mercoledì 25 marzo 2015

Vite impegnate



Contemplativi ma pronti all’azione. Vite impegnate (Jorge Mario Bergoglio) 

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"Contemplativi nell’azione attivi nella comtemplazione"(Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2014, pagine 221, euro 16) è il titolo del libro di Víctor Manuel Fernández, oggi arcivescovo rettore della Pontificia università cattolica argentina. Pubblichiamo la prefazione del cardinale arcivescovo di Buenos Aires datata 1° maggio 2006 e l’introduzione dell’autore.
(Jorge Mario Bergoglio) Proponendo le sue riflessioni sulla preghiera pastorale, Víctor Manuel Fernández è consapevole di trovarsi di fronte a una sfida: aiutare a tener vivo e ad accrescere il fervore dell’evangelizzazione. Egli sa che «c’è un modo disamorato di vivere la missione, che non ci rende felici», e conosce l’amara, profetica affermazione di Paolo VI nell’enciclica Evangelii nuntiandi (1975): «Di tali ostacoli [all’evangelizzazione], che sono anche dei nostri tempi, ci limiteremo a segnalare la mancanza di fervore, tanto più grave perché nasce dal di dentro.
Questa mancanza di fervore si manifesta nella fatica e nella disillusione, nell’adeguamento all’ambiente e nella negligenza, e soprattutto nella mancanza di gioia e di speranza» (n. 80). Egli sa che ogni annuncio di Gesù Cristo presuppone fervore e coraggio apostolico: parresia. Questa parresia evangelica nasce esclusivamente dalla contemplazione del mistero di Cristo, che realizza l’unità tra contemplazione e azione. È in questa direzione che l’autore ci conduce con le sue considerazioni.
Si tratta di quel cammino che i santi hanno chiamato “familiarità” con Dio, sia nella contemplazione di Gesù Cristo sia nell’azione apostolica, ambedue unite e inseparabili, frutto di una vocazione che diventa anche missione. Questa familiarità unifica l’orazione e l’azione, ma senza confonderle, partecipando al mistero del Verbo incarnato: indivise et inconfuse. Descrivendo questa familiarità, santa Teresa parla di Gesù come del «fedele amico al nostro fianco» e ci esorta ad aprirci all’amore di Cristo, «poiché se il Signore ci facesse una volta la grazia di imprimerci quest’amore nel cuore, tutto ci diventerebbe facile, e potremmo in brevissimo tempo operare senza difficoltà alcuna» (Vita, capitolo 22). Una familiarità che è già presente nel mandato missionario e nella promessa del Signore: «Andate e fate discepoli tutti i popoli. Io sarò con voi sempre» (cfr. Matteo, 28, 16-20).
Il coraggio di evangelizzare — parresia — è un’attitudine, una virtù che possiamo definire bidirezionale: vale sia per l’azione apostolica sia per la preghiera e la contemplazione. Questo secondo aspetto si manifesta nell’intercessione. Gli esempi di Abramo che intercede per Sodoma e di Mosè che chiede grazia per il suo popolo «di dura cervice» sono un modello di questo coraggio apostolico nel cuore stesso della preghiera. Gli autori spirituali, che con molta frequenza adottano la formula “contemplativo nell’azione”, non sempre hanno tenuto in conto quest’aspetto di “intercessione”, che porta a essere “attivo nella contemplazione”. Ambedue le due dimensioni, tra loro inseparabili, sono espressione della familiarità con Dio, della contemplazione del mistero di Cristo che prorompe nell’annuncio e della contemplazione del mistero dell’uomo che si esplicita nell’intercessione.
Il libro che abbiamo tra mano vuole guidarci su questo cammino: divenire donne e uomini contemplativi nell’azione e attivi nella contemplazione; essere cristiani che vivono in una permanente familiarità con Dio; incarnare nelle nostre vite la supplica della Chiesa, secondo la paterna esortazione di Paolo VI: «Conserviamo dunque il fervore dello spirito. Conserviamo la dolce e confortante gioia di evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime. Sia questo per noi (...) uno slancio interiore che nessuno, né alcuna cosa potrà spegnere. Sia questa la grande gioia delle nostre vite impegnate. Possa il mondo del nostro tempo — che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza — ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradia il fervore di quanti hanno ricevuto, dapprima in loro stessi, la gioia del Cristo» (Evangelii nuntiandi, n. 80).

