giovedì 27 marzo 2014

Meraviglioso essere qui

L'incontro Obama Francesco


Un impegno comune, senza dimenticare la difesa della vita

Obama emozionato e colpito dalla testimonianza di Francesco. Il presidente guarda con attenzione alla possibilità di una collaborazione con la Santa Sede

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO


Era visibilmente emozionato Barack Obama al momento dell'incontro con Francesco. Prima di lasciare il Papa, il presidente degli Stati Uniti ha continuato a stringergli la mano per un tempo lungo e irrituale. Non c'è dunque alcun dubbio sul fatto che Obama, colpito da Papa Francesco, dal suo messaggio e dalla sua testimonianza, abbia desiderato questo incontro e guardi con un'attenzione particolare alla possibilità di un impegno comune con la Santa Sede nella lotta alla povertà e al traffico di esseri umani, come pure per una soluzione negoziata dei conflitti.


Negli lungo colloquio privato con Francesco e poi durante quello più breve con il Segretario di Stato Pietro Parolin si è discusso dunque di «alcuni temi attinenti all’attualità internazionale, auspicando per le aree di conflitto il rispetto del diritto umanitario e del diritto internazionale e una soluzione negoziale tra le parti coinvolte». Si è parlato della riforma migratoria negli Stati Uniti e anche del «comune impegno nello sradicamento della tratta degli esseri umani nel mondo».


Ma non sono stati ignorati temi spinosi che vedono la Chiesa Usa in trincea contro il presidente Obama a proposito di alcune conseguenze della riforma sanitaria, riguardanti aborto, contraccezione e obiezione di coscienza. «Nel contesto delle relazioni bilaterali e della collaborazione tra la Chiesa e lo Stato - si legge nel comunicato ufficiale - ci si è soffermati su questioni di speciale rilevanza per la Chiesa nel Paese, come l’esercizio dei diritti alla libertà religiosa, alla vita e all’obiezione di coscienza».


Oltre che di ciò che unisce, si è perciò parlato anche dei temi che dividono. Il presidente Usa dichiara di far proprio l'impegno del Papa per sradicare la povertà, ma non ci troviamo di fronte a una nuova «santa alleanza».


Obama, in un'intervista al «Corriere della Sera» pubblicata oggi, ha detto di Francesco: «Sono profondamente grato a Sua Santità per aver manifestato la volontà di ricevermi. Il Santo Padre ha ispirato le genti di tutto il mondo e anche me col suo impegno per la giustizia sociale e il suo messaggio di amore e compassione, specialmente per le persone che, tra tutti noi, sono più povere e vulnerabili. Lui non si limita a proclamare il Vangelo: lui lo vive. Siamo stati tutti colpiti e commossi dalla sua umiltà e dai suoi atti di misericordia. La sua testimonianza, il semplice fatto di andare sempre a cercare il contatto con gli ultimi, con coloro che vivono nelle condizioni più difficili, ha anche il valore di un richiamo: ci ricorda che ognuno di noi ha la responsabilità individuale di vivere in modo retto, virtuoso. Noi sappiamo che, vista la sua grande autorità morale, quando il Papa parla, le sue parole hanno un peso enorme. Questo è il motivo per il quale mi sono riferito a lui nel mio discorso sulle sperequazioni nella distribuzione del reddito».


«Io credo che - ha aggiunto il presidente Usa - incalzandoci di continuo, il Papa ci metta sotto gli occhi il pericolo di abituarci alle sperequazioni. Di abituarci, cioè, a questo tipo di disuguaglianze estreme fino ad accettarlo come normale. È un errore che non dobbiamo commettere».


«Una delle qualità che ammiro di più nel Santo Padre - ha aggiunto Obama - è il suo coraggio nel parlare senza peli sulla lingua delle sfide economiche e sociali più grandi che ci troviamo ad affrontare nel nostro tempo. Questo non significa che siamo d’accordo su tutte le questioni, ma sono convinto che la sua sia una voce che il mondo deve ascoltare. Lui ci sfida. Lui ci implora di ricordarci della gente: soprattutto della povera gente, la cui vita è condizionata proprio dalle decisioni che noi prendiamo. Lui ci invita a fermarci a riflettere sulla dignità che è innata in ogni essere umano. E, come abbiamo già avuto più volte modo di toccare con mano, le sue parole contano. Con una sola frase egli è in grado di focalizzare l’attenzione del pianeta su una questione urgente. Il Papa è in grado di spingere le genti del mondo a fermarsi a riflettere».

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Obama dal Papa: «Meraviglioso essere qui, sono un suo ammiratore»


Cinquantadue minuti a porte chiuse. “Cordiali colloqui” su aree di conflitto nel mondo, obiezione di coscienza, vita e immigrazione. “Se viene alla Casa Bianca…”

IACOPO SCARAMUZZICITTÀ DEL VATICANO


Cinquantadue minuti di colloquio privato, più del previsto. Un’accoglienza piuttosto formale, uno scambio di doni cordiale, e un congedo segnato da una lunga stretta di mano e reciproci sorrisi. Barack Obama e Jorge Mario Bergoglio si sono incontrati per la prima volta oggi in Vaticano. Il primo presidente afro-americano degli Stati Uniti, molto sorridente, ha confessato subito al primo Papa latino-americano di essere un suo “ammiratore”, sottolineando che era “wonderful”, meraviglioso incontrarlo. Alla fine, Obama ha incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, accompagnato dal “ministro degli Esteri” della Santa Sede Dominique Mamberti.


