giovedì 28 marzo 2013

Jorge Bergoglio - Abraham Skorka: "Il cielo e la terra"





La regola di Francesco
di Jorge Mario Bergoglio
in “la Repubblica” del 28 marzo 2013
Da oggi, e per un mese, sarà in edicola con Repubblica o L'Espresso, a 9,90 euro in più,
Il cielo e
la terra
, il libro-conversazione di Jorge Mario Bergoglio con il rabbino argentino Abraham Skorka.
Dal 13 marzo 2013, Bergoglio è Papa Francesco, primo pontefice gesuita. Ma chi è questo papa
venuto "dalla fine del mondo" che sembra aver conquistato in pochi giorni il cuore dei fedeli,
suscitando curiosità anche tra i non credenti? È lui stesso a raccontarlo, in questo volume inedito
disponibile contemporaneamente in libreria, con una serie di profonde riflessioni che affrontano
alcune questioni teologiche e terrene fondamentali di cui la Chiesa dovrà occuparsi da subito:
fondamentalismo, ateismo, eutanasia, omosessualità, capitalismo. Papa Francesco, attraverso
l'anticipazione di alcuni passi che pubblichiamo in questa pagina, si presenta al mondo che lo
osserva con stupore e attesa attraverso un dialogo semplice e diretto, offrendo per la prima volta il
suo pensiero sui grandi temi che interessano anche i laici.
Sugli atei
Quando mi ritrovo con degli atei, condivido problematiche umane, ma non propongo subito il
problema di Dio, a meno che non siano loro a chiedermelo. Se accade, spiego perché io credo. Ma
sono talmente tante e interessanti le questioni umane da discutere e condividere, che possiamo
arricchirci vicendevolmente. Siccome sono credente, so che queste ricchezze sono un dono di Dio.
So anche che l'altro, l'ateo, questo non lo sa. Non affronto il rapporto con un ateo per fare
proselitismo, lo rispetto e mi mostro per quello che sono. Se c'è reciproca conoscenza, affiorano
l'apprezzamento, l'affetto e l'amicizia. Non ho alcun tipo di reticenza, non gli direi mai che la sua
vita è condannata, perché sono convinto di non avere il diritto di giudicare l'onestà di quella
persona.
Sul fondamentalismo
Il fondamentalista non sa tollerare una mancanza in se stesso. Quando la comunità religiosa è sana,
lo si riconosce subito. Si sente dire: «Quello è un estremista, esagera, bisogna essere un po' più
comprensivi». Il fondamentalismo non è ciò che vuole Dio. Per esempio, quando ero bambino, nella
mia famiglia si respirava una certa tradizione puritana; non era fondamentalista, ma era su quella
linea. Se qualche vicino divorziava o si separava, non si entrava più in casa sua; si credeva quasi
che i protestanti andassero tutti all'inferno. Però mi ricordo che una volta ero con mia nonna, una
grande donna, e in quel momento passarono due volontarie dell'Esercito della Salvezza. Io, che
avevo cinque o sei anni, le chiesi se erano suore, dato che avevano quella cuffietta che usavano una
volta. Lei mi rispose: «No, sono protestanti, però sono buone». Ecco la saggezza della vera
religione: erano donne buone che facevano del bene.
Sull'eutanasia
Anche secondo la nostra morale occorre fare tutto il necessario, con mezzi ordinari, qualora la fine
sia già segnata. Occorre assicurare la qualità della vita. Nel caso dei malati terminali, la forza della
medicina non risiede tanto nell'allungare la vita del paziente di tre giorni, o di due mesi, ma che
l'organismo soffra il meno possibile. Non siamo tenuti a conservare la vita con metodi straordinari,
perché ciò può rivelarsi contrario alla dignità della persona. Diverso è il discorso dell'eutanasia
attiva, che equivale a uccidere. Credo che oggi vi sia un'eutanasia nascosta: la previdenza sociale
copre una determinata terapia fino a un certo limite, dopodiché «che Dio ti aiuti». In questi casi, non
solo l'anziano non viene assistito a dovere, ma è ridotto a materiale di scarto. Talvolta, poi, il
paziente viene privato anche dei farmaci e delle cure ordinarie, e questo finisce per ucciderlo a poco
a poco. [...]
Un tempo al suicida venivano negate le esequie funebri perché era considerato un individuo che
aveva interrotto il cammino verso la meta, e vi poneva fine secondo una sua decisione. Nondimeno,
nutro rispetto nei confronti del suicida perché in fin dei conti è una persona che non è riuscita a
superare le avversità della sua esistenza. Ossia, non lo respingo. Lo affido alla misericordia di Dio.
Mi piace questa visione del suicidio come malattia. Arriva un momento in cui non si può essere
padroni di tutte le proprie decisioni. Preferisco interpretarlo in questo modo, il suicidio, piuttosto
che come atto di superbia. Tornando all'eutanasia, sono persuaso che oggi esista una forma di
eutanasia nascosta. Al malato occorre dare quanto è necessario perché continui a vivere finché c'è
speranza. Ma laddove il paziente è dichiarato terminale, non è più obbligatorio ricorrere a mezzi
straordinari. Anzi, anche se vi fosse qualche speranza di vita, non è obbligatorio ricorrere a
determinati mezzi, per esempio intubare qualcuno solo per prolungargli la vita di qualche giorno.
Nella morale cattolica, nessuno è tenuto a usare mezzi straordinari per curarsi. Si tratta di non
trattenere una vita che sappiamo non essere già più vita. Finché vi sono probabilità che la malattia
possa regredire, si faccia pure tutto il possibile, ma è opportuno ricorrere ai metodi straordinari solo
se c'è effettiva speranza di recupero.
Sulla donna
Il fatto che la donna non possa esercitare il sacerdozio non significa che rivesta un ruolo meno
importante dell'uomo. Anzi, secondo la nostra concezione, la Vergine Maria è superiore agli
Apostoli. Secondo un monaco del Secondo secolo, sono tre le dimensioni femminili all'interno del
cristianesimo: Maria, quale madre del Signore, la Chiesa e l'Anima. La presenza femminile nella
Chiesa non è emersa più di tanto perché la tentazione del maschilismo non ha lasciato spazio per
rendere visibile il ruolo che spetta alle donne della comunità.
Sui matrimoni gay
L'omosessualità è sempre esistita. L'isola di Lesbo, per esempio, era nota per ospitare donne
omosessuali. Ma non era mai successo nella storia che si cercasse di darle lo stesso status del
matrimonio. Veniva tollerata oppure non tollerata, era apprezzata o non apprezzata, ma mai
equiparata. Sappiamo che durante alcuni cambiamenti epocali il fenomeno dell'omosessualità
registrava una crescita. Ma nella nostra epoca è la prima volta che si pone il problema giuridico di
assimilarla al matrimonio, cosa che giudico un disvalore e un regresso antropologico. Uso queste
parole perché il tema trascende la questione religiosa, è prettamente antropologico. Di fronte a
un'unione privata, non c'è un terzo o una società danneggiati. Se invece le si attribuisce la categoria
di matrimonio e le si dà accesso all'adozione, ciò implica il rischio di danneggiare dei bambini.
Ogni individuo ha bisogno di un padre maschio e una madre femmina che lo aiutino a plasmare la
propria identità.

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Le ultime parole di Bergoglio prima del conclave
Chiesa - L'Espresso
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