sabato 28 marzo 2015

Domenica delle Palme 2015

Nella domenica delle Palme, la liturgia ci propone il racconto della Passione tratto dal Vangelo secondo Marco. Gesù dice ai discepoli:
«Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: “Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea».
Fin dall’antichità la Chiesa commemora oggi, con la processione delle palme, l’ingresso trionfale del Signore a Gerusalemme, prima della sua passione. E la palma, o il ramo di ulivo, che la tradizione vuole poi presente nelle nostre case durante tutto l’anno, è segno tangibile della passione e morte del Signore e della sua gloriosa risurrezione. Non può essere un gesto banale o solo devozionale, specialmente in questi nostri tempi così significativi per noi cristiani e per la nostra fede. Noi non seguiamo un vincitore, un trionfatore umano, ma neppure un vinto. Seguiamo uno che è risorto dalla morte, perché si è consegnato volontariamente alla morte. Il grido: “Crocifiggilo! Crocifiggilo!”, risuona ancora oggi, come forse mai prima nella storia della Chiesa, contro tanti cristiani, spesso anche dimenticati! Per ben due volte la liturgia ci proporrà in questi giorni la passione del Signore. È l’ora delle tenebre, l’ora della vittoria del male, l’ora in cui Dio stesso sembra aver dimenticato la sua creatura, l’ora che sembra senza speranza alcuna. Ma Dio c’è. Quell’uomo che muore su quei due pezzi di legno è Dio. Dio è lì, sulla croce stessa. Grida all’uomo che non crede, a me ed a te: “Ecco come ama Dio!”. “Ecco fino a che punto ama Dio!”. Facciamo nostra la preghiera di Benedetto XVI alla Vergine della speranza, perché ci aiuti a ritrovare i segni di questa presenza di Dio: “Madre della speranza, che nel buio del sabato santo andasti con incrollabile fiducia incontro al mattino di Pasqua, dona ai tuoi figli la capacità di discernere in  ogni situazione, fosse pure la più buia, i segni della presenza amorosa di Dio” (Benedetto XVI, Preghiera a Nostra Signora di Sheshan – Cina). E faremo Pasqua con il Signore! (Pasotti)

*

DOMENICA DELLE PALME E DELLA
PASSIONE DEL SIGNORE  

COMMEMORAZIONE DELL'
INGRESSO DI GESU' IN GERUSALEMME
 

 
BENEDIZIONE DEI RAMI
All'arrivo del sacerdote si canta l'antifona seguente o un altro canto adatto.

Antifona d'Inizio   Mt 21,9
Osanna al Figlio di Davide.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore:
è il Re d'Israele.
Osanna nell'alto dei cieli.

 
Il sacerdote saluta i presenti e poi con brevi parole illustra il significato  dei gesti che stanno  per compiere e li invita a una partecipazione attiva e consapevole:
Fratelli carissimi,
questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore, alla quale ci stiamo preparando con la penitenza e con le opere di carità fin dall'inizio della Quaresima.
Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione.
Accompagniamo con fede e devozione il nostro Salvatore nel suo ingresso nella città santa, e chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce, per essere partecipi della sua risurrezione.


Il sacerdote benedice i rami, che, dopo la processione, saranno portati nelle case come segno di fede:
Preghiamo.
Dio onnipotente ed eterno, benedici 
 questi rami [di ulivo], e concedi a noi tuoi fedeli, che accompagniamo esultanti il Cristo, nostro Re e Signore, di giungere con lui alla Gerusalemme del cielo. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.


Oppure:

Accresci, o Dio, la fede di chi spera in te, e concedi a noi tuoi fedeli, che rechiamo questi rami in onore di Cristo trionfante, di rimanere uniti a lui,
per portare frutti di opere buone. Per Cristo nostro Signore.


Vangelo - Anno B   Mc 11,1-10
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
 

Dal vangelo secondo Marco
 

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”».
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».

Oppure:  Gv 12,12-16
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, la grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!».
Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d’asina.
I suoi discepoli sul momento non compresero queste cose; ma, quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte queste cose e che a lui essi le avevano fatte.

  
PROCESSIONE IN ONORE DI CRISTO RE

Il celebrante, o un altro ministro, può fare un'esortazione con queste parole o con altre simili.
Imitiamo, fratelli carissimi, le folle di Gerusalemme,
che acclamavano Gesù, Re e Signore,
e avviamoci in pace.



Ha quindi inizio la processione verso la chiesa, nella quale si celebra la Messa. I ministranti e i fedeli portano in mano i rami benedetti. Si eseguono i canti seguenti o altri adatti alla celebrazione.
Salmo 23alternato con la seguente antifona. 
  

Le folle degli Ebrei, portando rami d'ulivo,
andavano incontro al Signore e acclamavano a gran voce:
Osanna nell'alto dei cieli.


Del Signore è la terra e quanto contiene,
l'universo e i suoi abitanti.
E' lui che l'ha fondata sui mari,
e sui fiumi l'ha stabilita.

