mercoledì 10 agosto 2011

Chiara di Assisi - Scritti 2: Documenti papali



DOCUMENTI PAPALI
- Privilegio della povertà e Bolla di canonizzazione di santa Chiara vergine -



Traduzione di
Chiara Augusta Lainati
- Edizioni Messaggero Padova - © Movimento francescano Assisi -



PREFAZIONE-1
- Privilegio della povertà -

Il cosidetto Privilegio della povertà, nella forma scritta da noi posseduta, data del 17 settembre 1228 ed è concesso e bollato da papa Gregorio IX.
L’originale si conserva tra le reliquie del Protomonastero di Santa Chiara in Assisi, ed è stato ripetutamente pubblicato, dal 1897 (in Seraphicae legislationis textus originales, Ad Claras Aquas 1897, pp. 22-24; 97-98) fino all’ultima edizione di Regulae et Constitutiones Generales Monialium Ordinis S. Clarae, Romae 1973, pp. 107-108.
Non è senza significato che santa Chiara abbia chiesto ed ottenuto proprio nel 1228, in forma scritta, questo documento, che assicura alle «Povere Sorelle» di San Damiano il diritto di vivere senza alcuna proprietà in questo mondo, «seguendo in tutto le orme di Colui che per noi si è fatto povero, e via e verità e vita.
È il momento, infatti, in cui, asceso al papato Ugolino dei Conti Segni, col nome di Gregorio IX (1227-1241), prende vigore e si diffonde, tra i monasteri delle Clarisse, quella Regola ugoliniana del 1219 (pubblicata in I. OMAECHEVARRIA, Escritos de santa Clara y Documentos contemporaneos, Madrid 1970, pp. 210-232), che conserva assoluto silenzio a riguardo della povertà in comune e finirà anzi, ben presto, attraverso varie redazioni e tappe, per dare origine a un ramo dell’Ordine con diritto a possedere.
Si è discusso su una precedente concessione del Privilegio della povertà da parte di Innocenzo III, sulla scorta della testimonianza del Testamento di santa Chiara, 42 e della Leggenda, 14.
A parte l’ineludibile chiarezza delle due fonti del Testamento e della Leggenda, la richiesta del Privilegio ad Innocenzo III si spiega assai bene nel momento in cui – a seguito del Concilio Lateranense IV del 1215 e del suo can. XIII – il nuovo Ordine delle Povere Sorelle di San Damiano è costretto ad appoggiarsi nominalmente alla Regola di san Benedetto. Il Privilegio, richiesto in quel momento, avrebbe assicurato alle Povere Sorelle la fisionomia propria francescana del monastero di San Damiano e la fedeltà alla «formula» professata, al di là di ogni formale riferimento alla Regola benedettina.
È grazie al Privilegio che la Regola di santa Chiara è, per sempre, una «vita e forma di povertà» (Regola c. II, 14).


PRIVILEGIO DELLA POVERTÀ

3279
Gregorio Vescovo, servo dei servi di Dio(1), alle dilette figlie in Cristo Chiara e alle altre ancelle di Cristo, viventi in comune presso la chiesa di San Damiano, nella diocesi di Assisi, salute e apostolica benedizione.
È noto che, volendo voi dedicarvi unicamente al Signore, avete rinunciato alla brama di beni terreni. Perciò, venduto tutto e distribuitolo ai poverii, vi proponete di non avere possessioni di sorta, seguendo in tutto le orme di colui che per noi si è fatto povero, e via e verità e vita.
Né, in questo proposito, vi spaventa la privazione di tante cose: perché la sinistra dello sposo celeste è sotto il vostro capo, per sorreggere la debolezza del vostro corpo, che con carità bene ordinata avete assoggettato alla legge dello spirito.
E infine, colui che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo, non vi farà mancare né il vitto né il vestito, finché nella vita eterna passerà davanti a voi e vi somministrerà se stesso, quando cioè la sua destra vi abbracceràii con gioia più grande, nella pienezza della sua visione.
Secondo la vostra supplica, quindi, confermiamo col beneplacito apostolico, il vostro proposito di altissima povertà, concedendovi con l’autorità della presente lettera che nessuno vi possa costringere a ricevere possessioni.
Pertanto a nessuno, assolutamente, sia lecito invalidare questa scrittura della nostra concessione od opporvisi temerariamente.
Se qualcuno poi presumesse di attentarlo, sappia che incorrerà nell’ira di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo.
Dato a Perugia il 17 settembre, l’anno secondo del nostro Pontificato.


