martedì 24 marzo 2015

25 marzo. Annunciazione del Signore

Non sei nata per te, bensì per Dio; 
servirai alla salvezza di tutti gli uomini, 
secondo il disegno di Dio stabilito fin dal principio: 
l'incarnazione del suo Verbo e la nostra divinizzazione. 
Tutto il tuo desiderio sta nel nutrirti delle parole di Dio, 
nel fortificarti della loro linfa, 
come «olivo verdeggiante nella casa di Dio», 
«albero piantato lungo corsi d'acqua», 
tu l'albero di vita che «ha dato frutto a suo tempo»

San Giovanni Damasceno
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In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
 (Dal Vangelo secondo Luca 1, 26-38)
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Maria, l'amata, appare sulla soglia del Vangelo avvolta in un saluto imprevisto, un annuncio intrecciato su poche, essenziali parole. Attendeva le nozze, e con esse grazie e gioia, senza immaginare che Dio aveva scelto e preparato quella semplicità nascosta per farne la soglia dove deporre l'eterno. Un giorno come gli altri, confuso tra quello di molti altri, in una cittadina anonima lontana dalla storia che conta: sono questi il momento e il luogo pensati da Dio per fare possibile l'impossibile. L'incarnazione e la salvezza di ogni uomo cominciano qui, dove sembra che non vi sia nulla di speciale da attirare l'attenzione. Nulla tranne Maria, a riempire quella semplice ordinarietà con la fede e l'attesa immacolate. Maria non era in cerca di nulla di straordinario; era semplicemente dove l'aveva messa la volontà di Dio. Essere Immacolata Concezione significa essenzialmente questo, obbedire e restare lì, abbandonati a Dio, sereni e felici nella propria storia. Come Adamo ed Eva prima di cadere nel peccato. La menzogna del demonio, infatti, come un virus mortale, ha reso impossibile restare sul cammino tracciato dal Padre. La cifra del peccato originale è proprio questa impossibilità di vivere, in pienezza, l'istante che ci è dato; l'impossibilità di essere felici con questa storia qui, con questa famiglia, questo marito e questa moglie, questi figli e questi genitori, questo lavoro e questi professori. Il peccato ci ha sporcato il cuore e non riusciamo più a vedere l'amore di Dio in niente e nessuno; la realtà ci schiaccia, dobbiamo scappare, e cercare un po' d'aria in qualsiasi esperienza, basta che non sia la stessa di oggi. Maria no, non aveva bisogno di fuggire. Immacolata Concezione, non si era mai allontanata dal Paradiso: in ogni istante era "piena di Grazia", in ogni evento "il Signore era con Lei". Anche quel giorno, all'irrompere di quel saluto che, improvvisamente, Le svelava il mistero sino ad ora tenuto segreto anche a Lei. L'intimità con il Signore, la Grazia che accompagnava ogni suo passo nella volontà di Dio, sino a quel momento tutto era stato così naturale. Ma quell'invito a "rallegrarsi" che, lo sapeva, raggrumava in sé tutte le profezie sull'avvento del Messia, perché proprio a Lei? Era "turbata" Maria, di fronte a quel "saluto" nel quale si condensava una storia di peccati e misericordia che abbracciava generazioni. "Shalom", pace, era il segno del Messia, la speranza che i suoi fratelli s'erano scambiati da sempre, tenendola viva per non morire. Ora tutto era lì, a un millimetro da Lei; ogni uomo, ogni donna, ogni povero e ogni peccatore, tu ed io, eravamo tutti lì, sulla soglia del cuore di quella Fanciulla indifesa, la più piccola, l' "umile vergine" di Nazaret. Era giunta la "pienezza dei tempi", il compimento della salvezza; quell'istante nascosto agli occhi del mondo attirava ogni altro istante della storia, passato, presente e futuro. Quell'istante illuminava la purezza originaria di Maria: aveva compiuto la volontà di Dio perché anche Dio potesse compiere la sua volontà. La sua carne "vergine" era il frammento di Paradiso che Dio aveva preparato per deporvi il suo Figlio, la Carne che avrebbe reso ogni carne peccatrice un frammento di Paradiso. Maria doveva solo fare quello che aveva sempre fatto: accogliere l'amore di Dio, perché ai suoi occhi immacolati ogni volere di Dio non era che amore. Solo un Figlio da accogliere, il Messia da gestare e donare al mondo. Impossibile certo, "senza conoscere uomo", ma "possibile" a Dio che era "con Lei" da sempre. Ancora una volta, la più importante, quella decisiva, Dio aveva bisogno dell'impossibile per farlo possibile, la "verginità" di Maria per fecondare l'umanità sterile, la sua "umiliazione" per salvare tutti i superbi. Non c'era da "temere": quel concepimento e quel parto sarebbero stati opera della Grazia che l'aveva "colmata" da sempre. Lo Spirito Santo sarebbe "disceso" su di Lei per deporvi il Santo Figlio di Dio. Come quando si rivelò ad Elia, Dio non era nel terremoto, neanche in un vento gagliardo; Dio era in quella brezza soave che le sfiorava l'anima, nel soffio del suo Spirito che, dolce e delicato, bussava alla porta del suo cuore. Del resto, anche "Elisabetta sua parente, che tutti dicevano sterile, nella sua vecchiaia aveva concepito un figlio": il Signore le aveva regalato un segno da contemplare, per non venir meno dinanzi alla grandezza della sua elezione. Non restava che sciogliere le labbra per la risposta preparata dall'eternità. E Amen è stato, l'Amen degli Amen di Maria: "Il verbo con cui esprime il suo consenso, nell'originale, è all'ottativo, un modo verbale che in greco si usa per esprimere desiderio e perfino gioiosa impazienza che una certa cosa avvenga. Come se la Vergine dicesse: “Desidero anch'io, con tutto il mio essere, quello che Dio desidera; si compia presto ciò che egli vuole“." (Raniero Cantalamessa). Il Cielo è riaperto, la volontà di Dio ha trovato dimora nel desiderio puro di Maria. Da quell'istante nulla è stato e sarà più come prima. Nell'obbedienza di Maria è generata l'obbedienza del Figlio, perché Nazaret era il grembo del Getsemani. Madre e Figlio sono ora davanti a noi per donarci finalmente compiuto l'impossibile che ci fa paura. Guardiamoci dentro, che cosa oggi ci turba e ci schiaccia? Che cosa ci spinge a peccare per non soffrire? "Non temere!", proprio nel fondo dell'incapacità di assumere la nostra storia, plana oggi l'annuncio dell'angelo per deporvi il seme dell'impossibile già reso possibile: l'obbedienza alla volontà di Dio, restando nascosti nelle piaghe di Gesù incarnate nei dolori e nei tradimenti, nei fallimenti e nelle frustrazioni, nelle umiliazioni e nell'irrilevanza. "Non temere!", perché il turbamento che ci prende di fronte alla sproporzione tra quanto ci è annunciato e la povera realtà della nostra vita, è destinato a divenire gioia purissima. E' pronta per noi la gioia di Maria, madre della gioia del Messia risorto dalla morte, che ha distrutto il peccato e il suo regno di dolore. La gioia dell'obbedienza, che il mondo non conosce, la gioia della libertà di amare sino a donarsi totalmente, perché "nulla è impossibile a Dio": neanche perdonare il marito che ha tradito e il parente che ci ha calunniato; neanche giustificare con misericordia chi ci ha fatto la più terribile delle ingiustizie. "Nulla" ci deve spaventare: nella Chiesa nostra Madre risuona oggi come quel giorno l'annuncio dell'angelo. Basta ascoltare e dire con Maria il nostro amen che consegni a Cristo ogni centimetro della nostra carne perché ne faccia il tempio della sua gloria. Oggi Nazaret è la tua casa, il tuo matrimonio e la tua stanza d'ospedale, perché tutto di te è avvolto e impregnato dello Spirito Santo che compie in ogni istante e in ogni luogo il Mistero Pasquale di Cristo. "Non temere!", perché da oggi la Croce non fa più paura, la carne vittoriosa di Cristo l'ha trasformata in una porta dischiusa sul Paradiso. La novità dell'Incarnazione si rivela in un Popolo che cammina nel deserto della storia senza morire, il Corpo di Cristo che sale sulla Croce dalla quale tutti fuggono scandalizzati. Per questo, la nostra missione inizia ogni giorno appoggiati nella fede di Maria, per divenire con Lei "servi del Signore" nei quali "si compie l'incarnazione della Parola di Dio", annunciando a tutti che la sua volontà è amore e misericordia, sempre.

