venerdì 23 gennaio 2015

I figli e la felicità (riflettendo sui conigli…)

antonelloiapicca

paralisi
Articolo apparso su “La Croce” del 22 gennaio 2015

Sei felice? Forse perché sono lontano dall’Italia, ma io nelle parole del Papa ho sentito forte e chiara questa domanda. Perché i conigli figliano rispondendo a un istinto che non genera felicità ma soddisfazione; i cristiani, invece, procreano obbedendo alla volontà di Dio, che è l’unica fonte di felicità.
Non c’è legge che tenga, se non sei felice vuol dire che non stai nella volontà di Dio, anche se hai avuto dieci figli! Ci urta questo? Se sì, significa che siamo ancora incastrati nel moralismo, e la morale in noi non sta seguendo l’essere, ma al contrario cerca di definire questo con gli sforzi farisaici destinati all’insoddisfazione. Perché è matematico, uno fa quello che è non il contrario. Altrimenti, per quanto luccicante sia, è pura ipocrisia.
L’apertura alla vita, infatti, è un Vangelo fatto carne, mai un randello con cui bastonare chi al Vangelo non ha ancora creduto. E neanche un argomento con cui polemizzare. E’ gioia pura che sgorga dal grembo di combattimenti a volte duri, come quelli di Giacobbe al guado di Jabbok, per sperimentare il potere di Cristo risorto nell’estrema debolezza della nostra carne.
Per questo pro-creare è gioia autentica, ti trascina in Cielo insieme al Creatore, ed è la sconfitta reale e sperimentabile, empirica, del demonio e della sua menzogna: allungando orgogliosamente la mano per rubare non si diventa come Dio, ma offrendogli noi stessi perché per mezzo nostro continui, nella storia, il miracolo della creazione fa risplendere in noi la sua immagine e somiglianza.
Certo, l’apertura alla vita magari scatena pure invidie e gelosie, ma è sempre apertura, accoglie la vita per darla, anche a chi non è d’accordo e imbraccia le mitragliatrici ideologiche per spazzare via la verità sull’uomo. Una coppia aperta alla vita resta lì, come un segno del Cielo piantato sulla terra, un testimonial della vittoria di Cristo sulla morte, uno spot sull’amore più forte dell’egoismo; ci puoi sempre tornare per chiedergli di dare ragione della loro gioia, incontrerai persone debolissime come tutti ma bagnate dalla Grazia; e magari comincerai a fare come loro, seguendone le orme nella Chiesa, sempre pronta ad aprire gli scrigni dei suoi tesori.
I figli, infatti, non sono medaglie da esporre alla parata dei buoni cristiani, quelle dove narcisisticamente a volte siamo tentati di partecipare. Sono il frutto spesso immeritato del milligrammo di credito (il granello di fede che sposta le montagne) che abbiamo dato alla Parola di Dio risuonata nella Chiesa. Fosse per noi, per la nostra carne, si che ci accoppieremmo come i conigli, e Dio sa che combattimenti e che sonore sconfitte subiamo sotto le lenzuola.
E’ lo stesso per un prete, e lo dico per esperienza. Sei felice perché sei casto o sei casto perché sei felice? Sembra una domanda oziosa, invece è tanto decisiva quanto profonda: solo chi è felice perché è in comunione con Dio e sta compiendo la sua volontà può essere casto, e quindi difendere la castità combattendo per essa diventa un’attitudine naturale. Altrimenti saranno arrampicate in solitaria e quando finiscono i chiodi son dolori. Basta un imprevisto e giù in picchiata. Pornografia e masturbazione per non dire di peggio sono dietro ogni angolo, per i preti come per i mariti…
Per questo ci occorre come il pane il sano realismo di Papa Francesco che ci aiuti a non volare coi sentimenti per restare coi piedi ben piantati nella Grazia! Perché o siamo come la Vergine Maria, pieni di Grazia, o siamo farisei, illudendoci di compiere ogni iota della legge senza un briciolo d’amore. Chi ama perché sa di essere immeritatamente amato da Dio, invece, vive immerso nell’intimità con Cristo, sperando che sia Lui a vivere nella sua carne.
E, scusate il linguaggio un tantino diretto, Cristo non è un coniglio. E’ vero uomo e vero Dio per attirare la nostra umanità nella sua divinità. E ciò significa ragionare sotto la lampada della fede per saper guardare lntelligentemente la propria storia, cioè discernere tra le pieghe degli eventi la volontà di Dio. Perché donarsi aprendosi alla vita significa proprio questo, schiudere se stessi alla vita eterna che Dio semina nella vita terrena.
E ciò suppone sempre una Croce sulla quale salire. Diversamente puoi anche illuderti di essere in perfetta sintonia sessuale con il tuo partner, ma in realtà non hai assaporato neanche lontanamente l’ebbrezza del piacere che Dio ha pensato per te, frutto squisito riservato a chi si dona davvero, senza riserve, senza condom, di lattice, mentali o spirituali che siano. Quanti divorzi nascono dall’egoismo che, mascherato in un amore a tempo, finisce con usare l’altro per il proprio piacere. Finché dura la favola tutto bene, ma quando cominciano i problemi, le incomprensioni e la superficialità, scoppia la bomba: non mi capisci, non mi ascolti, non mi ami. Ma prima, come brace sotto la cenere, ardeva il risentimento inconscio d’essere stati usati…
Il talamo, infatti, non è solo una pista da ballo dove scatenarsi, è il luogo dove ci si ritrova e perdona magari dopo mesi di giudizi; è il sepolcro dove seppellire il proprio ego e il suo estremismo per lasciar spazio al tu che spesso non comprendo e tendo a rifiutare. Tutto questo, e molto altro, i conigli non lo fanno.
Per questo i cristiani, ha detto il Papa, si avvalgono degli strumenti per esercitare la paternità responsabile. E quali sono? I metodi naturali, no? E invece no, se sono usati con una mentalità contraccettiva. Perché sono appunto metodi, e un metodo non pensa e non ama, lo usa, bene, chi pensa e ama intimamente unito a Cristo.
Gli strumenti che abbiamo sono invece l’iniziazione cristiana dove essere educati alla fede, perché essa sappia illuminare la ragione. L’ascolto assiduo della predicazione e della Parola di Dio, la frequenza ai sacramenti, specialmente la penitenza che ci risuscita dalla morte che i peccati ci provocano ridonandoci lo Spirito Santo che abbiamo contristato; e l’eucarestia, che ci unisce a Cristo, insegnandoci nella carne, nella mente e nello spirito che cosa sia amarsi sino al punto di donarsi senza riserve e barriere.
E poi la preghiera dei due sposi, come quella che fecero Tobia e Sara prima di unirsi sessualmente. Sapevano che insidie nascondeva quell’unione, il demonio era pronto a seminare morte. Per questo si inginocchiarono e rimisero il loro santo desiderio nelle mani di Dio, perché tenesse lontana la concupiscenza, ovvero proprio quell’istinto che spinge irrefrenabilmente i conigli a copulare.
Perché c’è anche una concupiscenza più sottile e velenosa di quella immediatamente legata alla sessualità, ed è quella che ci fa entrare in un delirio di onnipotenza. L’esempio citato dal Papa ci aiuta, anche se comprendo che, rimbalzato sui media violentato nel suo senso piu profondo, può aver messo in difficoltà più di una coppia che ha visto il Signore Gesù uscire vittorioso proprio nelle situazioni più difficili. E proprio a loro e a infinite altre il Papa ha fatto riferimento dell’udienza di ieri: ” le famiglie sane sono essenziali alla vita della società. Dà consolazione e speranza vedere tante famiglie numerose che accolgono i figli come un vero dono di Dio. Loro sanno che ogni figlio è una benedizione”.
Ma vi sono molte altre situazioni, specie in condizioni sociali particolari che il Papa ha ben chiare, dove manca una seria e profonda catechizzazione sulla famiglia, e la fede è così acerba da confondersi con il fatalismo e la superstizione.
Per questo con il Papa possiamo entrare nella fede adulta e chiederci chi, dopo sette cesarei, come in tante altre circostanze, può dire alla coppia se è volontà di Dio avere un altro figlio? Che poi è la stessa domanda che siamo chiamati a porci ogni volta che iniziamo a guardarci più intensamente negli occhi: starà Dio pensando di affidarci un’altra vita?
Ebbene abbiamo gli strumenti per comprenderlo, perché Dio parla con i suoi amici, non ha segreti per loro. E vuole la loro pace, non l’angoscia che sporca così spesso la santità matrimoniale. Per questo ci ha donato la Chiesa, la comunità nella quale possiamo vivere anche la nostra sessualità, chiedendo aiuto ai pastori e ai catechisti, confortandoci e animandoci a vicenda, perché possiamo giungere nel santuario inviolabile della nostra coscienza in piena forma. Perché questa sia davvero retta e consegnata completamente alla volontà di Dio. Quando ciò accade si sperimenta la pace, perché la responsabilità della paternità sarà solo l’interfaccia di quella del Padre che è nei Cieli.
Dispiace, certo, che le parole del Papa abbiano dato adito a risentimenti e interpretazioni maliziose. Di più se ciò è accaduto nella Chiesa. Ma va bene così, d’altronde Francesco è un segno di contraddizione che svela i pensieri di molti cuori. Quelli poveri che mendicano misericordia, e quelli tronfi che si impossessano delle sue parole per difendere, comunque, se stessi. E, a volte, la poca fede, perché Cristo è risorto o no? Se sì, allora ha potere sempre, anche in camera da letto!
Per questo a me le parole del Papa sono giunte come un balsamo di tenerezza, misericordia e amore, e l’ho visto colare anche su chi ancora non ha conosciuto la bellezza e la pienezza di vivere tutto con Cristo. Perché nella Chiesa non si fabbricano robot, neanche a forma di conigli, ma le persone conoscono in essa la vera libertà perché sperimentano gratuitamente il perdono dei peccati. E chi è libero da essi può amare, l’unica vera e incorruttibile felicità.