domenica 4 agosto 2013

Uomini e topi



La nuova legge sulle staminali embrionali umane in Francia. 


(Augusto Pessina) Sebbene con incongruenze e contraddizioni, la legge che dal 2004 ha regolato in Francia l’utilizzo di embrioni umani per la ricerca era stata in qualche modo una scelta coraggiosa. Nell’attuale clima della ricerca biologica spinta a ritenere lecito fare tutto quanto è tecnicamente possibile, conteneva almeno una parvenza di salvaguardia della dignità della persona umana. Dal momento che la norma incide sul costume con grande portata educativa, era sicuramente più accettabile una legge basata su un divieto, anche se poteva prevedere deroghe.
Con la nuova legge varata il 16 luglio scorso, invece, sono cadute molte restrizioni e il successivo ricorso, respinto il primo agosto dal competente organo legislativo francese, ha definitivamente varato una nuova legge che liberalizza di fatto la ricerca con le cellule di embrioni umani.
Non ce n’era bisogno. Non sembra affatto vero infatti quanto affermato sul sito di «Science» da Cécile Martinat, cioè che «la vecchia legge permetteva agli oppositori delle embrionali di bloccare alcune ricerche ad esempio sostenendo che potessero essere fatte con altri tipi di staminali». Infatti, se si analizzano i dati, si vedrà che dal 2004 l’Agenzia Nazionale per la Biomedicina ha autorizzato oltre il 90 per cento delle ricerche con embrioni umani, nonostante una legge apparentemente restrittiva.
L’unico risultato positivo di questo cambiamento è che ora anche le posizioni ambigue hanno modo di chiarirsi. Infatti, i cosiddetti limiti che questa legge pone alla liberalizzazione dell’uso di embrioni sono davvero minimi e per di più basati su concetti così vaghi — quali pertinenza scientifica, finalità medica, rispetto dei principi etici relativi alla ricerca sull’embrione e sulle cellule staminali embrionali — che si potrà almeno far emergere con chiarezza quali siano le vere ragioni da opporre all’uso di embrioni umani anche in quella non piccola parte del mondo cattolico ancora confusa. Queste ragioni non sono di natura scientifica e tecnica — se pure queste esistono, e sono importanti — ma sono di esclusiva natura etica e antropologica e non possono essere disattese dalla politica e tanto meno dettate dalla scienza.
Ogni uomo ha il diritto di difendere la propria e altrui dignità di persona senza delegare a chi “sa”. Ma non possiamo fare a meno di segnalare una quanto mai infelice coincidenza, che fa emergere in modo drammatico a quale forma di schizofrenia la cieca ideologia, supportata da ignoranza, ci stia portando. In Italia, il Parlamento — che non si è limitato a recepire la normativa europea — ha varato un’assurda legge che limita fortemente l’uso di animali per la sperimentazione.
Non parliamo ovviamente di una pratica odiosa come la vivisezione, ma dell’uso di topi in studi essenziali, come quello dei tumori umani. Sembra che per il bene dell’uomo si possano sacrificare embrioni umani, ma non usare topi per studiare nuove cure, in particolare per guarire quei tumori umani che necessitano di particolari modelli animali.
L'Osservatore Romano

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La scienza per la vita contro la scienza per la morte