PREFAZIONE-2
- Bolla di canonizzazione di santa Chiara vergine -

La bolla di canonizzazione di santa Chiara, Clara claris praeclara, promulgata nella cattedrale di Anagni da papa Alessandro IV in una data imprecisata, che oscilla tra l’agosto e l’ottobre del 1255, è il documento conclusivo del Processo informativo istituito da Innocenzo IV, il 18 ottobre 1253, con la bolla Gloriosus Deus al vescovo Bartolomeo di Spoleto.
Risponde anche nella sua struttura allo schema di inchiesta proposto nella Gloriosus Deus: «vita, conversio, conversatio» di Chiara, cioè la sua vita nel mondo, il suo passaggio al servizio totale di Cristo, la sua vita nel chiostro e, infine, i miracoli in vita e in morte.
Il filo della narrazione si intreccia continuamente con il motivo luminoso e sapienziale della «chiarezza» (Sap. 6, 13 ss.; 7, 25 ss.) dell’anima casta (Sap. 4, 1), che è riflesso di luce eterna (Sap. 7, 25 ss. e 8), con un gioco di assonanze cui si presta a meraviglia il nome profetico di Chiara.
La «prima pianticella delle povere sorelle di San Damiano», quale è Chiara sulle labbra dei compagni di san Francesco (Specchio di perfezione, 108), la «plantuncula» di san Francesco (Testamento di santa Chiara, 37) diviene, nella gloria dei santi, un chiarore che è riflesso della luce senza fine. È innegabile che qua e là il gioco retorico è pesante: ma è anche vero che sono incastonate nella bolla delle perle destinate a lasciare una traccia nel culto di santa Chiara per i secoli.
Un testo abbastanza attendibile della bolla, perché frutto di collazione di diverse edizioni del documento, è quello pubblicato dal Pennacchi ad Assisi, nel 1910, in appendice alla Legenda S. Clarae virginis, pp. 108-118.
Traducendola, abbiamo tenuto presente anche l’edizione di due minute della bolla, in gotico cancelleresco del ‘200 pubblicate da Z. Lazzeri, dopo l’edizione del Pennacchi, in AFH, XIII (1920), pp. 499-507.


