martedì 3 giugno 2014

Cattolici dell’estremo Nord



Parla suor Anna Mirijam Kaschner, segretario generale dell’episcopato scandinavo. 

(Egidio Pucci) «La situazione della nostra Chiesa è davvero speciale perché qui non può fare il parroco chi non ha la patente di guida, data l’estensione delle parrocchie, una delle quali si sviluppa su centinaia di chilometri, per cui il suo responsabile deve fare anche dai 10.000 ai 15.000 chilometri al mese per visitare le diverse comunità che la compongono». Parola di suor Anna Mirijam Kaschner, missionaria tedesca del Preziosissimo Sangue, che vive e lavora in parrocchia a Copenaghen, ed è dal 2009 segretario generale della Conferenza episcopale scandinava.
Le attività pastorali della Chiesa cattolica nei Paesi dell’estremo Nord europeo — Svezia, Danimarca, Norvegia, Islanda e Finlandia — è coordinata dalla Conferenza episcopale della Scandinavia, composta da sette vescovi. Quattro di loro sono, per così dire, “immigrati”: Peter Bürcher, vescovo di Reykiavik, è svizzero come Anders Arborelius, vescovo di Stoccolma e presidente dell’episcopato; il prelato di Tromsø, Berislav Grgić, arriva dalla Bosnia ed Erzegovina; il vescovo emerito di Oslo, Gerhard Schwenzer, è tedesco. Sono, invece, di origine scandinava i vescovi Czeslaw Kozon, di Copenhagen, Teemu Sippo, di Helsinki e Bernt Ivar Eidsvig, di Oslo. I cattolici registrati nei cinque Paesi sono circa 270.000, e costituiscono circa l’1 per cento della popolazione. Sarebbero di più se tutti fossero ufficialmente registrati.
La diocesi di Copenaghen è una delle più vaste del mondo, perché comprende anche la Groenlandia, «ma per fortuna — spiega suor Anna Mirijam — là risiedono stabilmente due sacerdoti. Sulle isole Bornholm va a turno un prete della cattedrale di Copenaghen, nel fine settimana. E quando questo non è possibile, la liturgia della Parola domenicale è guidata dalle suore che abitano sulle isole e che portano avanti tutta l’attività pastorale».
La prelatura di Tromsø, in Norvegia, è grande 28 volte la diocesi di Colonia, in Germania, con cinque comunità parrocchiali e nove sacerdoti. «Questo significa che sono le persone che devono spostarsi. Per una famiglia, partecipare alla catechesi in preparazione alla cresima di un figlio, può costituire la “gita mensile”, perché magari deve fare un tragitto in auto anche di sei o sette ore per raggiungere la parrocchia più vicina». Aggiunge la religiosa: «Per noi al Nord esiste un “ottavo sacramento”, ed è il caffè comunitario. Dopo le liturgie, la comunità si riunisce e vive intensamente una giornata insieme, così da compensare le grandi distanze. Accanto alle parrocchie, inoltre, c’è la presenza importante delle “comunità spirituali” che hanno un valore fondamentale. Se non ci fossero, la nostra situazione sarebbe ancora più problematica, perché lì è possibile celebrare l’Eucaristia, ritrovarsi per fare percorsi catechetici, come la preparazione alla prima comunione per i bambini».
Nonostante le difficoltà, questa Chiesa sta però crescendo in modo consistente. Per esempio a Oslo, negli ultimi anni, il numero dei cattolici è triplicato, grazie all’aumento dei convertiti e all’immigrazione. Dagli anni Ottanta del secolo scorso, infatti, sono cresciuti gli arrivi dal Medio Oriente, tanto che nella periferia di Stoccolma ogni domenica ci sono liturgie in rito melchita, maronita, caldeo cattolico, armeno cattolico — i cattolici armeni provengono, per lo più, dalla Polonia — e siriaco cattolico. Ci sono anche preti di origine svedese ordinati secondo questi riti, il primo dei quali è stato ordinato nell’agosto del 2002 a Beirut. «Nella diocesi di Oslo ci sono tredici messe domenicali così frequentate che le persone devono stare fuori dalla chiesa, tanto sono piene», dice sempre la religiosa. «Io lavoro per metà del mio tempo per la conferenza episcopale e per metà nella mia diocesi, a Copenaghen, per la catechesi. Tante persone mi dicono che trovano nella Chiesa cattolica un sostegno per le loro convinzioni. Per esempio, c’è chi non ha condiviso il fatto che gli evangelici danesi abbia introdotto il matrimonio religioso per le coppie omosessuali, e quindi chiede di far parte della Chiesa cattolica. Un secondo elemento è legato alla liturgia. Molte persone arrivano dopo aver partecipato a una celebrazione di Natale o di Pasqua con la domanda: «Che cosa celebrate? Perché commemorate questi avvenimenti così lontani nel tempo, e con tale solennità?». La spiegazione è sempre accettata con rispetto ed è quasi sempre la prima spinta verso la conversione. Ma credo che non sarebbe sufficiente se non fosse accompagnata dalla condotta dei nostri cattolici, generalmente coerente e responsabile».
L'Osservatore Romano

