giovedì 27 marzo 2014

Ci vuole misericordia



L’iniziativa Ventiquattro ore per il Signore.

(Rino Fisichella) «Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici» (Matteo, 12, 7). Parole che suonano chiare sulla bocca di Gesù e, tuttavia, pronunciate con un velo di rimprovero e tristezza. «Se aveste compreso» equivale a dire: perché non avete ancora capito? Proprio mentre Gesù parla del cuore della rivelazione, l’amore del Padre, la sua parola cade in un contesto di profonda incomprensione. Difficile far capire a chi vive sotto la legge che l’amore va oltre la legge stessa, perché viene prima della legge.

Come ricordava l’apostolo, la vita non viene dalla legge, ma dall’amore che genera grazia e sovrabbonda là dove c’è stato il peccato.
È per ridare forza all’esperienza del perdono che si è proposta l’iniziativa «24 ore per il Signore». La celebrazione penitenziale con Papa Francesco in San Pietro, domani venerdì 28 marzo, sarà la porta d’ingresso che vedrà poi tre chiese nel centro storico di Roma aperte fino a notte inoltrata e il giorno successivo, per accogliere quanti desiderano incontrare il Signore nell’adorazione eucaristica e nel sacramento della riconciliazione. Tra l’altro, gruppi di giovani inviteranno i loro coetanei e il “popolo della notte” a vivere un momento diverso, fatto di silenzio, di contemplazione e di perdono. Il ripetuto insegnamento di Papa Francesco, «Dio ci perdona sempre, non si stanca di perdonarci», costituisce lo scenario su cui vivere questa esperienza nel periodo quaresimale. Tante diocesi, parrocchie e realtà ecclesiali sparse per il mondo hanno aderito all’iniziativa e tanti sacerdoti si sono messi a disposizione per incontrare i penitenti e offrire loro la gioia del perdono. Un’ulteriore espressione di nuova evangelizzazione per raggiungere vicini e lontani e permettere un rinnovato incontro con il Signore Gesù.
In questo contesto, ritornano cariche di significato le parole del santo vescovo di Arles, Cesario, che nel IV secolo esortava così i suoi fedeli: «Chi desidera ottenere misericordia in cielo deve concederla su questa terra. Esiste una misericordia terrena e una celeste, una misericordia umana e una divina. Qual è la misericordia umana? Quella che si volge a guardare le miserie dei poveri. Qual è invece misericordia divina? Senza dubbio, quella che ti concede il perdono dei peccati. Dio su questa terra ha fame e sete nella persona di tutti i poveri. Quando un povero ha fame, è Cristo che ha fame. Non disprezzare dunque la miseria dei poveri, se vuoi sperare con sicurezza il perdono dei peccati. Fratelli, cosa volete e cosa chiedete quando venite in Chiesa? Certamente non altro che la misericordia di Dio. Date dunque quella terrena e otterrete quella celeste. Il povero chiede a te; anche tu chiedi a Dio. Lui ti chiede un pezzo di pane, mentre tu chiedi la vita eterna». Parole tanto antiche e pur sempre attuali. Ogni giorno ci vengono riproposte da Papa Francesco che coglie ogni occasione per ribadire il messaggio centrale del Vangelo con le parole della misericordia e dell’attenzione ai poveri.
L’esperienza della misericordia appartiene a quei contenuti che si percepiscono come essenziali e che toccano direttamente la vita. La «gabbia del linguaggio», purtroppo, ci impedisce di dire tutto. Eppure, portiamo con noi momenti unici e irrepetibili che sono frutto dell’esperienza intima e personale di un incontro con Dio. La misericordia appartiene a questi. Essa acquista il suo significato più pieno quando si vive l’esperienza della riconciliazione. «Lasciatevi riconciliare con Dio» è l’invito di Paolo che da duemila anni permane immutato come missione della Chiesa. Oggi abbiamo bisogno di esserne più convinti. Ci viene chiesto di non permanere nella condizione di peccato, ma di preferire la grazia del perdono. La misericordia, d’altronde, non è in primo luogo il frutto dell’attività umana. Essa è il primo passo di Dio che come un padre si affretta verso il figlio che ha sbagliato e gli consente di ritrovare la forza per iniziare da capo. Non è un caso che nella Bibbia il nome di Dio sia quello di Misericordioso. Se il nome rivelato a Mosè sul Sinai permane come il segno della presenza costante di Dio in mezzo al suo popolo, quello di “misericordioso” esprime la sua natura, attesta la fedeltà alla sua parola e alla promessa fatta. Dio è misericordioso cioè ricco di compassione che perdona e risolleva. Egli sostiene e infonde coraggio per guardare al futuro con la certezza del suo amore. Lo avevano ben compreso gli autori sacri che hanno voluto identificare la misericordia, anche semanticamente, con il richiamo all’amore che proviene dalle viscere di una madre. Celebrare la misericordia del Signore, dunque, per dare senso pieno alla conversione nel periodo quaresimale. Lo sguardo fisso verso Dio ricco di misericordia, per riconoscerlo presente nei più piccoli, nei sofferenti e nei poveri che chiedono misericordia.
L'Osservatore Romano