“I cordiali colloqui – si legge nel breve comunicato diffuso a inizio pomeriggio dalla sala stampa vaticana – hanno permesso uno scambio di vedute su alcuni temi attinenti all’attualità internazionale, auspicando per le aree di conflitto il rispetto del diritto umanitario e del diritto internazionale e una soluzione negoziale tra le parti coinvolte. Nel contesto delle relazioni bilaterali e della collaborazione tra la Chiesa e lo Stato – prosegue la nota – ci si è soffermati su questioni di speciale rilevanza per la Chiesa nel Paese, come l’esercizio dei diritti alla libertà religiosa, alla vita e all’obiezione di coscienza nonché il tema della riforma migratoria. Infine, è stato espresso il comune impegno nello sradicamento della tratta degli esseri umani nel mondo”.


“It’s wonderful to be back”, è meraviglioso essere di nuovo qui, ha detto Obama al momento dei primi saluti nel cortile di San Damaso. Il presidente Usa era stato ricevuto nel 2009 da Benedetto XVI. Su un lato del cortile sventolava, in onore dell’ospite, una bandiera a stelle strisce. Ad accogliere Obama – giunto in Vaticano attorno alle 10.15 con un imponente corteo di svariate decine di auto blu – il prefetto della Casa pontificia, mons. Georg Gaenswein. Il presidente ha poi attraversato i saloni del Palazzo apostolico, preceduto come vuole il protocollo da una colonna di gentiluomini di Sua Santità, rimirando gli affreschi dei soffitti. “Come sta? E’ meraviglioso essere con lei”, ha detto poco dopo l’inquilino della Casa bianca in inglese al Papa che lo ha accolto sulla soglia della sala del Tronetto . “E’ un grande onore per me, sono un suo ammiratore”. "Thank you", ha risposto a voce bassa il Papa nel suo inglese venato di accento ispanico. "Saluti dalla mia famiglia, l'ultima volta che sono stato qui per incontrare il suo predecessore ho potuto portare mia moglie e le mie figlie", ha detto ancora un Obama molto sorridente al Pontefice, prima che si chiudessero le porte. 


Il colloquio privato, in presenza di due traduttori (mons. Mark Miles della segreteria di Stato e Alessandra Bonatti dell’ambasciata Usa presso la Santa Sede), iniziato alle 10.27, è terminato alle 11.19, oltre l’orario previsto (in tabella, Papa Francesco alle 11.15 aveva udienza con i vescovi del Madagascar in visita ad limina apostolorum). Fuori dalla biblioteca papale, le due delegazioni si sono intrattenute. Susan Rice, consigliere per la sicurezza nazionale, con pantalone nero e velo dello stesso colore, ha dato qualche segnale di impazienza con il volto.


Concluso il colloquio a porte chiuse, al Papa sono stati introdotti i membri della delegazione statuitense: tra gli altri, il segretario di Stato John Kerry, l'ambasciatore presso la Santa Sede Ken Hackett (con il quale il Papa ha scambiato qualche scherzosa battuta in italiano), Susan Rice, Dan Pfeiffer, Alyssa Mastromonaco, il portavoce Jay Carney. Nella delegazione, come sempre quando il presidente Usa è in trasferta all'estero, anche l'addetto con la "valigetta" nera con le informazioni della sicurezza nazionale.


Sorrisi, strette di mano, e poi lo scambio dei doni: Obama ha regalato al Papa un contenitore con campioni di semi del giardino della Casa Bianca (e una corrispettiva donazione per produrre "tonnellate" di vegatali da destinare ad una associazione caritativa), dono che - si legge in una nota - "onora l'impegno di Sua Santità nel piantare semi di pace globaler per il le generazioni future". "Se ha l'occasione di venire alla Casa bianca potrà vedere il giardino", ha chiosato Obama prospettando così, implicitamente, una visita di Bergoglio negli Usa, "como no", ha risposto in spagnolo il Papa.


Il Papa ha regalato a Obama due medaglie (di una delle due è caduto l'appoggio con un fragore che ha fatto sorridere tutti i presenti), una raffigurante la pianta originale di piazza San Pietro e l'altra un angelo della pace che tiene insieme l'emisfero meridionale e quello settentrionale del globo. Jorge Mario Bergoglio, più sorridente in questa seconda fase dell’udienza, ha poi regalato al presidente Usa una copia, con copertina rossa, della sua esortazione apostolica Evangelii Gaudium (peraltro criticato, negli Usa, dagli ambienti dei tea party che hanno accusato il Papa di marxismo). "Lei sa che probabilmente lo leggerò nello Studio ovale quando sono profondamente frustrato, e mi darà forza e calma", ha commentato Obama.

Ultimi saluti, ultimi sorrisi, ultime battute (Obama ha confidato al Papa, tramite traduttore, "Sua Santità è probabilmente l'unica persona che deve subire più protocollo di me"). "Muchas gracias", ha detto Obama accomiatandosi. E poi, di nuovo in inglese: "La prego di pregare per la mia famiglia". Il presidente Usa e il Papa si sono intrattenuti ancora qualche secondo discorrendo fitto e a bassa voce. Poi Obama è sceso alla prima loggia del palazzo apostolico per incontrare il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin.