domenica 5 ottobre 2014

Francesco invita a cercare parole nuove



Il Sinodo? Sia «innovativo e originale» 
Avvenire
(Gianni Cardinale) Papa Francesco vuole che sia intrapreso «un cammino sinodale innovativo e originale», in cui «esprimersi chiaramente e con coraggio», per «calare la dottrina autentica nella realtà attuale della famiglia». Lo ha detto ieri il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario speciale del Sinodo dei vescovi, durante la presentazione dell’assemblea straordinaria sulla famiglia che si apre domenica sul tema 'Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione'. Il porporato toscano ha innanzitutto offerto le cifre dei partecipanti, ricordando che i padri sinodali, con diritto di voto, saranno 191, e sottolineando la presenza di 13 coppie di sposi, 12 in veste di uditori e una in qualità di esperti. Tra gli uditori è compresa anche una coppia mista, frutto di un matrimonio tra un musulmano e una cattolica. Il cardinale ha quindi illustrato le novità del cammino intrapreso, che in effetti sarà in due tempi: l’imminente Sinodo straordinario e poi quello ordinario previsto per l’ottobre 2015. Novità che si manifestano anche nella metodologia interna dell’Assemblea, con il dibattito che non sarà a ruota libera, con i rischi di dispersione che questo comporta, ma seguendo un ordine tematico ben preciso (quello dell’Instrumentum laboris). E con l’intervento di una coppia di uditori che ogni giorno offriranno al loro testimonianza di vita familiare. Novità che si esplicita anche con il fatto che il prodotto del Sinodo straordinario non sarà una serie di 'proposizioni' ma un documento strutturato votato dai padri, la Relatio Synodi, che servirà come base per l’Instrumentum laborisdell’assise ordinaria del 2015. Infine tra le novità, minori del Sinodo, c’è anche il fatto che la Relatio ante disceptationem del Sinodo per la prima volta non verrà letta, come da tradizione, in latino. Il cardinale relatore, l’ungherese Peter Erdö, la pronuncerà in italiano. Baldisseri ha inoltre evidenziato come «l’ampiezza del materiale pervenuto» con il Questionario preparatorio al Sinodo è «senz’altro indice di quella franchezza e libertà con cui è stata condotta la consultazione». «Tale ampia libertà di espressione – ha proseguito – caratterizzerà anche l’assise sinodale, che certamente si svolgerà in un clima di rispetto per ogni posizione, di carità vicendevole e con autentico senso costruttivo». A proposito, in particolare, dell’acceso dibattito della vigilia sul tema della comunione ai divorziati risposati, e a proposito degli interventi di vari ecclesiastici che si oppongono alle possibili innovazioni, Baldisseri, senza entrare nel merito delle posizioni espresse, ha detto che «il loro è un contributo: vogliamo andare avanti, camminare e avere una prospettiva globale delle varie posizioni e trovare poi un punto di convergenza». «Della famiglia possiamo parlare da un punto di vista dottrinale e da un punto di vista pastorale – ha proseguito il cardinale –. C’è anche uno sviluppo teologico, tutti i teologi dicono che c’è, non è tutto statico». «Noi camminiamo nella storia – ha aggiunto Baldisseri –. La religione cristiana è storia, non è ideologia. Se questo Sinodo è stato dedicato alla famiglia è perché oggi la famiglia è diversa da quella di 33 anni fa, ai tempi della ' Familiaris consortio' », l’esortazione apostolica di Giovanni Paolo II. «Se neghiamo questo – ha concluso – restiamo a duemila anni fa. Dobbiamo calare la dottrina autentica nella realtà attuale della famiglia». Parlando poi a margine, ha aggiunto: «Il Papa vuole aprire: c’è una porta che finora è stata chiusa e lui vuole che si apra». Baldisseri ha quindi ricordato che i lavori sinodali saranno accompagnati dalla preghiera, in particolare a Santa Maria Maggiore, alla presenza delle reliquie dei beati coniugi Martin, di loro figlia santa Teresa del Bambino Gesù, e dei beati coniugi Beltrame Quattrocchi.

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Caffarra: voglio morire papista!   
