domenica 19 ottobre 2014

Benedetto XVI risponde alle farneticazioni di Socci... e di quelli come lui

L'abbraccio tra Benedetto XVI e Francesco (ANSA)

E Ratzinger respinse la fronda dei conservatori: "Il pontefice non sono io, decide Francesco"
Repubblica.it

Nei giorni più caldi di questo Sinodo, c'è stato un biglietto che ha cambiato decisamente il senso e probabilmente il risultato della discussione. Un biglietto rimasto riservato ai più. Un messaggio breve, ma fondamentale. Spedito dal monastero Mater Ecclesiae e recapitato a Santa Marta. Due luoghi che nella Santa Sede degli ultimi due anni hanno assunto un valore particolare: sono rispettivamente le residenze del Papa emerito Joseph Ratzinger e quella del Pontefice in carica, Jorge Mario Bergoglio.
E già, perché nello scontro che si è consumato tra i 191 padri sinodali, c'è stato anche un protagonista inatteso: Benedetto XVI. Ratzinger, certo, non ha preso parte ai lavori delle commissioni e agli incontri convocati dal suo successore. Eppure non è stato assente. Schierandosi a sostegno di Francesco. "Non solo nella preghiera - spiegano nei corridoi del soglio pietrino - ma anche con la sua figura e statura di Papa emerito e di più grande teologo vivente".

In questi giorni infatti si è forse consumato uno degli scontri più aspri dal Concilio Vaticano II. I temi della famiglia sono stati al centro di un confronto senza precedenti. Le aperture alle famiglie non tradizionali e ai diritti degli omosessuali hanno determinato una serrata discussione. Che del resto aveva preso il via già da tempo: prima con la relazione "aperturista" del cardinale tedesco Kasper (cui ha partecipato anche l'arcivescovo di Chieti Forte) all'ultimo Concistoro che ha costituito la base di confronto al Sinodo. Quindi con il documento "tradizionalista" firmato da cinque cardinali: Müller (capo dell'ex Sant'Uffizio), Burke (prefetto della Segnatura apostolica), Caffarra (arcivescovo di Bologna), Brandmüller e De Paolis. E sostanzialmente appoggiato dall'arcivescovo di Milano Scola.

Dunque il Sinodo è stato preceduto e quindi caratterizzato da confronto-scontro che è continuato anche in questi giorni. E proprio a cavallo tra la fase preparatoria e quella concreta dell'appuntamento, il ruolo di Benedetto XVI è cresciuto in maniera esponenziale. Anzi, la tensione in alcuni momenti ha toccati picchi elevatissimi. Creando allarme e preoccupazione negli episcopati. Ma forse il momento più critico è rimasto fino ad ora nascosto. È stato quando alcuni dei cardinali conservatori che avevano letto e commentato con sorpresa le tesi di Kasper hanno raggiunto il Papa emerito proprio nel monastero Mater Ecclesiae. Interrompendo lo stile sempre riservato che Ratzinger si è imposto dal momento delle sue dimissioni. In quell'incontro i suoi interlocutori hanno tentato un'operazione senza precedenti: provare a sensibilizzarlo sulle tesi che sarebbero andate in discussione al Sinodo. Un'operazione potenzialmente in grado di spaccare verticalmente la Chiesa. Organizzando di fatto una fronda interna contro il Pontefice. E non in termini di "potere reale" o per le nomine. Ma sul terreno della dottrina.

La risposta di Benedetto XVI, però, è stata netta: "Il Papa non sono io, non rivolgetevi a me". Anzi, poco dopo - come spesso gli è capitato in questi due anni - ha inviato al Pontefice riservatamente un biglietto. Il cui contenuto è ignoto ma la cui tempistica avvalora l'idea di una collaborativa informazione. Anche quando la polemica è diventata più accesa. Anche quando l'ala più conservatrice dell'episcopato non ha fatto nulla per nascondere le sue perplessità e le sue critiche rispetto al documento reso noto dal cardinal Kasper, il Papa emerito si è impegnato per evitare fratture o correnti. "Cum Petro e sub Petro", è la sintesi che Ratzinger fa della sua presenza in Vaticano. "E se parla - notano gli osservatori più attenti della Santa Sede - è sempre a sostengo di Francesco". Un modo per dire che nessuno potrà mai usare Benedetto contro Bergoglio. Del resto i rapporti tra il Papa emerito e il connazionale Kasper non si sono interrotti in questi mesi. Come non si è interrotto il dialogo tra Benedetto XVI e l'arcivescovo di Chieti Forte.

Anche dopo quell'incontro segreto, però, la componente più conservatrice non ha comunque rinunciato a evidenziare osservazioni e appunti - anche piuttosto acuminati - durante i lavori sinodali. Il rischio di una spaccatura evidente e manifesta è stato una costante in questi giorni. E l'esito quasi inevitabile è stato quello di una mediazione finale. E di un'opera di costante correzione delle tesi iniziali. Basti guardare la cosiddetta "Relatio post disceptationem" del cardinale ungherese Erdo, relatore del Sinodo, e i due documenti finali approvati. Entrambi, infatti, nei contenuti fanno un passo indietro dal punto di vista dogmatico, ma non da quello pastorale. Un modo per evitare spaccature e divisioni. Anche se l'appuntamento finale, quello delle decisioni non è e non poteva essere questo. Ma il Sinodo del 2015. Forse, però, il risultato inseguito dal Pontefice stavolta è stato soprattutto di non esporre la Chiesa ad una divisione. Soprattutto dopo gli sforzi di unità compiuti in seguito agli scandali degli ultimi anni. 

(Claudio Tito)

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Il beato Paolo VI «chiedeva di adattare vie e metodi alle mutate condizioni della società»


Sugli altari il Pontefice bresciano. Francesco lo ringrazia per la sua «umile e profetica testimonianza». E commentando il Vangelo dice: «Dio non ha paura delle novità!». Alla messa presente anche Benedetto XVI

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO

 «In questo giorno della beatificazione di Paolo VI mi ritornano alla mente le sue parole, con le quali istituiva il Sinodo dei vescovi: "Scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie ed i metodi... alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società"». Papa Francesco proclama beato il predecessore Giovanni Battista Montini, vescovo di Roma dal giugno 1963 all'agosto 1978. E nell'omelia della messa, concelebrata con tutti i padri sinodali, torna a parlare del cammino di questo primo Sinodo sulla famiglia.

Alla solenne cerimonia, celebrata sul sagrato della basilica di San Pietro in una giornata inondata di sole, è presente anche il Papa emerito Benedetto XVI, arrivato con largo anticipo e seduto nella prima fila dei cardinali concelebranti. Francesco, appena fatto il suo ingresso indossando una casula appartenuta al nuovo beato, gli si è avvicinato per salutarlo dicendogli «Grazie, grazie per la sua presenza!». Una presenza discreta che poco a poco sta diventato sempre più normale nella vita della Chiesa per volere del Pontefice regnante. Ratzinger, appena cinquantenne, nel marzo 1977, venne nominato arcivescovo di Monaco da Paolo VI, e tre mesi dopo elevato al cardinalato. All'inizio della messa è avvenuto il rito della beatificazione. Dopo la proclamazione, è stata portata sull'altare la reliquia del nuovo beato: la maglia insanguinata che Papa Montini indossava a Manila, nel 1970, quando appena sbarcato dall'aereo venne accoltellato da uno squilibrato: la lama del pugnale penetrò a pochi centimetri dal cuore.

Nell'omelia, Francesco ha commentato il passaggio del Vangelo del giorno, le parole di Gesù «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Alla «provocazione dei farisei che, per così dire, volevano fargli l’esame di religione e condurlo in errore - ha detto il Papa - Gesù risponde con questa frase ironica e geniale. È una risposta ad effetto che il Signore consegna a tutti coloro che si pongono problemi di coscienza, soprattutto quando entrano in gioco le loro convenienze, le loro ricchezze, il loro prestigio, il loro potere e la loro fama. E questo succede in ogni tempo, da sempre».

Francesco ha chiesto di vincere «il timore che spesso proviamo di fronte alle sorprese di Dio. Lui non ha paura delle novità! Per questo, continuamente ci sorprende, aprendoci e conducendoci a vie impensate». Dare a Dio quello che è di Dio, significa «aprirsi alla sua volontà e dedicare a Lui la nostra vita e cooperare al suo regno di misericordia, di amore e di pace. Qui sta la nostra vera forza, il fermento che la fa lievitare e il sale che dà sapore ad ogni sforzo umano contro il pessimismo prevalente che ci propone il mondo».

La speranza in Dio - ha detto ancora il Papa - non è quindi «una fuga dalla realtà, non è un alibi: è restituire operosamente a Dio quello che gli appartiene. È per questo che il cristiano guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere pienamente la vita - con i piedi ben piantati sulla terra - e rispondere, con coraggio, alle innumerevoli sfide nuove».

È quanto accaduto, ha aggiunto Francesco, in questi giorni di cammino del Sinodo, con una Chiesa «chiamata, senza indugio, a prendersi cura delle ferite che sanguinano e a riaccendere la speranza per tanta gente senza speranza». «Abbiamo seminato e continueremo a seminare con pazienza e perseveranza», ha detto ancora il Papa, ricordando le parole con le quali il nuovo beato Paolo VI istituiva proprio il Sinodo dei vescovi: «Scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie ed i metodi... alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società».

«Nei confronti di questo grande Papa, di questo coraggioso cristiano, di questo instancabile apostolo, davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie! Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI! Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa!». Francesco ha citato un passaggio del diario di Montini, nel quale si legge: «Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, e non altri, la guida e la salva». In questa «umiltà risplende la grandezza del Beato Paolo VI che, mentre si profilava una società secolarizzata e ostile, ha saputo condurre con saggezza lungimirante - e talvolta in solitudine - il timone della barca di Pietro senza perdere mai la gioia e la fiducia nel Signore».