mercoledì 29 ottobre 2014

L’ONU promuove ufficialmente il “gender diktat”

L’ONU promuove ufficialmente il “gender diktat”

Onu, il maggiore megafono delle dottrine gender
di Anna Bono
Scriveva G.K. Chesterton nel libro Eretici: “La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. (...) Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”.
Quel momento sembra essere arrivato. Viviamo un’epoca in cui è diventato necessario testimoniare e dimostrare che l’uomo nasce maschio o femmina, contro chi sostiene che l’identità sessuale è una costruzione sociale imposta; che solo un uomo e una donna uniti in matrimonio possono chiamarsi famiglia, contro chi chiama “famiglia” qualsiasi tipo di unione; che esiste una specificità umana, contro chi considera l’uomo un animale tra tanti, e di tutti il peggiore. Nel seno della civiltà che, grazie all’influenza determinante del cristianesimo, più di qualsiasi altra al mondo esalta e tutela la persona e la vita, sono maturate ideologie che violano la natura umana, attaccano l’istituzione – la famiglia – che rinnova la vita, e la protegge quando è più fragile e indifesa, hanno in odio l’umanità, trattata alla stregua di un virus mortale, di un cancro che uccide il pianeta.
L’Onu è il portavoce e l’alleato maggiore di queste ideologie: il più temibile per il potere e le competenze di cui è investita e per le risorse finanziarie di cui, di conseguenza, è dotata; e che usa, a piene mani, per sostenerle.
Mentre si scoprono sempre nuovi casi di inefficienza, e peggio ancora, di cui il Palazzo di Vetro è responsabile – che si tratti dei risultati raggiunti dalle sue agenzie, dalle sue missioni di peacekeeping o dai suoi tribunali speciali… – quando sono in gioco l’ideologia di genere o la causa omosessuale impegno e risultati sono garantiti. All’Onu infatti sono considerate ormai battaglie culturali e sociali prioritarie; al pari di e di pari passo con quella, a cui l’Onu ha aderito ancora prima, per la legalizzazione dell’aborto.
I principali protagonisti di queste battaglie sono le organizzazioni non governative accreditate presso le Nazioni Unite con status consultivo, i paesi occidentali e le istituzioni stesse che compongono l’organizzazione. Negli ambienti internazionali sono identificati con l’acronimo Sogi: Sexual Orientation Gender Identity.
«Non importa quale sia la questione al centro della discussione, troveranno sempre un modo per includere questi argomenti” spiegava il 23 marzo l’avvocato britannico Paul Coleman, esperto in controversie internazionali, nel corso di un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Cna, Catholic News Agency – e quando le posizioni dei tre gruppi sono allineate, i risultati sono notevoli. Definizioni come ‘identità di genere’ erano del tutto sconosciute fino a dieci anni fa mentre ora vengono spinte su più livelli, anche se non c’è un solo trattato dell’Onu che menzioni l’‘orientamento sessuale’ o l’‘identità di genere’».
I trattati dell’Onu sono accordi vincolanti sottoscritti da una parte o dalla totalità dei paesi membri.
Il Sogi, per raggiungere i propri obiettivi, non esita a reinterpretarli. Ad esempio, l’affermazione che a uomini e donne in età matrimoniabile va riconosciuto il diritto a sposarsi, viene rielaborata nei documenti prodotti dalle commissioni istituite per promuovere i diritti umani, nelle loro diverse declinazioni, includendo ‘uomini e uomini’ e ‘donne e donne’: per rispecchiare le circostanze moderne, sostiene il Sogi. Altri documenti vengono semplicemente compilati e approvati prescindendo del tutto dal contenuto dei trattati stessi.
Benché non vincolanti, i documenti prodotti dalle agenzie e dalle commissioni Onu diventano strumenti di pressione sui governi, tanto più forti se i loro contenuti vengono ribaditi o recepiti da organismi quali l’Unione Europea che possono trasformarli in direttive. I paesi occidentali sono in grado di influenzare i governi dei paesi in via di sviluppo riluttanti ad adeguarsi alle richieste dell’Onu minacciando – come è già successo – sanzioni e la sospensione degli aiuti allo sviluppo. Come ha ricordato nell’intervista alla Cna l’avvocato Coleman, «il Regno Unito ha detto che bloccherà gli aiuti ai paesi del terzo mondo se questi non cambieranno le loro leggi sull’omosessualità. In America vediamo il presidente Obama dire che la questione omosessuale è una priorità della politica estera Usa».
«Chi crede che l’umanità si divida in uomini e donne e vuole agire in base a queste convinzioni incorrerà in problemi legali – spiegava ancora l’avvocato Coleman – assisteremo a un numero crescente di casi riguardanti la libertà religiosa, in cui della gente verrà citata in giudizio e subirà minacce legali perché è salda nella convinzione che esistano maschi e femmine».

