venerdì 27 marzo 2015

Lettera alla Presidentessa della Camera, donna e madre, prima di tutto

Benvenuta-sinistra

 di Antonello Japicca
Carissima Presidentessa Boldrini,
Le scrivo perché ho un annuncio importantissimo e urgente da recapitarLe: Laura, – mi permette di rivolgermi così direttamente, vero? – si “rallegri”, perché la Grazia di Dio è pronta a riversarsi su di Lei. No, per favore, non mi prenda per pazzo, abbia la cortesia di seguirmi un momento, è importante mi creda.
Oggi per la Chiesa Cattolica è giorno di festa. Si celebra, infatti, l’Annunciazione del Signore, per fare memoria dell’evento con il quale Dio si è fatto carne. Un mistero da togliere il fiato; è difficile pensare che Dio, l’Onnipotente, il Creatore, il Totalmente Altro possa rimpicciolirsi al punto di diventare un uomo in tutto identico a noi, eccetto ovviamente il peccato.
Seguendo da tempo la sua attività e con estrema attenzione le sue dichiarazioni, ho sentito che era giunto il momento di vestire per un attimo i panni dell’angelo e bussare alla sua porta, proprio come fece Gabriele quel giorno di poco più di 2000 anni fa. Mi perdonerà vero?, ma sono persuaso che anche una Presidentessa della Camera ha bisogno, tra tante comunicazioni e impegni istituzionali, prendersi cinque minuti per ascoltare un annuncio che ha a che vedere con la sua vita, che non inizia e non termina nel ruolo che riveste.
Oops, ho già toccato il cuore dell’annuncio… “Si rallegri” Laura! Sì, si lasci colmare di gioia perché Laura è amata infinitamente da Dio così come è, molto prima d’essere Presidentessa della Camera dei Deputati. Laura Boldrini è un riverbero dell’eterna e infinita bellezza di Dio, un suo frammento unico e irripetibile, pensata così ancor prima di apparire nel grembo di sua madre. Con quegli occhi, con quella bocca, con quella voce, con quei capelli, con quel carattere, con quella sensibilità. E con quella debolezza, con quella fragilità e quelle paure che forse solo Lei conosce.
Laura è un’opera perfetta delle mani di Dio, creata a sua immagine e somiglianza. Dio l’ha plasmata pensando a un prodigio che ne riflettesse l’essenza, perché Laura fosse carne e mente dove riversare e fare visibile il suo amore. Pensi un secondo a cosa questo possa significare. Lo pensi a prescindere dalla sua fede e dai suoi dubbi. Uno dice che vorrebbe conoscere e vedere Dio, e sa che cosa gli si potrebbe rispondere? Si potrebbe tranquillamente rispondere: vada a cercare Laura Boldrini, la fissi e vi scoprirà, come in uno specchio, le fattezze di Dio.
Che cosa? Ma se tanti cattolici mi attaccano, potrebbe dirmi… Non mi interessano gli attacchi e le polemiche. A me interessa una cosa sola: annunciarLe le stesse parole che hanno riempito di gioia la Vergine Maria. Le uniche che possano gettare un fascio di luce e speranza sulla vita di qualunque persona. In una intervista Lei disse: “La maternità ha tirato fuori la parte migliore di me, mi ha resa più sensibile. Non guardo più ai bambini come a dei piccoli adulti ma come a vite da proteggere”. Fantastico! Ecco perché chi volesse vedere Dio qui sulla terra dovrebbe avvicinarsi a Lei e guardare, oltre l’incarico di Presidentessa della Camera, la sua “parte migliore”. In essa, infatti, si rivela il frammento divino che ognuno porta dentro. Che, per Laura Boldrini, come per ogni donna, è, soprattutto, la maternità.
Per questo ho sentito di scriverLe proprio oggi, il giorno nel quale la Chiesa proclama il famoso Vangelo dell’Annunciazione, che fa della maternità di Maria la Buona Notizia attesa da tutti. Attraverso il grembo della Madonna Dio ha preso la carne con la quale avrebbe salvato ogni carne. Non c’era altra porta per entrare nel mondo e raggiungere i poveri, i deboli, gli sfiduciati, i rifiutati, i peccatori, che quel seno di donna. Non c’era altra possibilità di farsi uomo per entrare nella morte di ogni uomo ed uscirvi risorto e vittorioso che bussare alla volontà di quella fanciulla di Nazaret. Non c’era altro modo per vincere quello di cui tutti abbiamo paura che accovacciarsi in un utero identico a quello di ogni donna.
Mi dica, c’è cosa più grande? In un’intervista Lei si chiedeva “come ci si può abituare al dolore dell’umanità?”. No, non ci si può abituare, perché il dolore non è naturale, non viene da Dio, e “la parte migliore” di ciascuno si ribella ad esso. “Dio”, è scritto nel Libro della Sapienza, “non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c’è veleno di morte”. Eppure esiste il dolore, perché, continua il Libro della Sapienza, “Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono”.
Ecco da dove viene il veleno che genera il dolore nell’umanità, dall’invidia del demonio. Le ingiustizie e le discriminazioni contro le quali Lei si batte con passione, non sono solo una questione culturale o di civiltà. Anche queste sono prodotte dell’uomo, hanno spunti meravigliosi, ma sono avvelenate. Non si può dire che l’aborto sia una conquista di civiltà. Lo sarebbe piuttosto il contrario, ovvero una civiltà che favorisse comunque la vita e la accogliesse dal suo inizio sino al suo compimento naturale, che riuscisse ad estirpare le cause che inducono ad abortire. Sarebbe civile una società senza più il male… Ma non esiste. Per quanto ci si sforzi, anche se con la cultura diciamo che quello che fino a cinquant’anni fa era male oggi non è più male, esso riaffiora, più violento che mai.
