martedì 6 agosto 2013

Le parole del papa diventano fatti



Le parole del papa diventano fatti
di Fulvio Scaparro
in “Corriere della Sera” del 6 agosto 2013
Non è necessario essere credenti per apprezzare le esortazioni che il Papa rivolge ai giovani: non
abbiate paura, abbiate il coraggio delle vostre idee, andate controcorrente, siate onesti e generosi,
aiutate chi è in difficoltà, non sacrificate l'esistenza alla ricerca di potere e denaro ma impegnatevi a
perseguire ciò che veramente conta, giustizia e pace.
Non è una novità rivolgere questi inviti ai giovani e anzi, quando si percepisce un preoccupante
stato di crisi materiale e spirituale, si moltiplicano, oggi come ieri, gli appelli degli anziani ai
giovani, dei controllori ai controllati. Da loro ci si attende un rinnovamento nel modo di vivere e
pensare che, a quanto pare, non si potrebbe realizzare senza e tantomeno contro di loro.
La novità, nel caso delle parole dell'attuale Pontefice, sta nell'evidente sforzo di trasmettere la
coerenza tra ciò che dice e ciò che fa. Il suo insegnamento è teorico-pratico e tanti suoi piccoli e
grandi gesti sottolineano la volontà di dare l'esempio in prima persona prima di chiedere ad altri un
certo comportamento: non fate quello che dico se io non sono il primo a farlo. Qualunque adulto
agisca in questo modo dimostra di sapere ciò che i ragazzi vogliono da un adulto. Chi vuole
rivolgersi ai giovani con qualche speranza di essere ascoltato e rispettato, dovrebbe ricordare quanta
attenzione prestava, da adolescente, alla coerenza degli adulti. La coerenza tra il dire e il fare ci
affascinava a tal punto che seguivamo e ammiravamo colui o colei che predicava male e razzolava
male, piuttosto che un adulto, un educatore, un sacerdote, un politico incoerente e contraddittorio
nelle parole e nelle azioni.
Si era subito capito che questo Papa aveva imboccato una via impervia ma proprio per questo in
grado di sollecitare la fantasia dei giovani, avventurosi per definizione. Una folla di fedeli che
avrebbe di certo applaudito e osannato qualunque Pontefice fosse stato eletto, è rimasta per qualche
secondo attonita e stupefatta dalla forza straordinaria della semplicità. Di certo, quelle prime parole
hanno avuto l'effetto di un fiammifero in una polveriera.
Nei giorni successivi, sui giornali, in tv, per la strada, nelle case, le espressioni più frequenti sono
state, «umiltà», «semplicità», «vicinanza ai più poveri e più deboli», «sobrietà» e via dicendo. Mi
sono chiesto: ma dove sono finite le migliaia di arroganti, corrotti e prepotenti che ci hanno
avvelenato la vita in questi anni? La risposta è, tanto per cambiare, semplice: non sono affatto
scomparsi ma il Papa ha dato speranza a tutti coloro che per anni hanno subìto le sopraffazioni di un
mondo senza etica. E molti giovani questo lo hanno apprezzato perché è quello che hanno sempre
voluto da genitori, insegnanti e leader politici.
Non sono quindi le parole ma i pensieri tradotti in fatti che hanno la forza di convincerci a
cambiare. Di belle parole e buoni propositi ci rimpinziamo ogni giorno. I parolai di successo, quelli
dell'«armiamoci e partite», quelli che parlano del futuro affinché chi li ascolta non presti attenzione
al presente, quelli che predicano senza avvertire il dovere di dare l'esempio, ci distolgono dalla lotta
per cambiare il presente consegnandoci a un futuro di pura fantasia.
Ma gli anziani che sollecitano i giovani a dare il loro decisivo contributo, sono in grado di
accettarne le conseguenze rivoluzionarie qualora le loro esortazioni fossero prese alla lettera? Oltre
vent'anni fa, in queste pagine, due testimoni del nostro tempo già se lo chiedevano. Uno, il cardinale
Carlo Maria Martini, affermava che non esiste un cammino pacifico verso un ideale che su questa
terra non è possibile raggiungere, e pensava piuttosto a una lotta seria per diminuire l'ingiustizia e
aumentare l'onestà, motivando i giovani facendo loro capire che è più bello dare che ricevere. Gli
faceva eco Rita Levi Montalcini che vedeva nei ragazzi un eccesso di sottomissione, il rischio
maggiore della nostra epoca, quello che provoca l'accettazione di cose non accettabili. Secondo la
scienziata, ciò che può distruggere l'umanità non è tanto un'aggressività naturale, ma un eccesso di
sottomissione.
Perché l'elogio delle virtù salvifiche della giovinezza non diventi vuota e pericolosa retorica occorre
che i giovani possano contare su adulti e anziani non disillusi e scoraggiati ma ancora capaci di
tradurre in esemplare pratica di vita i propri sogni, ideali e utopie.