BOLLA DI CANONIZZAZIONE
DI SANTA CHIARA VERGINE

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Alessandro vescovo, servo dei servi di Dio, a tutti i venerabili fratelli arcivescovi e vescovi, salute e apostolica benedizione.
3281
1. Chiara, luminosa per chiari meriti, risplende in cielo per chiarità di gloria e in terra rifulge dello splendore di miracoli sublimi. Brilla, quaggiù in terra, l’austero ed alto Ordine fondato da Chiara, e lassù nel cielo irradia splendore la grandezza del premio eterno; e la sua potenza abbaglia i mortali per miracoli meravigliosi.
A questa Chiara si intitolò in terra il privilegio della più rigida povertà; a lei in cielo è dato in ricompensa un inestimabile profluvio di tesori ed è tributata dai credenti universale devozione ed immenso onore.
La pienezza della luce divina rende luminosa Chiara in cielo; le stupende meraviglie dei prodigi da lei operati la fanno risplendere quaggiù al popolo cristiano.
3282
2. O Chiara, dotata di tali e tante prerogative di chiarezza! Sei stata, invero, chiara prima della tua conversione, più chiara nel tuo cambiamento di vita, luminosa nella tua vita claustrale, splendente infine di luce vivissima dopo il corso della presente esistenza!
Da Chiara spuntò per il mondo un chiaro specchio di esempio; nel gaudio del cielo ella porge il fragrante giglio della verginità, e in terra si sperimenta in modo evidente il soccorso della sua protezione.
3283
3. O meravigliosa e beata chiarezza di Chiara! Quanto maggiore è l’amore e la cura con cui si indaga questa luminosità nei singoli fatti particolari, tanto più luminosa la si riscontra in ciascuno!
Ella veramente rifulse mentre viveva nel mondo, ma più vivida risplendette nella vita religiosa; brillò come raggio nella sua casa paterna, ma nel chiostro irradiò come un sole. Scintillò in vita, ma dopo morte splende radiosa; fu chiara in terra, ma in cielo rifulge di immenso chiarore.
3284
4. Quanto vivida è la potenza di questa luce e quanto forte è il chiarore di questa fonte luminosa!
Invero, questa luce si teneva chiusa nel nascondimento della vita claustrale, e fuori irradiava bagliori luminosi; si raccoglieva in un angusto monastero, e fuori si spandeva quanto è vasto il mondo.
Si custodiva dentro: e si diffondeva fuori.
Chiara, infatti, si nascondeva: ma la sua vita era nota a tutti.
Chiara taceva: ma la sua fama gridava.
Si teneva nascosta nella sua cella: eppure nelle città si predicava di lei.
3285
5. Nulla di strano in questo: perché non poteva avvenire che una lampada tanto vivida, tanto splendente rimanesse occulta senza diffondere luceiii ed emanare chiaro lume nella casa del Signore; né poteva rimanere nascosto un vaso con tanti aromi, senza emanare fragranza e cospargere di soave profumo la casa del Signore. Ché anzi, spezzando duramente nell’angusta solitudine della sua cella l’alabastroiv del suo corpo, riempiva degli aromi della sua santità l’intero edificio della Chiesa.
3286
6. Invero, vivendo essa ancora fanciulla nella vita secolare, fin dalla più tenera età si studiò di varcare per un sentiero di purezza questo mondo fragile e impuro; e sempre custodendo il prezioso tesoro della sua verginità con illibato pudore, si dedicava assiduamente ad opere di carità e di pietà, sì che la sua fama si diffondeva grata ed encomiabile presso vicini e lontani: finché il beato Francesco, udito l’elogio della sua virtù, prese tosto ad esortarla inducendola al perfetto servizio di Cristo.
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7. Ed ella, accogliendo pronta i suoi santi consigli e desiderando ormai rinunciare completamente al mondo e ai beni della terra per servire il Signore solamente in povertà volontaria, quanto prima poté mandò ad effetto questo suo ardente desiderio.
E infine tutti i suoi beni alienò e distribuì a profitto dei poveri, per dispensare in elemosinav, per amore di Cristo, quanto era di sua proprietà.
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8. Volendo poi ritirarsi dal frastuono del mondo, si recò fuggendo in una chiesa campestre, dove dallo stesso beato Francesco ricevette la sacra tonsura; da lì si rifugiò poi in un’altra chiesa. Avvenne in quel luogo che, sforzandosi i suoi parenti di ricondurla via con loro, ella resistette con fortezza e costanza; abbracciò subitamente l’altare e, tenendosi stretta alle tovaglie, scoprì ad essi il capo tonsurato, volendo con ciò manifestare che, essendosi ormai, con tutto il cuore, sposata a Dio, non poteva permettere che la si strappasse dal servizio di Cristo.

