mercoledì 25 marzo 2015

Missione e conformismo mondano



Gli ostacoli all’annuncio cristiano secondo l’«Evangelii gaudium». 

L’autore dell’articolo ha scritto sullo stesso tema il libro «Rekindling the Christic Imagination: Theological Meditations for the New Evangelization» (Collegeville, Liturgical Press, 2014).
(Robert P. Imbelli) Nel tracciare il percorso della evangelizzazione, Papa Francesco avverte, con discernimento, degli ostacoli che si possono incontrare. Mette in guardia contro il “lato oscuro” del secolarismo: l’individualismo che alimenta, il relativismo che diffonde, il consumismo che celebra, la mentalità dello “scarto” che segue la sua scia. Francesco attinge anche agli insegnamenti della Chiesa sulla giustizia sociale per denunciare il rapace sistema economico che produce una povertà disumanizzante, sia materiale che culturale, per molti.
Ma Francesco sottolinea anche con franchezza gli ostacoli alla gioiosa proclamazione del Vangelo che si trovano all’interno della Chiesa stessa. Tra questi, cita la mancanza di una vera condivisione collegiale dei doni e il clericalismo motivato più dalla ricerca del potere che dal servizio al Vangelo. E il suo discernimento si mostra ancora più profondo.
Il Papa spesso ammonisce contro la “spiritualità mondana” che non è più ancorata a Cristo e allo Spirito e che va alla deriva, senza meta. Troppo spesso permettiamo agli altri di fissare l’agenda, invece di consentire a Cristo e al suo Vangelo di guidare i nostri impegni. Si rammarica: «La cultura mediatica e qualche ambiente intellettuale a volte trasmettono una marcata sfiducia nei confronti del messaggio della Chiesa, e un certo disincanto. Come conseguenza, molti operatori pastorali, benché preghino, sviluppano una sorta di complesso di inferiorità, che li conduce a relativizzare o ad occultare la loro identità cristiana e le loro convinzioni. Si produce allora un circolo vizioso, perché così non sono felici di quello che sono e di quello che fanno, non si sentono identificati con la missione evangelizzatrice, e questo indebolisce l’impegno. Finiscono per soffocare la gioia della missione in una specie di ossessione per essere come tutti gli altri e per avere quello che gli altri possiedono. In questo modo il compito dell’evangelizzazione diventa forzato e si dedicano ad esso pochi sforzi e un tempo molto limitato» (Evangelii gaudium, n. 79).
L’unico rimedio a tale alienazione è la conversione: volgersi nuovamente alla persona di Gesù Cristo e alla gioia dell’incontro con lui. Quindi il Papa scrive: «Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché “nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore”» (n. 3).
Francesco ribadisce qui ciò che ha spesso sottolineato in omelie e discorsi: il centro del Vangelo è il misticismo più che il moralismo. Certo, i cristiani devono andare in aiuto dei poveri e degli oppressi. Devono interessarsi al degrado ambientale e all’intolleranza e alla persecuzione religiosa. Ma questa sensibilità morale deriva da una visione che c’interpella e ci sostiene: la visione del Signore che è stato crocifisso per la nostra giustificazione ed è risorto per la nostra salvezza. In definitiva, l’amore di Gesù ci spinge. Così scrive Francesco: «La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto, l’esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo sempre di più. Però, che amore è quello che non sente la necessità di parlare della persona amata, di presentarla, di farla conoscere? Se non proviamo l’intenso desiderio di comunicarlo, abbiamo bisogno di soffermarci in preghiera per chiedere a Lui che torni ad affascinarci. Abbiamo bisogno d’implorare ogni giorno, di chiedere la sua grazia perché apra il nostro cuore freddo e scuota la nostra vita tiepida e superficiale» (n. 264).
Francesco condivide con il Papa emerito Benedetto XVI la convinzione che il compito evangelico è di promuovere un nuovo e rinnovato incontro con il mistero di Dio in Cristo. Entrambi insistono sul fatto che la nostra comunicazione deve essere “mistagogica”: deve cioè portare a una più profonda consapevolezza dell’inesauribile mistero del nostro Dio salvatore. Tale comunicazione riconosce l’importanza dell’immagine e del simbolo, dell’arte e della poesia. Esorta gli evangelizzatori, gli omelisti e i teologi ad appellarsi non solo alla verità e al bene, ma anche alla bellezza. Francesco raccomanda di «recuperare la stima della bellezza per poter giungere al cuore umano e far risplendere in esso la verità e la bontà del Risorto… La formazione nella via pulchritudinis sia inserita nella trasmissione della fede. È auspicabile che ogni Chiesa particolare promuova l’uso delle arti nella sua opera evangelizzatrice, in continuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmettere la fede in un nuovo “linguaggio parabolico”» (n. 167). 
Il tema della “novità” di Gesù Cristo permea la Evangelii gaudium. Cristo risorto è al centro della Buona Novella che ci sforziamo di vivere e di condividere. Papa Francesco cita sant’Ireneo: «[Cristo] nella sua venuta, ha portato con sé ogni novità». Poi il Santo Padre commenta: «Egli sempre può, con la sua novità, rinnovare la nostra vita e la nostra comunità, e anche se attraversa epoche oscure e debolezze ecclesiali, la proposta cristiana non invecchia mai... Ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale. In realtà, ogni autentica azione evangelizzatrice è sempre “nuova”» (n. 11).
Il motivo per cui gli evangelizzatori possono avventurarsi coraggiosamente persino nelle più lontane periferie, è che il Centro è sicuro: Gesù Cristo «lo stesso ieri, oggi e sempre!» (Ebrei, 13, 8). Poiché Cristo risorto è sempre nuovo, rende nuove tutte le cose.
L'Osservatore Romano