martedì 25 agosto 2015

Bagnasco batte un colpo

Unioni civiliNo alle convivenze. Altrimenti è una resa alla Cirinnà
di Stefano Fontana


Bagnasco batte un colpo, tutti rispondono, soprattutto Giorgio Tonini e Gaetano Quagliariello. Il Presidente dei Vescovi italiani è uscito da un lungo silenzio con l’intervista al Corriere del 23 agosto scorso e ieri, 24 agosto, lo stesso giornale ha ospitato i pareri sul suo Bagnasco di Tonini e di Quagliariello. Si tratta di due esponenti di ambiti molto diversi della politica cattolica che tuttavia al momento sostengono lo stesso governo. Il primo proviene dalla vecchia area dei “Cristiano sociali” ed era diventato il più ascoltato consigliere di Walter Veltroni, il secondo a quella di un cattolicesimo liberale ben argomentato.
Fa un po’ ridere che tutti ri-commentino per l’ennesima volta le posizioni di Bagnasco come se fossero una novità, mentre invece sono quelle di sempre. Anzi, le arcinote posizioni della Chiesa italiana sulle unioni civili in questa occasione sono state formulate dal cardinale in modo molto blando, tale cioè da non suscitare nessuno scalpore. Il cardinale ha perfino detto che la visione che la Chiesa ha della famiglia è quella “riconosciuta nella nostra Costituzione”. Il cardinale sa bene che non è così, ma ha dato prova di grande buona volontà per parlare in modo elementare e politicamente condivisibile. Anche sulle conseguenze di una legge come la Cirinnà egli è stato molto sobrio e contenuto nelle espressioni. L’ha chiamata una “omologazione impropria”, perché tratterebbe nello stesso modo realtà diverse. Nessuna parola sulle tragiche conseguenze dell’infausta legge sulla pelle delle persone. Insomma: un discorso minimalista. Che tuttavia ha fatto scalpore al punto che ci siamo dovuti leggere ancora una volta tutti i commenti di rito. Del resto: ovvietà per ovvietà.
Sul piano strettamente politico, il cardinale ha ribadito che una legge non serve. I diritti dei singoli conviventi sono già tutelati. Si può fare qualche piccolo aggiustamento. Ma sempre e solo come singoli conviventi. Ossia senza riconoscere la convivenza. Ma come è possibile, ci si chiederà, riconoscere i diritti dei conviventi senza riconoscere anche la convivenza? Non facendo dipendere automaticamente quei diritti da una convivenza in qualche modo riconosciuta per legge. Facciamo un esempio banale: ammettiamo di essere un insegnante che ai colloqui riceve i genitori degli alunni. Se il convivente ha automaticamente diritto a venire a parlare con me della vita scolastica del figlio dell’altro convivente in forza della stessa convivenza, questa viene riconosciuta. Se invece il genitore del bambino designa formalmente il convivente autorizzandolo a venire a parlare con i professori, come potrebbe designare un fratello o un nonno o un amico di fiducia, allora la convivenza non viene riconosciuta. Insomma, i diritti devono rimanere individuali ossia non fruiti automaticamente in virtù della convivenza.
Nella discussione parlamentare sulla Cirinnà bisogna che i cattolici chiariscano questi aspetti. Altrimenti si naviga nelle nebbie. Gaetano Quagliariello, commentando sul Corriere le parole del cardinale Bagnasco, ha detto che se nel testo Cirinnà ci sarà un chiaro divieto dell’utero in affitto su altre cose ci si potrà accordare. Ma quali sono queste “altre cose”? Senza chiarirlo, sfugge quanto è inaccettabile. Eugenia Roccella, dopo il voto dei parlamentari del Nuovo centro destra sulla “buona scuola” nonostante l’articolo 16, aveva detto che il limite non oltrepassabile sarà la Cirinnà. Ma se della Cirinnà non si dice cosa è inaccettabile, il testo verrà modificato a utilità di tutti. Per noi è inaccettabile il riconoscimento della convivenza. Gli altri dicano quello che per loro è inaccettabile, perché a tirare le parole dei cardinali siamo capaci tutti. 
Anche perché l’insistenza dei Giovanardi e dei Quagliariello sulla necessità di non equiparare le unioni civili alla famiglia fondata sul matrimonio viene concettualmente superata dalla posizione che Giorgio Tonini ha espresso sempre sul Corriere di ieri: le unioni civili si fondano sull’articolo 2 della Costituzione e non sull’articolo 29. Sappiamo tutti che alla fine poi sarà così, che equiparazione sarà, ed è quindi bene che, come ha fatto La Nuova Bussola Quotidiana, si contesti la legittimità di questa interpretazione dell’articolo 2, ma ciò non toglie che culturalmente e politicamente sia troppo poco. Anche Giorgio Tonini dice di non volere equiparare le unioni civili alla famiglia fondata sul matrimonio. Se ci si accontenta di dire lo stesso, alla fine, o si approda ad un compromesso indegno sul testo della legge Cirinnà o ci si consegna all’avversario fin da ora.