3289
9. Infine, essendosi portata per intervento dello stesso beato Francesco presso la chiesa di San Damiano, fuori della città di Assisi, nella quale terra aveva avuto i natali, lì il Signore, desiderando amore e culto assiduo del suo nome, le associò molte compagne.
3290
Da qui, invero, trasse salutare origine l’insigne e santo Ordine di San Damiano, già ampiamente diffuso per il mondo. Qui Chiara, per esortazione dello stesso beato Francesco, diede principio a questa nuova e santa osservanza; ella fu il primo e stabile fondamento di questo grande Ordine; fu la pietra angolare di questo sublime edificio.
3291
10. Nobile di sangue, ma più nobile per la sua vita, conservò sotto questa regola di meravigliosa santità, la verginità, che già prima aveva custodita.
3292
In seguito anche sua madre, di nome Ortolana, tutta dedita ad opere di pietà, seguendo i passi della figlia, abbracciò devotamente in quest’Ordine la vita religiosa: nel quale, appunto, questa ottima ortolana, che aveva generato tale pianta nel campo del Signore, chiuse felicemente i suoi giorni.
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11. Dopo qualche anno, invero, la beata Chiara, piegandosi all’insistenza di san Francesco, accettò il governo del monastero e delle sorelle.
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Questa fu l’albero alto, proteso verso il cielo, dai rami dilatativi, che nel campo della Chiesa produsse soavi frutti di religione, e alla cui ombra piacevole e amenavii molte seguaci accorsero da ogni parte, e tuttora accorrono per gustarne i frutti.
Questa fu la nuova donna della valle Spoletana, che aprì una novella sorgente di acquaviii vitale a ristoro e beneficio delle animeix, la quale, già diramatasi per vari ruscellix nel territorio della Chiesa, rese prospero il vivaio della religione.
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12. Questa fu l’eccelso candelabroxi di santità, che rifulge vividamente nel tabernacolo del Signorexii; al cui grande splendore accorsero, attratte, e tuttora accorrono moltissime, per accendere a quel lume le loro lampadexiii. Questa, per vero, piantò nel campo della fede e coltivò la vigna della povertà, dalla quale si raccolgono pingui e copiosi frutti di salvezza.
Questa, nel territorio della Chiesa, coltivò il giardino dell’umiltà, adorno di ogni specie di povertà, nel quale fiorisce in abbondanza ogni virtù.
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13. Questa fabbricò nella cittadella della religione una rocca di rigorosa astinenza, in cui si dispensa larga refezione di alimento spirituale. Questa fu la prima dei poveri, la guida degli umili, la maestra dei casti, l’abbadessa delle penitenti. Questa governò il suo monastero e la famiglia a lei affidata con ogni sollecitudine e prudenza, nel timore e nel servizio del Signore e secondo la perfetta osservanza dell’Ordine.
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Vigilante nel dovere, premurosa nell’adempimento del servizio a lei affidato, cauta nelle esortazioni, caritatevole nell’ammonire; nel correggere moderata, temperata nel comando, ammirevole per compassione, discreta nel tacere, assennata nel parlare e accorta in tutto quanto concerne il saggio governo; desiderosa più di servire che di comandare, e di onorare le altre, più che di essere onorata.
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14. La sua vita era per le altre ammaestramento e scuola di sapienza. In questo libro di vitaxiv, tutte le altre appresero la loro regola di vita; in questo specchio di vita, tutte videro riflesso il sentiero della vita.
Col corpo, infatti, era pellegrina sulla terra, ma con lo spirito dimorava in cielo; fu vasello di umiltà, arca di castità, fuoco di carità, dolcezza di bontà, fortezza di pazienza, mediatrice di pace e comunione d’amicizia: mite nelle parole, dolce nell’azione e in tutto amabile e gradita.
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15. Affinché, franto il corpo, diventasse più forte lo spirito – poiché ciascuno, appunto, diventa più forte quando è indebolito il suo nemico – aveva per letto la terra nuda e qualche volta dei sarmenti, e per guanciale un duro legno sotto il capo; era contenta di un’unica tonaca con un mantello di vile, rozzo ed ispido panno grossolano: e mentre con così umili vesti copriva il suo corpo, sulla nuda carne si cingeva talora di un aspro cilicio intrecciato con cordicelle di crine di cavallo.
Parca nel cibo e sobria nel bere, a tale austerità giungeva la sua astinenza, che per lungo tempo in tre giorni della settimana, cioè il lunedì, il mercoledì e il venerdì, non prendeva affatto alcun cibo a sostegno del corpo; e nondimeno negli altri giorni a tal punto si riduceva la quantità di alimento, che le altre si meravigliavano di come potesse reggersi con un rigore di tale genere.


