mercoledì 25 giugno 2014

Qualcosa di nuovo sul fronte orientale...


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Cosa si muove in Russia

di Francesco Agnoli
Di Russia si è ormai tornati a parlare sempre più spesso. Per tanti anni questa nazione è stata sinonimo di comunismo, di ateismo materialista, di nichilismo morale. Russia e paesi dell’est in generale significavano persecuzione della Chiesa e dei credenti; mancanza di libertà; distruzione della famiglia, con altissimi tassi di suicidio, alcolismo, aborto, divorzio… Oggi qualcosa sta cambiando. Qualche dissidente russo che lottò contro il comunismo totalitario, denuncia: “Europa, paese, un tempo, del cristianesimo e della libertà, stai diventando totalitaria, come l’ex Urss!”. Qualcuno aggiunge: “Europa,
dopo che il comunismo è fallito nell’Urss e nei paesi satelliti, esso si è radicato dentro di te, non tanto come visione economica del mondo, ma come prospettiva ateologica e antropologica!”. Certo, perché il materialismo ateo, costituente fondamentale del comunismo, radice di ogni negazione della dignità dell’uomo, è ormai il pensiero dominante delle elitè europee, e, in parte, dei popoli del Vecchio Mondo che ha guidato per secoli la storia del mondo.
E così, mentre l’Europa precipita piano piano nella notte del materialismo, della crisi dei valori e della famiglia, dall’est giungono segnali di rinascita. Chi ha conosciuto, sino a ieri, gli inganni e le illusioni dei comunismo, e ha patito per tanti anni, è oggi più che mai deciso a cambiare strada, a non ripetere gli errori di un tempo. Segnali di positivi e confortanti vengono dalla Croazia, dalla Polonia, dall’Ungheria, e dalla Russia. Dove il presidente Putin, descritto in casa nostra, non di rado dagli stessi che esaltavano Stalin, come un freddo e crudele dittatore, persegue invece un programma di rinascita del suo paese, sia da un punto di vista economico che da un punto di vista morale: sia restituendo alla nazione i suoi beni, sottratti al popolo da pochi e avidi oligarchi, sia combattendo la disgregazione familiare, il ricorso all’aborto e l’ideologia del gender.
Perché questo? Secondo alcuni osservatori la battaglia di Putin è puramente al servizio del nazionalismo russo, determinata non tanto dalla fede ortodossa, cui il presidente dice di rifarsi, ma dal semplice desiderio di riportare il suo paese al centro della scena internazionale; secondo altri, invece, Putin sarebbe, con Orban e pochi altri, uno dei pochi statisti ad avere chiaro che uno stato non si regge solo sul pil, le banche e le burocrazie, ma sta o cade a seconda dell’anima profonda che lo muove.
Sia come sia, l’inversione di rotta russa non è legata solo ad un uomo, ma ad una storia. Il popolo russo è sempre stato un popolo profondamente religioso, tanto religioso da abbracciare, ad un certo punto della sua storia, prima di ogni altro paese, una forma di messianismo: il messianismo ateo marxista. Pe decenni i russi hanno creduto che il paradiso potesse realizzarsi in terra; che i profeti fossero Marx, Lenin e Stalin; che la religione giusta fosse l’ateismo. Ma questa religione ha mostrato in pochi anni la sua debolezza, la sua nullità, creando, al posto del paradiso in terra, l’inferno.
Così, oggi, non restano che da riscoprire i grandi scrittori russi che rappresentano l’anima più profonda di questo popolo: Nikolaj Berdjaev, con i suoi bellissimi scritti sull’anima cristiana dell’Europa; Dostoevsky, cui era chiaro che quando Dio viene abbattuto, per innalzare l’uomo, l’uomo stesso cade prigioniero dell’uomo, perché “se Dio non esiste, tutto è permesso”, nulla è sacro, e tutto è lecito (al più forte); Aleksandr Solženicyn, capace di attraversare gli anni del gulag e della dittatura per urlare al mondo che anche sprofondando nell’abisso del male l’uomo può riafferrare il senso della sua esistenza e la nobiltà della sua origine divina, in quanto creato a immagine e somiglianza di Dio, che è Bontà e Giustizia infinita.
da Notizie pro vita, numero intitolato Ex Oriente lux: http://www.notizieprovita.it/rivista/giugno-2014-notizie-provita/

L’uomo si trova davanti all’abisso di essere o non essere. Ed egli non può dominare questo abisso con le sue sole forze: ha bisogno di un aiuto dall’alto. Questa è una faccenda divino-umana. E se nel nostro tempo è l’esistenza stessa dell’uomo ad essere minacciata, se l’uomo è dilaniato, è proprio perché egli si è affidato solo a se stesso e alle sue forze. L’umanità sta attraversando quello che è forse il periodo più pericoloso di tutta la sua esistenza. Ma io non penso che il destino dell’uomo sia del tutto senza speranza. Questa disperazione è solo qui, non nell’aldilà. Perché noi crediamo che la storia del mondo non andrà avanti all’infinito, che il mondo e la storia finiranno. Ma questo significa che noi non crediamo nella possibilità di una soluzione finale in questo mondo, su questa terra, in questo nostro tempo… Tuttavia, questo non deve ostacolare l’azione creativa dell’uomo, e la sua realizzazione della giustizia qui ed ora, perché gli atti creativi dell’uomo influenzeranno la fine stessa. La fine è una faccenda divino-umana. E la parola finale, che appartiene a Dio, comprenderà necessariamente anche una parola dell’uomo.
Nikolai Berdiaev in Esistenzialismo cristiano