martedì 27 gennaio 2015

Perché ci si divide?



Brancaleone_teofilatto_zenone copia
di Costanza Miriano
Sulla teoria come sempre sarei anche preparata. Per esempio lo so che San Francesco dice di non entrare in risonanza col male del fratello, sennò rimane a te, nel tuo cuore, e finisci per tenere il male dell’altro con te, per impossessartene come di un regalo prezioso. Però quando ho letto certe cose su di noi – Padre Maurizio, Marco Scicchitano, Mario Adinolfi e me – lo ammetto, ci sono entrata, eccome, in risonanza col male altrui.
Quelle che mi sono dispiaciute di più sono state quelle venute dal fuoco amico, e sono state tante e forse anche le più feroci. Insomma, se si inventano delle balle su di noi quelli che la pensano diversamente, pazienza. Anche se sarebbe bello ogni tanto essere criticati nel merito delle cose dette, magari addirittura ragionando sui contenuti. Sarebbe davvero un’iniziativa bizzarra, me ne rendo conto, ma so che uno non può pretendere.
Per cui mi chiedo, e lo chiedo ai lettori di questo blog che sono parecchi, e di diverse matrici, di appartenenze disparate: perché cavolo noi cattolici riusciamo a dividerci su tutto?
Ma è mai possibile che riusciamo a litigare su ogni cosa, a fare una questione su tutto? Non voglio entrare nel merito di nessuna questione, sennò si apre il dibattito, e il punto è che io prima vorrei capire perché ci si divide, non mi interessa chi abbia ragione. Una volta assodato qual è il Bene, e accertato che c’è un Bene assoluto – questo lo darei per scontato, fra di noi – perché non riusciamo a cercare tutti insieme di costruirlo, ognuno col suo stile, coi suoi mezzi, con la sua sensibilità? Perché non ricordiamo che le diverse spiritualità, i movimenti, sono una ricchezza, e che comunque la verità tutta intera la vedremo solo dopo morti, e che il cammino che scegliamo di percorrere qui sulla terra, quella strada e non un’altra, non è la migliore, ma quella che ci assomiglia di più, che si attaglia meglio al passo che possiamo tenere?
Probabilmente, riflettevo in questi giorni, la certezza di avere capito la verità ci rende poco umili. Il resto lo fa il desiderio, anche buono, di portare agli altri la verità di cui siamo certi. Lo zelo di diffondere il bene, la voglia sincera di contribuire alla venuta del regno di Dio.
Il punto è che la Verità è una persona, e quella persona non siamo noi. La verità è Gesù Cristo, e se noi possiamo fare qualcosa per gli altri è giusto voler loro bene, cercando di assomigliare a Gesù, aiutandoli ad alzare lo sguardo verso di lui. Poi anche dire loro quella che a noi sembra la verità, fondati sul Magistero che ci garantisca che quello non è un parto della nostra fantasia, ma solo dopo avere cercato di voler bene. Se ci mettiamo a fare i crociati diventiamo subito ridicoli.
Se noi la Verità l’abbiamo un giorno incontrata, magari ne abbiamo incrociato lo sguardo, o abbiamo sentito i suoi occhi su di noi, dovremmo avere capito che lui – è Gesù la verità – ci chiede di essere come lui, che è innocente e si è fatto carico della monnezza della nostra vita. Se dobbiamo essere come lui anche per noi il percorso deve essere quello: una morte, un passaggio, una salvezza. Non una comoda passerella durante la quale dispensiamo verità stando in poltrona. E se ci è necessaria una morte è perché il problema non sono gli altri, siamo noi che dobbiamo morire a noi stessi. Il mio problema sono io. È il mio peccato, il mio uomo vecchio, che deve rassegnarsi, decidersi a tirare le cuoia.
Questo non esclude che se c’è una battaglia pubblica da combattere si combatte, e lo si fa con tutte le forze. Se c’è da lottare contro una legge che può portare tanta morte, se c’è una colonizzazione ideologica da fronteggiare la si fronteggia con tutti i mezzi. Quello è un altro piano, è il piano politico, pubblico, culturale. L’importante è ricordare che sul piano spirituale il campo di battaglia è il nostro cuore, e il nemico siamo noi.
Solo tenere questo a mente ci permette di non scannarci gli uni gli altri, tra noi cattolici. Quando capisci questo ti fai agnello, entri nella logica di Gesù, cominci ad assorbire le cattiverie degli altri, le lamentele, a portare i pesi, ad accogliere la sporcizia altrui perché sai bene che è uguale alla tua. Solo così riusciamo a superare la sindrome da accerchiamento, e a vincere il mondo, come ha fatto Colui che ha rivoltato l’impero romano come un calzino pur senza aver detto una parola contro.