venerdì 22 aprile 2016

Quella domanda cruciale che accomunava papa Montini a Giussani



di Giacomo Scanzi

Articolo tratto dall’Osservatore romano – Susciterà ricordi. Innescherà dibattiti. Gioventù studentesca. Storia di un movimento cattolico dalla ricostruzione alla contestazione di Marta Busani (in libreria dal 30 aprile per i tipi di Studium) è un libro che lascerà segni significativi nella storiografia del cattolicesimo nella seconda metà del Novecento perché, superando tanta memorialistica e altrettanta libellistica, documenti alla mano, colloca la storia di un’esperienza giovanile tanto importante quanto criticata, nell’ampio quadro ecclesiologico che caratterizza il xx secolo, dall’uscita dalla guerra mondiale alle grandi trasformazioni sociali e culturali che radicano nel Sessantotto italiano.



E soprattutto inquadra la nascita dell’esperienza ecclesiale che darà origine al movimento di Comunione e Liberazione, all’interno delle dinamiche e dei fermenti che hanno caratterizzato la diocesi milanese guidata da Giovanni Battista Montini. Storia diocesana, dunque, almeno in radice. Storia di multiformità, di sedimentazioni, di piani paralleli e poi di intrecci. Storia di uomini, di sacerdoti e vescovi, di giovani poi emersi nei decenni successivi come protagonisti in campi differenti. Storia di un’idea, di una sfida, di una visione che ruota intorno alla multiforme e spesso ambigua idea di modernità.
Giovinezza e scuola, cultura e fede, relazioni e politica: Marta Busani ripercorre con minuzia straordinaria, documento dopo documento, il formarsi e il trasformarsi di un’intuizione tutta ambrosiana, che all’ombra del grande episcopato di Giovanni Battista Montini, si è andata evolvendo e diffondendo fino a conquistarsi un’autonomia significativa, non pacifica, sempre esposta alla critica. Giovanni Battista Montini e don Luigi Giussani: due figure che meriterebbero un’indagine incrociata, perché le innegabili diversità, generazionali e culturali, a un’attenta e onesta lettura lasciano trasparire consonanze inattese, preoccupazioni comuni, linguaggi carichi di parole condivise come quel “senso religioso” che diverrà una delle chiavi montiniane che nelle mani di Giussani aprirà porte che altrimenti sarebbero rimaste chiuse e lasciate in balia di una modernità atrofizzante e di una trascendenza anoressica. Il tutto legato da una passione per la gioventù — anzi, per la giovinezza — come terreno straordinario e fertile per l’incontro appassionato con Gesù Cristo.
Storia milanese, si diceva, in cui il tema dei grandi cambiamenti culturali e l’imporsi quasi ideologico della modernità, diviene l’orizzonte di riferimento, la domanda cruciale. Come far sopravvivere un’esperienza di fede in questo clima nuovo? E soprattutto: come non perdere i giovanissimi al contatto con l’aria destrutturatrice delle mode, degli insegnamenti, dei comportamenti e degli stili di vita?
Domanda tutta montiniana, cui don Giussani, chiamato dall’arcivescovo a occuparsi di una porzione giovanile di Azione cattolica, offrirà via via risposte nuove e in qualche caso dirompenti.
Il libro della Busani è innanzitutto un libro di storia in cui, accanto al dispiegarsi delle idee e dei metodi, con chiarezza vengono ricostruite le dinamiche e le posizioni. Nomi e cognomi, detti e contraddetti, in un quasi quotidiano dispiegarsi di posizioni, accuse e difese, scelte e loro contraccolpi, in un viavai appassionante di fatti che raccontano il formarsi storico dell’esperienza di Gioventù studentesca. Un libro, insomma, che serve per comprendere. Non per giudicare.
Si delineano così le relazioni con l’Azione cattolica, il difficile rapporto con la Fuci nel momento in cui Gioventù studentesca sbarca nell’università, le diffidenze dei parroci. Anche in questo caso con un alternarsi di consonanze e strappi, che danno il senso della complessità evolutiva dell’opera di Giussani. Amici e nemici, tutti animati da indiscutibile passione. Ma è la storia a decretare ragioni e torti, prospettive ed errori di prospettiva, nei rispettivi campi.
Così, se «la prima Gioventù studentesca — sorta nel contesto milanese intorno alla figura di Giancarlo Brasca — rappresenta un tentativo di tradurre anche in Italia quell’idea che era stata all’origine della Jeunesse Étudiante Chrétienne francese e belga, motivata dalla necessità di una presenza dell’Azione cattolica all’interno della scuola, con un carattere più specifico rispetto all’apostolato parrocchiale» come scrive Edoardo Bressan nell’introduzione al volume, «la proposta di don Giussani appare subito incentrata sulla libertà dell’adesione dei giovani e sulla sintonia con il loro vissuto personale, senza la quale l’annuncio cristiano, in una società secolare, non può essere più inteso».
La storia conduce — con un susseguirsi di esperienze, non ultima quella della caritativa nella Bassa e nelle periferie e quella ancor più importante della missionarietà in Brasile — alla nascita di Comunione e Liberazione e alle trasformazioni di tutta l’esperienza maturata in un quindicennio, in vero e proprio movimento ecclesiale.
Siamo nel cuore del Sessantotto. La storia si fa per taluni versi drammatica e passa dalla porta stretta delle lacerazioni, degli abbandoni, delle fascinazioni provenienti dal nuovo clima culturale e dalla contestazione. Storia dolorosa che, proprio nel momento in cui si fa lacerante — scrive l’autrice — «il travaglio di quegli anni, dovuto al tentativo di ridefinire i contenuti della propria autocoscienza e il proprio posto nella Chiesa in un momento di grande tensione nei rapporti con gli organi direttivi dell’Azione Cattolica ambrosiana», vede l’allontanamento imposto dal cardinale Colombo di Giussani da Gioventù studentesca. In tale travaglio, tra separazioni e fedeltà, maturano le premesse della nascita, nel 1969, del movimento di Comunione e Liberazione. «Questi fatti furono decisivi perché ingenerarono nei responsabili laici di Gioventù studentesca un processo di ripensamento della propria storia che li portò, in un cammino lento e a tratti confuso, verso la presa di coscienza di essere un movimento nuovo nella Chiesa».
Nomi e cognomi, fatti, idee, scelte. Tutto è narrato con fedeltà assoluta al documento e con passione autentica. «Fugacità e preziosità»: questo il mistero del tempo passato secondo Montini di «Coscienza universitaria». Il resto è ricordo, rimpianto, in qualche caso risentimento, che poco hanno a che fare con la storia.