domenica 4 gennaio 2015

Tre regole per predicare come Papa Francesco. Brevità prima di tutto



Pubblichiamo, in una nostra traduzione, l’articolo comparso sul sito della rivista dei gesuiti statunitensi «America».
(Mary Ann Walsh) Analizzando il pontificato di Papa Francesco, ritengo che forse il suo contributo più grande sia il suo dirci come diffondere il Vangelo. Usa parole semplici e immagini vivaci. È un esempio di come i sacerdoti dovrebbero tenere le omelie e di come tutti noi possiamo evangelizzare, ovvero diffondere il Vangelo. Segue le regole per una buona omelia e un buon discorso, alcune delle quali sono elencate qui di seguito.

Sii breve! Sappiamo che la mente può assorbire solo ciò che la sedia riesce a sopportare. La brevità mi fa venire in mente un sacerdote della diocesi di Albany, New York, morto di recente, tale padre Michael Hogan. Ecco una delle sue omelie migliori in tutta la sua interezza: «Se oggi sentite la voce di Dio, non indurite il vostro cuore. E se oggi non sentite la voce di Dio, farete bene a domandarvi perché». Come ogni vera omelia, si basava sulle Scritture, sul famoso salmo responsoriale 95. Era anche abbastanza breve da poter essere facilmente memorizzata e ha il potere di tornare in mente ogniqualvolta si ascolta quel verso dei salmi. Fa riflettere.
Sii attuale! Nel loro documento sulla predicazione del 2012, i vescovi statunitensi hanno indicato che è possibile essere attuali facendo riferimento alla cultura contemporanea. Ciò include televisione, radio e musica. Potrebbe essere chic dire che non si guarda mai la televisione perché non danno niente, ma sta di fatto che decine di milioni di persone la guardano ogni giorno. Chi desidera relazionarsi con loro, a sua volta deve per forza guardare la televisione. Una serie attualmente molto popolare è «Big Bang Theory», il cui personaggio centrale è un narcisista comico ed egocentrico, cioè l’esempio di ciò che non dovremmo essere. Fa anche parte di una comunità di giovani cervelloni, che si scontrano con lui e con se stessi. È ciò con cui ci confrontiamo tutti nella comunità cristiana.
Avevo un pastore che faceva spesso riferimento al cartone «Calvin and Hobbes». Quando entrava nel santuario, ci domandavamo se avevamo visto il fumetto al quale avrebbe fatto riferimento. Significava anche che durante la settimana, quando leggevamo i fumetti, vi cercavamo un significato religioso perché il pastore ci aveva resi attenti a trovare un significato religioso in posti improbabili.
Dà vita alle Scritture! Ricordo due omelie della messa quotidiana che mi sono rimaste impresse per la loro descrizione semplice di un racconto biblico. Una riguardava i pani e i pesci. Il sacerdote disse che Gesù avrebbe potuto fare tutto in maniera precisa, senza avanzi, sicché il significato sta nella sovrabbondanza; è un messaggio che dell’amore di Dio per noi ce ne sarà sempre più che abbastanza.
L’altra omelia conteneva il racconto di un prete che aveva perso il suo gatto nel bosco. Si trovava in una casa di campagna dove il gatto era stato spaventato da un cane di passaggio. Il sacerdote catturò la nostra attenzione raccontandoci i tentativi per far tornare il gatto. Alla fine il prete aveva portato nel portico un apriscatole elettrico e aveva aperto una scatola di cibo per gatti. Il gatto era ritornato, e noi ci sentimmo sollevati. La cosa più importante, però, fu che la storia spiegava il significato del racconto della donna che aveva perso una moneta, che per lei era tanto preziosa da farle spazzare tutta la casa per ritrovarla. Qualcun altro magari non se ne sarebbe preoccupato, ma quella moneta, forse solo un ninnolo, per lei era tanto importante da arrivare all’estremo, un messaggio che anche noi dobbiamo dedicare la stessa energia a trovare i doni, o le monete, che Gesù ci ha dato nella nostra vita.
La Santa Sede ha pubblicato un direttorio sulla predicazione. I vescovi statunitensi stanno pensando di riprodurlo in inglese. Sarà un buon seguito al documento sulla predicazione degli stessi vescovi, approvato nel 2012.
Quanto sono importanti le omelie? Le indagini sulle parrocchie svolte dal Centro per la ricerca applicata nell’apostolato, con base alla Georgetown University, hanno rilevato che sei persone su dieci (il 63 per cento) tengono conto della qualità della predicazione quando scelgono dove assistere alla messa. Per loro è più importante della qualità della musica nella parrocchia e solo poco meno importante del senso di comunità e di accoglienza che provano quando si recano in chiesa.
Possiamo studiare i direttori vaticani e i documenti dei vescovi statunitensi sull’omiletica, ma possiamo anche accedere al Bignami della buona predicazione osservando e ascoltando Papa Francesco. Egli ci mostra ogni giorno come diffondere la Parola di Dio.
L'Osservatore Romano