sabato 24 gennaio 2015

Un’altra Betlemme dal Cairo



Sulle orme del viaggio della Sacra Famiglia in Egitto. 
Storie d’oriente e d’occidente. Storie d’oriente e d’occidente recita il sottotitolo di un libro davvero affascinante, che si dichiara di «storia comparata», dedicato alla fuga in Egitto della Sacra famiglia (Lucette Valensi, La fuite en Égypte. Histoires d’Orient et d’Occident. Essai d’histoire comparée, Paris, Éditions du Seuil, 2002, pagine 333, euro 26). «Tutto comincia con un’immagine» scrive l’autrice, ed è quella, mille volte modulata, di Giuseppe che porta in scampo la giovane Maria con il bambino ricercato dai soldati di Erode. 
Dal racconto evangelico di Matteo alle narrazioni apocrife, fino alle tradizioni islamiche e a quelle occidentali, per arrivare a un’iconografia sorprendente e varia. Appena accennati dall’evangelista, il viaggio e il soggiorno in Egitto della piccola famiglia sono narrati dagli apocrifi dell’infanzia, raccolti e annotati con essenziale precisione nel primo dei due volumi che la Bibliothèque de la Pléiade (Gallimard) ha consacrato nel 1997 agli Écrits apocryphes chrétiens diretti da François Bovon e Pierre Geoltrain: «Dei testi non canonici», conclude Valensi, «hanno nutrito letture, espressioni e pratiche pienamente ortodosse». (g.m.v.)
***
(Rosella Fabiani) Secondo la testimonianza del patriarca di Alessandria, Teofilo (385-412), risale al I secolo la fondazione sul monte Qusqam (Assiut, Medio Egitto) di un santuario-martyrium dedicato alla Vergine, eretto sul luogo dove la tradizione vuole abbia dimorato la Sacra Famiglia durante la sua fuga in Egitto. Non a caso infatti lo stesso Cirillo di Gerusalemme (IV secolo) ricorda nelle sue omelie come «l’Egitto è testimone perché accolse il Signore, ancora bambino, corporalmente». Particolarmente significativo è che si attribuisca a Gesù la concessione per l’intercessione della madre, di una particolare grazia — sul tipo delle indulgenze della Porziuncola — a coloro che avrebbero visitato questo santuario. E sul luogo di questo antico luogo santo, dove la Famiglia trovò rifugio per sei mesi e cinque giorni durante la sua fuga, è stato fondato nel IV secolo un monastero dedicato alla Vergine Maria: Deir al-Muharraqa, nel deserto occidentale a nord di Assiut, noto anche come il monastero del monte Qusqam. 
Ancora oggi pellegrini da tutto l’Egitto vanno al monastero di Deir al-Muharraqa per celebrare il soggiorno della Santa Famiglia. 
E questo luogo di pellegrinaggio è così noto che ha ispirato gli etiopi a chiamare Dabra Qasqam una chiesa costruita a metà del XVIII secolo a nord-ovest della città di Gondar. A parlarci di questo soggiorno è papa Teofilo nel Sermo de ecclesia Sanctae Familiae in Monte Qusqam. In questo testo si legge che la Santa Famiglia visitò la città di Qosqam (oggi al-Qusiya). L’omelia ricorda l’imperatore Teodosio il Grande che mandò il patriarca Teofilo in Medio Egitto per confiscare i tesori dei templi e usarli per la costruzione di chiese. Sulla strada di ritorno verso Alessandria, Teofilo si ferma a pregare. Durante la notte, il patriarca ha una visione dove la Vergine gli racconta il soggiorno della Santa Famiglia in Egitto durato tre anni, cinque mesi e tre giorni. 
E proprio al viaggio della Santa Famiglia nella terra di Kemet — Egitto in lingua geroglifica — è stato dedicato un nuovo itinerario turistico, da affiancare a quello classico delle antichità faraoniche, promosso dal Governo del Cairo insieme al patriarcato della chiesa copta ortodossa. «Un itinerario che è per tutti gli egiziani — ha detto il ministro del Turismo, Hisham Zaazou — e il luogo scelto per la presentazione di questo percorso turistico lo dimostra: nel vecchio Cairo, al Fustat, dove si trovano la moschea più antica di tutto l’Egitto, la sinagoga Ben Ezra e le chiese più antiche del Paese. Perché l’Egitto da sempre ha accolto tutti in pace». 
Davanti a un pubblico numeroso e a rappresentanti della chiesa cattolica e di molte chiese orientali — dalla caldea alla siriaca-ortodossa, alla melkita, alla armena, alla greca ortodossa e alla maronita — e di diversi ministri da quello della Cultura a quello degli Esteri, nel giardino del museo copto, accanto alla fortezza romana di Babilonia, si è infatti tenuta la cerimonia di inaugurazione di questa nuova iniziativa che mette insieme turismo, cultura e devozione. «Un luogo di dialogo delle religioni» lo ha definito il primo ministro, Ibrahim Mahlab.
E «Gesù è stato il primo turista che ha visitato l’Egitto nel I secolo», ha aggiunto papa Tawadros II. L’itinerario, come dicevamo, ripercorre i luoghi dove ha trovato rifugio la Santa Famiglia durante la sua fuga a causa della persecuzione di Erode. Un viaggio duro, faticoso e pericoloso che Maria e Giuseppe insieme al piccolo Gesù hanno fatto partendo dalla Palestina e arrivando fino ad Assiut in Medio Egitto. 
Oggi di questo viaggio compiuto risalendo il corso del Nilo e che rappresenta le origini della cristianizzazione del Paese abbiamo notizie grazie alla tenacia della tradizione orale copta — definita da papa Shenouda III come “scolpita nella roccia” — ma anche grazie a testimonianze scritte come il Vangelo arabo dell’infanzia, la Visione di papa Teofilo e all’omelia Sulla chiesa della Roccia di Timoteo Euloro (patriarca di Alessandria nel 457-460 e 475-477). 
Fu un viaggio lungo e difficile. Da Betlemme verso il Sinai, passando per al-Arish, considerata la porta d’Egitto, e giungendo a Tell al-Farama, l’antica Pelusium all’altezza di Suez. Da Tell Basta a Sakha, nei pressi di Santa Damiana, un centro monastico femminile di Damietta. Dallo Wadi Natrun a Matariyya, nei sobborghi del Cairo, e a Zaytun, dove nel 1968 c’è stata un’apparizione della Vergine. 
Infine Maadi, alla periferia meridionale del Cairo, dove la Santa Famiglia si imbarca per dirigersi in Medio Egitto e fermarsi poi a Gebel El Teir, Deir al-Muharraq e Deir Dronka che sono oggi tra i più importanti luoghi di pellegrinaggio mariano di tutto il Paese. 
Molte le tappe anche lungo la valle del Nilo: Menfi che segna una lunga permanenza per la Famiglia con i soldati di Erode sulle loro tracce; Ossirinco, celebre per l’Albero di Maria che le diede «frutti, ombra e acqua» e per il celebre episodio di Gesù mandato a scuola e subito rispedito a casa dal maestro perché “troppo intelligente”, e Abu Hinnis dove troviamo i primissimi dipinti della Sacra Famiglia in Egitto. 
Ma è a Deir al-Muharraq che troviamo il primo e unico monastero «consacrato da Gesù in persona» ci dice padre Filoxinos. Gesù stesso avrebbe infatti consacrato una stele di marmo, collocata ancora oggi in quello che è considerato il centro geografico esatto dell’Egitto, avverando così la profezia di Isaia:  «In quel giorno in mezzo al Paese d’Egitto vi sarà un altare, consacrato all’Eterno».
Nel monastero vivono centoquaranta monaci. Abuna Filoxinos è uno di loro e, guidandoci, cita le antiche fonti che riportano che Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù trascorsero in questo luogo più di sei mesi. Da qui il nome di seconda Betlemme con cui è conosciuto questo importante complesso monastico dell’area di Assiut, il più grande del Medio Egitto. «Chi non può andare in Terra Santa, venendo qui è un pellegrino» dice abuna Filoxinos che ricorda che nel monastero la messa viene interamente detta in copto. 
Altra tappa significativa del viaggio della Sacra Famiglia è stata impressa a Gebel Teir, di fronte alla città di Samalut, nell’area di Minia. Posto sulla sommità della montagna, si trova la chiesa dedicata alla Vergine Maria costruita dall’imperatrice Elena in ricordo del passaggio della Sacra Famiglia. Il luogo è anche chiamato “monastero della carrucola”, in quanto anticamente l’accesso al complesso era assicurato da una carrucola che veniva calata dall’alto. Secondo la tradizione, al passaggio dell’imbarcazione con a bordo Gesù, un’enorme masso staccatosi dalla montagna stava precipitando sulla Sacra Famiglia. Accortosi del pericolo il piccolo stese la mano fermando il macigno. Miracolosamente l’impronta della sua mano rimase impressa sulla roccia. Tale impronta sarebbe stata ancora visibile nel 1168, quando Almerico, sovrano di Gerusalemme, prese la roccia con l’impronta divina e la portò con sé in Siria. 
Si trova invece in una grotta all’interno di una montagna il monastero di Dronka. Abitata dai cristiani fin dal I secolo, la grotta dal IV secolo viene usata come una chiesa e poi come monastero dove oggi vivono trenta monaci. Nel complesso ci sono anche centodieci suore consacrate che, oltre a svolgere il servizio per il monastero, durante la settimana vanno ad Assiut a insegnare nella chiesa principale della città dedicata a Mar Gerges. 
Sono i tanti i pellegrini che nel mese di agosto (dal 7 al 22) si recano in visita al monastero in occasione della commemorazione dell’arrivo della Sacra Famiglia sul monte di Dronka. 
Come sottolineano i portavoce del nuovo Governo egiziano, anche questo itinerario appena inaugurato vuole contribuire alla costruzione di un Paese che rifiuta il fanatismo e rispetta tutte le religioni. 
L'Osservatore Romano