Chi salirà il monte del Signore,
chi starà nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non pronunzia menzogna,
chi non giura a danno del suo prossimo.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Sollevate, porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.
Chi è questo re della gloria?
Il Signore forte e potente,
il Signore potente in battaglia.

Sollevate, porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.
Chi è questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria. 



Salmo 46, alternato con la seguente antifona.  

Le folle degli Ebrei, lungo la strada stendevano i mantelli,
e acclamavano a gran voce:
Osanna al Figlio di Davide.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.


Applaudite, popoli tutti,
acclamate Dio con voci di gioia;
perché terribile è il Signore, l'Altissimo,
re grande su tutta la terra.

Egli ci ha assoggettati i popoli,
ha messo le nazioni sotto i nostri piedi.
La nostra eredità ha scelto per noi,
vanto di Giacobbe suo prediletto.
Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.

Cantate inni a Dio, cantate inni;
cantate inni al nostro re, cantate inni;
perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.

Dio regna sui popoli,
Dio siede sul suo trono santo.
I capi dei popoli si sono raccolti
con il popolo del Dio di Abramo,
perché di Dio sono i potenti della terra:
egli è l'Altissimo. 


Inno a Cristo Re
Il coro canta le strofe, tutti rispondono con il ritornello.Gloria a te, lode in eterno, Cristo re, salvatore,
come i fanciulli un tempo dissero in coro: Osanna.

Gloria a te, lode in eterno, Cristo re, salvatore,
come i fanciulli un tempo dissero in coro: Osanna.


Tu sei il re di Israele, di Davide l'inclita prole,
che, in nome del Signore, re benedetto vieni.

Tutti gli angeli in coro ti lodan nell'alto dei cieli,
lodan te sulla terra uomini e cose insieme.

Tutto il popolo ebreo recava a te incontro le palme,
or con preghiere e voti, canti eleviamo a te.

A te che andavi a morte levavano il canto di lode,
ora te nostro re, tutti cantiamo in coro.

Ti furono accetti, tu accetta le nostre preghiere,
re buono, re clemente, cui ogni bene piace.

 
Mentre la processione entra in chiesa, si canta il seguente responsorio,
o un altro canto che si riferisce all'ingresso del Signore:
Mentre il Cristo entrava nella città santa,
la folla degli Ebrei, preannunziando la risurrezione
del Signore della vita,
agitava rami di palma e acclamava:
Osanna nell'alto dei cieli.


Quando fu annunziato
che Gesù veniva a Gerusalemme,
il popolo uscì per andargli incontro;
agitava rami di palma e acclamava:
Osanna nell'alto dei cieli.
  
La processione si conclude con l'orazione (o colletta) della Messa; si tralasciano quindi i riti di introduzione. La Messa prosegue poi con la Liturgia della Parola.

*

CELEBRAZIONE DELL'EUCARISTIA 
Antifona d'Ingresso  Sal 23,9-10
Sei giorni prima della solenne celebrazione della Pasqua, quando il Signore entrò in Gerusalemme, gli andarono incontro i fanciulli: portavano in mano rami di palma, e acclamavano a gran voce: 
Osanna nell'alto dei cieli:
Gloria a te che vieni,
pieno di bontà e di misericordia.

 

Sollevate, porte, i vostri frontali,
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.
Chi è questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.
 

Osanna nell'alto dei cieli:
Gloria a te che vieni,
pieno di bontà e di misericordia.


Colletta

O Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, f
a'che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio...
LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura   
Is 50,4-7
Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.

Dal libro del profeta Isaìa

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.

Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.

Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.

Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.


SALMO RESPONSORIALE  
Dal Salmo 21
Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.


Seconda Lettura
  Fil 2,6-11
Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippèsi

Cristo Gesù,
pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre. 


Canto al Vangelo
   Fil 2,8-9
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.

Lode e onore a te, Signore Gesù!
  
  
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco

Vangelo  Mc 14,1-15,47
La passione del Signore 

Indicazioni per la lettura dialogata: X = Gesù;  = Cronista;  =Discepoli e amici;  =Folla;  =Altri personaggi


Cercavano il modo di impadronirsi di lui per ucciderlo 
C Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: A «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».
Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura 
C Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: A «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». C Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: 
X «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro 
C Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.
Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? 
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: 
D «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». C Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: 
X «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». C I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà 
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: 
X «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». C Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: D «Sono forse io?». C Egli disse loro: X «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza 
C E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: 
X«Prendete, questo è il mio corpo». C Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: X«Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai 
C Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: 
X «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: “Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». C Pietro gli disse: D «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: X «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». C Ma egli, con grande insistenza, diceva: D «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». C Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.Cominciò a sentire paura e angoscia 
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli:
X «Sedetevi qui, mentre io prego». C Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: X «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». C Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: X «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». C Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: X «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». C Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: X «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta 
C E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: D «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». C Appena giunto, gli si avvicinò e disse: D «Rabbì» C e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: 
X «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». C Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto? 
Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 
A «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». C Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: A «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». C Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: A «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». C Gesù rispose: 
X «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».
C Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: A «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?».C Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: F «Fa’ il profeta!». CE i servi lo schiaffeggiavano.
Non conosco quest’uomo di cui parlate 
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: 
A «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». C Ma egli negò, dicendo: D «Non so e non capisco che cosa dici». C Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: A «Costui è uno di loro». C Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: A «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». C Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: D«Non conosco quest’uomo di cui parlate». C E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.
Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei? 
E subito, 
[al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: A «Tu sei il re dei Giudei?». C Ed egli rispose: 
X «Tu lo dici». C I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: A «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». C Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.
A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: 
A «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?».C Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: A «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». C Ed essi di nuovo gridarono: F «Crocifiggilo!». C Pilato diceva loro: A «Che male ha fatto?». C Ma essi gridarono più forte: F«Crocifiggilo». C Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo 
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: 
F«Salve, re dei Giudei!». C E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
Condussero Gesù al luogo del Gòlgota 
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
Con lui crocifissero anche due ladroni 
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.
Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: 
F«Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». C Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: A «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». C E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
Gesù, dando un forte grido, spirò 
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: 
X «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», C che significa: X «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». C Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: A «Ecco, chiama Elia!». C Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: A «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». C Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: 
A«Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».]
C Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.
 
Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro 
Venuta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.
  


Sulle Offerte
Dio onnipotente, la passione del tuo unico Figlio affretti il giorno del tuo perdono; non lo meritiamo per le nostre opere, ma l'ottenga dalla tua misericordia questo unico mirabile sacrificio. Per Cristo nostro Signore.
 

Prefazio
 
La Passione redentrice del Signore

È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore.

Egli, che era senza peccato,
accettò la passione per noi peccatori
e, consegnandosi a un’ingiusta condanna,
portò il peso dei nostri peccati.
Con la sua morte lavò le nostre colpe
e con la sua risurrezione
ci acquistò la salvezza.

E noi, con tutti gli angeli del cielo,
innalziamo a te il nostro canto,
e proclamiamo insieme la tua lode:

Santo, Santo, Santo il Signore ...
 

Antifona alla Comunione  
Mt 26,42; cf Mc 14,36; Lc 22,42
«Padre, se questo calice non può passare
senza che io lo beva,
sia fatta la tua volontà».

Dopo la Comunione
O Padre, che ci hai nutriti con i tuoi santi doni, e con la morte del tuo Figlio ci fai sperare nei beni in cui crediamo, f
a' che per la sua risurrezione possiamo giungere alla meta della nostra speranza. Per Cristo nostro Signore.

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E' vivo Gesù coronato con le spine delle nostre ipocrisie

Commento al Vangelo della Domenica delle Palme 2015


Domenica delle palme, Domenica della Passione di Gesù. Ma anche, e mai come oggi nella storia, Domenica del martirio. Pensi, infatti, alle palme e ti viene immediatamente in mente il brano dell’Apocalisse che ne parla: “Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce:«La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello».
Facciamo per un momento un flash back. Che cosa successe quel giorno a Gerusalemme? Mentre il Signore, cavalcando un umile asinello, vi faceva ingresso, “la gran folla venuta che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele” (Gv 12, 12-13).
Una folla festante che riconosceva apertamente in quel profeta di Nazaret “colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele”, ovvero il Messia. Ebbene, proprio l’ingresso di Gesù a Gerusalemme è come un’ammonizione dettagliata a ciò che sarebbe accaduto dopo. Il Messia si sarebbe rivelato al Popolo, ma in un modo sorprendente, al punto di non essere più accettato come tale, e rifiutato, e condannato alla morte più umiliante, quella riservata ai delinquenti più efferati.
Che cosa era successo? Come è stato possibile che, dall’acclamazione, si fosse passati alla crocifissione? Per la delusione. Quel profeta galileo, che tanti segni e prodigi aveva compiuto, non era quello che si aspettavano. Proviamo a immaginare l’attesa messianica di quel tempo. Non è difficile, è la stessa di oggi. La pressione fiscale, le violenze, la degradazione morale, la dittatura culturale che soffoca ogni vagito di libertà intellettuale e religiosa. Sì, sì, anche in Italia, eccome. E poi il terrorismo, e la follia che si impadronisce di un aereo, e perché domani non dovrebbe toccare a me, magari sulla metropolitana, o a mio figlio in gita scolastica.
Come quel giorno di duemila anni fa anche noi siamo ostaggio della paura, e un senso di sfinimento che sembra proprio di non farcela più. E parliamo delle cose più elementari, della spesa e della scuola dei figli, del lavoro e perfino delle chiacchierate con gli amici; neanche Porta a Porta possiamo guardare in pace, che pure lì la solita smitragliata del pensiero unico su gender e uteri in affitto. Lo diceva Papa Francesco: “La Chiesa come madre, non abbandona mai la famiglia, anche quando essa è avvilita, ferita e in tanti modi mortificata. Vi chiedo di pregare per le famiglie sfinite e stanche”. 
Risuonano qui le parole di Gesù che, commuovendosi nel vedere le folle, diceva “pregate il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”; vedeva, infatti, le folle vagare “stanche e oppresse come pecore senza pastore”; e dentro quelle folle c’è sicuramente qualcuno che ami e che conosci, forse tua madre, tua figlia, tuo fratello e tua cugina, il tuo collega e il 90 per cento dei compagni di scuola di tuo figlio che soffrono sotto le macerie della loro famiglia disgregata.
Probabilmente ci sei anche tu, “stanco e sfinito”, per un peccato che ti porti dentro, per una malattia che non accetti, perché t hanno licenziato ingiustamente, o ti è appena arrivata l’ingiunzione di sfratto. Non ce la fai più , vero?, e aspetti il Messia che ponga fine a questa situazione. Ma col tempo, con le delusioni perché qui sembra non cambiare nulla, l’attesa si è trasformata vestendo i panni della sfiducia e del cinismo, perché a forza di pregare e aspettare ci facciamo vecchi davanti alla finestra… E così, a poco a poco, ti ritrovi ad aspettare non il Servo che ti lava i piedi e prende su di sé i tuoi peccati, ma il giustiziere capace di ribaltare le tue sorti ostaggio dell’ingiustizia.
La cosa è subdola, attenzione… C’è un mondo che accerchia la Chiesa e i cristiani, non si tratta solo della crisi economica. Ci sono i fondamentalisti dell’Isis, e poi i cattivi maestri del pensiero che hanno già cominciato ad indottrinare i tuoi figli. E sono gli odori acidi della guerra che si avvicina, anzi, che ha già buttato giù le porte: i tagliagole sono a poche centinaia di chilometri, che dico, forse sono qua sotto, e mi vendono ogni giorno frutta e verdura. I lavacervelli pure, hanno conquistato già la scuola di mio nipote, e vive solo un paese più in là… 
E con questi sentimenti, con la stanchezza di chi non ha più un pastore da seguire, ti stai preparando per accorrere anche tu a Gerusalemme, alle liturgie della settimana santa in parrocchia.  Agiterai le palme in processione, reciterai il Credo perché credi che sì, è Gesù il tuo Re, e canterai Osanna a Colui che viene nel Nome del Signore. Che viene a farti giustizia.
Ti commuoverai ascoltando il racconto della Passione, riuscirai anche a capire che per qualche tuo peccato ha dovuto patire così, ma per quello grosso di qualche anno fa eh, quando ti sei preso una sbandata per quella collega. Ma ora no, la Passione è per quei tagliagole e lavacervelli lì fuori, o per i politici corrotti, o per tua suocera…
Adesso forse è più facile comprendere come a Gerusalemme fosse stato possibile quel cambio così repentino nei confronti di Gesù. Non inganniamoci, il cuore non era cambiato, per nulla. Magari si fosse convertito… Ma la folla aspettava un Re vero, a capo di un forte esercito ben armato, che spazzasse via i Romani e ristabilisse il Regno di Israele; e quando si è accorta che quel profeta che faceva miracoli e risuscitava i morti non era entrato a Gerusalemme per iniziare nessuna guerra; quando hanno guardato bene l’asinello che cavalcava, beh, addio profezie sul Messia umile, non era di quello che avevano bisogno.
Se poi entra nel Tempio e comincia a rovesciare tutto, beh allora significava che se l’era venuta a cercare. Era un impostore, altro che. Un falso profeta che, con dodici poveracci al seguito, si dichiarava addirittura Figlio di Dio, e non muoveva un dito per difendere Dio e riscattare i suoi eletti. Un bluff in piena regola, che è esattamente quello che anche noi pensiamo di Gesù. No, no di quel Gesù che ci siamo costruiti con la fantasia e che da decenni acclamiamo in questi giorni santi. Di quello pensiamo bene, solo che non esiste.
Mentre è vivo, perché è risorto, il Gesù crocifisso, che è salito a Gerusalemme proprio per farsi trafiggere e portare in Cielo le piaghe del peccato e trasfigurarle nella luce della misericordia. E’ vivo il Gesù che, sino a un istante fa, abbiamo condotto al macello, Lui, l’Agnello muto di fronte ai suoi tosatori.
E’ vivo Gesù che, come Pilato, hai condannato infischiandotene della Verità, perché tu avevi già capito tutto, come si deve fare in casa, al lavoro, nel condominio. E’ vivo Gesù che hai schernito beffardamente come Erode, illuso che il tuo io fosse dio e bastasse adorarlo per sentirsi come un re.
E’ vivo Gesù che hai coperto di sputi e insulti mentre giudicavi tuo marito. E’ vivo Gesù che hai flagellato con le calunnie ai danni del collega, o le chiacchiere pettegole che ti sfuggivano così, semplicemente, davanti a un cornetto e cappuccino, o al telefono con la tua amica. Una constatazione dei fatti, niente più, vero? Ognuna come un colpo di flagello sul corpo di Gesù che custodiva la dignità del fratello scorticato dalle tue chiacchiere insulse.
E’ vivo Gesù che hai coronato con le spine delle tue ipocrisie; pregavi e mentivi; ti battevi il petto e fornicavi nel cuore; predicavi, e desideravi di saziare la carne; educavi cristianamente, ed erano moralismi come spine che conficcavi nella vita dei tuoi figli; facevi elemosina, ma era il superfluo del superfluo, e nel cuore sbavavi per quel televisore al plasma.
E’ vivo Gesù che hai schiacciato sotto il peso delle tue mormorazioni. E’ vivo Gesù che hai crocifisso con i tuoi peccati, uno dopo l’altro, un milione, un miliardo, frecce da scoccare per amare tristemente ciccate e cadute ai piedi della tua superbia. E’ vivo Gesù che ha bevuto l’aceto della tua stolta idolatria, sembrava successo, era solo amaro fallimento. E’ vivo Gesù che disteso le sue braccia per abbracciarti nella misericordia che non conosce condizioni.
E’ vivo Gesù che hai avvolto nella tua incredulità, e sepolto negli inferi della tua disperazione. E’ vivo Gesù che hai chiuso nel buio della meschinità dietro la pietra della tua superficialità. E’ vivo Gesù che non ha resistito al tuo male, al male di tutti, dei tagliagole e dei lavacervelli, di tua suocera e dell’assessore che ha rubato i soldi destinati alle tue cure.
E’ vivo Gesù che ha assunto l’ingiustizia per fare giustizia di ogni peccato, grembo avvelenato del male che ferisce il mondo. E’ vivo Gesù che ha amato senza condizioni, rovesciando ogni criterio, ogni giudizio. E’ vivo Gesù che regna sulla Croce gloriosa e non nei palazzi del potere. Sulla tua e sulla mia, dove ti attira in questa Domenica delle palme, di Passione e martirio.
Coraggio allora, riconosciamo d’essere peccatori veri, come e più di ogni altro; apriamo gli occhi e accettiamo di essere gli ultimi, i più indegni. Allora ci sentiremo abbracciare e issare sul Legno del martirio, per agitare, con la “moltitudine immensa che è passata attraverso la grande tribolazione e ha lavato le vesti e le ha rese candide nel sangue dell’Agnello”, le palme del nostro martirio unito a quello di Cristo, il Pastore umile delle nostre anime.
Per questo siamo stati scelti e chiamati dal mondo: per testimoniare con la nostra vita la vita di Cristo risorto in noi, l’amore più forte della morte, la misericordia che dissolve il male che è alle porte di casa. Domenica delle Palme significa proprio questo, Domenica del martirio che salva il mondo; Domenica di Cristo e dei cristiani, la tua e la mia Domenica, che apre le porte del Mistero Pasquale a chiunque ci è vicino e brancola nel buio dei peccati e della menzogna.

