sabato 25 ottobre 2014

I tre messaggi di Benedetto XVI

Benedetto XVI scrive

di Lorenzo Bertocchi
Dopo il messaggio che l’arcivescovo Georg Ganswein ha letto lo scorso 21 ottobre alla Pontificia Università Urbaniana di Roma, il papa emerito Benedetto XVI ha dato, nel giro di pochi giorni, altri due messaggi importanti.
Il primo è stato inviato come saluto al convegno internazionale “Il rispetto per la vita un cammino per la pace”, tenutosi in Colombia il 23 e 24 ottobre e promosso dalla Fondazione Ratzinger, mentre il secondo è stato recapitato al delegato generale dei fedeli legati al rito antico che in questi giorni a Roma hanno celebrato il loro annuale pellegrinaggio.
Tre messaggi semplici, ma molto chiari, su tre questioni centrali del suo pontificato. Nel messaggio inviato all’Università Urbaniana il papa emerito torna su di un tema da lui più volte esplorato, sia nei suoi studi, sia nel compiere i suoi uffici di prefetto della Dottrina della Fede, e anche da Papa. Si tratta del rapporto tra dialogo interreligioso e missione/evangelizzazione, basti ricordare il celebre testo pubblicato nel 2005 da Cantalli e dal titolo “Fede, Verità e Tolleranza. Il Cristianesimo e le religioni del mondo”. Ma ancor più significativa è la dichiarazione “Dominus Iesus. Circa l’unicità e l’universalità salvifica della Chiesa”, documento che la congregazione della Dottrina della Fede pubblicò, con la sottoscrizione di S. Giovanni Paolo II, nel 2000. Sollevando critiche e resistenze anche nell’episcopato.
Oggi il papa emerito ribadisce, nel suo messaggio indirizzato all’Università Urbaniana, che “è letale per la fede” l’idea che il dialogo interreligioso possa in qualche modo superare la necessità della missione. Allo stesso modo nella dichiarazione Dominus Iesus del 2000 troviamo scritto che “la missione ad gentesanche nel dialogo interreligioso «conserva in pieno, oggi come sempre, la sua validità e necessità». In effetti, «Dio “vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità ” (1 Tm 2,4)». L’incontro con questa verità spinge naturalmente, per diffusione attrattiva, a comunicare la gioia di questa liberazione, di questa vita in pienezza. Per questo Benedetto XVI scrive oggi che non si tratta di aggiungere numericamente membri ad una comunità, ma «parliamo di Lui perché sentiamo di dovere trasmettere quella gioia che ci è stata donata».
Nel messaggio indirizzato all’università colombiana per il convegno sul tema del rispetto della vita, il papa emerito torna su di un altro concetto chiave, quello dei “principi non negoziabili” come elemento cardine per costruire la pace. Anche se non li cita esplicitamente, questi principi sono evidentemente dati per scontati. Questo il messaggio inviato ai convegnisti:

Vorrei salutare tutti con grande cordialità e ringraziare tutti per il loro impegno in una materia di grandissima attualità.
In realtà l’impegno per la pace – così fondamentale in un mondo dilaniato dalla violenza – comincia con il rispetto incondizionato della vita dell’uomo, creato secondo l’immagine di Dio e così dotato di una dignità assoluta. La fede in Dio creatore è il fondamento essenziale della dignità umana come nodo essenziale di ogni ordine di diritto. Il tema della pace e il tema del rispetto per la vita umana sono legati alla fede nel Dio creatore come la vera garanzia della nostra dignità.
Anche in questo caso ritornano temi cari a Benedetto XVI che sono stati espressi in particolare nella lettera enciclica Caritas in Veritate, ma anche in un messaggio, forse poco conosciuto, come quello inviato per la Giornata mondiale della Pace 2013: “via di realizzazione del bene comune e della pace - scriveva Benedetto XVI - è anzitutto il rispetto per la vita umana, considerata nella molteplicità dei suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino alla sua fine naturale. (…) Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita. (…)”. E ancora: “Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione”.
Infine registriamo il breve, ma denso, saluto inviato al pellegrinaggio Summorum Pontificum dei fedeli legati alla S. Messa celebrata secondo il rito latino nella sua forma extraordinaria. «Sono molto felice che l'Usus antiquus, scrive Ratzinger, vive adesso in una piena pace della Chiesa, anche presso i giovani, appoggiato e celebrato da grandi cardinali. Spiritualmente sarò con voi. Il mio stato di "monaco in clausura" non mi permette una presenza anche esteriore. Esco dalla mia clausura solo in casi particolari, invitato personalmente dal Papa».
Significativo che il papa emerito sottolinei la “piena pace” di cui gode oggi il rito antico della S. Messa, significativo perché l’affermazione appare quasi ironica, visto il duro contrasto che a varie latitudini è stato riservato al motu proprio Summorum Pontificum del 2007. Interessante anche la sottolineatura riferita ai “giovani”, come a dire che la loro partecipazione a questo rito non può essere facilmente declassata a fenomeno di moda, ma rappresenta una ricchezza, come una ricchezza è, appunto, il rito antico così come lo stesso motu proprio si premurava di sottolineare. Infine, appare degno di nota il riferimento ai “grandi cardinali” che hanno “appoggiato e celebrato” le celebrazioni del pellegrinaggio, ossia il Card. Burke, Pell e Brandmuller, tre eminenze che per lo svolgimento del recente sinodo sono state, a loro modo, “grandi”.