mercoledì 1 ottobre 2014

Chiesa come famiglia




Pubblichiamo un brano dal libro «Chiesa come famiglia» (Assisi, Cittadella Editrice, 2014, pagine 152, euro 12,50) scritto dall’arcivescovo Sorrentino, vescovo di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino. 
(Domenico Sorrentino) Le prime battute della predicazione di Gesù, prima sulle rive del Giordano dopo il battesimo ricevuto da Giovanni, poi con la chiamata dei primi discepoli, sia al Giordano che intorno al lago di Galilea, hanno fin dall’inizio il sapore di un invito a far famiglia. Quando proclama «Il regno dei cieli è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo», lo fa non come un predicatore solitario e passeggero, ma come un polo di attrazione intorno a cui dei discepoli cominciano a radunarsi e a far “famiglia”. È così per i primi due che lo seguono. Egli li invita: «Venite e vedrete». Ed essi «stettero con lui» (Giovanni, 1, 35-39): la prima esperienza dello stare con Gesù. Poi è la volta degli altri apostoli, che Gesù sceglie perché «stessero con lui» (Marco, 3, 14), e per poi inviarli. Quando arrivano la madre e gli altri a lui legati da vincoli di sangue, questo carattere familiare del regno da lui annunciato, anzi da lui incarnato, è espresso con una dichiarazione che sa quasi di carta di identità, ma questa volta di una “famiglia spirituale”: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre » (Marco, 3, 33-34).
L’annuncio del Regno non propone valori astratti, fossero pure quelli più ideali delle beatitudini: anche questa magna charta dei valori cristiani è programma di famiglia. L’ultima beatitudine non a caso è quella di chi è perseguitato a causa del nome di Gesù. Il “Vangelo” è, in ultima analisi, la proposta di assumere totalmente non solo la sua “causa” e aderire ai suoi valori, ma di identificarsi con la sua vita. Si tratta di “far famiglia” con Gesù. In questo senso diciamo, con espressione sintetica un po’ provocatoria, che il “Vangelo è famiglia”. Lo ribadisce il discorso fatto da Gesù prima di morire. Nella grande preghiera sacerdotale di Giovanni, 17 si stringono i legami di questa famiglia del Vangelo al punto che il vincolo di unità tra Gesù e i discepoli riflette nella storia l’unità di Gesù con il Padre: «Che siano uno, come lo siamo io e te». Si comprende come il comandamento nuovo abbia la misura stessa dell’amore di Cristo: «Amatevi come io vi ho amati». È consequenziale anche il carattere distintivo di questo amore: «Da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli». Non si è discepoli di Gesù perché si sono accolte le sue idee, ma perché si vive l’unità con lui che si espande nell’unità fraterna. Ancora una volta: “famiglia” trinitaria nella famiglia ecclesiale. La bella notizia — il “Vangelo” da accogliere, vivere e annunciare — è tutto in questo mistero di comunione. La prima lettera di Giovanni lo enuncia in tono programmatico, nell’esordio che si può considerare il «manifesto» di ogni evangelizzazione: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e il Figlio suo, Gesù Cristo» (1 Giovanni, 1, 1-3).
L'Osservatore Romano