venerdì 6 giugno 2014

La slavina e la necessità di opporsi



Il papa sul matrimonio non sta con Kasper

di Francesco Agnoli

Da tanti indizi sembra che la posizione di papa Francesco e quella di Kasper sul matrimonio, non coincidano. Lo si poteva immaginare soprattutto per questo: un papa che prepara un simile cambio dottrinale, se è intelligente, muove le sue pedine: spinge vari prelati a prendere posizione; stimola i media che gli obbediscono a schierarsi…
Insomma prepara il terreno, lo dissoda, lo annaffia e lo fa annaffiare…  E del resto se molti cardinali e  vescovi sapessero che il pensiero del papa è quello di Kasper, esiterebbero forse a salire sul carro del futuro vincitore? A farsi belli sui media affiancando Kasper e il papa? Nulla di tutto questo è avvenuto. Anzi sin dal principio il cardinal Muller ha ribadito la dottrina tradizionale, e lo ha fatto sia sul giornale ufficiale del Vaticano, l’Osservatore Romano, sia dopo incontri personali con il pontefice (incontri conosciuti, e quindi interpretati, dal circolo degli alti prelati).
Oltre a Muller, a Cafarra, a Bagnasco (che non sembra per nulla all’angolo, come si è detto a lungo), l’intervento di un prediletto del papa come il cardinal Bassetti poteva far pensare che effettivamente tra la posizione di Kasper e quella del papa, sulla questione della comunione ai divorziati risposati, non ci fosse alcuna concordanza.
Due segnali ulteriori sono giunti in questi giorni: il primo è la nomina del nuovo vescovo di Friburgo. Al posto dell’ultra progressista Zollitsch, che proprio sulla questione dei divorziati risposati aveva preso una posizione kasperiana, seguito in parte e poi in parte abbandonato dal cardinal Marx, è stato infatti nominato un vescovo di ben altra impostazione. Scriveva Matteo Matzuizzi sul Foglio del 4 giugno: “Pochi, a Friburgo, potevano immaginare che a succedere a monsignor Robert Zollitsch quale vescovo della diocesi tedesca potesse essere scelto un profondo cultore del canto gregoriano, “un conservatore”, come l’ha definito senza far uso di troppe perifrasi il vaticanista della Zdf, la televisione pubblica tedesca. Qualche giorno fa, da Roma è arrivata l’ufficialità: a sedere sulla cattedra episcopale della città del Baden-Württemberg sarà Stephan Burger. Cinquantadue anni, canonista laureatosi nella prestigiosa facoltà teologica di Münster, da un anno era canonico del capitolo della cattedrale…Aveva sorpreso non poco, fin dalla pubblicazione della nomina, che il prescelto fosse proprio il giovane canonista ben lontano dalle posizioni di Zollitsch, vescovo oggi emerito – il Papa, sul finire della scorsa estate, aveva accettato immediatamente la sua rinuncia, senza far trascorrere qualche mese o anno, come da prassi – tra i più convinti sostenitori della necessità di un aggiornamento allo spirito del tempo dell’insegnamento cattolico. A parlare di scelta inusuale, per primo, era stata la Frankfurter Allgemeine Zeitung, secondo il quale il nome di Burger era stato selezionato su una terna ben diversa da quella originariamente inviata a Roma. Dal Vaticano, ricevuta la segnalazione del nunzio Nikola Eterovic (già segretario generale del Sinodo prima dell’arrivo di mons. Lorenzo