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È la Festa dell'Incarnazione, la più importante della nostra fede. Celebriamola con il calendario di Tolkien

È LA FESTA DELL'INCARNAZIONE, LA PIÙ IMPORTANTE DELLA NOSTRA FEDE. CELEBRIAMOLA CON IL CALENDARIO DI TOLKIEN


Michael White, autore di libri di giornalismo scientifico, ha pubblicato anche La vita di J.R.R. Tolkien (trad. it., Bompiani, Milano 2002). White è tutto tranne che un apologeta del cattolicesimo di Tolkien – che presenta costantemente sotto una luce irreale o addirittura come esempio di fanatismo – e decisamente non è un esegeta meticoloso della sua produzione narrativa. Che quindi White sia in grado, del tutto liberamente, di mettere in evidenza quanto segue, costituisce un elemento di valore non secondario. Infatti,
«[...] l'aspetto religioso più curioso del libro [Il Signore degli Anelli] non riguarda tanto gli elementi che concorrono a creare i personaggi chiave, ma una sottile tendenza nascosta implicita nel raccontare la storia, e nella scansione del tempo. Nell'Appendice B del Signore degli Anelli ci viene detto che la Compagnia lascia Granburrone per iniziare la sua missione il 25 dicembre. Il giorno in cui Frodo e Sam riescono a distruggere l'Anello, il giorno in cui viene gettato nella Voragine del Fato e la nuova Era inizia davvero, nel calcolo degli anni di Gondor, è il 25 marzo. Anche se questa data non significa nulla per la maggior parte della gente, nella vecchia tradizione inglese(materia con cui Tolkien aveva molta familiarità), il 25 marzo era la data del primo venerdì santo, la data della crocifissione di Cristo».
Inoltre, «[p]er altre due ragioni il 25 marzo è una data significativa nella tradizione cristiana. È la felix culpa, la data della cacciata di Adamo ed Eva e anche la data dell'Annunciazione e del concepimento di Cristo, esattamente nove mesi prima della sua nascita il 25 dicembre».

Secondo White, ciò significa

«[...] che gli eventi principali nella storia dei come viene distrutto l'Anello e sconfitto Sauron si svolgono nel mitico [sic] periodo fra la nascita di Cristo (il 25 dicembree la sua morte (il 25 marzo).
Non ci sarebbe ragione di inserirlo nella storia se non come forma di sottile "messaggio nascosto". Tolkien sta imponendo la sua fede su un mondo pagano, i suoi personaggi svolgono il loro ruolo in un vuoto non cristiano, ma il loro "subcreatore" può farli muovere in una struttura temporale che è cristiana; dopo tutto, ha lui l'ultima parola.
Oltre a questo, quello che voleva dire Tolkien quando sosteneva che la sua opera era di natura cristiana, e persino cattolica, era il senso della Grazia che pervade l'opera. I suoi personaggi vivono in un mondo [...] in cui la fede da sola può far accadere le cose. Non è una semplice questione di forza di volontà o di determinazione [...]. E anche se nella narrativa di Tolkien non c'è un cristianesimo specifico, non ci sono Bibbie, crocifissi o altari, "lo spirito cristiano" è dappertutto».

Non scordiamoci questa fondamentale impostazione narrativa di Tolkien quando ne facciamo un fenomeno da baraccone buono per ogni palato. Tolkien, infatti, ci parla costantemente, in maniera immaginifica e bella, dell’unica verità che salva, la verità di Cristo.

http://www.iltimone.org/32921,News.html