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L’ONU promuove ufficialmente il “gender diktat”
(di Lupo Glori) Il nuovo rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite sulle donne, intitolato Indagine mondiale sul ruolo delle donne nello sviluppo 2014: uguaglianza di genere e sviluppo sostenibile, delinea e ribadisce chiaramente quelle che sono le linee guida strategiche della politica dell’ONU per il prossimo futuro.
La tecnica utilizzata è sempre la stessa. Il documento adotta un linguaggio volutamente ambiguo e ambivalente per presentare e promuovere in maniera subdola il proprio programma radicale. L’obiettivo è quello di creare consenso attorno a concetti e vocaboli apparentemente innocui e ragionevoli che in realtà sottendono l’adesione ad un progetto di profonda rivoluzione culturale.
La parola che ricorre con maggiore frequenza nel documento è il termine gender. Tale vocabolo rappresenta, infatti, il cuore della strategia di azione delle Nazioni Unite fin dallaConferenza mondiale delle donne di Pechino del 1995. Come ha scritto, a tale proposito, la studiosa belga Marguerite Peeters, nel suo libro Il gender. Una questione politica e culturale(Edizioni San Paolo, 2014), il gender può essere descritto come un insieme olistico di cerchi concentrici fornito di un nucleo duro radicale.
I cerchi esterni, i più visibili e i più lontani dal centro ideologico nascosto, rappresentano i progetti a più alto consenso e capaci di sedurre la maggioranza.Fanno parte di tale categoria, ad esempio, programmi di lotta contro lo stupro o la mutilazione, la richiesta di maggiori garanzie per le donne riguardo l’educazione, le cure mediche, lo sviluppo socio-economico ecc.
Tuttavia, come scrive la Peeters, una più attenta analisi dimostra che «il gender è un processo rivoluzionario centripeto, il nucleo duro ed ideologico attira verso sé e contamina tutti gli altri cerchi cosicché anche i progetti più esteriori e apparentemente più accettabili finiscono per essere contagiati dall’antropologia laicista, individualista ed edonista del centro».
La rivoluzione del gender avanza dietro una maschera di parole dal sapore altruistico e umanitario come uguaglianza, equità, parità di genere, libertà di scelta, diritti, dignità umana, progresso, autonomia, emancipazione, lotta contro le violenze, non discriminazione, salute riproduttiva, sviluppo sostenibile, ecc….
Il rapporto dell’ONU appena pubblicato rappresenta, in tal senso, un manuale emblematico di tale ipocrita e ambigua strategia d’azione. Per questo è interessante esaminare alcuni dei concetti esposti al suo interno per cercare di svelarne il significato reale e l’inganno linguistico intrinseco.
Una delle definizioni più ricorrenti nel documento è «salute riproduttiva», termine paradossale che nei fatti costituisce la negazione sia della salute che della riproduzione. Con tale definizione si vuole, infatti, stabilire il diritto all’aborto e alla contraccezione ai fini del controllo della propria sessualità. Per questo, a pagina 113 del rapporto, nella sezione «sullo sviluppo sostenibile», leggiamo la raccomandazione di «rispettare, proteggere e promuovere la salute e i diritti sessuali e riproduttivi per tutti, soprattutto per le donne e le ragazze, nel ciclo vitale».
Sempre a pagina 113 viene proposta l’ideologica uguaglianza di genere sottolineando la necessità di «riconoscere, ridurre e redistribuire il lavoro non pagato tra uomini e donne all’interno delle famiglie, e tra famiglie e Stato estendendo i servizi di base e le infrastrutture accessibili a tutti». Un’abolizione forzata della complementarietà fra i sessi in nome della parità di genere che svilisce la donna e perde di vista le naturali inclinazioni di ciascun sesso. A pagina 114 il documento promuove, inoltre, «politiche sulla popolazione sostenibili nella salute e nei diritti sessuali e riproduttivi, inclusa la fornitura accessibile a tutti… di un’educazione alla sessualità comprensiva e dell’aborto sicuro» introducendo il singolare concetto di «aborto sicuro», una contraddizione in termini che soggiace la legalizzazione dell’aborto a tutti i livelli.
Come anticipato la parola più ripetuta all’interno del rapporto delle Nazioni Unite è il termine “gender”. Vocabolo dal significato ideologico che sostituisce la parola sesso e mira a promuovere, all’interno di tutti gli Stati membri, la «prospettiva di genere» volta a rimuovere gli stereotipi di maschi e femmina, considerati superati e inadatti a rappresentare la complessità sociale contemporanea. L’agenda gender va a braccetto con l’agenda LGBTQomosessualista, dettando la promozione e diffusione di qualsivoglia tendenza sessuale in nome di falsi e malintesi nuovi “diritti umani”. Il sesso di un individuo, l’essere maschio e femmina, lungi dall’essere un dato biologico, fisso e immutabile, diviene un dato socio-culturale e psicologico, da decostruire e ricostruire continuamente a proprio piacimento.
Il rapporto sulle donne dell’Organizzazione delle Nazioni Unite costituisce dunque un compendio significativo del programma di azione sovversivo degli ideologi delgender volto ad imporre attraverso una rivoluzione culturale globale “silenziosa” il nuovo paradigma etico fondato su un nuovo linguaggio, norme e valori. Un attacco infido e sleale il cui bersaglio principale sono il matrimonio e la famiglia naturale capisaldi vitali della nostra società. (Lupo Glori)