sabato 30 aprile 2016

Daniela Poggi, artista e donna di fede





È appena uscito nelle sale il film “Infernet” per la regia di Giuseppe Ferlito che vanta un cast prestigioso che tra gli altri vede: Remo Girone, Ricky Tognazzi, Roberto Farnesi, Katia Ricciarelli e Daniela Poggi. Daniela nel film è Martina, moglie di Giorgio (Ricky Tognazzi) affetto da ludopatia, e mamma di un giovane bullo.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare e intervistare questa attrice di cinema, tv e teatro – nonché presentatrice televisiva – che molti di noi ricordano anche per la sua passata conduzione della trasmissione “Chi l’ha visto”.
Avendo attraversato esperienze artistiche così diverse e stimolanti, che rapporto ha oggi con ciascuna di esse?
Non potrei stare senza il palcoscenico e senza il rapporto con il pubblico. Il teatro ti mette a nudo e ti obbliga a un confronto continuo con la platea che devi affascinare e conquistare. Il teatro rappresenta una sfida costante, è un qualcosa che ti dà tanta adrenalina ma ti costringe sempre a sentirti sotto un esame durissimo. Il cinema lo definirei il mio amante, ciò che ho sempre inseguito e che mi ha puntualmente tradita. Vedo il teatro come il marito, la tv come il fidanzato e il cinema come l’amante. Il cinema ha un fascino completamente diverso, mi è sempre molto piaciuto, è come se dovessi perennemente conquistare l’altro che sta dietro, lo spettatore che non vedi. La tv è un bel fidanzato tranquillo, piacevole, che ti permette di entrare nelle case di milioni di spettatori. È chiaro che la televisione ha tempi diversi dal cinema, la conduzione è “tosta” , soprattutto la diretta come quella che ho fatto nei quattro anni di “Chi l’ha visto”. All’inizio provavo una tensione micidiale, poi pian piano ti abitui e alla fine resta una grossa soddisfazione. Non posso come attrice esprimere preferenze per uno dei tre palcoscenici, ma come spettatrice amo moltissimo il cinema: guardo poco la tv e a teatro spesso mi annoio. Mentre il cinema mi trasporta completamente, io volo, mi fa dimenticare tutto.

Come ha vissuto il suo personaggio nel film?
Il film racconta una società disperata, che esiste, molto reale. Una società malata, anche perché probabilmente le stesse famiglie non riescono a seguire i figli. Racconta di una gioventù allo sbando attraverso la realtà del web, che può offrirti cose meravigliose e al tempo stesso rivelarsi uno strumento infernale. Per quello che mi riguarda ho vissuto il mio personaggio in modo molto combattuto, trovo che Martina non sia in grado di prendere in mano la situazione che sta vivendo: è una donna così innamorata che tra marito e figlio, sceglie il marito. Lei è convinta di poter gestire il marito e la sua dipendenza dal gioco, illudendosi che il figlio sia bravo e tranquillo. È un personaggio che può sembrare superficiale, perché non si rende conto del dramma che sta attraversando o, diversamente, un esempio in quanto donna che resiste.
Qual è il suo rapporto con la fede?
Non sono una convertita, sono nata in una famiglia credente che mi ha fatto prendere i sacramenti e mi ha educato ai valori cristiani. Ho studiato dalle suore e per me la religione è sempre stata presente. Ci sono stati anni di ribellione in cui mi infastidivano le regole e andare la domenica a messa: non riuscivo a vivere la celebrazione come momento fondamentale di condivisione con una comunità e di ascolto della Parola di Dio. Però ho sempre pregato, non mi sono mai addormentata la sera senza fare le preghiere, mai. E sono sempre entrata in chiesa, anche quando mi trovavo in giro per lavoro. Ho sempre avuto un rapporto diretto con Gesù e la Madonnina.
In quale momento della sua vita ha riscoperto il valore della fede?
Se devo individuare un momento di cambiamento nel mio modo di vivere la fede, lo colloco nel ’90 quando mio padre si ammalò, per poi morire a maggio ’91. Quando mi resi conto che non poteva avvenire un miracolo pregai così il Signore: «so che non ti posso chiedere il miracolo di farlo guarire, ti prego solo di non farlo soffrire, di portarlo via il prima possibile. Ti prometto che andrò a messa tutte le domeniche». E così è stato, da allora non manco mai alla messa della domenica, se non in casi rarissimi. Da questo voto, da questa promessa ho scoperto il piacere dell’appuntamento domenicale, il piacere di stare in comunità.

Come vive la sua partecipazione alle celebrazioni religiose?
C’è una cosa incredibile che mi capita spessissimo: magari vado a messa sentendomi triste e piena di pensieri, appesantita. Arrivo in chiesa e il vangelo e l’omelia mi parlano proprio di ciò che sto vivendo. Resto stupita ogni volta: mi dico non è possibile, è una cosa pazzesca. Recentemente a Pasqua, durante la lettura della Passione mi sono immersa a pensare a Maria. Immaginavo questa Madre sofferente, che sentiva strapparsi le viscere davanti al Figlio morente e pensavo: io devo fare qualcosa per trasmettere il dolore di questa Madre, devo portare uno spettacolo a teatro che parli di questo. Poi arriva il momento dell’Eucaristia e cosa cantano? “Madre io vorrei”, un canto bellissimo, il mio preferito, e comincio a piangere come una pazza.
Come è stato interpretare la Madonna nella fiction “Paolo di Tarso”?
È stato bellissimo, anche lì mi successe una cosa particolare. Avevo già preso i biglietti per andare a Lourdes e accompagnare mia madre che ogni anno vi si recava per ringraziare la Madonna del miracolo che aveva ricevuto. Pochi giorni prima di partire, incredibilmente, mi chiamarono per interpretare il ruolo della mamma di Gesù. L’unico rammarico che ho fu l’assenza di un clima veramente spirituale sul set, dove avevamo semplicemente un consulente religioso.
Quale carisma ha ricevuto dal Signore?
Io ho un dono, lo ritengo un dono, mi trovo ad accompagnare le persone alla morte, mi muoiono tra le braccia. Per me è un dolore enorme, però contemporaneamente lo vivo come un privilegio meraviglioso. Stare lì accanto a tua madre e a tuo padre, o ad altre persone importanti della tua vita quando esalano l’ultimo respiro è molto bello e intenso. E forse questo è un dono che mi è stato dato dal Signore, quello di accompagnare.