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SI SONO ACCORTI DELL'UTERO IN AFFITTO
di Mario Adinolfi
E' andata così. Per mesi proponenti e sostenitori del ddl Cirinnà hanno tentato di imbrogliare, negando che la legge legittimasse la pratica violenta e vile dell'utero in affitto. L'universo mondo ha creduto all'inganno, tranne La Croce su cui abbiamo spiegato per filo e per segno la genesi della legge, il fatto che un senatore che se la stava votando in commissione Giustizia già presidente Arcigay aveva usato l'utero in affitto per "avere un figlio" con il compagno. Ho sgranato gli occhi quando ho sentito con le mie orecchie in una riunione a maggio di quelle che avrebbero portato poi alla mobilitazione di piazza San Giovanni, un parlamentare cattolico peraltro alla guida di una grande organizzazione prolife dire che "il ddl Cirinnà con l'utero in affitto non c'entra niente".
E allora abbiamo dovuto riprendere il filo e il segno. Perché i tizi, quando vogliono imbrogliare, lo fanno bene. E' come con l'ideologia gender, quando vogliono zittirci cosa dicono? "L'ideologia gender non esiste, ve la siete inventata". Se lo dicono sui giornali, di solito sotto c'è uno specchietto con tutte le categorie per "definire correttamente" il gender LGBTQI. Poi noi abbiamo i figli e l'abbiamo vissuto sulla pelle, sulla pelle dei nostri bambini, il tentativo di indottrinamento con i corsi biechi fin dalla scuola dell'infanzia, per non parlare della dittatura mediatica sul tema.
Dicevamo. Su La Croce abbiamo spiegato anche a quel parlamentare cattolico, anche a tanti vescovi e sacerdoti, che nel ddl Cirinnà era stato nascosto un articolo incomprensibile agli umani, scritto in legalese, l'articolo 5. Quando proprio li si costringeva a spiegare di cosa si trattasse, proponenti e sostenitori usavano l'inglese: "E' la stepchild adoption". Step che? Insomma, vi abbiamo spiegato che l'articolo 5 permetteva al senatore di cui sopra di legittimare la pratica di utero in affitto svolta all'estero a suon di decine di migliaia di dollari per umiliare una donna e comprarsi un bambino, andando a dichiarare il falso all'anagrafe e cioè che quel bambino aveva due papà e nessuna mamma. Abbiamo detto che il ddl Cirinnà è un imbroglio, vuole trasformare ciò che non è in cio che è.
Oh abbiamo detto queste cose chiare e in faccia, senza timore di subire ritorsioni e violenze. Le abbiamo subite, con tanto di fuoco amico, zitti e senza lamentarci. Anche quando in tv sono arrivati insulti plateali, perché anche in tv abbiamo svelato l'imbroglio dell'articolo 5, non abbiamo reagito. Abbiamo continuato a dire sempre e solo la verità.
E la verità è venuta a galla. Ora non negano più che il ddl Cirinnà legittima l'utero in affitto. Sapete qual è la novità? Che oggi lo ammettono e sulle pagine dei giornali trovate però la polpetta avvelenata: la proposta è far passare il ddl Cirinnà "senza l'utero in affitto". Evirando dunque l'articolo 5. Per fortuna, se non sono proprio dei quaqquaraqquà, saranno la stessa Cirinnà e compagnia a rifiutare il compromesso. Hanno sempre proclamato che avrebbero fatto approvare la legge "con tutti i suoi punti qualificanti". Intendevano: con l'articolo 5.
Sapete però la campagna de La Croce cosa ha provocato? La raccolta di centocinquantamila firme per la moratoria Onu sull'utero in affitto cosa ha prodotto? La nostra ostinazione a parlare con tutti, Pd compreso, beccandoci l'accusa di "intelligenza con il nemico"? Beh, succede che oggi un pezzo di Pd esce allo scoperto, in un'intervista al Corriere della Sera una senatrice dice che è contraria all'utero in affitto e ne chiede la cancellazione dal ddl Cirinnà, di più, chiede anche una soluzione internazionale.
E questo è l'effetto della nostra ostinazione. E per questo continueremo a raccogliere le firme per la moratoria Onu a questo punto fino alla fine dell'anno, per arrivare con mezzo milione di italiani che chiedono al mondo di mettere fine a questa barbarie.
Per quanto riguarda il ddl Cirinnà, però, abbiamo parlato di polpetta avvelenata. Nessun compromesso è possibile, quella proposta di legge ha una sola opzione possibile: deve essere ritirata. Chi, anche nel mondo cattolico, crede che con sfumature leguleie (rifarsi all'articolo 2 della Costituzione anziché al 29) o giornalistiche ("diritti patrimoniali, non matrimoniali") si possa arrivare a un compromesso che faccia avanzare quell'impostazione normativa, compie un errore colossale. L'articolo 5 era la prova provata che si stava costruendo un imbroglio, ma tutta la proposta di legge lo è. Se sarà approvata, sarà il puntello su cui in un baleno per via giurisprudenziale arriveranno all'equiparazione tra matrimonio e unione gay, con relativi diritti di filiazione, utero in affitto incluso, anche se la legge dovesse prevedere espliciti divieti. L'iter sarà quello seguito dalla legge 40, dove tutti gli espliciti divieti previsti dalle norme sono stati rimossi per via giurispudenziale, cioè attraverso l'azione dei giudici a tutti i livelli, fino alla Corte costituzionale e a quella di Strasburgo.
Gli italiani che vogliono difendere la famiglia naturale e la Costituzione chiedono il ritiro del ddl Cirinnà e sono contrari a qualsiasi via di compromesso su quel testo. Non può che essere così. Ve lo dice chi quel testo lo conosce bene e vi ha detto che legittimava l'utero in affitto quando tutti, parlamentari cattolici compresi, negavano la questione. Ci siamo beccati insulti e violenza non per permettere a politici miopi e imbroglioni di costruire un ulteriore inganno ai danni del popolo italiano.