di E. Pennetta
Mentre da una parte si moltiplicano gli sforzi per introdurre misure eugenetiche di selezione degli embrioni, c’è chi propone delle cure. I finanziamenti per la ricerca vanno principalmente alla scienza per la mortema con un piccolo impegno personale è possibile sostenere la scienza per la vita.
 Per una interessante coincidenza si sono succedute in questi giorni notizie di segno contrastante che sapendole cogliere hanno proposto un forte confronto tra due impostazioni diametralmente opposte riguardo lo stato di salute e malattia.
Mentre veniva pubblicata su Nature una ricerca che apre ad una possibile terapia della sindrome di Down, in un intervista il prof. Veronesi lanciava un appello a favore della fecondazione assistita che è lapremessa per la selezione degli embrioni e l’eliminazione di quelli portatori di malattie quali proprio la trisomia del cromosoma 21 che è all’origine della sindrome di Down.
I fondi che vengono però destinati alla ricerca di una cura sono di gran lunga inferiori a quelli destinati alla diagnosi precoce in funzione di un possibile “aborto terapeutico”, un termine diffuso e comunemente accettato che per essere imposto ha dovuto passare per una distruzione della logica nella mente di chi ascolta, nessuna mente razionale potrebbe infatti accettare l’ossimoro di un’uccisione “terapeutica”, le possibilità sono due e incompatibili: o si cura o si sopprime.
La realtà dell’asimmetrica distribuzione dei fondi per la ricerca è stata mostrata in un’intervista da Pierluigi Strippoli, professore associato di Biologia Applicata e Responsabile del Laboratorio di Genomica del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna,rilasciata ad Anna Fusina sul blog Vita nascente:
Qual è lo stato delle ricerche sulla diagnosi prenatale della sindrome di Down?
Le ricerche sulla diagnosi prenatale hanno sinora avuto come esito concreto solo la possibilità dell’aborto selettivo di feti con sindrome di Down in caso di test positivo. L’uso di metodi invasivi, come la villocentesi e l’amniocentesi, porta ad una conoscenza anticipata della diagnosi che non dà vantaggi ai fini della salute del feto, al contrario è associato allo 0.6-0.7% di rischio aggiuntivo di aborto (conseguente alla manovra): in pratica un caso ogni 150 analisi circa, una possibilità concreta. E rimane il rischio, seppure molto basso, di errori diagnostici.
 La scelta di puntare sull’aborto selettivo ha di fatto danneggiato la ricerca di una vera terapia per la cura della malattia, il risultato è che sono pochi i laboratori dove questa cura viene cercata, come confermato sempre nell’intervista al prof. Strippoli:
Ho iniziato a fare ricerca sul cromosoma 21 umano nel 1998, poco dopo il mio ingresso in Università nel ruolo di Ricercatore.
Iniziò allora la mia collaborazione con la Professoressa Maria Zannotti, che era stata allieva del Prof. Jérôme Lejeune a Parigi nel 1967 e nel 1969, e aveva portato a Bologna questo tema di ricerca.
In un primo tempo esitavo ad occuparmi di questo ambito, ero convinto che fosse già “sovraffollato”.
Invece, con mio stupore, mi accorsi che i gruppi di ricerca che studiavano i meccanismi con cui il cromosoma 21 causa la sindrome di Down, dove è anormalmente presente in tre esemplari invece di due, erano molto pochi relativamente alla frequenza e alla importanza di questa condizione genetica.
 In questo panorama in cui la ricerca di una cura per la sindrome di Down viene seguita da un piccolo numero di laboratori, l’Università di Bologna si distingue proprio per le ricerche portate avanti dal prof. Pierluigi Strippoli e dalla dott. Lorenza Vitale: Analisi genomica e post-genomica del cromosoma 21 umano in relazione alla patogenesi della trisomia 21.
 Nella pagina dell’Università di Bologna si legge:
Il finanziamento di queste ricerche risente, da una parte, della scarsa disponibilità di fondi per la ricerca sperimentale, dall’altra, dell’indirizzamento di molti studi verso la diagnosi prenatale della sindrome, invece che verso la sua cura. Per questo ogni contributo è fondamentale per sostenere la nostra attività di ricerca di Laboratorio. Per effettuare donazioni che sostengano il progetto attualmente in corso le indicazioni sono reperibili nei file allegati scaricabili cliccando a destra in questa pagina.
“La troveremo. E’ impossibile che non riusciamo a trovarla. E’ una impresa intellettuale meno difficile che spedire un uomo sulla luna. Se trovo come guarire la trisomia 21, allora si aprirà la strada verso la guarigione di tutte le altre malattie di origine genetica.”
Jérôme Lejeune, 1926-1994 (sulla terapia per la trisomia 21)
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E allora per sostenere quella ricerca per la cura della malattia che viene penalizzata da un’attribuzione di fondi che privilegia invece la diagnosi finalizzata all’aborto “terapeutico” , possiamo accogliere l’invito alla donazione e diffonderlo il più possibile.
Il materiale relativo all’attività del laboratorio del prof. Strippoli è scaricabile a questi link:

I moduli per la donazione sono invece disponibili ai seguenti link: