giovedì 26 marzo 2015

L’esercizio della carità di fronte alla violenza.



 Sofferenza feconda per la Chiesa 
 
Pubblichiamo un estratto dell’intervento dal titolo «L’esercizio della carità nell’attività missionaria della Chiesa», tenuto dalla superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, per la festa patronale della Pontificia università Urbaniana di Roma celebrata mercoledì 25 marzo. Nell’occasione, il cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e Gran Cancelliere dell’Università, ha presieduto una celebrazione eucaristica.
(Yvonne Reungoat) Il mondo di oggi con le sue sfide ci interpella come Chiesa a una profonda conversione pastorale e missionaria. La periferia non è soltanto quella geografica, ma una prospettiva da cui guardare la realtà per accogliere la misteriosa sapienza che lo Spirito Santo ci comunica attraverso i poveri: è il nostro luogo di incontro con Gesù. Lì, Egli si rende presente, ci parla, cammina con noi, ci incoraggia ad annunciare la buona notizia dove sembrano prevalere fatica, tristezza, mancanza di senso e di futuro.
Il nostro posto come cristiani non è nel privilegio o nel potere, ma nel sentirci insieme popolo di Dio in cammino. Un cammino nel segno dell’amore e della solidarietà che comporta gioie e fatiche fino al dono della vita per essere fedeli a Gesù.
Oggi il martirio, particolarmente in alcune regioni del Medio oriente, dell’Africa e dell’Asia, sta diventando una testimonianza attuale nella vita di molti cristiani. Sono martiri — secondo Papa Francesco — anche i cristiani che devono fuggire dalle persecuzioni e quelli cacciati via in modo “elegante” dalla loro terra. Il sangue dei martiri e la sofferenza dei cristiani fanno crescere il seme della Parola e rendono più bella e feconda la Chiesa. Il martirio è la forma più alta dell’amore. Non solo il martirio di sangue, ma anche quello nutrito di gesti quotidiani di solidarietà e di amore, spesso non conosciuti, che vanno oltre le appartenenze politiche e religiose.
Le comunità ecclesiali, in rete con altre realtà del territorio, possono rappresentare un laboratorio di una nuova cultura basata sulla relazione di fraternità e solidarietà. Il sentirci tutti fratelli e sorelle da amare crea una reciprocità che arricchisce e potenzia. Non siamo solo operatori sociali, ma persone in ascolto che sanno accogliere il dono della fraternità dalle periferie della vita. I poveri ci regalano il gusto dell’essenziale, la sapienza del dolore, la pazienza dell’abbandono. La loro vita dura è un continuo esercizio di resistenza che fa scuola ai nostri bisogni talvolta esagerati e alla mondanità che sfida le comunità ecclesiali. L’individualismo esasperato che porta alla globalizzazione dell’indifferenza si vince con la fraternità, costantemente sottolineata da Papa Francesco, che è anche la ricchezza carismatica di molte famiglie religiose. Ha però sempre bisogno di essere scoperta, amata, sperimentata, testimoniata e annunciata. C’è un cammino pedagogico per la fraternità, che inizia quando riconosciamo la positività di ogni persona, il punto accessibile al bene, direbbe don Bosco. La fraternità, la gioia e il desiderio di bene, vissuti insieme, creano infatti l’ambiente di casa, luogo di incontro e di complementarità dove si educa e ci si educa reciprocamente, si accolgono con misericordia le fragilità, si favorisce un processo di guarigione e di dono di sé. È in un contesto di fraternità che i giovani possono imparare a vivere insieme, rendersi protagonisti della nuova evangelizzazione, testimoniare il volto umanizzante del cristianesimo e il suo dinamismo di trasformazione.
La pace è particolarmente necessaria in un mondo segnato dalla violenza e dalle persecuzioni. La Chiesa è in prima linea nel promuovere percorsi che favoriscono una cultura di pace mediante l’educazione alla legalità, alla trasparenza, al rispetto, alla solidarietà. È consapevole che la pace non può essere assicurata senza la fraternità e l’impegno per la giustizia; senza promuovere l’uguaglianza delle opportunità di accesso ai beni, primo fra tutti il bene dell’educazione. Siamo convinti che la rete degli operatori e delle operatrici di pace è più fitta di quella che semina discordia, distruzione, morte.
L'Osservatore Romano