Vatican Insider
 
(Domenico Agasso Jr) L'Arcivescovo di Bologna: hanno detto che sono contro il Papa, avrei preferito che dicessero che ho un'amante -- Non usa parole diplomatiche il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, per rispondere a chi lo definisce un avversario di papa Francesco (...)

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Tutti i temi del Sinodo sulla famiglia spiegati da monsignor Vincenzo Paglia   
Formiche
 
(Fabrizio Anselmo) Conversazione di Formiche.net con monsignor Vincenzo Paglia, già vescovo della diocesi di Terni, ora presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. --“Vogliono la guerra al Sinodo, il Papa è il bersaglio”. Queste parole, pronunciate dal cardinale (...)

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Repubblica.it
(Paolo Rodari - Intervista a George Sporschill) «La Chiesa deve riconquistare credibilità tra la gente, soprattutto sui temi della sessualità e della famiglia. Il cardinale Martini ne parlò anche con Benedetto XVI». Così George Sporschill, il gesuita austriaco che nel 2012 raccolse il Testamento di Carlo Maria Martini, il quale disse: «La Chiesa è indietro di duecento anni se non di trecento ».
Era questa la preoccupazione del cardinale?
«Sì, ascoltare, partecipare alle preoccupazioni degli uomini, è più importante che dare risposte e ordini. Francesco ha compiuto un passo coraggioso promuovendo un’inchiesta sulla famiglia. 

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Famiglia in Sinodo: precetti, realtà e fantasia evangelica
Jesus 
(Laura Badaracchi, Mauro Castagnaro, Francesco Pistocchini, Anna Pozzi, Vittoria Prisciandaro, Iacopo Scaramuzzi) Ogni giorno, a Roma, davanti all'immagine della Vergine Salus popoli romani nella basi lica di Santa Maria Maggiore, si pregherà per i lavori del Si nodo sulla famiglia. Lo stesso dovrebbe avvenire nelle chiese di tutto il mondo, debitamente rifornite con sussidio di preghiere e intenzioni appropriate. In contemporanea, in Vaticano, i padri sinodali parleranno delle Sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell'evangelizzazione. 
Che di un aiuto dall'alto ci sia bisogno non è certamente un mistero. Il Sinodo sulla famiglia che si tiene dal 5 al 19 ottobre sarà sicuramente teatro di accesi confronti, che si sono preannunciati con una certa vivacità alla vigilia dei lavori. Il nodo che sembra focalizzare tutto il dibattito è l'accesso ai sacramenti per i divorziati risposati; i pro e i contro (semplificando: i primi guidati dal cardinale Walter Kasper, gli altri dal prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller) sono stati mappati dalla stampa, attraverso libri e interviste che fanno supporre, almeno dal lato più conservatore, una strategia di forze ben organizzate. Non è un caso che a pochi giorni dall'apertura, parlando ai nuovi vescovi, papa Francesco li abbia esortati: «Pur custodendo gelosamente la passione per la verità, non sprecate energie per contrapporsi e scontrarsi ma per costruire e amare». E poi: «Non cadete nella tentazione di sacrificare la vostra libertà circondandovi di corti, cordate o cori di consenso». E, a fine agosto, per tentare di dare un'accelerata alla semplificazione della riforma del processo matrimoniale, ha deciso l 'istituzione di una Commissione speciale di studio presieduta da monsignor Pio Vito Pinto, decano del Tribunale della Rota romana. Scorrendo i nomi dei partecipanti, e soprattutto degli invitati al Sinodo (molti presuli potenzialmente "distanti" dalla linea di Francesco sono stati tenuti dentro), sembra emergere la volontà di fare dell'assemblea un luogo di reale discussione, per poi giungere a delle indicazioni pastorali chiare e condivise nella seconda fase sinodale (quella prevista dal 4 al 25 ottobre 2015, sul tema Cristo rivela il mistero e la vocazione della famiglia). Gli argomenti per il dibattito non mancano, come evidenziato dal questionario inviato dalla segreteria del Sinodo alle diocesi per la preparazione dell'Instrumentum laboris. Per avere qualche feedback su come le Chiese si sono preparate a questo Sinodo e sulle loro attese, abbiamo compiuto un breve, e parzialissimo, giro del mondo, interpellando teologi, laici, pastori. Scoprendo risvolti spesso invisibili da una prospettiva romanocentrica. 
Germania 
La prima tappa è in Germania, da Thomas Seiterich. Cattolico, ha 59 anni e vive a Francoforte. Nel 2009 ha sposato Elisabeth, anche lei cattolica. Matrimonio civile perché si tratta di seconde nozze dopo che lui, nel 2006, ha divorziato dalla prima moglie. Tho mas ed Elisabeth prendono normal mente la Comunione quando vanno a Messa. «Quando ci siamo sposati, cinque anni fa, abbiamo parlato con il nostro sacerdote, a Ulm», racconta. «Gli abbiamo detto che non volevamo intraprendere il processo di annulla mento del mio primo matrimonio. Per me sarebbe stata una bugia. Annullare qualcosa vuol dire che la cosa non è mai esistita, ma il mio primo matrimonio è durato 22 anni, e non è un niente! Il sacerdote ha capito molto bene e abbiamo celebrato un'Eucaristia con tutti gli ospiti delle seconde nozze. Io e mia moglie adesso prendiamo la Comunione». Il prete di Ulm non rischia sanzioni ecclesiali? «No», risponde Thomas senza esitazioni. «Normalmente un sacerdote in una diocesi tedesca, austriaca o svizzera-tedesca non rischia niente perché quasi tutti agiscono in questo modo pastorale, più aperto, che non esclude i fedeli». Thomas Seiterich, un lungo passato nelle Comunità di base, da giovane ha studiato teologia cattolica, storia e sociologia. Lavora come redattore in una rivista della sinistra cattolica, Publik- Forum. Cosa risponde all'obiezione che dare l'Eucaristia a una coppia di divorziati risposati contraddice il principio evangelico dell'indissolubilità del matrimonio? «Siamo uomini deboli. E Gesù ha invitato i deboli, non solo i perfetti. Questo è molto più importante della legge della Chiesa cattolica, che si è molto allontanata dalla misericordia». Tra i cattolici tedeschi, «la maggioranza la pensa come me: non escludere, invitare», dice sicuro Thomas. Che ha meno certezze sull'andamento del Sinodo: «Non sono molto ottimista perché ci saranno vescovi e cardinali nominati nell'epoca di Papa Wojtyla e Papa Ratzinger, che quasi sempre sono stati scelti perché persone molto obbedienti e legate al sistema romano».
Italia 
In Italia, tradizionalmente meno "aperta" rispetto alla Germania, su questo argomento va segnalata l'inizia tiva dell'associazione Viandanti (Par ma), che promuove l'omonima rete alla quale aderiscono venticinque realtà fra associazioni e riviste ecclesia li. Il 13 settembre scorso, a Bologna, la rete ha organizzato il convegno su Se parati, divorziati, risposati. Fallibilità dell'amore umano nello sguardo di Dio, dove si è trattato di «questioni relative a un possibile diverso atteggiamento pastorale e disciplinare nei confron ti dei separati, divorziati e risposati», spiega il presidente della rete, Franco Ferrari. Il convegno ha guardato ai pro blemi a partire da un'ottica biblica, per poi affrontare i temi etici e liturgico- sacramentali e infine confrontarsi con l'esperienza della Chiesa ortodossa. «Nella Lettera alla Chiesa che è in Italia inviata all'episcopato italiano agli inizi del 2013, tra le priorità che la Chiesa avrebbe dovuto affrontare con urgenza avevamo segnalato anche l'esigenza di rivedere la disciplina relativa ai divor ziati risposati», ricorda Ferrari.    
Francia 
Grande prudenza è stata osservata Oltralpe, dove i vescovi francesi hanno scelto di non rendere pubblica la sintesi delle risposte al questionario, per lasciare la mano libera ai padri si nodali e non orientare il dibattito. Ma se la sintesi è top secret, non così per la "sintesi della sintesi", pubblicata inve ce sul sito della Conferenza episcopale. Entrambi i documenti portano la firma di monsignor Pierre-Marie Carré, ar civescovo di Montpellier, che ha do vuto analizzare più di duemila pagine inviate da 83 diocesi, da associazioni e movimenti ecclesiali, senza contare i numerosissimi contributi individuali. Un primo dato emerge con chia rezza: «Il fossato che esiste tra l'inse gnamento della Chiesa e le scelte delle coppie che si riconoscono cattoliche, in maniera particolare sulla contrac cezione e sulle richieste che i di vorziati-risposati rivolgono alla Chiesa a proposito dei sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione». Nella diagnosi si insiste sulle ragioni del gap, anzi, come dicono i francesi, del décalage: scarsa conoscenza della dottrina ufficiale, inadeguata preparazione al matrimonio. In ombra restano invece l'evoluzione della società e i nuovi modi di vita, i cambiamenti dei costumi. Secondo il documento, risulta incomprensibile per la stragrande maggioranza dei cattolici l'insistenza della Chiesa sui principi fissati nell 'Humanae vitae (1968), in particolare sul divieto della contraccezione "artificiale". E solo una piccola minoranza «mette in pratica l'insegnamento dell'enciclica, ispirandosi al metodo Billings». Considerazioni simili per quanto riguarda divorzio e nuovo matrimonio: moltissimi «chiedono che la pratica della Chiesa si ispiri a quella delle Chiese ortodosse». E che, dopo un tempo di penitenza, «quando la stabilità della nuova unione pare chiaramente acquisita», «una celebrazione possa riconoscerla, senza per questo mettere in causa l'indissolubilità del matrimonio». In gioco, sottolinea Carré, «è la capacità della Chiesa di proporre un messaggio di felicità per la coppia cristiana e la famiglia». Ma se il documento ufficiale non va al di là delle constatazioni, molto più esplicito è un testo di monsignor Bernard Housset, vescovo di La Rochelle e Saintes, che fa sue le tesi del gesuita belga Philippe Bacq. Secondo monsignor Housset, è necessaria una soluzione a proposito di contraccezione e di divorziati-risposati. E Monique Baujard, laica, responsabile dell'Ufficio famiglia e società della Conferenza episcopale, in un'intervista al settimanale La Vie , si dice ottimista: «Le evoluzioni sono possibili, facendo largo spazio alla misericordia e ammettendo che anche il fallimento fa parte della vita. Ma ciò richiederà uno sforzo di creatività da parte dei vescovi. Papa Francesco ha chiesto alle famiglie di pregare per i padri sinodali: penso che occorra prendere questa richiesta sul serio!» 
India 
Le istanze dei francesi e dei tedeschi trovano eco anche in India, ma con accenti diversi. Virginia Saldanha è una teologa cattolica di Mumbai che ha ricoperto numerose responsabilità ecclesiali e attualmente è incaricata per la Federazione delle Conferenze episcopali dell'Asia (Fabc) dell'Ufficio per il laicato, la famiglia e le donne. È autrice di Women in the Image of God. A 28 anni, dopo la scomparsa del mari to, ha cresciuto da sola tre figli, facendo esperienza della condizione di vedova, status difficile nella società indiana. Saldanha per prima cosa sottolinea la difficoltà di diffusione e comprensione che ha avuto il questionario inviato da Roma, evidenziando problemi che probabilmente hanno incontrato anche altre "periferie" del mondo. «Da noi su 128 diocesi solo 55 hanno risposto». La teologa, con altri laici di varie parti del Paese, per diffondere il questionario lo ha semplificato e adattato, inviando poi le risposte all'arcivescovo di Mumbai, il cardinal Oswald Gracias. Molti degli interpellati, dice, «non avevano idea di cosa fosse». Un altro scoglio è stata la traduzione. «I160 per cento dei nostri cattolici sono poveri e non parlano inglese o sono analfabeti. Sarebbe stato meglio tradurre o intervistare direttamente le persone». Quanto ai contenuti, una questione particolarmente avvertita dalla società indiana, dice Saldanha, è l'uso dei metodi contraccettivi. «La Chiesa ha fatto molti sforzi per promuovere i metodi naturali, che qui non possono funzionare. Le famiglie sono povere e vivono stipate, non è possibile per una donna monitorare la propria temperatura e i fluidi corporei, come richiede per esempio il metodo Billings. Io, che sono relativamente più fortunata della maggior parte delle donne del mio Paese, ho usato i metodi naturali e devo dire che se avessero davvero funzionato i miei tre figli sarebbero stati concepiti dallo Spirito Santo». Insomma, le donne in India «hanno bisogno di metodi più affidabili» e dai colloqui fatti dalla teologa è risultato che le coppie ricorrono alla contraccezione perché «la ritengono la cosa giusta da fare e non un peccato da confessare. Seguono la propria coscienza». Un'altra sollecitazione che arriva a Roma dall'India è la violenza domestica, figlia di una mentalità patriarcale che porta sempre più donne istruite a scappare dai matrimoni combinati o resi impossibili dal coniuge. «Molti uomini, le cui spose abbandonano il tetto coniugale, vogliono al più presto una seconda sposa o compagna e quindi si ha un gran numero di matrimoni irregolari o convivenze. Oppure si convertono all'islam, almeno a parole, per avere una seconda moglie e legalizzare la situazione». La terza questione è il matrimo nio interreligioso, in un Paese dove i cattolici sono una minoranza (circa 20 milioni su 1,25 miliardi): «Credo che la Chiesa, invece di guardare a questi ma trimoni come a un problema, dovrebbe considerarli in modo più positivo. Possono essere un luogo di evangeliz zazione e i figli hanno l'oppor tunità di fare esperienza di Dio con gli occhi di due tradizioni religiose». 
Giappone 
Restando in Asia, un testo che farà discutere arriva dal Giappone. Lo scorso gennaio i vescovi nipponici hanno risposto pubblicamente al que stionario della segreteria del Sinodo sulla famiglia con un documento in cui dichiarano apertamente che gli insegnamenti della Chiesa non sono conosciuti nel loro Paese e che la visione eurocentrica del Vaticano danneggia gli sforzi di evangelizzare le aree dove i cattolici sono una piccola porzione del la società. In Giappone i cattolici sono lo 0,35% della popolazione (mezzo milione su 128) e tre quarti di essi sono sposati con non cattolici. I giapponesi chiedono alla Chiesa universale di «an dare oltre» una serie di norme e regole che separano i fedeli, favorendo le op portunità di incontro con la comunità cristiana. Rispondendo, ad esempio, alla domanda sulle coppie che convivono prima del matrimonio, i vescovi scrivono che la pratica pastorale della Chiesa dovrebbe partire dalla premes sa che la convivenza e il matrimonio civile sono diventati la norma. Tra i problemi specifici della realtà giapponese c'è poi la necessità di un lavoro più ampio di taglio etico, in una popolazione che non vive come prioritario il tempo condiviso in famiglia. Esistono situazioni in cui entrambi i genitori lavorano, molti bambini tornano in una casa vuota, non c'è condivisione dei pasti e sono poche le occasioni di conversazione. Ognuno affronta le proprie difficoltà, ma spesso in solitudine e senza sperimentare l'amore in famiglia. Il Centro cattolico Shinseikaikan (Vera Vita), un gruppo di uomini e donne laici che partecipano a un corso di formazione permanente di Teologia a Tokyo, ha elaborato alcune risposte ai Lineamenta del Sinodo. Colpisce, tra i tanti temi trattati, la riflessione sulla legge naturale: «In Giappone non si può ovviamente presupporre tale concetto. La parola non è compresa né nella società in generale, né tra i cristiani. È come una lingua morta. Al massimo può essere intesa come un modo di esprimere una nozione propria del modo di pensare degli occidentali. Anche tra persone con una formazione intellettuale c'è l'idea che la legge naturale sia una legge basata sulla volontà di un dio di una religione straniera. Occorre ricostruire l'insegnamento morale tralasciando gli ideali astratti e guardando alla realtà della vita dei credenti. Altrimenti non ci sarà una conoscenza utile ai cristiani che vivono in una società che è come un campo di battaglia. Il sacramento del matrimonio è una questione tra i due coniugi, sarebbe meglio non dare istruzioni su dettagli particolari». Infine, anche dai giapponesi arriva una nota sul tema più "caldo": «Riteniamo che non sia in accordo con gli insegnamenti di Gesù lasciare gli sposi divorziati nella situazione di aver perso il diritto di ricevere il sostegno sacramentale della Chiesa». 
Stati Uniti 
Di parere opposto la maggioranza dell'episcopato dall'altra parte dell'Oceano Pacifico. Alle prese con le adozioni e i matrimoni tra persone del lo stesso sesso, riguardo ai divorziati la maggioranza dei vescovi americani la pensa come l'arcivescovo di New York, Timothy Dolan: «Un cambiamento drammatico» andrebbe «contro l'inse gnamento della Chiesa». E anche l'arcivescovo di Boston, il cardinale Sean O'Malley, di recente ha detto di «non vedere alcuna giustificazione teologica per cambiare l'atteggiamento della Chiesa sulla riammissione dei divorziati risposati ai sacramenti». 
Africa
Il tema della famiglia viene inquadrato in un'ottica più ampia se si guarda al continente africano, dove la povertà, le ingiustizie e le disegua glianze, la violenza e l'esodo urbano, ma soprattutto la mancanza della fa miglia spingono molti bambini africa ni a scappare di casa — o a esserne scac ciati — e a vivere in strada. Lo sa bene padre Maurizio Bezzi, missionario del Pime, che da oltre vent'anni si occupa del Centro Edimar per enfants de la rue e ragazzi usciti dal carcere a Yaoundé, Camerun. «Raramente», racconta, «un bambino lascia la famiglia solo perché povera. Quasi sempre è perché ci sono legami problematici con i geni tori o tra di loro. Certamente anche i fattori economici e sociali influiscono, ma la mancanza di una famiglia solida è spesso quello determinante». Negli ultimi decenni la famiglia, nei suoi modelli tradizionali, non regge più ai cambiamenti dei tempi. Luogo di protezione, educazione e welfare, la famiglia "allargata' africana si trova inadeguata di fronte allo sviluppo tumultuoso e disordinato che sta conoscendo il continente. Molti delle migliaia di bambini che vivono oggi nelle strade delle metropoli africane sono figli di donne single, che spesso hanno avuto quei bambini da uomini diversi, nessuno dei quali si è preso la responsabilità di fare da padre e da marito. La disgregazione della famiglia è un fenomeno epocale. Padre Maurizio lo conosce nei suoi risvolti più drammatici: «Bambini che vivono in strada, dormono in scatoloni negli androni dei palazzi, rubacchiano per sopravvivere o vengono sfruttati per lavori domestici, nei mercati o per la prostituzione e — in altri contesti africani — per fare le guerre o come schiavi nelle piantagioni. Ne incontro moltissimi qui a Yaoundé. Quando scavi un po' nel loro vissuto, quasi sempre scopri che hanno alle spalle un'esperienza familiare molto negativa o fallimentare». La Chiesa africana, nel corso del suo ultimo Sinodo, ha continuato a insistere molto sul tema della famiglia, che era stato al centro della prima assemblea del 1994. A quindici anni di distanza, tuttavia, i toni sono spesso più astratti e un po' troppo "idealistici": «La famiglia è il "santuario della vita"», si legge nella Lettera postsinodale Africae munus, «e cellula vitale della società e della Chiesa». È in essa che «si plasma il volto di un popolo, è qui che i suoi membri acquisiscono gli insegnamenti fondamentali. Essi imparano ad amare in quanto sono amati, imparano il rispetto di ogni altra persona in quanto sono rispettati, imparano a conoscere il volto di Dio in quanto ne ricevono la prima rivelazione da un padre e da una madre pieni di attenzione». Solo un piccolo accenno viene fatto alle sfide urgenti che scuotono la dimensione della famiglia, specialmente nei contesti urbani, dove oggi vive circa la metà della popolazione africana: «In ragione della sua importanza capitale», si legge sempre in Africae munus, «e delle minacce che pesano su questa istituzione — la distorsione della nozione di matrimonio come pure di famiglia, la svalutazione della maternità e la banalizzazione dell'aborto, la facilitazione del divorzio e il relativismo di una "nuova etica" —, la famiglia ha bisogno di essere protetta e difesa».

