sabato 31 gennaio 2015

Con Pietro per la famiglia



Davanti alla grande sfida del sinodo. 

(Gualtiero Bassetti) Negli ultimi mesi molti commentatori si sono chiesti quale fosse il vero significato del sinodo straordinario sulla famiglia dell’ottobre scorso. Alcuni lo hanno raccontato, come ha detto il Papa stesso, «nello stile delle cronache sportive», mentre altri lo hanno letto e interpretato secondo le logiche degli schieramenti politici. Di sicuro, però, nel sinodo si sono riflesse una tensione e una cura che forse non hanno eguali negli anni recenti.
Lo spirito sinodale, infatti, soffia sull’intera Chiesa e la riveste di nuova luce. È la stessa ispirazione che ha mosso il Vaticano II, che ha guidato Paolo VI, prima ancora che si concludesse il concilio, nella creazione del Sinodo dei vescovi e che, oggi, sta delineando una svolta pastorale per tutta la Chiesa.
Come alla vigilia del Vaticano II, non c’è spazio in questo passaggio storico per i «profeti di sventura», raggomitolati su se stessi e preoccupati solo del proprio narcisismo riflesso in uno specchio. Oggi è il tempo della misericordia e della verità. Ed è il tempo di camminare insieme a Pietro, di vivere la corresponsabilità nella vita della Chiesa, cum Petro et sub Petro.
Nel 1973, Giorgio La Pira, in una lettera all’amico Mauro Barsi in cui sottolineava l’importanza di leggere attentamente i testi del magistero di Paolo VI sull’Osservatore Romano, affermava con decisione che il Papa è sempre Pietro. Il quale sta «al timone di una barca destinata ad attraversare tutti i popoli, tutte le nazioni, tutte le civiltà e tutti i secoli». Ebbene, in ogni nave, scriveva sempre il sindaco di Firenze, «il capitano tiene il giornale di bordo, in cui annota gli eventi essenziali della sua navigazione ed indica gli orientamenti essenziali di essa».
Le parole del Papa, dunque, per dirla con La Pira, rappresentano il giornale di bordo di ogni cattolico. Testi che ognuno di noi è chiamato a leggere perché ci offrono un autentico sensus ecclesiae. Permettono cioè di pensare e di operare mettendoci in sintonia con l’agire del capitano della nave la cui rotta è da sempre «avviata verso i porti universali della grazia, dell’unità e della pace».
Mosso dal vento dello Spirito, il sinodo ha infatti continuato a dispiegare le vele della barca di Pietro proprio verso questi porti dove poter affrontare, serenamente, le nuove drammatiche sfide della società odierna e dove poter curare le “ferite” delle donne e degli uomini di oggi. Ferite sulle quali la Chiesa è chiamata, per vocazione e non certo per un obbligo di legge, a versare «l’olio della misericordia» e, in egual misura, «la medicina della verità».
Il discorso del Pontefice alla conclusione del sinodo è di grande insegnamento. È infatti fondamentale prendere le distanze tanto dall’«irrigidimento ostile» quanto dal «buonismo distruttivo», cioè dall’imporre «fardelli insopportabili» e dallo «scendere dalla croce, per accontentare la gente». L’unica realtà che conta è rimanere nella verità prendendosi cura di chi sta nella sofferenza.
Questa è la grande sfida del sinodo sulla famiglia. Una sfida che si caratterizza per coraggio e libertà, trasparenza e franchezza, come forse mai era accaduto. Sfida che non è certo un vezzo intellettuale, ma un atto d’amore di Papa Francesco — di colui che è supremo servitore della Chiesa — verso la famiglia. Cioè verso la cellula fondamentale della società che, oggi, minacciata dai ripetuti tentativi di svilirne il significato più autentico «mediante il relativismo, la cultura dell’effimero e una mancanza di apertura alla vita», rischia di subire una sciagurata «colonizzazione ideologica». Un’eventualità che è da scongiurare con tutte le forze. Nel segno dell’unità e sotto la guida di Pietro.
L'Osservatore Romano