lunedì 24 marzo 2014

Mons. Oscar Arnulfo Romero, un predicatore "martire"


Il 24 marzo, la XXII Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri

Una Veglia e una Via Crucis con i testi di Giovanni XIII e Giovanni Paolo II per la giornata dedicata al tema "Martyria"


Era il 24 marzo 1980 quando mons. Oscar A. Romero, arcivescovo di San Salvador, fu assassinato mentre celebrava la Messa. In ricordo del presule e di tutti i missionari uccisi nel mondo, dal 1993 il Movimento Giovanile missionario delle Pontificie Opere Missionarie italiane, ha dato vita ad una iniziativa commemorativa in tale data che, di anno in anno, ha coinvolto sempre più nazioni. In date e circostanze diverse, diverse diocesi e istituti religiosi dedicano particolari eventi per ricordare i propri missionari e tutti coloro che hanno versato il sangue per il Vangelo.
Per l'edizione 2014 della XXII Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, in programma lunedì 24 marzo, il tema scelto è “Martyria”, che - spiega l'agenzia Fides - vuol dire testimonianza, “la conditio sine qua non per essere veramente discepoli di Gesù”.
Come ricorda il sussidio predisposto da Missio per l’animazione, “tutti siamo chiamati a testimoniare la nostra fede, a raccontare il nostro incontro con il Risorto, a sopportare ogni sorta di tribolazione, ingiustizia, persecuzione fisica e spirituale, incomprensioni di qualsiasi genere, pur di trasmettere la Buona Novella che noi stessi abbiamo ricevuto da altri”.
Secondo le informazioni diffusa da Fides, nel 2013, sono stati uccisi 23 operatori pastorali: 20 sacerdoti, una religiosa e due laici. Scrive don Michele Autuoro, direttore nazionale di Missio: “Ricordare i missionari, che in modi diversi hanno pagato con la vita il loro generoso servizio per i fratelli non deve diventare per noi un alibi, non possiamo limitarci con la celebrazione del loro nome… No! Abbiamo il compito di raccogliere lo stile, la indiscussa serietà e dedizione, che li ha spinti a non temere per l’eventualità di minacce e rischi… questi nostri amici - aggiunge - ci scuotono affinchè la nostra vita di discepoli del Maestro Gesù continui a proclamare il Vangelo che libera, che restituisce la dignità ai troppi fratelli e sorelle calpestati dalle ingiustizie di altri fratelli e sorelle”.
Nel suddetto sussidio, preparato per la Giornata, sono raccolte inoltre alcune proposte per l’animazione: il testo di una Veglia per i Missionari Martiri e quello di una Via Crucis con i testi di Papa Giovanni XXIII e Papa Giovanni Paolo II che verranno canonizzati il 27 aprile. Le offerte raccolte con il digiuno contribuiranno a realizzare due progetti missionari: in Tanzania (una scuola alberghiera per 100 studenti) e in Bangladesh (ricostruzione della chiesa di Narail). 

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Mons. Oscar Arnulfo Romero, un predicatore "martire" 

Ricordando il Servo di Dio e fu arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 sull'altare mentre celebrava l'Eucaristia


In occasione della XXII giornata di preghiera e di digiuno istituita da Giovanni Paolo II per ricordare i missionari martiri, la figura di mons. Romero risulta quanto mai di richiamo e di attualità. Fissata in questo giorno in cui è avvenuto il martirio di mons. Romero, la “giornata” è un invito pressante a far memoria di tutti coloro che hanno accettato di vivere la suprema offerta della propria vita per la fede.
Per ricordare la forza della parola di mons. Romero abbiamo chiesto al prof. Manlio Sodi di mettere a disposizione di tutti i lettori di Zenit una breve ma preziosa “voce” apparsa nelDizionario di Omiletica, edito per la terza volta in questi giorni dalle editrici Elle Di Ci e Velar.
Il contributo fu stilato da mons. Gregorio Rosa Chávez, attuale ausiliare e vicario generale dell’arcidiocesi di San Salvador, dove il 24 marzo 1980 mons. Romero fu ucciso durante la celebrazione dell’Eucaristia. Non si tratta di un missionario, certo, ma di un pastore che ha vissuto il suo ministero usque ad mortem, e la cui “voce” grida ancora a favore della giustizia e contro ogni forma di oppressione.
1. Profilo biografico
– Dati generali. Mons. Oscar Arnulfo Romero era nato il 15 agosto 1917 a Ciudad Barrios, diocesi di San Miguel, a nord est di El Salvador. Fu ordinato sacerdote a Roma, il 4 aprile 1942; ricevette l'ordinazione episcopale il 21 giugno 1970. Abbondano le testimonianze che mettono in rilievo il suo spirito di preghiera e di umiltà, il suo distacco dalle cose e il suo amore per i poveri. Dopo aver servito la Chiesa come vescovo ausiliare di San Salvador, succedette al primo vescovo di Santiago de Maria, diocesi che governò per poco più di due anni (dicembre 1974 - febbraio 1977). Il 22 febbraio 1977 prese possesso dell'arcidiocesi di San Sal­vador, in un ambiente sociale e politico estremamente convulso. Morì assassinato nella cappella dell'ospedale oncologico "La Divina Provvidenza", mentre, dopo aver terminato di pronunciare l'omelia in una Messa offerta per la madre di un giornalista, si preparava a offrire il pane e il vino. Un mese prima, nel corso degli esercizi spirituali che fece con diversi sacerdoti, nel venire informato che la sua vita correva pericolo, scrisse: "Un altro timore riguarda il rischio che corre la mia vita. Mi costa caro l'accettare una morte violenta, che in queste circostanze è molto possibile. Persino il Signor Nunzio di Costa Rica mi ha avvisato di pericoli imminenti per questa settimana" (Appunti del 25 febbraio 1980). Di fronte al pericolo imminente, Mons. Romero fa l'offerta cosciente della propria vita: "La mia disposizione deve essere quella di dare la vita per Dio, qualunque sia la fine della mia vita. Le circostanze, sconosciute, si vivranno con la grazia di Dio. Egli assistette i martiri e, se necessario, lo sentirò molto vicino nel consegnargli il mio ultimo respiro. Però, di molto più valore che non il momento di morire è consegnargli tutta la mia vita e vivere per Lui" (ib.).
– Conversione o evoluzione? Si è diffusa ampiamente l'idea che Mons. Romero si sia "convertito" ai poveri dopo l'assassinio del suo amico, il gesuita Rutilio Grande, occorso appena tre settimane dopo l'arrivo del novello arcivescovo alla sede di San Salvador. Questa è la tesi di uno dei suoi biografi (J.R. Brockman, La palabra queda. Vida de Monseñor Oscar A. Romero,San Salvador 1985), sostenuta anche nel film "Romero", in cui la figura del vescovo era impersonata dall'attore portoricano Raul Julia. Questa opinione non è condivisa da chi ha studiato più a fondo la sua vita e la sua dottrina (J. Delgado, Oscar A. Romero. Biografia, Madrid 1986) né da molti dei principali collaboratori e amici di Mons. Romero, incluso il suo successore Mons. Arturo Rivera y Damas. Un'opera recente (Z. Diez - J. Macho, "En Santiago de Maria me topé con la miseria". Dos años de la vida de Monseñor Romero, San Salvador 1995) cerca di dimostrare che la "conversione" di Mons. Romero iniziò nella diocesi di Santiago de Maria, quando scoprì la violenza brutale che schiaccia i contadini e la miseria che soffrono i poveri. Il vescovo attuale di Santiago de Maria – alla fine di un corso su Puebla realizzato a Medellin – dà testimonianza della sua sorpresa: "Quando ritornai da Medellin lo incontrai molto cambiato. Ora si poteva parlare con lui dei problemi politici e sociali del paese" (o.c., VII). Forse sarebbe più adatto affermare che in Mons. Romero non si ebbe propriamente una "conversione" ma una "evoluzione", come disse egli stesso all'autore di questo profilo quando gli pose espressamente la domanda in una intervista radiofonica. Una "evoluzione" nata da una passione che segnò sempre la vita dell'arcivescovo: scoprire i cammini di Dio e rispondere generosamente alle sue chiamate. È l'"evoluzione" naturale di chi vive in permanente "conversione", in totale apertura a Dio e ai fratelli.
– Il suo Diario. Per entrare nell'anima di Mons. Romero possiamo contare su uno strumento provvidenziale: il suo Diario personale. Lo pubblicò l'arcivescovo di San Salvador, nel febbraio 1990 (Su Diario, Arzobispado de San Salvador, 1990). In realtà Mons. Romero non scrisse il suoDiario, ma lo incise, notte dopo notte, su nastro magnetico. Vi narra, in serrata cronaca, alcune delle sue attività quotidiane, e commenta la vita della Chiesa e del paese. Sono, in totale, trenta audiocassette che raccolgono i due ultimi anni del suo ministero (dal 31 marzo 1978 al 20 marzo 1980). Questa è la fonte più sicura e affidabile per sapere chi era e cosa pensava il terzo arcivescovo di San Salvador. Esistono traduzioni del Diario in italiano (Oscar Arnulfo Romero,Diario, Ed. La Meridiana, Palermo-Molfetta 1991) e inglese (Archbishop Oscar Romero, A Shepherd's Diary, St. Anthony Messenger Press, Cincinnati-Ohio, Novalis-Montreal 1993); si deve aggiungere anche una selezione di testi in francese e tedesco (Oscar Romero, L'amour vainqueur. Testi scelti da James R. Brockman, Ed. du Cerf, Paris 1990; Journal de Oscar Romero, Ed. Karthala, Paris 1992; Oscar A. Romero, In meiner Bedrängnis, a cura di E.L. Stehle, Ed. Herder, Freiburg-Basel-Wien 1993). Per il nostro tema è particolarmente importante ciò che in questa opera postuma si riferisce al ministero della predicazione. Ci sono frequenti riferimenti all'omelia domenicale – che a volte dura più di un'ora – la quale, dopo aver spiegato il messaggio biblico, illumina, a partire dalla parola di Dio, la dolorosa storia del paese.

2. Il ministro della Parola di Dio
– Un uomo nato per il ministero della Parola. Oscar Arnulfo Romero era venuto al mondo per essere l'uomo della Parola. Il suo sacerdozio è contrassegnato da un infaticabile lavoro di predicatore; questo ministero gli aveva procurato grande rispetto e popolarità nei diversi settori della società. Alla proclamazione del messaggio cristiano dal pulpito unisce l'apostolato della penna, nel settimanale diocesano o in altri periodici di provincia. Un posto a parte occupa la predicazione attraverso la radio: il suo programma giornaliero "La preghiera del mattino" attira l'attenzione di un numeroso uditorio. I suoi contemporanei ricordano con emozione le sue catechesi durante la trasmissione radiofonica della Messa domenicale del vescovo nella cattedrale di San Miguel. Erano i tempi in cui la Messa veniva celebrata in latino!
– Denunciare il peccato sociale. Il Vaticano II gli aprì prospettive nuove e stimolanti che egli integrò senza difficoltà nella predicazione, dando particolare rilievo al tema della Chiesa. Prova di questo sono le sue quattro lettere pastorali come arcivescovo di San Salvador, tutte dedicate alla Chiesa (Iglesia de la Pascua, 10 aprile 1977; La Iglesia, Cuerpo de Cristo en la historia, 6 agosto 1977; La Iglesia y las organizaciones populares, 6 agosto 1978; Misión de la Iglesia en la crisis del país, 6 agosto 1979). Però presto sopraggiunse la crisi, quando si tentò di applicare gli insegnamenti conciliari alla drammatica realtà dell'America Latina, realtà che i documenti di Medellín (1968) non esitarono a qualificare come "ingiustizia istituzionalizzata". Quasi contemporanea all'assemblea di Medellín sorge la teologia della liberazione. Le "riletture" di Medellín in chiave preminentemente sociologica, riempirono di inquietudine Mons. Romero, come si riflette in diversi suoi articoli, quando ricopriva la carica di Rettore del Seminario dell'arcidiocesi di San Salvador. 
3. Opera omiletica
– "Voce di chi non ha voce". L'arcidiocesi di San Salvador ha pubblicato le omelie di Monsignor Romero (Mons. Oscar A. Romero, Su Pensamiemto, I-VIII, San Salvador). L'opera completa consta di otto volumi e comprende i tre cicli liturgici. Le omelie di Mons. Romero hanno uno sfondo profondamente cristologico ed ecclesiologico. Frequentemente egli assegnava loro un titolo; divenne comune lo schema in tre parti, che egli chiamava "i tre concetti". Incontriamo un esempio nell'omelia della domenica del 7 gennaio 1978, che reca il titolo "Cristo, epifania dell'amore del Padre" e che egli sviluppa in tre parti: l'Epifania ci rivela una salvezza trascendente; l'Epifania ci offre una salvezza universale; la necessità della fede (cf Il suo Diario 97). Molto spesso nel suo Diario dà testimonianza delle idee chiave della sua predicazione e delle reazioni dell'uditorio. Uno dei casi più curiosi accadde la domenica 4 marzo 1979, quando si interruppe l'emissione di elettricità, cosa che impedì a Mons. Romero di commentare gli avvenimenti della settimana. Leggiamo nel suo Diario: "E dopo la Messa, data la benedizione, quando dissi che quanti volessero fermarsi avrebbero udito la parte relativa alle notizie e alle denunce, quasi tutta la cattedrale rimase al suo posto" (p. 135). Però forse la caratteristica più nuova della predicazione di Mons. Romero è la sua costante attenzione alla dolorosa problematica del paese in uno dei momenti più oscuri della sua storia. Di qui nacque giustamente l'appellativo di "Voce di chi non ha voce".
– Il "metodo". Il Diario dà frequenti informazioni sul metodo adottato per preparare l'omelia domenicale. Lo si potrebbe riassumere così: con la Bibbia in una mano e il giornale nell'altra. Un'ampia e profonda riflessione sui testi biblici, quasi sempre molto personale, si univa al lavoro di équipe con un gruppo di consiglieri che settimanalmente lo aiutavano a comprendere e a illuminare cristianamente l'intricata e vertiginosa storia di violenza che insanguinava la terra di San Salvador. Il risultato di questa compromissione radicale con il Vangelo e con la storia del suo popolo mutò l'omelia domenicale di Mons. Romero in un evento eccezionale nella storia della predicazione contemporanea. La sua voce chiara e vibrante risuonava nella cattedrale e nello stesso tempo raggiungeva, attraverso la radio cattolica, tutto il paese; la sintonia era così alta che a volte pareva si trattasse di una "catena nazionale" di radio.
– Che cos'è l'omelia per Mons. Romero. Come concepisce Mons. Romero l'omelia e il ministero profetico? "Omelia vuol dire il sermone semplice del pastore che celebra la parola di Dio per ripetere a coloro che stanno riflettendo, che questa parola di Dio non è una parola astratta, eterea, ma che è una parola che si incarna nella realtà in cui vive questa assemblea che sta meditando" (Omelia del 16 aprile 1978). Il predicatore è un profeta: "Profeta vuol dire che egli parla in nome di un altro... Nostra preoccupazione deve essere quella di rimanere eco fedele di questa voce di Cristo, l'unico che ha il diritto di parlare al popolo e che ne ha coscienza" (Omelia del 14 gennaio 1979). Spiega il suo modo di predicare persino a Paolo VI, che lo accoglie con benevolenza in udienza privata: "Io gli ripetei quale era precisamente il modo in cui io procedevo nella predicazione, annunciando l'amore, chiamando a conversione. Gli dissi che molte volte abbiamo ripetuto il suo messaggio della Giornata della pace: "No alla violenza, sì alla pace". Gli espressi la mia adesione irremovibile al Magistero della Chiesa. E che nelle mie denunce contro la situazione violenta del paese invitavo sempre alla conversione" (Il suo Diario, 21 giugno 1978, 51).
Questa fu la voce che la pallottola assassina che attraversò il suo cuore il 24 marzo 1980 pretese di ridurre al silenzio: "L'assassinio di Mons. Romero sarebbe l'ultima conferma della sua vera parola di profeta... Fecero tacere la sua voce per non dover udire l'appello alla conversione" (J. Delgado, Oscar A. Romero. Biografia, 177).