domenica 28 settembre 2014

“Gli uomini passano ma le opere di carità restano”


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Augustin Cauchy, matematico

di F. Agnoli
…Il secondo ritratto è quello di un matematico francese, contemporaneo di Gauss, capace di offrire contributi essenziali nei campi più svariati. Scrive Bell: «nacque a Parigi il 21 agosto 1789, un po’ meno di sei settimane dopo la presa della Bastiglia». Suo padre è un nemico della Rivoluzione e paga questo con la miseria, per lunghi anni: «Dio solo sa come sfuggì alla ghigliottina – continua Bell – perché era giurista parlamentare, uomo colto, erudito, profondo in materie classiche e bibliche e cattolico praticante».
L’infanzia di Cauchy «si svolse in piena Rivoluzione. Le scuole erano chiuse; non avendo bisogno per il momento né di scienza né di cultura, la Comune lasciava gli scienziati e gli uomini colti nella miseria
o li mandava alla ghigliottina».
Il giovane Augustin viene avvicinato alla matematica da Lagrange e Laplace che ne scoprono il talento pre-coce. Mai però avrebbe creduto, come il suo avversario e contemporaneo Auguste Comte, che la scienza avrebbe potuto salvare l’uomo nella sua totalità, confi-gurandosi come una nuova religione.
Scrive infatti, in tempi in cui si cerca già di misurare l’uomo e di definirlo con termini “scientifici” di tipo si-mil-lombrosiano: «Il grande crimine dell’ultimo secolo – cioè il secolo dei lumi – è stato quello di voler mettere la natura contro il Creatore e addirittura di armare le scienze contro Dio stesso, le scienze, il cui unico scopo è la ricerca della verità! … Coltiviamo le scienze, ma senza cedere alla tentazione di estenderle oltre i propri confini. Non pensiamo di poter trattare la storia in termini di formule, e non cerchiamo di basare la morale su teoremi di algebra o di calcolo integrale…».
Ben presto questo talento, che ha esordito come in-gegnere, per quanto molto ostacolato, soprattutto dagli ambienti massonici e positivisti, a causa delle sue idee religiose, diviene visibile a tutti e gli ottiene una cattedra universitaria alla Sorbona.
Ma Augustin non si dedica solo agli studi.
È già, dal 1816, a capo della Società delle buone opere, incaricata di visitare i malati e i detenuti e insegnare il catechismo agli spazzacamini.
Nel 1827 Cauchy, come ricorda Nicola Binaghi in una ricca conferenza sul matematico francese tenuta il 27 aprile 2000, viene «coinvolto in prima persona nella battaglia per la libertà di educazione che si svolse tra i Gesuiti e l’Università, dalla parte dei primi e contro il monopolio statale della seconda. Nel 1827 si espose particolarmente a favore della libertà di educazione, so-stenendo apertamente le Scuole dei Fratelli Cristiani di Bretagna. In questi anni, si verifica una strana alleanza, una sorta di tacito accordo, tra liberali e gallicani, che attaccano da due fronti i Gesuiti, accusati di un complotto clericale per l’instaurazione della teocrazia. La propaggine laica della Società di Gesù era la Società della Santa Vergine, di cui Cauchy era uno dei dirigenti. In questo clima, per timore di rivalse, il re sente la necessità di fare concessioni ai liberali ed ai gallicani, sottoponendo tutte le scuole della chiesa al controllo dell’università ed impedendo l’insegnamento ai Gesuiti. Come reazione, con altre 44 persone, fra cui gli amici Ampère (cui è dedicata l’unità di misura della corrente elettrica, ndr) e Binet, Cauchy fondò l’Associazione per la difesa della Religione Cattolica, con lo scopo di difendere i diritti della Chiesa e di diffondere idee contro-rivoluzionarie. Con Ampère e Binet, terranno corsi per gli studenti delle scuole dei Gesuiti che erano state chiuse».
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Nel 1830 Augustin, fiero avversario dell’ideologia rivoluzionaria, rifiuta di giurare fedeltà agli Orléans e deve quindi abbandonare l’insegnamento universitario e ogni altra carica. Si trasferisce allora in Svizzera e poi nel Regno di Sardegna, dove Carlo Alberto di Savoia lo chiama alla cattedra di Fisica Matematica dell’Università di Torino.
Scrive così il suo allievo e grande matematico italiano, Faà di Bruno: «scoppiata la rivoluzione del 1830, amò meglio andarsene profugo dalla Francia, perdendo ogni sorta d’impieghi, anziché conservarli ponendo in non cale un giuramento, col quale si era dedicato alla casa dei Borboni. Ramingo a Torino ed a Praga, continuò a fare l’educazione di Enrico V, e n’ebbe mai sempre in contraccambio la più viva riconoscenza ed affezione. In tale volontario esilio il suo genio non venne meno al carattere. Pubblicò, anzi autografò egli stesso varie importantissime Memorie a Torino, e scrisse quindi a Praga la celebre sua Memoria sopra la dispersione della luce. Diede allora un teorema sulla determinazione delle radici immaginarie situate in un dato contorno, che i signori Sturm e Liouville considerano come une des plus étonnantes conquêtes de l’analyse. Rientrato di nuovo in Francia verso il 1840, dopo aver dato non dubbie prove, come disse egli stesso, di dévouement à l’infortune et d’amour sincere de la vérité, continuò i suoi lavori scientifici per mezzo di una nuova pubblica-zione periodica di Esercizi di analisi e di fisica matema-tica, i quali allargarono sempre più l’orizzonte della scienza».
Tornato in Francia nel 1838 per riprendere il suo posto di Accademico di Francia, Cauchy prosegue la sua battaglia in difesa dell’insegnamento dei Gesuiti, intrapresa già nel 1827 e fonda, insieme agli scienziati con-trorivoluzionari cattolici Corliolis, Binet, Freycinet, Beu-dant e altri, l’Institut Catholique.
Nel 1856, ricorda Nicola Binaghi, «mentre è anche uno dei massimi dirigenti della Società di S. Vincenzo de’ Paoli, all’apice della notorietà, fa da relatore della tesi del Beato Francesco Faà di Bruno (1825-1888) che con lui si laurea e diviene il primo matematico cattolico i cui testi vengono adottati nelle facoltà di matematica dell’Inghilterra».
Proprio Faà di Bruno, matematico di valore, ma an-che musicista, architetto, ingegnere, scriverà ancora del suo maestro: «Benché oberato d’ogni sorta d’occupazioni, trovava nondimeno il tempo ed un cuore per andare a visitare i poveri nei loro tuguri; che anzi ogni domenica usava di lasciare Parigi per assistere ad una conferenza di S. Vincenzo, situata ad otto miglia di distanza, da lui iniziata. Molto si adoperò per la diffusione della società di S. Francesco Regis; caldamente promosse quella per la santificazione delle feste, ed egli solo, cosa veramente prodigiosa, riuscì a far chiudere nei dì festivi circa 60 magazzini nella via Richelieu. Dovea certamente essere uno spettacolo caro agli angeli il contemplare un membro dell’Istituto, un genio del mondo, girare per le vie di quella immensa città, insinuarsi presso i fabbricanti ed i bottegai, affine di far penetrare nelle loro avare menti un raggio, una scintilla d’amore di Dio e di rispetto al suo nome. Niuna occasione di bene era da lui perduta. Le sue sale, ritrovo dei più colti ingegni nazionali e forestieri, erano nelle sue mani una tacita scuola della vera religione agli uni, di zelo e di pietà agli altri. Così nelle serate invernali dell’anno 1855 fondò la società dell’Oriente, intesa a soccorrere le scuole cristiane di quei paesi, la quale conta i più bei nomi della magistratura, delle scienze e delle arti».
Inoltre Cauchy si batte per ottenere la domenica li-bera per i lavoratori, per innovare nel campo dei metodi di prevenzione e di rieducazione dei criminali, per dif-fondere il Vangelo tra le popolazioni musulmane e di molto altro ancora.
Cauchy morirà nel 1857, a sessantotto anni, dopo una bronchite fatale. «Qualche ora prima del suo decesso – scrive Bell, che lo considera “uno dei cattolici praticanti più sinceri che siano mai esistiti” –,s’intratteneva con l’arcivescovo di Parigi a proposito di certe opere di carità che si proponeva di fare (per tutta la vita ebbe a cuore la carità). Le sue ultime parole all’arcivescovo furono: “Gli uomini passano, ma le opere restano”» .