3300
16. Assidua inoltre nelle vegliexv e intenta alla preghiera, in questo soprattutto spendeva la maggior parte del giorno e della notte.
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Travagliata, infine, da prolungate malattie, così che non le era dato di levarsi da se stessa per le occupazioni manuali, si faceva sollevare con l’aiuto delle sue sorelle e, sorretta alle spalle da appositi sostegni, lavorava con le sue manixvi, così da non stare oziosa neppure nell’infermità. Onde di quella tela di lino, frutto del suo amoroso lavoro, fece fare molti corporali per il sacrificio dell’altare e li fece distribuire per diverse chiese nella piana e per i monti di Assisi.
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17. Fu soprattutto, però, un’innamorata e un’indefessa seguace della povertà; e tanto fissò al suo cuore questa virtù, tanto fu avvinta dal desiderio di possederla, che amandola sempre fermamente e sempre più ardendo nell’abbracciarla, mai si scostò per nessuna ragione dalla sua stretta e piacevole unione.
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E mai da alcuno, in nessun modo, poté essere persuasa ad acconsentire che il suo monastero possedesse qualche proprietà: quantunque papa Gregorio, di felice memoria, nostro predecessore, volendo provvedere con molta bontà ai bisogni di quel monastero, fosse intenzionato a dotarlo di possessioni sufficienti ed adeguate al sostentamento delle sorelle.
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18. E per vero, poiché una luce grande e fulgida non può rimanere occultata senza irradiare chiarore, così anche durante la sua vita la potenza della sua santità rifulse in molti e svariati miracoli.
Infatti, ad una delle sorelle del suo monastero restituì la voce, che aveva perso quasi completamente da lungo tempo; ad un’altra, priva del tutto dell’uso della lingua, rese sciolta la parola.
Ad un’altra riaprì all’udito un orecchio affetto da sordità. Con un semplice segno di croce, ne risanò un’altra dalla febbre; un’altra enfiata per idropisia; un’altra ancora piagata da fistola e molte altre oppresse da diversi mali. E guarì un frate dell’Ordine dei Minori affetto da pazzia.
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19. Una volta, poi, essendo venuto a mancare completamente in monastero l’olio, ella, fatto chiamare il frate che era addetto a questuare elemosine per il monastero, prese un orciolo e, dopo averlo lavato, lo collocò vuoto accanto alla porta del monastero, perché il frate lo portasse con sé per questuare l’olio.
Ma, allorché tale frate andò per prenderlo, lo trovò colmo di olio, elargito per grazia della carità divina.
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20. E ancora, non essendovi un altro giorno in tutto il monastero se non mezzo pane per il pasto delle sorelle, comandò che quel mezzo pane fosse tagliato a pezzettini e dispensato alle sorelle.
Ma colui che è il pane vivoxvii e provvede il cibo agli affamatixviii, lo moltiplicò in modo tale fra le mani di colei che lo sminuzzava, che ne furono fatte cinquanta abbondanti porzioni e vennero dispensate alle sorelle già assise a mensaxix.
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21. Per questi ed altri stupendi miracoli, manifestò, ancora vivente, l’eccellenza dei suoi meriti. Mentre poi si trovava agli estremi, fu visto entrare nel luogo dove la serva di Cristo giaceva, un luminoso stuolo di beate vergini, adorne di corone splendenti, tra le quali una appariva più maestosa e più bella delle altre. Esse avanzarono fino al lettuccio di lei, e attorniandola, le prestarono quasi sollievo di visitatrici e conforto di consolazione, con premurosa cura.
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22. Dopo la sua morte, poi, fu condotto al suo sepolcro un malato di mal caduco, che non poteva camminare da sé per la contrazione di una gamba: e, lì davanti, la sua gamba risuonò fragorosamente, ed egli fu guarito dall’una e dall’altra infermità.
Si videro persone incurvate nella schiena, rattrappite per malattia, pazzi furiosi in preda ad eccessi di demenza, riacquistare al sepolcro di lei perfetta sanità.
Un tale che, per un grave colpo aveva perduto l’uso della mano destra, a tal punto che, resa del tutto inutile, non la poteva adoperare in alcun modo, per i meriti della Santa riacquistò completa sanità, riottenendo la sua mano come era prima.
Un altro, che aveva perso la vista ed era da lungo tempo cieco, venuto al medesimo sepolcro accompagnato da un altro, vi ricuperò la vista e se ne ritornò senza bisogno di guida.
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23. Per questi e per moltissimi altri fatti e meravigliosi miracoli, questa beata vergine diffuse luminoso chiarore, così che in lei si vide evidentemente avverata quella profezia che sua madre udì, a quanto si dice, mentre pregava gravida di lei: che cioè avrebbe partorito una luce tale da rischiarare grandemente l’universo.