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Pregare e non solo

(Víctor Manuel Fernández) Questa è la nuova sfida che i credenti sono oggi chiamati ad affrontare: mantenere e accrescere il fervore dell’evangelizzazione, la volontà di servire, l’anelito a migliorare questo mondo. Impresa non facile, poiché numerose attrattive dell’epoca attuale e vari meccanismi inconsci giocano in senso contrario.
Infatti, molte persone vorrebbero vivere una profonda esperienza spirituale, ma non hanno l’entusiasmo di offrire a Dio la fatica richiesta da un impegno costante. Tengono molto ai loro spazi privati e all’autonomia personale, per poter soddisfare i propri bisogni di piacere, affetti, distrazioni, ecc. Siamo sinceri: tutto questo, nel tessuto delle nostre aspirazioni interiori, riesce facilmente a prevalere sul sogno di dedicarsi a una missione in questo mondo. Si produce così una frattura nell’unità interiore, collegata a un processo culturale che più avanti analizzeremo. Diventa allora urgente trovare una sintesi adeguata tra l’intimità personale e la propria missione, tra la propria identità e il compito che si è chiamati a svolgere.
Uno sviluppo importante riguardo a questo problema è stato da me già affrontato in due lavori precedenti, da dove riprendo alcune conclusioni, arricchendole con apporti più pratici ed esistenziali. Tutto è orientato all’incremento di un metodo di preghiera eminentemente “pastorale”, in grado di favorire l’intreccio profondo tra la spiritualità e le opere nelle quali siamo impegnati.
Si è detto molto sulla necessità di pregare nel mezzo dell’attività. Non manca chi afferma che la sua preghiera consiste nel suo lavoro, per il quale ritiene di non avere bisogno di spazi di raccoglimento. Forse può trattarsi solo di una scusa per non dedicare del tempo alla preghiera personale e per restare nella superficialità; ma va anche detto che quasi mai si spiega in modo chiaro e concreto come si esercita nella pratica questa preghiera nel cuore delle occupazioni. Mi riferisco tanto agli impegni pastorali di un sacerdote, quanto ai vari ministeri laicali nella Chiesa, però senza escludere alcuna attività professionale nel mondo, poiché per un cristiano tutti i suoi impegni dovrebbero essere altrettanto “evangelizzatori” e pastorali.
Più volte è stato ripetuto che la preghiera deve essere l’alimento dell’attività quotidiana; si è però mancato di mostrare in concreto come sia proprio l’esercizio della preghiera personale a influire con efficacia sull’azione e ad assicurarle profondità. Non mancano persone pie, fedeli alla preghiera personale e assidue frequentatrici di ritiri o esercizi spirituali, che tuttavia vivono l’apostolato e l’impegno a favore degli altri quasi come un peso inevitabile o l’adempimento di un dovere poco gratificante. Non riescono a “incarnare” la loro spiritualità.
Manca “Spirito” alla loro attività e manca “carne” alla loro spiritualità.
E tuttavia, quando abbiamo accolto l’invito del Signore a dedicare la nostra esistenza al bene degli altri, l’ideale era di vivere con grande profondità spirituale tutti gli impegni che si presentano quotidianamente. Non c’è altro modo per ess
ere felici. Perciò non basta che l’orazione sia un vero balsamo di pacificazione personale; essa deve influire positivamente perché la missione e gli impegni nel mondo siano vissuti con gioia e intensità, e non in uno stato di tensione negativa. Solo chi realizza una chiara unità tra la sua intimità personale e la missione che Dio gli ha affidato su questa terra può sperimentare che la sua vita ha effettivamente un senso e che vale davvero la pena dedicarsi al proprio compito.
Questo libro vuole indicare un cammino concreto in ordine a questa preziosa unità vitale. Mediante riflessioni ed esempi molto pratici intende favorire la scoperta del giusto modo per vivere con profondità e intensità spirituale i propri impegni, e per pregare in una forma tale che tutta la nostra vita nel mondo si trasfiguri e si illumini nell’orazione.
Il libro è costituito da sei parti. Nella prima parte si prendono in considerazione gli ostacoli che s’incontrano oggi nel realizzare l’unità tra la vita interiore e l’azione esterna. Vengono presentate alcune sfide proprie della cultura attuale che condizionano negativamente l’identità cristiana, il fervore nell’evangelizzare, il servizio fraterno e l’incontro col nostro prossimo.
La seconda parte mostra, attraverso suggerimenti ed esempi pratici, come concretamente sia possibile dedicarsi ai differenti compiti con profondità spirituale. A tale scopo si propone l’acquisizione di alcuni atteggiamenti interiori riguardo alle persone e alle attività. Occorre riconoscere la presenza di Dio nel lavoro e scoprire la ricchezza mistica dell’impegno apostolico o professionale. Si deve apprendere a “pregare” nel mezzo di un’attività o incontrando altre persone.
La terza parte, totalmente dedicata alla preghiera personale privata, indica dei percorsi precisi che permettono di integrare gioiosamente, in questa preghiera, la vita e la missione. Si esaminano le diverse forme di orazione che ci aiutano a immettere la vita esteriore, le attività e le persone nel quadro dei nostri incontri intimi con Dio. Si mostra anche come la preghiera personale possa alimentare la missione e conferirle profondità.
La quarta parte affronta il problema della identità, in particolare l’identità “pastorale”, e riflette su come la preghiera personale sia in grado di nutrire un’identità pastorale stabile, entusiasta e chiaramente accettata.
La quinta parte si occupa della vita comunitaria, rivolgendosi a quanti intendono la loro missione e la loro preghiera in una forma eccessivamente individualistica. Sono soggetti molto impegnati nelle attività, dove realizzano anche un vero incontro con Dio. Si dedicano “agli” altri, ma non camminano “con” gli altri. Occorre perciò fare un passo decisivo nel senso dell’integrazione personale e dell’unificazione della propria vita, al fine di assumere pienamente la dimensione comunitaria dell’esistenza. Si parla di una possibile esperienza spirituale comunitaria, concretizzabile in un determinato modo di lavorare insieme e nella preghiera in comune.
La sesta parte è un ulteriore aiuto a meglio unire orazione e missione: una raccolta di preghiere per alimentare il dinamismo spirituale che deve caratterizzare il nostro impegno nella propria missione evangelizzatrice.
L'Osservatore Romano