sabato 17 agosto 2013

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno C


Il fuoco dello Spirito Santo non tollera che si abbia alcun desiderio delle cose di questo mondo, in quanto ci conduce verso un altro amore.
S. Giovanni Crisostomo


MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 83,10-11
O Dio, nostra difesa,
contempla il volto del tuo Cristo.
Per me un giorno nel tuo tempio,
è più che mille altrove.

Colletta

O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi in noi la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio. Per il nostro Signore..
 Oppure:
O Dio, che nella croce del tuo Figlio, segno di contraddizione, rivela i segreti dei cuori, f
a' che l'umanità non ripeta il tragico rifiuto della verità e della grazia, ma sappia discernere i segni dei tempi per essere salva nel tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo...LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura  Ger 38,4-6.8-10
Hai fatto di me un uomo di contesa su tutta la terra.

Dal libro del profeta GeremiaIn quei giorni, i capi allora dissero al re: «Si metta a morte questo uomo, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché questo uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male ».
Il re Sedecia rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». Essi allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, principe regale, la quale si trovava nell'atrio della prigione. Calarono Geremia con corde. Nella cisterna non c'era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango.
Ebed-Melech uscì dalla reggia e disse al re: «Re mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame sul posto, perché non c'è più pane nella città». Allora il re diede quest'ordine a Ebed-Melech l'Etiope: «Prendi con te da qui tre uomini e fà risalire il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia».
Salmo Responsoriale  
Dal Salmo 39
Vieni presto, Signore, a liberarmi.Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.

Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.

Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.

Io sono povero e infelice;
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non tardare. 

Seconda Lettura
  Eb 12, 1-4
Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti.

Dalla lettera agli EbreiFratelli, circondàti da un gran numero di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d'animo.
Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato.

Canto al Vangelo
  
Cf At 16,14b
Alleluia, alleluia.

Apri, Signore, il nostro cuore
e comprenderemo le parole del Figlio tuo.

Alleluia.
  
  
Vangelo
  Lc 12, 49-57
Non sono venuto a portare la pace sulla terra, ma la divisione.

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
[ Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?». ]
 

*
Commento
Dietro ad ogni “angoscia” sofferta dall’uomo vi è quella di Gesù in attesa che sia “compiuto” il “battesimo” per il quale si era incarnato. Non importa se siamo angosciati per un figlio, per il lavoro, per i risultati delle analisi cliniche o per la risposta della ragazza alla richiesta di fidanzarsi. In ogni nostra angoscia è vergata l’attesa del compimento per il quale siamo nati. Esse ci prendono quando alcuni eventi bruciano come sale sparso sulle ferite lasciate in dote dal peccato. Allora il dolore restringe il campo visivo ai luoghi dove crediamo si soffra di meno e ci spinge verso le persone apparentemente più affidabili.
Ma sappiamo per esperienza che nulla e nessuno può liberarci dall’angoscia; siamo nati per compiere la nostra vita e non per vederla scivolare nel sonno di un’anestesia. Per questo ci attende lo stesso “battesimo” che ha sepolto il Signore nella morte dalla quale risorgere vittorioso. Vi è in noi come una calamita che ci attrae verso ciò che seppellisca il nostro uomo vecchio, perché possiamo rinascere e camminare in una vita nuova. 
Nelle gocce di sangue che cadevano sulla terra del Getsemani come tizzoni ardenti, era l’“angoscia” accesa dal “fuoco” dell’amore che solcava il viso di Gesù. Era la sua vita che scivolava via offerta in riscatto per tutti, come il seme caduto in terra era destinato a morire per non restare solo. L’amore, infatti, dà compimento all’esistenza e trasforma l’angoscia in pace. Come già nel deserto quando furono esaurite le tentazioni, anche alla fine del combattimento nell’orto degli ulivi un angelo si è avvicinato a Gesù per confortarlo: Gesù entrava così nella sua Passione immerso in una pace che già sapeva di Paradiso.
Essa nasceva dal seno dell’angoscia, bruciava come fuoco purificatore, e si irrobustiva nella divisione portata dal Gesù. Non esiste pace, infatti, laddove non si assume, sino in fondo, la realtà. Questa ci dice che l’autore della “divisione” è il demonio, sin dall’inganno con cui ha sedotto Adamo ed Eva per separarli da Dio e tra di loro. Gesù non “porta la divisione” per infettare gli uomini, ma per debellarla e vaccinarli. Le vaccinazioni, infatti, si effettuano iniettando nel sangue proprio il virus dal quale ci si vuole difendere.
Per questo Gesù ha “portato” nella sua carne e nella sua anima la “divisione” che già covava nei cuori. Prendendola su di sé sino a lasciarsi uccidere, Gesù ha trasformato ogni divisione in un vaccino; iniettato nell’uomo attraverso l’annuncio del Vangelo e i sacramenti, ha il potere di sconfiggere il virus: è la carne crocifissa di Cristo che distrugge l’inimicizia, fa la pace, e riunisce chi si è diviso.
Le parole di Gesù di questa domenica non chiamano a una rivoluzione familiare, nello stile dei testimoni di Geova. Gesù annuncia invece il suo amore, che lo ha spinto tra le braccia assassine del rifiuto. Tu ed io siamo stati salvati nel momento in cui il nostro rifiuto ci ha “diviso” da Lui, spingendolo nella morte al posto nostro. Per caricarsi dei peccati e perdonarli, il Signore li ha dovuti smascherare e incendiare. Per portare la pace autentica, ha dovuto prima “portare la divisione”.
Se, a causa di Gesù, nelle nostre famiglie non si dividessero “il padre dal figlio, la madre dalla figlia e la suocera dalla nuora”, l’ipocrisia occulterebbe il virus che le avvelena, impedendo al Signore di salvarle. Per questo dovremo sperimentare la “divisione” dal figlio che non accetta più che gli si trasmetta la fede; o la “divisione” dalla figlia che si è infilata in una del tutto ipotetica età adulta, e guai a chi le contesta guardaroba e orari. Se non sapremo accettare la “divisione” significherà che amiamo più noi stessi che i nostri figli; se ci comporteremo con loro da amiconi, come il mondo insegna, facendo finta di nulla e tacendo il Vangelo, condanneremo i nostri figli alla schiavitù della carne, drogati dal pensiero unico che ammorba scuole e ogni dove.
Cosa vogliamo somministrare alle persone che amiamo, placebo o vaccini? Il fuoco dell’amore di Dio o gli anseolitici mondani? “Il cristiano non deve essere tiepido. La fede deve divenire in noi fiamma dell’amore, fiamma che realmente accende il mio essere, diventa grande passione del mio essere, e così accende il prossimo. Questo è il modo dell’evangelizzazione: che la verità diventi in me carità e la carità accenda come fuoco anche l’altro” (Benedetto XVI)”.
Siamo chiamati ogni giorno ad entrare con Cristo nel Getsemani, dove soffrire l’angoscia dell’amore autentico. Esso si incarna anche nei no e nei sì che “portano la divisione”; le parole in più spese per non soffrire il rifiuto dialogando invece di annunciare il Vangelo e perdonare, vengono dal maligno. Nella Chiesa, unica Madre realista e colma d’amore, impariamo a non temere le tensioni in famiglia: sono benedette perché spazzano via la pace di marmellata che il mondo vorrebbe darci e ci preparano a ricevere quella autentica, primizia della vittoria sul peccato e la morte.
Il “fuoco” acceso da Gesù sulla Croce riduce in cenere i legami morbosi e ci fa liberi di osare, per amore, la fedeltà alla Verità sino a vederci rifiutati anche da chi ci ha dato la vita. Come Edith Stein, che, pur soffrendo la “divisione” nella sua carne, non ha esitato ad abbandonare religione e madre quando queste erano divenute "un nemico per l'uomo rigenerato" (S. Ilario). Ma sarà proprio nella camera a gas del suo martirio, dove offrirà tutta se stessa, ebrea e cristiana, che tutto si illuminerà e compirà: nell'amore che la consumava attirava e salvava anche ciò che aveva dovuto abbandonare.
L’amore che circoncide il cuore e desidera il bene dell’altro non è mai senza dolore. Il Signore lo sa, e per questo ci attira anche oggi nel suo “fuoco” che ci purifica, per discendere con Lui nel “battesimo” che ci immerge nel dolore del prossimo per deporvi il vaccino dell’amore di Cristo: “Sappiamo che il fuoco è all’inizio della cultura umana; il fuoco è luce, è calore, è forza di trasformazione... con il fuoco si può distruggere, ma con il fuoco si può trasformare, rinnovare. Il fuoco di Dio è fuoco trasformante, fuoco di passione - certamente - che distrugge anche tanto in noi, che porta a Dio, ma fuoco soprattutto che trasforma, rinnova e crea una novità dell’uomo, che diventa luce in Dio” (Benedetto XVI).

