venerdì 29 aprile 2016

Pratica di autorità femminile

Santa Caterina da Siena dipinto di Baldassarre Franceschini (Wikimedia Commons)

"Io, Caterina..."

di Anna Rotundo

Oggi 29 aprile, la Chiesa fa memoria di Caterina da Siena: una donna lontana da noi per distanza temporale, eppure la sua voce ancora parla ai nostri giorni inquieti.  In un contesto storico che voleva le donne socialmente, culturalmente e religiosamente sottomesse, Caterina scalò cime inimmaginabili portando ogni donna e uomo, oltre ogni stereotipo e paura.
Invitando il lettore ad approfondirne la biografia, voglio qui ricordare non solo che, per la sua fama di santità, la Patrona d’Italia, pur semianalfabeta, fu protagonista di un’intensa attività di consiglio spirituale nei confronti di ogni categoria di persone: nobili e uomini politici, artisti e gente del popolo, persone consacrate ed  ecclesiastici, compreso il Papa Gregorio XI che in quel periodo risiedeva ad Avignone e che Caterina esortò energicamente ed efficacemente a fare ritorno a Roma.
Vogliamo anche rammentare che, nelle sue lettere, scritte per richiamare   persone molto influenti, ammonendo chi faceva il male, precise strategie retoriche quali l’espressione ricorrente “Io, Caterina…”, manifestano la volontà decisa di una donna che si impone, trascinatrice, perché si sente chiamata da Dio ad una grande missione profetica di guida per i suoi fratelli e sorelle: una pratica, quindi, di grande autorità femminile.
Caterina si prodigò tanto per la riforma della Chiesa perché si sentì parte dell’intero corpo della Cristianità, responsabile dei mali che la laceravano. Viaggiò molto per sollecitare la riforma interiore della Chiesa e per favorire la pace tra gli Stati: oggi la Santa è Compatrona d’Europa,   Patrona d’Italia, ma anche Dottore della Chiesa; e fondamento nella dottrina mistica di Caterina, fondamento dell’impegno sociale, è il “conoscimento di sé e di Dio”: è attraverso l’autentico riconoscimento di Dio che noi possiamo riconoscere in Lui la verità di noi stessi e della nostra vocazione, e arrivare all’autentico riconoscimento di Lui e in lui nei fratelli.
Da questo “conoscimento di sé” (che possiamo rintracciare in quel “partire da sé” del femminismo contemporaneo), dal concreto esserci di donne e uomini nella storia della salvezza, possiamo ripartire per re-interpretare  responsabilmente le nostre vite, illuminati dal “genio femminile” di Caterina.
Zenit