Ma proprio quello che il suo cuore desidera, e per il quale si impegna, è “impossibile all’uomo, ma non a Dio”! E’ impossibile all’uomo estirpare le ingiustizie e le discriminazioni perché ha fatto esperienza della morte, e ora ne ha una paura terribile. Per questo si difende e continua, parossisticamente, a compiere il male. Non può amare e fa il contrario, ecco tutto. Ma Dio ha reso possibile l’impossibile! E lo ha fatto grazie alla generosa obbedienza di una Donna. Dio si è fatto carne per fare possibile la libertà in ogni uomo. Cristo è risuscitato per strappare gli uomini alla paura della morte, perché chi non è libero non può amare.
Ho letto una sua recente intervista a “La Stampa” nella quale, a proposito del genere da usare per indicare il ruolo e la mansione lavorativa di una donna, sottolineava come “se il linguaggio non restituisce il genere femminile, non riconosce neanche la strada che le donne hanno fatto, arrivando anche a ruoli di vertice. Seguendo la stessa logica finisce che il lavoro femminile sia sottopagato o che non vi sia pari accesso al mondo del lavoro. E una donna che non lavora non è autonoma ed è meno libera anche dalla violenza domestica”.
Ebbene carissima Laura, oggi il Signore Le vuole annunciare che la libertà della donna, come quella dell’uomo, non sta nel poter lavorare e avere soldi, prestigio e realizzazione. Conosce uomini arrivati “a ruoli di vertice” – top manager, Ceo, dirigenti o politici affermati – che, per il fatto di esserlo diventati, amano di più la loro moglie e i loro figli? Io no, e non conosco nemmeno donne che, essendo riuscite a fare una splendida carriera, siano per questo diventate spose e mamme migliori.
La libertà che oggi Le annuncio è quella che ho visto nella vita di tante donne che, nel silenzio e nel nascondimento di quattro mura domestiche, stanno donando la propria vita al loro marito e ai loro figli. Di una in particolare, che mi dice sempre che la sua vita è simile a quella di una suora di clausura e chiama la sua casa “il mio monastero”. E ha dieci figli, dai venti ai 5 anni… E sa perché dice così? Perché chi ama è libero davvero, proprio come una suora di clausura; è autenticamente autonomo da ogni condizionamento del denaro, del prestigio, della realizzazione sul lavoro. Chi ama ha bisogno solo di donarsi, istante dopo istante, alle persone che le sono state affidate. Non è questa la libertà? La libertà di rinunciare a un rossetto in più, a un’uscita con le amiche, anche alla carriera, perché l’amore non è rinuncia, ma pienezza.
E’ vero che le pubblicità che usano le donne come oggetti del desiderio per far desiderare un prodotto sono una vergogna. Ma è altrettanto vero che non è “uno stereotipo” una donna “ai fornelli o lavare i piatti”, perché la casa è la stessa immagine di una donna, sposa e madre, capace di accogliere le stanchezze, i problemi, le sofferenze di marito e figli come, nel dolore intinto nell’amore, ha accolto nel suo grembo la vita che Dio le ha affidato. “Proteggere la vita”, no-stop, la “parte migliore” di Laura Boldrini e di ogni donna…
Con questo non voglio dire che una donna non debba lavorare, vi sono spesso esigenze economiche a cui far fronte. E doni e capacità che possono essere messe a disposizione di tante persone. Dico, semplicemente, che è un problema di cuore. E che una donna che cerca la libertà e l’autodeterminazione lontano dalla sua casa, dalla cura di suo marito e dei suoi figli, non troverà che frustrazione, perché ha chiuso in uno sgabuzzino la bellezza del riverbero di Dio su di lei, impedendosi così l’autentica e piena realizzazione.
E questo vale anche per un uomo che fa del proprio lavoro un idolo al quale attingere vita e felicità, invece di farne uno strumento con il quale amare e servire la sua famiglia, provvedendo con fatica e sacrificio al suo sostentamento.
Siamo nati per amare, non c’è altra gioia. Se il lavoro ruba a una donna tempo, energie psichiche e spirituali da dedicare alla famiglia che le è affidata, non la farà più libera e forte, anzi, la renderà più vulnerabile e meno sensibile ai bisogni del marito e dei figli, creando vuoti di amore che nessun altro potrà colmare. E una donna, anche la sua natura che glielo ricorda ogni mese, lo è pienamente solo se riuscirà a donare la propria vita.
Carissima Laura, accolga oggi questo annuncio, e si lasci amare da Chi l’ha creata a sua immagine e somiglianza, come una donna meravigliosa. Dio può compiere in Lei l’impossibile della gioia che solo una donna che vive pienamente il suo essere sposa e madre può sperimentare. La gioia della Vergine Maria, che è stata sposa e madre in un paesino alla periferia del mondo e della storia, insignificante eppure così prezioso e insostituibile da essere il luogo dove Dio ha voluto far giungere l’annuncio più importante della storia.
Anche la sua Nazaret è importante, forse proprio quella parte di Lei che ha voluto dimenticare, o quella che ha dovuto sacrificare sino ad oggi, o quella debolezza che non è riuscita ad accettare. Ebbene, è proprio Lì che Dio depone la sua Parola, non tema di aprirsi a Lui, e anche Lei, come la Vergine Maria, imparerà ad amare, come sposa e madre, sino ad offrire la propria anima alla lancia del dolore più grande, l’unico fecondo davvero, perché capace di generare la salvezza.

Articolo pubblicato su “La Croce” del 25 marzo 2015