martedì 13 agosto 2013

"Non so per chi tifare!"


Il tweet di Papa Francesco: 
"Essere figli di Dio e fratelli tra noi: questo è il cuore dell’esperienza cristiana
(13 agosto 2013)

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Parata di stelle del calcio italiano e argentino in Vaticano. Cornice straordinaria e inconsueta di questo appuntamento la Sala Clementina, dove alla vigilia del confronto amichevole in programma mercoledì 14 agosto allo stadio Olimpico di Roma, le delegazioni delle due squadre nazionali sono state ricevute da Papa Francesco. Emozione e gioia sui volti di campioni pure abituati ai riflettori della ribalta. L’udienza si svolge in un clima di grande familiarità, che diventa entusiasmo incontenibile al momento dei saluti che il Pontefice riserva ai singoli calciatori.
Letteralmente travolto dall’abbraccio dei suoi connazionali — con i sediari che hanno il loro bel da fare per tenere a bada tutti — il Papa non perde l’occasione per sottolineare lo spirito di festa tipico degli argentini. «Ho visto che la squadra italiana e i tifosi italiani erano tutti in fila, mentre ho visto che gli argentini...» commenta riferendosi all’esuberanza dei giocatori dell’Albiceleste. «Ma — aggiunge divertito — questo è importante, perché qui in Vaticano mi rimproverano e dicono che io sono indiciplinato: adesso hanno visto la mia “razza”!». E si congeda chiedendo a tutti di pregare per lui, «perché — dice in spagnolo — possa giocare la partita della vita così come Dio vuole».
All’inizio dell’udienza, è Giancarlo Abete, presidente della Federazione italiana giuoco calcio (Figc), a rivolgere al Santo Padre parole di ringraziamento e a presentargli la realtà del mondo del calcio italiano: un milione e mezzo di tesserati, oltre quindicimila società, settantamila squadre, dai professionisti ai dilettanti, fino ai ragazzi del settore giovanile e scolastico, senza dimenticare gli arbitri e i tecnici. «Un calcio sano e pulito — assicura — nel quale i temi della solidarietà umana, dell’integrazione sociale senza alcuna distinzione, della difesa dei valori etici, del contrasto a qualsiasi forma di violenza e di illegalità devono trovare ogni giorno esempi concreti e spingerci a realizzare nuove iniziative». È questo, aggiunge, «il nostro impegno attraverso lo sport e il calcio, per contribuire alla promozione dell’uomo, nell’affermare la dignità e il rispetto della persona. Su questa strada ci guida il suo alto magistero, al quale guardiamo con speranza e fiducia, sapendo anche di poterla annoverare tra gli appassionati e gli estimatori del nostro sport». La delegazione italiana dona al Papa un pallone e una maglietta firmata da tutti i giocatori. Ma ciascuno di loro ha un piccolo pensiero personale da offrire al Pontefice al momento dei saluti individuali.
A farsi portavoce dei sentimenti dei calciatori argentini è poi Julio Humberto Grondona, presidente della Asociación de fútbol argentino (Afa). «I dirigenti che mi accompagnano — dice — e i calciatori della nazionale rappresentano anche migliaia di bambini e migliaia di giovani che mentre sognano il loro futuro, ricevono dai loro club e dall’Afa salute, nutrimento e istruzione educativa, oltre alla formazione che offrono i loro maestri sportivi, sia tecnicamente, sia fisicamente». Anche la delegazione argentina dona al Pontefice una maglia con i colori della nazionale, firmata da tutti i giocatori e dall’equipe tecnica, con la scritta «Francisco». Al Papa viene presentato, tra l’altro, un numero della rivista dell’Afa dedicato a lui e una lettera nella quale viene descritto l’impegno e i progetti a favore dei giovani del Paese. In dono il Santo Padre riceve inoltre una copia lignea della statua di san Francesco d’Assisi, che si trova nella chiesa della struttura dell’Afa a Ezeiza (Buenos Aires), dove si allena la squadra nazionale. E tra i tanti regali ci sono anche una statua della Vergine di Luján, un quadro con lo stemma dell’Afa e la scritta El fútbol argentino todo, reza por tí Papa Francisco e la riproduzione della copertina della rivista «El gráfico» con l’immagine del Pontefice e la scritta: Venido desde el fin del mundo y con raices piamontesas. Ma tra tutti non passa certo inosservato il diploma per il conferimento al Papa del titolo di socio onorario della squadra del San Lorenzo de Almagro, l’undici di Buenos Aires del quale Bergoglio è tifoso sin da piccolo. Ed è lui stesso a ricordare quando con la mamma e il papà si recava allo stadio El Gasómetro per assistere alle partite del club rossoblù. «Tornavamo a casa felici — racconta — soprattutto durante il campionato del 1946», anno in cui il San Lorenzo vinse lo scudetto grazie alle prodezze dell’indimenticato goleador René Pontoni, soprannominato el ciclón: «Chissà se qualcuno di voi riuscirà a fare un gol come quello di Pontoni» esclama rivolgendosi ai giocatori.
Al termine dell’udienza, al Papa viene portato un ulivo che vuole simboleggiare la pace tra i popoli. Nell’anno santo del 2000 — ricorda monsignor Guillermo Javier Karcher — «l’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, piantò un ulivo in Plaza de Mayo insieme con i rappresentanti di tutti le religioni e le confessioni cristiane e alla presenza di 7.000 ragazzi di diverse scuole». La pianta donata dalle nazionali di Argentina e Italia per rilanciare il messaggio di Papa Francesco verrà idealmente piantata nello stadio Olimpico prima della partita di mercoledì e dopo l’estate sarà definitivamente collocata nei Giardini Vaticani.
L'Osservatore Romano