*

Le parole dei Padri

  "Fuoco sono venuto a portare sulla terra" (Lc 12,49). Non si tratta certo di fuoco che consuma i buoni, ma del fuoco che suscita la buona volontà, che rende migliori i vasi d’oro della casa del Signore, consumando il fieno e la paglia (cf. 1Co 3,12ss). Questo fuoco divino divora tutte le cose del mondo accumulate dalla voluttà, brucia le opere effimere della carne, ed è quello stesso che infiammava le ossa dei profeti, come dice il santo Geremia: "È divenuto come un fuoco ardente che infiamma le mie ossa" (Ger 20,9). È infatti il fuoco del Signore, a proposito del quale sta scritto: "Un fuoco arderà davanti a lui" (Sal 96,3). Ma il Signore medesimo è fuoco, dato che egli stesso ha detto: "Io sono il fuoco che brucia e non si consuma" (Es 3,2 Es 24,17 Dt 4,24 Eb 12,29); il fuoco del Signore è infatti la luce eterna, ed è a questo fuoco che si accendono le lucerne delle quali poco prima ha detto: "I vostri fianchi siano cinti e le lampade accese" (Lc 12,35). La lampada è necessaria, perché i giorni di questa vita sono come notte. Ammaus e Cleopa testimoniano che il Signore ha messo questo fuoco anche in loro, quando dicono: "Or non ci ardeva il cuore per via, mentre ci spiegava le Scritture?" (Lc 24,32). Essi così hanno manifestato con evidenza qual è l’azione di questo fuoco, che illumina l’intimo del cuore. È forse proprio per questo che il Signore verrà nel fuoco (Is 66,15-16), per consumare tutte le colpe al momento della risurrezione, ricolmare con la sua presenza i desideri di ciascuno, e proiettare la sua luce sui meriti e sui misteri...
            Come potrebbe allora il Signore essere "la nostra pace, egli che di due ne fece uno?" (Ef 2,14). E com’è che egli stesso dice: "Io vi do la mia pace, vi lascio la mia pace" (Gv 14,27), se è venuto per separare i padri dai figli, e i figli dai padri, distruggendo i loro vincoli? Come può essere "maledetto chi non onora suo padre" (Dt 27,16), e religioso chi lo abbandona? (Ambrogio, In Lc., 7, 132, 135 s., 145).
 