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24. Gioisca, dunque(1), la madre Chiesa, per aver generato ed educato una tale figlia, la quale, come madre feconda di tutte le virtù, generò alla religione, con la virtù dei suoi esempi, un gran numero di discepole, e con il suo compiuto ammaestramento, le formò al perfetto servizio di Cristo.
Ne gioisca anche la turba devota dei fedeli, perché il Re e Signore dei cieli ha introdotto con tanta gloria nel suo eccelso e splendente palazzo la loro sorella e compagna, che Egli si era eletta per sua sposa. Cosi come giubilano in festa le schiere dei santi, celebrandosi nella loro celeste patria le nozze novelle della sposa del Rexx.
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Ora, poiché è conveniente che una vergine da Dio esaltata in cielo, sia venerata in terra dalla Chiesa universale, e poiché, dopo diligente ed attenta inquisizione e rigoroso esame e premessa una solenne discussione, non ci sono dubbi a riguardo della santità della sua vita e sui suoi miracoli; benché siano ormai assai note anche altrimenti, nelle vicine e lontane regioni, le sue chiare gesta, Noi, di comune consiglio e assenso di tutti i nostri Fratelli e prelati, che si trovano attualmente presso la Sede Apostolica, confidando nell’onnipotenza divina, con l’autorità dei beati Pietro e Paolo Apostoli e Nostra, abbiamo ritenuto di doverla iscrivere nel catalogo delle sante vergini.
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25. Pertanto, avvertiamo voi tutti ed espressamente vi esortiamo, ingiungendovelo tramite queste lettere apostoliche, di celebrare con ogni devozione e solennità la festa di questa vergine, il 12 di agosto, e di farla celebrare con la medesima devozione dai vostri fedeli, onde possiate meritare di averla presso Dio per vostra buona e sollecita protettrice.
3314
E affinché la moltitudine del popolo cristiano accorra al suo venerabile sepolcro con più ardore e in maggior numero, e la sua festa sia celebrata con maggiore concorso di popolo, Noi, per la misericordia di Dio onnipotente e confidando nell’autorità dei beati Pietro e Paolo Apostoli, accordiamo annualmente l’indulgenza di un anno e quaranta giorni a tutti coloro che, veramente contriti e confessati, si recheranno con devozione ed umiltà al sepolcro di questa vergine, nel giorno della sua festa o anche entro l’ottava, per chiedere la sua protezione.
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Dato ad Anagni, il 26 settembre(2), nell’anno primo del nostro pontificato.


(1) La traduzione è tratta da Regole e Costituzioni generali delle Monache dell’Ordine di Santa Chiara, Santa Maria degli Angeli – Assisi 1974, pp. 115-116.
(1) Preconio pasquale «Exsultet».
(2) Cf. Leggenda di santa Chiara vergine, nota 1.
i Cf. Mt. 19, 21.
ii Ct. 2, 6.
iii Cf. Mt. 5, 14-15.
iv Cf. Gv. 12, 3; Mt. 26, 7.
v Cf. Lc. 12, 33.
vi Cf. Dn. 4, 8.
vii Cf. Ct. 2, 3.
viii Cf. Est. 10, 6.
ix Sap. 3, 13.
x Est. 11, 10.
xi Es. 25, 31; 26, 1.
xii Cf. Eb. 9, 2.
xiii Cf. Mt. 25, 7.
xiv Cf. Ap. 21, 27.
xv 2 Cor. 11, 27.
xvi Cf. 1 Cor. 4, 12.
xvii Cf. Gv. 6,41-51.
xviii Sal. 145, 7.
xix Cf. Lc. 9, 14.
xx Cf. Mt. 22, 2; 25, 10.