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Testo del discorso di Papa Francesco alle Delegazioni sportive dell'Argentina e dell'Italia


Queridos amigos,
Cari amici,
vi ringrazio di questa visita, in occasione della partita amichevole tra le Squadre Nazionali di calcio di Italia e Argentina. Sarà un po’ difficile per me fare il tifo, ma per fortuna è un’amichevole… e che sia veramente così, mi raccomando!
Ringrazio i dirigenti della Federazione Italiana Giuoco Calcio e quelli della Federazione Argentina. Saluto gli atleti delle due Squadre Nazionali.
Voi, cari giocatori, siete molto popolari: la gente vi segue molto, non solo quando siete in campo ma anche fuori. Questa è una responsabilità sociale! Mi spiego: nel gioco, quando siete in campo, si trovano la bellezza, la gratuità e il cameratismo. Se a una partita manca questo perde forza, anche se la squadra vince. Non c’è posto per l’individualismo, ma tutto è coordinazione per la squadra. Forse queste tre cose: bellezza, gratuità, cameratismo si trovano riassunte in un termine sportivo che non si deve mai abbandonare: "dilettante", amateur. E’ vero che l’organizzazione nazionale e internazionale professionalizza lo sport, e dev’essere così, ma questa dimensione professionale non deve mai lasciare da parte la vocazione iniziale di uno sportivo o di una squadra: essere amateur, "dilettante". Uno sportivo, pur essendo professionista, quando coltiva questa dimensione di "dilettante", fa bene alla società, costruisce il bene comune a partire dai valori della gratuità, del cameratismo, della bellezza.
E questo vi porta a pensare che, prima di essere campioni, siete uomini, persone umane, con i vostri pregi e i vostri difetti, con il vostro cuore e le vostre idee, le vostre aspirazioni e i vostri problemi. E allora, anche se siete dei personaggi, rimanete sempre uomini, nello sport e nella vita. Uomini, portatori di umanità.
A voi dirigenti, vorrei dare un incoraggiamento per il vostro lavoro. Lo sport è importante, ma deve essere vero sport! Il calcio, come alcune altre discipline, è diventato un grande business! Lavorate perché non perda il carattere sportivo. Anche voi promuovete questo atteggiamento di "dilettanti" che, d’altra parte, elimina definitivamente il pericolo della discriminazione. Quando le squadre vanno per questa strada, lo stadio si arricchisce umanamente, sparisce la violenza e tornano a vedersi le famiglie sugli spalti.
Yo recuerdo que de chicos íbamos en familia al Gasómetro, íbamos en familia, papá, mamá y los chicos. Volvíamos felices a casa, por supuesto, ¡sobre todo durante la campaña del 46! A ver si alguno de ustedes se anima a hacer un gol como el de Pontoni, allí, no? Saludo de modo especial a los directivos y deportistas argentinos. Gracias por esta visita, tan agradable para mí. Les pido que vivan el deporte como don de Dios, una oportunidad para hacer fructificar sus talentos, pero también una -responsabilidad. Queridos jugadores, quisiera recordarles especialmente, que con su modo de comportarse, tanto en el campo como fuera de él, en la vida, son un referente. El domingo pasado hablaba por teléfono con unos muchachos de un grupo, querían saludarme, charlé como media hora con ellos, y por supuesto el gran tema de esos muchachos era el partido de mañana. Iban enumerando a varios de ustedes, y decían: "no, este me gusta por esto, este por esto, este por esto". Ustedes son ejemplo, son referentes. El bien que ustedes hacen es impresionante. Con su conducta, con su juego, con sus valores hacen bien, la gente los mira, aprovechen para sembrar el bien. Aunque no se den cuenta, para tantas personas que los miran con admiración son un modelo, para bien o para mal. Sean conscientes de esto y den ejemplo de lealtad, respeto y altruismo. Ustedes también son artífices del entendimiento y de la paz social, artífices del entendimiento y de la paz social, que necesitamos tanto. Ustedes son referencia para tantos jóvenes y modelo de valores encarnados en la vida. Yo tengo confianza en todo el bien que podrán hacer entre la muchachada.
Cari amici, prego per voi, che possiate portare avanti questa vocazione così nobile dello sport. Chiedo al Signore che vi benedica e alla Vergine Madre che vi custodisca. E, per favore, vi chiedo che preghiate per me, perché anch’io, nel "campo" in cui Dio mi ha posto, possa giocare una partita onesta e coraggiosa per il bene di tutti noi. Grazie.

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