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Una festa di passione, per entrare nella Gerusalemme della Carità di Dio. Per passione dell'umanità

Lectio Divina sulle letture per la Domenica delle Palme 2015

Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi ai lettori di ZENIT la seguente riflessione sulle letture liturgiche della Domenica delle Palme 2015.
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La grande Settimana1
Rito Romano
Domenica delle Palme- Anno B – 29 marzo 2015
Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47
La Settimana Autentica
Rito Ambrosiano
Domenica delle Palme nella Passione del Signore
Is 52, 13-53,12; Sal 87; Eb 12,1b-3; Gv 11,55-12,11.
1) Le Palme: dal trionfo umano a quello divino.
La Pasqua si avvicina. Inizia la Settimana Santa, che si conclude non con il venerdì di morte né con il sabato del silenzio tombale di Dio, ma sboccia nella domenica di Risurrezione.
Settimana drammatica, che inizia con un trionfo di gente festante, prosegue in una tensione tra odio e amore, e arriva al suo culmine in quella manifestazione di misericordia che è la Pasqua.
La Celebrazione eucaristica di oggi ha due parti.
La prima riguarda le Palme, cioè il trionfo di Gesù che viene solennemente riconosciuto come il Cristo. Il popolo in Gerusalemme accoglie Gesù cantando ed agitando rami di ulivo, foglie di palma, fronde tagliate dai campi.
Gesù entra in modo trionfale nella Città santa. Vi entra per celebrare la Pasqua nuova, che libera l’uomo dalla schiavitù del peccato e della morte mediante l’offerta della Sua vita.
Gesù entra trionfante in Gerusalemme, ma soprattutto entra nella gioia di ogni cuore fedele.
L’assurdo –umanamente parlando - è che, per entrare da Re in Gerusalemme, Lui ha chiesto in prestito un animale da cavalcare, dicendo ai suoi discepoli di andare dal padrone di un’asina, perché “il Signore ne ha bisogno”.
Può il Signore Iddio aver bisogno? Dio è tutto ed ha fatto tutto, come può aver bisogno di qualcosa. Eppure nel Messia2, Dio si fa mendicante del nostro amore per amore. E oggi ha “bisogno” di un asino per entrare “da Re” in Gerusalemme. “Come ebbe bisogno di un’asina e del suo puledro, in ogni momento Gesù ha bisogno di tutto quello che gli posso dare, perché il mio povero cuore si introduca nella Gerusalemme celeste della sua Carità” (don Primo Mazzolari, Domenica delle Palme,1958).
Per comprendere quest’“ora” evangelica che oggi celebriamo, è utile dare una spiegazione sintetica del contesto storico in cui quel momento si innestava. Il popolo di Gerusalemme è in festa perché entra in città Colui che era aspettato da secoli per essere liberatore e guida verso la pienezza di vita. Questo popolo rende oggi omaggio alla Verità dell’Amore, che libera.
Nell’attesa, il popolo ebraico aveva sperimentato vicende senza numero: progressi, cadute, vittorie, eventi politici, profezie. Ma il pensiero costante del popolo eletto, specialmente dopo l’esilio da Gerusalemme, era stato questo punto proiettato nel futuro: l’avvento di Colui che lo avrebbe salvato.
Allora, ed oggi ancora, nell’ingresso solenne di Cristo nella Città Santa questoavvento diventa realtà. E’ importante notare che fu il popolo semplice e i puri di cuore a riconoscerLo. Per primi, infatti furono i ragazzi, i bambini, il cui cuore è puro e semplice, a gridare osanna al Figlio di Davide. Fu il popolino che proclamò la risposta a un interrogativo sempre attuale: “Chi sarà mai questo Gesù di Nazareth, che aveva predicato per tre anni lungo le vie della Galilea e della Giudea?” Nel luminoso giorno delle Palme il semplice popolo ha il grande intuito della realtà: Gesù è il Cristo; è Lui il centro della storia. Lui è l’Atteso da secoli, il vero Re, Colui che dona la felicità.
2) Passione di Cristo, travolto dall’amore per noi.
La seconda parte della celebrazione liturgica di oggi è la Passione di un Uomo-Dio appassionato.
La celebrazione di questa Pasqua è resa “possibile” dall’accettazione della Passione, che San Marco3 ci racconta mettendo in primo piano i fatti e le situazioni, e non le parole.
Man mano che da Betania, dove la Maddalena Gli ha unto i piedi (ritorneremo fra poco su questo episodio) e ci si inoltra nella passione, vediamo Gesù entrare in un silenzio sempre più profondo, fino a tacere del tutto. “Tu lo dici” è l’unica parola che egli risponde alle domande di Pilato. Da allora non dirà più niente, fino alla drammatica invocazione: “Eloì, Eloì, lamà sabactanì (Dio mio, Dio mio, perché mi ha abbandonato)”?” (Mc 15,34) e al seguente grande grido col quale spirò (Mc 15,36). Si compì così, fino all'estremo limite, l’abbandono di Gesù, che sembrava abbandonato anche dal Padre.
Si può dire che San Marco ci offre due elementi per leggere il modo in cui Gesù vive questo abbandono.
Il primo è la preghiera che Gesù rivolge al Padre sul Getsemani: “Abba, Padre! ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice! Tuttavia, non quello che voglio io, ma quello che vuoi tu” (Mc 14,36). Gesù vive questa sofferta adesione alla volontà del Padre, come ripetendo ad ogni momento: “Non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi”. E se all’inizio del suo stare in preghiere sul monte degli ulivi, ci viene descritto un Gesù angosciato e impaurito, alla fine - dopo la preghiera - ci viene descritto un Gesù che ha ritrovato la serenità e la fermezza: “Alzatevi, andiamo, colui che mi tradisce è vicino”. Il Padre non ha sottratto Gesù alla Croce, ma lo ha aiutato ad attraversarla.
Il secondo elemento è l’invocazione di Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio perché...?”. Come è noto, si tratta dell’inizio di un Salmo4 21 (22), preghiera che esprime l'intensa sofferenza di un giusto perseguitato, ma anche la sua incrollabile fiducia in Dio.
Anche noi, come le donne, siamo invitati a “guardare” (Mc 15,40): contempliamo la sofferenza e la morte del Signore per scoprire in essa l’inattesa rivelazione del Figlio di Dio che rimane tenacemente, ostinatamente fedele alla “follia” dell’amore e che va sulla Croce per ciascuno di noi, per l’umanità intera.
3) Una vita donata, non sprecata.
Anche sulla Croce, Gesù è oltraggiato e pare che sia negata la logica di donazione che ha guidato tutta la sua vita: donazione che qui viene capovolta, incompresa e ritorta contro di Lui: “Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso”. “Il Messia scenda dalla Croce e crederemo”. Di fronte a Gesù - se guardiamo questa scena dal punto di vista dei presenti - si scorgono due tipi di fede, e Gesù in Croce ne è lo spartiacque.
Da una parte, la fede di chi pretende che il Messia abbandoni la Croce e compia miracoli. Mi riferisco ai passanti, agli scribi e ai sacerdoti presenti sul Calvario per vedere come andava a fine.
Dall’altra, la fede di chi, come il centurione, coglie la divinità di Gesù proprio nella Croce: “Vedendolo morire in quel modo disse: costui è veramente Figlio di Dio”. È sulla Croce che si conosce veramente chi è Gesù e in che senso Lui è Messia e Figlio. Possiamo dire che il centurione pagano è un esempio di vero credente.
Ma c’è pure un tipo di fede spinta dall’amore. E’ la fede di una figlia sconosciuta di Israele che ha creduto in Gesù e lo onorò amorosamente e santamente. Il gesto di pietà di questa donna avvenne prima della Festa delle Palme, a Betania, dove troviamo Gesù a casa di Simone il lebbroso, qui, “..mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato, di nardo genuino, di gran valore: ruppe il vasetto di alabastro e versò l’unguento sul suo capo....”. Questo gesto, uno di quei segni d’amore di cui solo le donne sono capaci, provocò la reazione dei commensali, che lo giudicarono uno spreco.
Se si considera questo gesto dal punto di vista del puro e semplice buon senso umano sicuramente fu uno spreco, un eccesso. Ma con l’immolazione della Croce siamo messi davanti ad un altro eccesso, e questa volta da parte di Dio, che nel Figlio Gesù, compie un gesto d’amore estremo, spezzando il suo corpo e versando, non olio profumato, ma il suo stesso sangue.
Il Maestro ha accolto, gradito l’omaggio di quella donna, e lo ha indicato come gesto profetico: “Ella ha compiuto verso di me un’opera buona;... Ella ha fatto ciò ch’era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il Vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che lei ha fatto”. Un’opera buona.
In quell’anonima donna sono riassunte tutte le donne, sono loro l’unico conforto nei giorni della passione, intrepide nell’amore, come la leggendaria Veronica, fedeli nella vicinanza, come la tradizione le presenta lungo il cammino verso il Calvario, forti ai piedi della croce, assieme alla Madre: “...c’erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Joses, e Salomè, che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme...”.
Una presenza, questa delle donne, che è anche un segno, una vocazione, una missione.
A questa vocazione sono chiamate in modo particolare le vergine consacrate, che donando totalmente la vita a Cristo la mettono a sua disposizione per la Sua appassionata opera di salvezza.
Queste donne sono segno che la grande commozione che invade il cuore, alla lettura della Passione di Gesù, non può restare solamente emozione, ma una mozione di adesione a Cristo. Aderendo a Lui e testimoniandoLo, mostrano che Dio è un “movimento di dono di sé”.
Quando la Vergine Maria ricevette l’annuncio dal Figlio in Croce che sarebbe stata la madre di Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio”, fu commossa almeno quanto lo fu il giorno dell’Annunciazione dell’Angelo. Le lacrime di gioia del primo annuncio e le lacrime di dolore del secondo annuncio non fecero ripiegare su se stessa la Vergine Madre. Rinnovò il suo “fiat”, il suo sì, e la Parola dell’Amore prese di nuovo dimora in lei e condivise la passione di Cristo per il mondo.
Come la Madonna stette sotto la Croce e divenne Madre dell’umanità, le Vergini Consacrate nel mondo stanno sotto la Croce in preghiera, scelgono uno Sposo crocifisso per vivere con Lui il dono di se stesse al mondo. La Verginità è lasciarsi afferrare completamente da Cristo, perché “l’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza nuova, che non delude” (Papa Francesco, Lumen fidei, 53).
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NOTE
1 Con la Domenica delle Palme inizia la Grande Settimana, che i Padri della Chiesa chiamavano al modo ebraico la Settimana delle Settimane che significa la Settimana per eccellenza, il cui punto focale sarà la notte di vegliache vivremo sabato prossimo, quando risuonerà l’ “alleluia pasquale”. Nel rito Ambrosiano questa settima è chiamata Settimana Autentica.
Una settimana in cui facciamo memoria di quella Prima Settimana di oltre due mila anni or sono che ha fatto del tempo un'eternità temporale e dell'eternità un tempo senza fine. Noi riviviamo i giorni della passione, della morte e della risurrezione del Signore Gesù ché si fa maestro e compagno di viaggio per ciascuno di noi.
2 E’ il Messia (= Cristo), annunciato, atteso da secoli, ma cavalca un asinello e non un cavallo da battaglia come lo attendevano i Giudei. Messia mansueto che porta la pace, che illumina con la Sua presenza quanti praticano la giustizia e solleva i poveri dalla miseria. In questo giorno di festa di circa duemila anni fa, gli fu attribuito il nome che è diventato suo: Cristo, che vuoi dire Messia, l’Unto, il Consacrato da Dio; e che è poi il nome nostro, poiché ci chiamiamo cristiani.
3 Quest’anno (2015) si legge il racconto della passione del Signore secondo l’evangelista Marco. Per questo Evangelista sono queste le cose importanti ed eloquenti, sono i fatti e non le parole.
4 “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido. Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c’è tregua per me» (Sal 21(22), 2-3).