Baldisseri) avrebbero rispedito al mittente i tre nomi proposti dal Capitolo di Friburgo: personalità troppo liberal anche per la diocesi – la seconda più grande di Germania per numero di fedeli – che da almeno due secoli guida la battaglia per ottenere più autonomia da Roma. Il Papa, osserva ancora la Faz, non era convinto di nessuno dei candidati, tanto da chiedere al Capitolo di indicare una nuova terna, dalla quale poi sarebbe emerso a sorpresa il nome di Stephan Burger, che in più d’una occasione aveva pubblicamente espresso il proprio dissenso da alcune scelte pastorali del predecessore….”.
L’altro segnale, se omettiamo la recente intervista ad Andrea Tornielli, in cui la presa di distanza dalla casistica di Kasper era evidente, viene da un altro cardinale, l’onduregno Maradiaga. Inizia così un suo pezzo di oggi il già citato Matzuzzi: “Al Sinodo straordinario del prossimo ottobre si parlerà di tutto ciò che ha a che fare con la famiglia, ma la questione della comunione ai divorziati risposati non sarà il problema principale. Parola del cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga, capo della consulta degli otto porporati che studiano la riforma della curia e consigliano il Papa nel governo della chiesa universale. Il prelato honduregno ha invece sottolineato che il cardine attorno al quale ruoterà l’assise convocata lo scorso autunno da Francesco sarà un altro: “La validità sacramentale di molti matrimoni cattolici”…”.
A margine di questa precisazione, ripubblico alcune frasi che scrissi in un articolo del novembre 2013: “All’epoca del Concilio Vaticano II vari vescovi espressero i loro pareri rispetto a ciò su cui, secondo loro, il Concilio avrebbe dovuto discutere. Mons Marcel Lefebvre, allora arcivescovo di Dakar, scrisse che per andare incontro ai tempi e ai fedeli, in modo lecito, sarebbe stato utile allargare la possibilità di celebrare la messa serale; propose inoltre di estendere il potere di raccogliere le confessioni e di accelerare i tempi di nullità del matrimonio. Senza essere per nulla rivoluzionari, dunque, si potrebbe partire da qui: non solo dal garantire maggior tutela a chi rivendichi, giustamente, il riconoscimento di nullità di un matrimonio nullo, ma soprattutto dal riconoscimento di un fatto evidente, e cioè che tantissimi matrimoni oggi celebrati in chiesa sono nulli, perché mancano le condizioni previe di validità. E’ dunque necessario che persone che hanno matrimoni evidentemente annullabili non siano costrette ad aspettare anni e anni, prima di veder riconosciuto questo loro diritto, come invece talora accade, per lungaggini burocratiche, incuria o altro. Inoltre occorrerebbe forse chiudere finalmente le porte della chiesa a quei matrimoni che vengono celebrati davanti all’altare per pura consuetudine o estetica. “No, cari miei – dovrebbero dire molto più spesso i sacerdoti- voi non avete neppure idea di cosa sia il matrimonio cattolico, per cui è meglio che evitiate. Troppo serio, infatti, l’impegno che prendete di fronte a Dio, per assumerlo in tal modo. Rischiate di dovervene pentire più avanti”. Chiudere le porte prima, infatti, significa forse poterle aprire più facilmente, in tanti casi, poi…”.

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La slavina e la necessità di opporsi

di Francesco Agnoli
In più occasioni il pontefice ha lanciato l’allarme su quanto sta avvenendo contro la famiglia in Occidente. “Il diavolo vuole distruggere la famiglia” è una frase piuttosto forte di qualche giorno fa, che segue ad una chiara condanna dell’ideologia del gender, pronunciata l’11 aprile di quest’anno, in un discorso alla Delegazione dell’Ufficio Internazionale cattolico dell’infanzia: “occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al loro sviluppo e alla loro maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva”. “A questo proposito- ha poi aggiunto il papa- vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti. Conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del ‘pensiero unico’”.
L’attacco alla vita e alla famiglia è veramente a 360 gradi. Nel nostro paese si prospetta in pochi mesi la possibilità di una slavina di proporzioni inaudite. Oppure l’inizio di una controffensiva, che per un credente è senza dubbio religiosa, ma anche culturale e politica. Il rischio alle porte è che in pochi mesi, dopo lo sdoganamento dell’eterologa e il divorzio breve, divieto di obiezione di coscienza sull’aborto, legge Scalfarotto e matrimoni gay possano divenire legge dello Stato. Con effetti devastanti per tutti.
Nel dibattito alla Camera sul divorzio breve si è visto chiaramente quanto pochi siano i deputati disposti a spendersi per la difesa del vincolo coniugale e di ciò che esso significa per il bene dei figli. L’onorevole Alessandro Pagano è stato uno di questi, con un accorato discorso in cui insieme ad alcuni colleghi di Per l’Italia e dell’NCD ha ricordato che il divorzio breve dimentica completamente le parti deboli in campo, e cioè in particolare, ma non solo, i bambini. Le cose sono andate come sappiamo, ma la partita non è del tutto chiusa. Il senatore Carlo Giovanardi, a cui il mondo cattolico e non solo dovrebbe una enorme riconoscenza, ha infatti dichiarato, all’indomani della approvazione del divorzio breve alla Camera, che al Senato ci sarà una grande battaglia, ed ha aggiunto: “La decisione di ieri la considero affrettata, perché al di là di tutti i discorsi sociologici, banalizza il matrimonio che a questo punto non si sa più che cosa sia. Invece dei Pacs, il matrimonio è diventato un Pacs: una si sposa, resta incinta e dopo sei mesi si può separare. E il figlio chi lo tutela? Qui è totalmente ignorata la tutela dei bambini. E’ diventato un matrimonio à la carte, come al ristorante”.
La battaglia dunque è già persa? Non è detto. Occorre però che chi ha a cuore il valore della famiglia cominci ad impegnarsi a testa bassa. Anche nel mondo ecclesiastico. Siamo infatti tutti d’accordo sul fatto che deve finire una certa pericolosa collateralità tra prelati e potere politico. Nessuno vorrebbe più vedere un cardinal Bertone cenare con Berlusconi un giorno e promuovere a spron battuto un futuro governo Monti, qualche mese dopo. Però ciò non significa che non vi siano modi più cristallini e genuini di agire anche in politica, evitando di rinchiudersi nelle sacrestie e di trasformare la fede in una giustificazione per la propria insignificanza sociale e politica. Il cardinal Bagnasco, interrogato sul tema dal vaticanista Giuseppe Rusconi, ha lasciato capire che una via ci sarebbe: un altro Family day, o qualcosa di simile. Mobilitarsi per far sentire una voce a chi legifera; ma anche perché ogni mobilitazione porta con sé incontri, approfondimenti, crescita del grado di consapevolezza su ciò che sta veramente accadendo. Oltre al divorzio breve, si diceva, è opportuno battersi per fermare la deriva liberticida imposta dalla legge Scalfarotto (e contro cui, in pochi mesi, Giuristi per la Vita, Sentinelle in piedi e Manif Pour Tous-Italia hanno mobilitato migliaia e migliaia di persone, in un crescendo continuo che dimostra che anche in Italia è possibile qualcosa di simile a ciò che è accaduto in Francia). Importantissimo, infine, portare la discussione sull’eterologa in aula, affinché da qui la discussione si estenda al paese. Come ha scritto infatti Eugenia Roccella, in una dettagliata lettera tecnica ai parlamentari, vista l’imposizione della Corte Costituzionale, è opportuno quantomeno intervenire per limitare il più possibile i danni che l’accesso all’eterologa porta con sé. Almeno per impedire per legge l’osceno mercato dei gameti, attraverso l’introduzione dell’obbligo della gratuità; per scongiurare la possibilità di rapporti incestuosi involontari tra nati da eterologa, e per vietare l’anonimato del cosiddetto donatore e la cessione di gameti tra famigliari. Il Foglio, 5 giugno 2014
Per approfondire:
Intervento dell’onorevole Alessandro Pagano sul divorzio breve:
Lettera dell’Onorevole Eugenia Roccella sull’eterologa: