio svelava il Mistero che ci avrebbe salvato: in Maria Egli gestava la carne di Gesù che avrebbe reso divina ogni carne. Per questo la storia ci dice “Pace!”: nella carne è disceso Dio, e tutto è ormai parte di un Cielo che non abbiamo ancora visto ma che possiamo cominciare a sperimentare.
Tutto di Maria era, da sempre, per il suo Figlio, e così tutto di Lui è stato per Lei. Maria ha offerto tutta se stessa per dare la vita terrena al suo Figlio, ed Egli ha donato a Lei la Vita immortale. “Questo è il nucleo della nostra fede nell’Assunzione: noi crediamo che Maria, come Cristo suo Figlio, ha già vinto la morte e trionfa già nella gloria celeste nella totalità del suo essere, in anima e corpo” (Benedetto XVI).  Manon si tratta diun dogmasolo perché proclamato da Pio XII il 1° novembre del 1950. In quel giorno il Papa ha sigillato la fede e l’esperienza viva e incontrovertibile della Chiesa.
Essa crede e annuncia ciò che sperimenta quotidianamente: Cristo è risorto ed è asceso al Cielo e da lì ha donato alla Chiesa il suo Spirito. Da quel giorno la vita della Chiesa, come il corpo e l’anima di Maria, è “assunta” in Cielo: pur camminando nella storia essa vive la vita di Cristo. I passi veloci della Figlia di Sion sul crinale delle montagne di Giuda sono, da allora, i passi urgenti degli apostoli di ogni tempo che annunciano il Vangelo; ma sono anchei passidegli eventi e delle persone che, guardati con gli occhi di fede di Maria, ogni giorno ci abbracciano in un saluto che rivela l’autentico progetto di Dio: "Io so i pensieri che medito per voi, pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza" (Ger. 29,11).
Per esperienza i cristiani, nella moglie, nel marito, nei figli e colleghi, anche quando si fanno nemici e tolgono la vita, sanno discernere l’ “avvenire” celeste che li attende; con ferma “speranza” possono allora consegnarsi alla croce e alla morte del proprio “io” che l’amore suppone, nella certezza che, proprio dove il mondo non può resistere e divorzia, abortisce, trascina in tribunale e scatena guerre, vi è deposta la Vita che non muore.
La fede di Maria, infatti, attesta che in loro accadrà quello che Lei ha sperimentato: la “beatitudine” per aver creduto alla predicazione e la “benedizione tra tutte le donne” e gli uomini per la fede che vince il mondo; la “benedizione” di vivere per Gesù, il “frutto del loro grembo”; donando la propria carne a Lui nell’amore, la vedranno trasfigurata e incorruttibile in Cielo, del quale sono una primizia i momenti più difficili, i roveti ardenti nei quali vivono, come Maria, senza che il fuoco delle passioni li consumi. 
Così anche noi siamo chiamati ad annunciare che il Cielo esiste: attraverso la debolezza della nostra carne, evidente nella scontrosità del carattere, nelle nevrosi e nelle insicurezze, anche nelle ferite inferte dai peccati rese gloriose dal sangue di Cristo, dalle quali la sua luce filtra e illumina i luoghi e i tempi della nostra vita.
Essa ha già conosciuto il riscatto dalla tirannia della superbia, non attende futuri che non si realizzeranno mai - società civili senza macchia, con politici onesti, giudici giusti, banche solidali, famiglie senza tensioni. Il Cielo, infatti, si affaccia sulla terra in coloro che, nella Chiesa, imparano a vivere come Maria, umile perché felice della sua realtà, l’unica possibile dove Dio compie l’impossibile.
Maria è nostra Madre e i nostri occhi assomigliano ai suoi, disegnati per vedere Dio in ogni istante; siamo chiamati, nel “timore” di perdere il suo amore, a “magnificare il Signore e Salvatore”, cantando la “misericordia” di Dio che “si stende di generazione in generazione” e non esclude nessuno.
La sua misericordia, infatti, permette i fallimenti umani che ci ridimensionano, per “disperdere” così “i pensieri superbi” annidati nei nostri cuori; attraverso una malattia o qualsiasi precarietà, il suo amore ci “rimanda a mani vuote” ogni volta che le riempiamo di idoli per farci “ricchi” di illusioni; solo così può “ricolmare di beni” incorruttibili la nostra fame di assoluto; anche oggi ci “rovescerà dai troni” che abbiamo costruito al lavoro, tra gli amici e in famiglia, per “innalzare” quanto di noi è “umile” e autentico, le debolezze che, come “Israele suo servo”, ci fanno forti con Lui perché “soccorsi” dalla sua fedeltà. Con Maria siamo per il mondo il compimento della “promessa fatta ad Abramo e ai Padri”, la Vita “per sempre” offerta gratuitamente ad ogni uomo. 


*

Assunzione, il volo della compassione

Il Cielo è il suo trono. Un Cielo che nel suo azzurro turchino non dimentica l’ombra della croce, appena visibile nei giochi di colore dietro a questa Vergine estatica, bellissima, assunta, di Stefania Massaccesi.
Questa giovane artista contemporanea rielabora le sue ardite prospettive caricandole, questa volta, di un profondo senso religioso i cui confini si tendono fra certezza e domanda. L’abito di Maria così denso, così carico di luce solare narra di un mistero che abbaglia, un mistero che si desidera e insieme si teme. Proprio come il sole.

Lei, la Vergine tende le braccia verso quell’infinito che ha tessuto tutta la sua esistenza fin dal concepimento. Apre le braccia Maria, ma mentre la mano sinistra addita già, carica di tensione, la meta ultima della sua esistenza terrena, l’altra mano indugia verso una terra che comprende aver bisogno, ancora, di una Madre.

Ed è proprio questa mano che invita a dirigere lo sguardo verso il basso, verso quella terra che i piedi purissimi di questa Madre–Bambina hanno solcato. E allora la vediamo, lì sotto, stretta nell’abbraccio freddo di monti ombrosi e di bagliori sinistri di fuoco, Gerusalemme. La città delle aspirazioni di ogni uomo, la città cui Dio ha donato molto e ha chiesto molto di più. 

Narra un midrash che dieci porzioni di bellezza aveva Dio da assegnare al mondo. Ne diede nove a Gerusalemme e una al resto del mondo. Aveva Dio dieci porzioni di scienza: ne furono destinate nove a Gerusalemme e una al resto del mondo. Ma Dio aveva dieci porzioni di sofferenza ne diede nove a Gerusalemme e una al mondo intero.

E le nove porzioni di sofferenza si declinano nell’opera della Massaccesi dentro il gioco dei colori: i bianchi freddi e taglienti, i rossi accessi e violenti e le ombre lunghe e blu di una notte che prima di essere condizione temporale è condizione spirituale. 

Questa notte però conosce un approdo, anzi un punto di luce altissimo. L’artista ce lo vieta. Non ci permette di vedere la fonte di questa purissima luce. In modo naturale siamo indotti a pensare alla luna, tanto argenteo è il raggio di luce che squadra gli edifici e accarezza il dorso delle colline gerosolimitane, invece no. Non è quello il punto sorgivo della luce ma è più in su, i piedi della Vergine imbrigliano in certa misura quella luce e ci spingono in alto, più in alto. Ci spingono diritti dentro gli occhi della Madre-Bambina. Là, dove la luce disegna il profilo del collo e della guancia fin su oltre il volto, in quello spicchio di luce purissima che è l’aureola. 

Eccola lì la fonte di tanto candore: sono gli occhi di Maria. Così veri, così limpidi, così prepotentemente fissati in quell’attimo eterno.  Vorremmo vedere cosa vede. Vorremmo anche noi, che siamo pur tuttavia ancora quaggiù sotto i suoi piedi immacolati, dentro le contraddizioni terribili della nostra personale Gerusalemme, vorremmo anche noi fissare lo sguardo in quella luce eterna che tutto rischiara a dispetto delle nostre interminabili notti di illusione.

Vorremmo, ma rimaniamo qui sotto il riflesso cangiante del suo manto di sole. La donna vestita di sole sale, verso il cielo che l’ha abitata un giorno nella sua maternità. Lei fu, anzi lei è la più vasta dei Cieli. Ebbene questa Platytera, questa Vergine dal grembo che contenne ciò che i cieli dei cieli non seppero contenere, cioè Cristo, nell’opera di Stefania Massaccesi è così umana da farci percepire quei Cieli più vicini, più terreni. Se gli occhi di Maria risplendono già dell’azzurro purissimo del Cielo che la abita, i piedi di lei mostrano di non voler salire.

Ciò che più fortemente mi affascina di questa modernissima Assunta è proprio lo scorcio dei piedi. Maria non vuole salire, i suoi piedi sono colti nell’attimo di chi, sorpreso da un impeto di vento gagliardo che trascina verso l’alto, vuole rimanere. Maria non può abbandonare questa terra così gravida di ombre e contraddizioni. Maria vuole solcare con noi il mare della storia. Ci è compagna, ci è di fianco. Rimane. Ed è in questo rimanere di Maria che Dio, il quale è confinato dai più nel suo purissimo Cielo, si fa materno e vicino. Dio ci è noto fra desiderio e timore, fra il volo ardito e la compassionevole discesa di questa Vergine Madre.
Maria Gloria Riva

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 L’Assunzione di Maria Vergine


(di Cristina Siccardi) Il primo scritto attendibile che  narra dell’Assunzione di Maria Vergine in Cielo, come la Tradizione fino ad allora aveva tramandato oralmente, reca la firma del Vescovo  san Gregorio di Tours ( 538 ca.- 594), storico e agiografo gallo-romano: «Infine, quando la beata Vergine, avendo completato il corso della sua esistenza terrena, stava per essere chiamata da questo mondo, tutti gli apostoli, provenienti dalle loro differenti regioni, si riunirono nella sua casa. Quando sentirono che essa stava per lasciare il mondo, vegliarono insieme con lei. Ma ecco che il Signore Gesù venne con i suoi angeli e, presa la sua anima, la consegnò all’arcangelo Michele e si allontanò. All’alba gli apostoli sollevarono il suo corpo su un giaciglio, lo deposero su un sepolcro e lo custodirono, in attesa della venuta del Signore. Ed ecco che per la seconda volta il Signore si presentò a loro, ordinò che il sacro corpo fosse preso e portato in Paradiso».
Il Dottore della Chiesa san Giovanni Damasceno (676 ca.- 749) scriverà: «Era conveniente che colei che nel parto aveva conservato integra la sua verginità conservasse integro da corruzione il suo corpo dopo la morte. Era conveniente che colei che aveva portato nel seno il Creatore fatto bambino abitasse nella dimora divina. Era conveniente che la Sposa di Dio entrasse nella casa celeste. Era conveniente che colei che aveva visto il proprio figlio sulla Croce, ricevendo nel corpo il dolore che le era stato risparmiato nel parto, lo contemplasse seduto alla destra del Padre. Era conveniente che la Madre di Dio possedesse ciò che le era dovuto a motivo di suo figlio e che fosse onorata da tutte le creature quale Madre e schiava di Dio».
La Madre di Dio, che era stata risparmiata dalla corruzione del  peccato originale, fu risparmiata dalla corruzione del suo corpo immacolato, Colei che aveva ospitato il Verbo doveva entrare nel Regno dei Cieli con il suo corpo glorioso.
San Germano di Costantinopoli (635 ca.-733), considerato il vertice della mariologia patristica, è  in favore dell’Assunzione e per tre principali ragioni: pone sulla bocca di Gesù queste parole:  «Vieni di buon grado presso colui che è stato da te generato. Con dovere di figlio io voglio rallegrarti; voglio ripagare la dimora nel seno materno, il soldo dell’allattamento, il compenso dell’educazione; voglio dare la certezza al tuo cuore. O Madre, tu che mi hai avuto come figlio unigenito, scegli piuttosto di abitare con me».  Altra ragione è data dalla totale purezza e integrità di Maria. Terzo: il ruolo di intercessione e di mediazione che la Vergine è chiamata a svolgere davanti al Figlio in favore degli uomini.
Leggiamo ancora nel suo scritto dell’Omelia I sulla Dormizione, che attinge a sua volta da San Giovanni Arcivescovo di Tessalonica ( tra il 610 e il 649 ca.) e da un testo di quest’ultimo, che descrive dettagliatamente le origini della festa dell’Assunzione, dato certo nella Chiesa Orientale dei primi secoli: «Essendo umano (il tuo corpo) si è trasformato per adattarsi alla suprema vita dell’immortalità; tuttavia è rimasto integro e gloriosissimo, dotato di perfetta vitalità e non soggetto al sonno (della morte), proprio perché non era possibile che fosse posseduto da un sepolcro, compagno della morte, quel vaso che conteneva Dio e quel tempio vivente della divinità santissima dell’Unigenito».
Poi prosegue: «Tu, secondo ciò che è stato scritto, sei bella e il tuo corpo verginale è tutto santo, tutto casto, tutto abitazione di Dio: perciò è anche estraneo al dissolvimento in polvere. Infatti, come un figlio cerca e desidera la propria madre, e la madre ama vivere con il figlio, così fu giusto che anche tu, che possedevi un cuore colmo di amore materno verso il Figlio tuo e Dio, ritornassi a lui; e fu anche del tutto conveniente che a sua volta Dio, il quale nei tuoi riguardi aveva quel sentimento d’amore che si prova per una madre, ti rendesse partecipe della sua comunanza di vita con se stesso».
Restano incorrotti molti corpi di Santi (manifestazioni scientificamente inspiegabili) e come sarebbe stata possibile la dissoluzione in polvere della Corredentrice che ha contribuito, rendendo possibile l’Incarnazione, a liberare l’uomo dalla rovina della morte?
Il dogma cattolico è stato proclamato da Pio XII il 1º novembre 1950, Anno Santo, con la Costituzione apostolicaMunificentissimus Deus:  «Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica».
Si tratta dell’ultimo dogma, finora, proclamato da un Pontefice ed è diretto alla Madonna, la quale sta avendo un grande ruolo nei penosi tempi che stiamo attraversando di crisi della Fede e di crisi della Chiesa. Scrive suor Maria Cecilia Manelli F.I. nell’articolo La Fede nei Santi Martiri. Martirio: via al trionfo del Cuore Immacolato («Fides Catholica» n. 1-2013, p. 213), dove si parla di Martirio azzurro: «quel martirio che subiscono o dovranno subire tutti coloro che si schierano dalla parte della Madonna. È un martirio che trova la sua causa, dunque, nelle false pretese delle ideologie mariane minimaliste e distruttive. Oggi, infatti, si è chiamati a difendere la Madonna contro coloro – purtroppo in prima linea proprio i teologi stessi -  che tentano invano di offuscare la bellezza ed il candore divini. È un martirio azzurro che comunque, se vogliamo prestar fede a quanto la Madonna ha detto a Fatima, si tingerà di rosso, ossia di quel sangue che nel Terzo Segreto verrà raccolto dagli Angeli e sparso su tutta l’umanità. È il martirio riservato a coloro che, consacrati all’Immacolata, sono rivestiti del suo manto azzurro. È il martirio che preparerà la via al Trionfo del Cuore Immacolato. Sarà il nostro martirio? Solo Dio e l’Immacolata lo sanno!».
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La Festa dell'Assunzione nella Chiesa Cattolica e nella Chiesa Ortodossa


Il 15 Agosto la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa celebrano l’Assunzione ai Cieli della Beata Vergine Maria. Tra le più antiche fonti che ricordano tale ricorrenza vi è un Lezionario georgiano dell’VIII secolo, nel quale si afferma che il 15 Agosto si celebra una Festa mariana nella Chiesa costruita dall’Imperatrice Eudocia (423 – 460) sul Getsemani, luogo che ospita il Sepolcro della Vergine.
La Festa è canonizzata in Oriente nell’VII secolo dall’Imperatore Maurizio (582 – 602), mentre in Occidente nell’ VIII secolo ad opera di Papa Sergio I (687 – 701). Si ricorda, infine, un decreto dell’Imperatore Andronico II (1282 – 1328), che consacra l’intero mese di Agosto al Mistero della Dormizione e Assunzione della Vergine.
La Chiesa Cristiana Ortodossa indica questa Festa con il termine “Dormizione” di Maria; la Chiesa Cristiana Cattolica, invece, con il termine “Assunzione” della Beata Vergine Maria e ne emana un importantissimo Dogma sotto Papa Pio XII che, nel 1950, con la Costituzione Apostolica “Munificentissimus Deus” dichiara che: l'immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo.
Dopo questo breve inquadramento storico della nascita e dell’affermazione della Celebrazione del 15 Agosto, si propone, in campo artistico, il confronto tra due autori secenteschi coevi, uno cattolico, l’altro ortodosso, i quali affrontano il tema dell’Assunzione in modi diversi.
Sono di seguito presentate l’Icona della Dormizione della Madre di Dio di Nazarij Istomin(Museo-comprensorio Kolomen-skoe. Mosca, 1621) e la Tela della Assunzione della Beata Vergine di Guido Reni ( Chiesa di Santa Maria Assunta .Castelfranco, 1627).
NellaDormizione della Madre di Dio di Nazarij Istomin, il discorso narrativo procede su tre piani: la parte inferiore dell’icona mostra il corpo della Beata Vergine Maria distesa su di un letto, circondata dagli Apostoli e da personaggi in abiti vescovili, nei quali si devono riconoscere Dionigi l’Areopagita e Ieroteo vescovo di Atene, entrambi discepoli di San Paolo. Al centro dell’icona, si erge, quasi come vero protagonista, il Cristo, avvolto in una mandorla celeste, che tiene tra le braccia l’anima di Maria, la quale si ricongiungerà al corpo deposto in Paradiso sotto l’Albero della Vita. Nella parte superiore dell’icona, infine, compare la Vergine Maria assisa in trono, nella gloria dei Cieli, circondata dagli angeli.
L’immobilità della parte inferiore dell’icona dialoga per contrapposizione con il dinamismo ascensionale espresso dal Cristo in posizione centrale che solleva l’anima della Madre e che si fa Unico e Vero tramite tra Corpo e Anima.
Nella Assunzione della Beata Vergine di Guido Reni, l’unica protagonista è la Vergine Maria. L’autore tralascia la narrazione tripartita dell’evento, già vista nella precedente opera ed altresì schema iconografico diffuso tra gli artisti cinquecenteschi e secenteschi italiani, e si sofferma a descrivere il solo momento dell’assunzione della Vergine al Cielo.
Si nota come l’artista fermi il moto ascensionale, quasi fissandolo nell’eternità, per accogliere la Vergine Maria nella sua ispirata contemplazione. Seppure nella loro diversità, le due opere sono senza dubbio due magnifiche anticipazioni artistiche di quelle che saranno le future e già citate parole di Papa Pio XII: “L'immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo.”
Cusumano