*

Cresce il numero dei cattolici in Norvegia. Una nuova cattedrale a Trondheim

La Chiesa in Norvegia è in rapida crescita, con membri che provengono da oltre 70 diverse nazionalità di tutti i continenti. Si tratta di diecimila cattolici registrati nella diocesi di Trondheim, mentre il numero complessivo dei cattolici nel Paese è di circa centocinquantamila. Per questo motivo la cattedrale cattolica di Trondheim, dedicata a sant’Olav, troppo piccola per la comunità, sarà demolita per permettere la costruzione di una nuova chiesa più capiente. Oltretutto Sant’Olav, ultimata nel 1973 dall’artista Håkon Bleken, aveva sempre presentato dei difetti legati allo scarso isolamento dell’edificio e nel tempo si era aggiunta la ruggine che aveva intaccato le strutture d’acciaio. Restaurare la costruzione esistente sarebbe stato più complicato che costruirne una nuova.
«Un altro motivo che ha reso necessario rifare la cattedrale cattolica — spiega all’agenzia Sir padre Egil Mogstad, curato della parrocchia — è la crescita di un clima ecumenico positivo, per cui la nostra Chiesa è diventata più attiva e visibile nella comunità locale».
La visita di Giovanni Paolo II ha dato un impulso notevole e ha fatto aumentare il coinvolgimento della Chiesa cattolica negli eventi ecumenici della Norvegia centrale. Si aggiunge poi il fatto che Trondheim è la capitale ecclesiale della Norvegia luterana, perché qui ne risiede il primate. La cattedrale luterana di Nidaros è un punto di incontro della tradizione cattolica e luterana, perché fu eretta sul luogo dove nel 1030 morì re Olav, il monarca convertito al cattolicesimo e proclamato santo per le sue grandi doti di saggezza e dedizione. Nonostante la successiva riforma protestante abbia cercato di far evaporare la venerazione e il culto del santo, la stima del popolo verso il re non si è persa, e così oggi sant’Olav è patrono della Norvegia luterana e la cattedrale di Nidaros il luogo dell’incoronazione dei re e delle regine norvegesi.
«Il numero di pellegrini che vengono sulla tomba di sant’Olav sta crescendo. È una bella cosa — spiega il curato — perché significa che la consapevolezza dell’eredità di questo santo sta aumentando, ma noi dobbiamo trarne le conseguenze: primo fra tutti si può prevedere che crescerà il numero di pellegrini cattolici e protestanti dalla Norvegia, così pure dagli altri Paesi nordici. Per affrontare questa sfida è giunto il momento di iniziare la grande fatica di costruire una nuova cattedrale, con dimensioni, funzionalità, forma architettonica e posizione nella città adeguate». Per i costi di questa impresa si prevede una spesa intorno agli ottanta milioni di corone norvegesi (circa dieci milioni di euro), «che non siamo capaci di affrontare da soli», sottolinea padre Mogstad: un aiuto è stato promesso da alcune diocesi della Germania (Colonia, Paderborn e Münster). E tantissimo lavoro è stato fatto, almeno fin qui, dai volontari. Nella cappella provvisoria ci stanno solo 150 persone, per cui, avvisa il parroco, don Albert Macka, si celebreranno più messe ogni domenica, per farci stare tutti. Per i grandi eventi si cercherà una chiesa più grande in affitto. Secondo don Albert, «sarà una bella sfida per adattarsi in tutto, e ci si deve aspettare anche qualche intoppo all’inizio, prima che tutto si metta a posto». Bisognerà aspettare circa 15-16 mesi dalla fine della demolizione, ed entro il 2015 Trondhiem avrà la sua basilica cattolica.
L'Osservatore Romano,