sabato 2 gennaio 2016

Il nostro cuore grida sempre a Lui

Icaro di Matisse

di Angelo Busetto
Non è arrivato diritto questo Natale. Non è arrivato appena nel nitore degli impegni che sempre lo precedono: la novena, le confessioni, la carità, le celebrazioni, i canti, gli auguri. La stella in cielo, la strada dei pastori in terra, e prima ancora la piccola carovana della famiglia di Nazaret, hanno incontrato balze e svolte. Si sono frapposte nel cammino verso la capanna di Betlemme, intrigando le vie profonde del cuore, di volta in volta facendolo sobbalzare di timore o ostacolandolo con intoppi misteriosi. 
Il clima appariva oscurato da varie nebbie: quelle che avvolgevanola Pianura Padana e quelle che continuano ad oscurare l’orizzonte con minacce di attentati qua e là per l’Europa. In ambito più vicino, siamo stati percossi dalla morte in sequenza di due sacerdoti, e poi subito dall’improvvisa gravissima malattia di un sacerdote amico, e quindi dalla morte – drammatica e dolce come il discepolo che china la testa sul petto del Signore – di un amico malato di sla. Con queste ferite e con tutta l’attesa e la gioia del cuore siamo entrati nella grotta del Natale; tutti davanti al Bambino e accanto a Giuseppe e Maria, con i pastori e la gente accorsa all’ultimo momento, per amicizia o curiosità o per un inevitabile scuotimento dell’anima. Il dramma della vita è diventato acuto, il bisogno della misericordia si è acceso come fuoco vivo, e il Giubileo è percepito come reale purificazione, soprattutto rispetto ad alcuni rapporti tesi fin quasi alla rottura. 
Che cosa regge, alla fine, se non proprio l’evidenza di un Fatto che si impone dentro tutte le condizioni della vita, attraversa tutte le debolezze e demolisce tutte le barriere? Colui che salva è Gesù presente, e il Natale rinnova la possibilità di ripartire da Lui come fatto che accade ora. I cristiani, e non solo, hanno bisogno di quel Bambino nato in una stalla, povero e ubbidiente, preso dall'amore e dalla compassione verso di noi. Gesù piccolo nel presepio si lascia persino prendere in braccio; Gesù adulto compatisce con noi, ci ama e ci salva. Stare in adorazione davanti al presepe è difficile perché le statue sono inerti, ma davanti all'eucarestia il rapporto è immediato e personale. 
Come diceva Santa Teresa d'Avila, impareremo a contemplare Cristo con tutta la sua umanità, in tutti i fatti della sua vita. Anche ritrovandoci a cenare come ha fatto lui con gli amici, nella sera dell’ultimo dell’anno e nella liturgia della primo giorno, lieti per una compagnia che vive e cammina. Nel Veni Creator Spiritus del primo giorno dell’anno – in latino almeno in questa circostanza – cantiamo:«Con Te possiamo vincere ogni mortal pericolo»! Che cosa permette di domandare con coscienza viva e desiderio intenso? Ancora e sempre, la sua grazia che invade la compagnia della Chiesa. Che ciascun cristiano non sia solo, ma si trovi circondato da una piccola carovana che desidera e domanda insieme, e cammina e cammina tra balze e svolte, in tutti i giorni degli anni che scorrono.