mercoledì 6 aprile 2016

Lampedusa dell’Egeo



La notizia di una visita del Papa e del Patriarca Bartolomeo accende finalmente i riflettori sulla condizione dei profughi. Lampedusa dell’Egeo 
L'Osservatore Romano
Clima di paura e incertezza per oltre tremila migranti sbarcati nell’isola greca di Lesbo -- Si fanno sempre più precarie le condizioni di vita per le migliaia di profughi e migranti che hanno raggiunto l’isola greca di Lesbo. Sulla loro situazione, alla quale le istituzioni politiche non hanno dato risposte concrete, si è concentrata finalmente l’attenzione dei media. L’annuncio, arrivato dalla Grecia, di una visita di Papa Francesco insieme con il Patriarca ecumenico Bartolomeo, per offrire una risposta cristiana alla tragedia che si sta consumando, ha squarciato il velo dell’indifferenza calato in queste ultime settimane. Soprattutto dopo l’annuncio dell’intesa tra Unione europea e Turchia sui rimpatri. L’isola ormai è divenuta una Lampedusa dell’Egeo. E come Lampedusa, dove si è recato Papa Francesco all’inizio del suo pontificato, Lesbo è in prima linea nell’emergenza. 
Nell’isola si respira un clima di disperazione, attesa e paura. Ieri 136 migranti sono stati riportati indietro verso le coste turche in base al patto tra Bruxelles e Ankara, entrato in vigore il 20 marzo. Non avevano presentato — forse non avevano potuto farlo — la domanda di asilo per restare in Grecia. Perché ormai, per queste persone c’è solo un’alternativa: la domanda di asilo o il respingimento in Turchia.
Il piano di ricollocamenti Ue-Turchia continua a far discutere. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha reso noto che dei 202 migranti rinviati ieri in Turchia dalle isole greche, come stabilito dal piano, tredici non hanno avuto la possibilità di presentare formale richiesta di asilo. Come denuncia il direttore dell’ufficio per l’Europa dell’Unhcr, Vincent Cochetel, si tratta di tredici persone di un gruppo partito da Chios. Il fatto che non abbiano potuto presentare i documenti è un’aperta violazione delle norme del patto stesso: le autorità greche avevano assicurato che nessuno dei respinti era richiedente asilo. L’Unhcr sta verificando con le autorità turche che tipo di protezione possa essere garantita.
A criticare il piano è anche la Caritas svizzera che ha lanciato un appello a fare di più per i rifugiati. «Le persone che fuggono cercano soltanto di sopravvivere — si legge in una nota dell’organizzazione — e non sono le frontiere, i fili spinati, il mare, l’irrigidimento delle leggi sull’asilo a fermarli». In una situazione ormai catastrofica, «contrariamente a quanto sostengono alcuni, nessuno chiede né all’Europa né alla Svizzera di accogliere tutti i richiedenti asilo siriani». La Caritas svizzera ha stanziato finora 18 milioni di franchi per i suoi programmi di aiuto in Siria, Iraq, Giordania e Libano, ai quali vanno aggiunti 2,8 milioni per la rotta balcanica, in particolare la Grecia.
Una conferma della debolezza del piano Ue-Turchia è il fatto che gli arrivi dei migranti sulle coste greche non si fermano. La guardia costiera turca ha intercettato oggi nel mar Egeo una sessantina di persone che cercavano di raggiungere le isole greche dalle coste della Turchia. I fermati, tra cui diversi siriani, sono stati riportati indietro e trattenuti nella provincia di Smirne, in attesa di essere smistati in centri di accoglienza o espulsione.
Intanto, l’Agenzia europea per la gestione delle frontiere (Frontex) ha reso noto oggi che nel 2015 il numero delle domande di asilo nell’Ue è salito al livello senza precedenti di 1,35 milioni. A marzo già Eurostat aveva pubblicato i dati relativi alle richieste di asilo del 2015, quantificandole in 1,25 milioni, il doppio rispetto al 2014. Inoltre, Frontex ha riferito che nel 2015 i Paesi Ue hanno segnalato 1,82 milioni di «attraversamenti illegali della frontiera esterna», una cifra record, maggiore di sei volte rispetto a quella registrata nel 2014. La maggior parte delle segnalazioni (885.400) viene dalla rotta del Mediterraneo orientale, specialmente isole greche ed Egeo. Più del 90 per cento di esse (803.000) è stato segnalato nella seconda metà del 2015. I siriani sono la maggior parte, anche se gli afghani sono aumentati significativamente. Circa 764.000 segnalazioni vengono poi dalla rotta balcanica, soprattutto dal confine serbo di Ungheria e Croazia. È invece diminuito il numero di arrivi dalla rotta del Mediterraneo centrale, scendendo a 154.000. In gran parte, spiega Frontex, la diminuzione è dovuta al fatto che «i siriani si sono spostati sulla rotta orientale».
Nel frattempo, la Commissione europea ha avviato oggi il processo per la riforma del sistema comune di asilo, con l’obiettivo di rivedere il cosiddetto regolamento di Dublino, secondo il quale la richiesta di asilo deve essere presentata dai migranti nel primo Paese di arrivo. La modifica è da tempo richiesta dai Paesi maggiormente sotto pressione. La Commissione propone una serie di opzioni per una distribuzione equa e sostenibile dei richiedenti asilo fra i Paesi Ue, un’ulteriore armonizzazione delle procedure e degli standard. Allo studio anche misure per assicurare percorsi sicuri e ben gestiti per l’immigrazione legale. «La crisi dei rifugiati — secondo il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans — ha mostrato le debolezze nel nostro sistema comune di asilo». Tuttavia «non ci devono essere dubbi: chi ha bisogno della protezione deve continuare ad averla, e non deve mettere la sua vita nelle mani dei trafficanti di esseri umani». In ogni caso, ha proseguito Timmermans, «l’attuale sistema non è sostenibile: i diversi approcci nazionali hanno alimentato l’immigrazione irregolare e durante la crisi in corso abbiamo visto che le regole di Dublino hanno dato troppa responsabilità a troppo pochi Paesi».
E la Germania ha reso noto ieri di essere pronta a revocare i controlli alla frontiera sui migranti, introdotti a gennaio, a partire dal prossimo 12 maggio. La condizione è che «il numero degli arrivi continui a restare basso» ha spiegato il ministro Thomas de Maizière. «Non prolungheremo i controlli alla frontiera se i numeri resteranno così bassi». Intanto, l’Austria ha annunciato di voler intensificare le iniziative per bloccare gli ingressi irregolari. Secondo alcuni media, Vienna sarebbe pronta anche a inviare militari al Brennero.

L'Osservatore Romano