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Lettura Patristica

Sant’Agostino d’Ippona
Consenso Evangelico, 308
L'ora della Passione.
Dice Matteo: Sopra la sua testa collocarono in iscritto il motivo: Costui è Gesù, re dei Giudei (Mt 27,27). Marco prima di darci questa notizia scrive: Era l'ora terza allorché lo crocifissero (Mc 15,25) ; e quanto al motivo della crocifissione, egli ne parla dopo che ha parlato delle vesti che i soldati si divisero fra loro. E un problema che bisogna trattare con la massima attenzione per non cadere in gravi errori. Ci sono infatti degli eruditi che collocano la crocifissione del Signore all'ora terza, ritenendo poi che all'ora sesta scese quel buio che perduro fino all'ora nona, con la conseguenza che quando scese il buio il Signore era in croce già da tre ore. E la cosa potrebbe andare benissimo, se non ci fosse Giovanni a dirci che verso l'ora sesta Pilato si sedette in tribunale sul posto chiamato Litostrotos, in ebraico Gabbatà (Jn 19,13). Ecco le sue parole: Era la Parasceve della Pasqua, intorno all'ora sesta. Pilato disse ai Giudei: " Ecco il vostro re! ". Ma quelli gridarono: " Crocifiggilo, crocifiggilo! ". Disse Pilato: " Metterò in croce il vostro re? ". Risposero i sommi sacerdoti: " Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare ". Allora lo consegno loro perché fosse crocifisso (Jn 19,14-16). Se pertanto verso l'ora sesta Pilato si sedette in tribunale e consegno Gesù ai Giudei perché lo mettessero in croce, come può dirsi che all'ora terza Gesù fu crocifisso, come ritennero alcuni che non avevano capito bene le parole di Marco ? (Mc 15,33)
41. Vediamo prima a che ora il Signore poté essere crocifisso, poi vedremo per qual motivo Marco afferma che lo crocifissero all'ora terza. Quand'egli fu consegnato ai Giudei per esser crocifisso, Pilato, come è stato notato, si assise in tribunale; ed era circa l'ora sesta. Non era l'ora sesta piena ma si era sull'ora sesta; era cioè terminata l'ora quinta e anche dell'ora sesta ne era trascorso un pochino. Gli autori sacri non usano mai dire: Cinque e un quarto, o un terzo, o cinque e mezzo, o frasi simili; ma la Scrittura è solita indicare, specie nella cronologia, il tutto per la parte. Parlando, ad esempio, degli otto giorni alla fine dei quali Gesù sali sul monte (Lc 9,28), Matteo e Marco, considerando i giorni intermedi, dicono: Dopo sei giorni (Mt 17,1 Mc 9,1). E qui è da sottolinearsi come la frase di Giovanni è molto sfumata, in quanto non dice: "Sesta", ma: Verso l'ora sesta (Jn 19,14). Ma anche se non si fosse espresso cosi e avesse detto senz'altro "ora sesta", noi potremmo intendere la frase nel modo consueto della Scrittura di cui parlavo sopra e cioè prendere il tutto per la parte. Ne risulterebbe che, quando accadde ciò che gli evangelisti riferiscono sulla crocifissione del Signore, era terminata l'ora quinta e l'ora sesta era da poco iniziata, finché, al termine della medesima ora sesta, mentre il Signore pendeva ancora dalla croce, scesero le tenebre menzionate concordemente dai tre evangelisti Matteo, Marco e Luca (Mt 27,45 Mc 15,33 Lc 23,44).
42. Come conseguenza necessaria ci si presenta comunque un'indagine ulteriore sulle parole di Marco. Egli ricorda che quei tali che misero in croce Gesù se ne divisero le vesti tirando a sorte quel che toccava a ciascuno, e continuando aggiunge: Era l'ora terza e lo crocifissero (Mc 15,24-25). Aveva già detto che, avendolo messo in croce, se ne spartirono le vesti; ed è quanto sottolineano anche gli altri evangelisti. Dopo la sua crocifissione vennero divise dunque le sue vesti, e se Marco avesse voluto soltanto indicare il tempo in cui avvenne il fatto gli sarebbe bastato dire: Era l'ora terza. Perché aggiungere: E lo crocifissero? Se scrive cosi, lo fa servendosi del metodo della ricapitolazione e con le sue parole vuole significarci qualcosa che troveremo solo se lo cerchiamo. Leggendosi infatti il suo scritto in un tempo in cui tutta la Chiesa sapeva a che ora il Signore era stato inchiodato al patibolo, un simile errore poteva essere corretto e, se fosse stata una falsità, poteva essere smentita. L'affermazione pertanto è da leggersi secondo l'intenzione dell'evangelista, il quale, sapendo certamente che il Signore non fu crocifisso dai Giudei ma dai soldati - come asserisce chiaramente Giovanni (Jn 19,23)-, si propone di mettere in risalto, anche senza dirlo a parole, che a crocifiggerlo furono quelli che gridando ne ottennero la sentenza di morte più che non quegli altri che, fedeli al loro incarico, eseguirono l'ordine del loro principale.