            Tali erano il loro torpore e la loro pigrizia congiunti a invidia: duplice vizio che noi dobbiamo con forza espellere dalla nostra anima. Ma per poterlo combattere, bisogna essere più ardenti del fuoco. Per questo Gesù dice: "Io sono venuto a portare il fuoco sulla terra e che desidero se non che si accenda?" (Lc 12,49). E per lo stesso motivo lo Spirito Santo apparve in terra sotto forma di fuoco. Eppure, dopo tutto questo, noi restiamo più freddi della cenere e più insensibili dei morti. Non ci commoviamo affatto al vedere Paolo elevarsi al di sopra del cielo, passare anzi di cielo in cielo più veemente di una fiamma, vincere tutti gli ostacoli e porsi al di sopra degli inferi e dei supremi, del presente e dell’avvenire, di ciò che è e di ciò che non è. Se questo esempio vi sembra troppo grande, ebbene ciò è segno della vostra rilassatezza.
            Che cosa ha Paolo più di voi, per dire che vi è impossibile imitarlo? Ma per non insistere su questo punto, lasciamo da parte Paolo e gettiamo uno sguardo sui primi cristiani: denaro, proprietà, onori mondani, affari terreni, essi gettarono via tutto, per donarsi tutti interi a Dio per meditare giorno e notte sugli insegnamenti della sua parola. Ecco qui il fuoco dello Spirito Santo: esso non tollera che si abbia alcun desiderio delle cose di questo mondo, in quanto ci conduce verso un altro amore. Perciò colui che prima amava le cose terrene, ora, anche se occorresse donare tutto quanto possiede, abbandonare le gioie di questa terra, disprezzare la gloria e dare la sua stessa vita, farà tutto ciò con meravigliosa facilità. Infatti quando l’ardore di questo fuoco è entrato nell’anima dell’uomo, esso scaccia l’indifferenza e la pigrizia. Questo fuoco rende l’anima che ne è invasa più leggera di una piuma e le conferisce inoltre la capacità di disprezzare tutte le cose terrene. Quest’uomo rimane sempre in un perpetuo pentimento e nella contrizione. Piange senza tregua e trova grande sollievo e gioia nelle sue lacrime.
            Di certo, non c’è niente che congiunga e unisca più strettamente a Dio di queste lacrime. Colui che si trova in tali condizioni, anche se vive in città, è come se abitasse in un eremo nel deserto, su una montagna o nella foresta. Egli non rivolge più uno sguardo alle cose presenti, non si sazia di gemere e piange per i propri peccati come per quelli degli altri. Per questo Gesù proclama beati, prima di altri, gli uomini di tal genere, dicendo: "Beati quelli che piangono!" (Mt 5,5). Ma in qual senso allora -mi direte voi - Paolo ha detto: "State sempre allegri nel Signore" (Fil 4,4)? Lo ha detto per esprimere la gioia che queste lacrime suscitano. Infatti, come la gioia terrena ha sempre per compagna la tristezza, così le lacrime che si versano per amore di Dio, fanno fiorire nell’anima una beatitudine che non muore né appassisce mai. Fu così che quella peccatrice, di cui parla il Vangelo, divenne più pura delle stesse vergini, in quanto era stata presa totalmente da questo fuoco divino. Quando fu infiammata dal fervore della penitenza, arse d’amore per Cristo. Sciolse i suoi capelli, bagnò i piedi di Gesù con le lacrime, li asciugò con la sua chioma e versò su di essi il profumo. Tutto questo avveniva esteriormente, ma i sentimenti della sua anima erano assai più ardenti d’ogni esterna manifestazione e solo Dio li vedeva! Ecco, tutti coloro che ascoltano la sua storia, si rallegrano con lei per le sue sante azioni e la considerano purificata da tutti i suoi peccati.
(Crisostomo Giovanni, In Matth., 6, 4-5).
 
            Peraltro egli è «venuto a portare il fuoco», non nel cielo ma «sulla terra», come egli stesso dimostra con queste parole: "Io sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e che altro desidero se non che divampi?" (Lc 12,49). Se infatti «ti sarai convertito al Signore» che è "Spirito", il Cristo sarà "Spirito" per te, e non sarà venuto per te a «portare il fuoco sulla terra». Ma se al contrario rifiuti di convertirti a lui, e se possiedi la terra e i suoi frutti, «egli è venuto a portare il fuoco sulla terra», che è in te. La Scrittura parla anche di Dio in termini analoghi: «Il fuoco della mia collera si è acceso», non soltanto fino al cielo, ma «fino al fondo dell’inferno», ed «esso consumerà», non il cielo, ma "la terra e i suoi germogli" (Dt 32,22).
            Per quale motivo ho ricordato tutto questo? Perché il Battesimo di Gesù è anche un Battesimo «nello Spirito Santo e nel fuoco». Senza dimenticare ciò che ho detto prima, né perdere di vista l’interpretazione data più sopra, voglio aggiungerne una nuova. Se tu sei santo, sarai battezzato nello Spirito Santo; se sei peccatore, sarai precipitato nel fuoco; e un medesimo battesimo diverrà condanna e fuoco per i peccatori indegni; ma i santi, che si convertono al Signore con fede completa, riceveranno la grazia dello Spirito Santo e la salvezza.(Origene, In Lc., 26, 1-3).
 
            Agli altri, che sono nell'errore, sarà possibile la conversione per mezzo vostro; ma se cadrete voi, trascinerete anche gli altri nella rovina. Quanto più importanti sono gli incarichi che vi sono stati affidati, tanto maggior impegno vi occorre. Per questo Gesù afferma: «Ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini» (Mt 5, 13). Perché poi, udendo la frase: «Quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e diranno ogni sorta di male contro di voi» (Mt 5, 11), non temano di farsi avanti, sembra voler dire: Se non sarete pronti alle prove, invano io vi ho scelti. Così verranno le maledizioni a testimonianza della vostra debolezza. Se, infatti, per timore dei maltrattamenti, non mostrerete tutto quell'ardimento che vi si addice, subirete cose ben peggiori, avrete cattiva fama e sarete a tutti oggetto di scherno. Questo vuol dire essere calpestati.