America latina 
Dall'America latina viene fatto presente un argomento che il Sinodo probabilmente non potrà ignorare. Fuori dall 'Instrumentum laboris — ma presente in diverse risposte alla domanda n. 9 del questionario e quindi da trattare dall'assemblea ordinaria del Sinodo del 2015 — è rimasta la si tuazione delle famiglie formate da preti, sia quelli sposati delle Chiese cattoliche di rito orientale, spesso considerati presbiteri "di serie B", sia quelli latini che hanno dovuto abban donare il ministero per aver contratto matrimonio o che hanno relazioni di coppia più o meno clandestine. La questione è sentita in America latina, come racconta una donna «educata in una scuola di suore»: «Ho conosciu to nel mio Paese un religioso italiano e mi sono legata sentimentalmente a lui. Quando è stato richiamato in pa tria, decenni fa, l'ho seguito. Abbiamo parlato con un suo superiore della no stra situazione, ma abbiamo trovato un muro di incomprensione (più tardi anche angherie da parte di persone consacrate verso di me straniera!). Quando ho chiesto: "In nome di quale Dio fate questo?", mi è stato risposto: "Che c'entra Dio? Questo è solo il can to del cigno". Il "mio lui" non ha avuto il coraggio di scegliere una vita nuova con me. Continuiamo a frequentarci. Anche se i suoi superiori lo sanno, l'im portante è che non si sappia in giro!». Commenta il redentorista brasiliano padre Marcio Fabri dos Anjos, teologo moralista e membro del Comitato di bioetica del Consiglio di medicina dello Stato di São Paulo: «Per capire l'eco del Sinodo sulla famiglia in America latina bisogna tenere presente le strutture socioculturali provenienti dall'epoca coloniale. Fino alla metà del XIX secolo, il matrimonio religioso garantiva il riconoscimento sociale della famiglia. Ma le differenze sociali lo hanno reso quasi impossibile per gli schiavi e poco interessante per i poveri. Questi cristiani hanno così creato proprie norme e usanze, per cui restano ancora oggi ai margini del cattolicesimo ufficiale, anche se vanno in chiesa. Questa resistenza si manifestava anche a proposito dell'obbedienza dei preti al celibato, il che avviene anche oggi. Una pastorale familiare che ignori le condizioni socioculturali della gente sarà sempre marginale, e forse anche sbagliata. Il Sinodo, e ancor di più papa Francesco, hanno suscitato la speranza che gli ideali cristiani e le regole ecclesiastiche si avvicinino alla vita reale. Comunque qui da noi le risposte al questionario non sono state abbondanti. Non è chiaro se per mancata divulgazione, domande difficili o disinteresse». Dal 2002 il teologo, ogni anno, realizza indagini con 70-80 persone cattoliche, di classe medio- bassa che frequentano la comunità a São Paulo. In media il 57% dichiara di non aver cercato aiuto dalla Chiesa nei suoi problemi coniugali. Quasi la metà vive un secondo matrimonio. E solo il 3% ricorre al Tribunale ecclesiastico per ottenere una dichiarazione di nullità. Sfiducia e resistenza verso la disciplina ecclesiastica? «Forse un sensus fidelium che chiede di riformulare dottrine e leggi in una luce evangelica per offrire alle relazioni familiari comprensione e cibo spirituale, più che esigere requisiti. E papa Francesco va in questa direzione».

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Francesco invita a cercare parole nuove

(Luigi Accattoli) Francesco apre il Sinodo con parole di speranza, senza nascondere le “sfide” che sono nel titolo dell’assemblea ma invitando i padri a guardare a Cristo e all'umanità con “serena fiducia”. Il tono di speranza che ha caratterizzato la veglia di ieri e la celebrazione di stamane aiutano a intendere le forti novità che segnano questa convocazione sinodale decisa in risposta al “cambiamento d’epoca” che mette le famiglie di fronte a tante prove.

Nuovo è il metodo della convocazione, con due assemblee tra loro legate che configurano un'inedita stagione di concertazione collegiale, più simile a un Concilio che a un Sinodo, mirata al coinvolgimento dell’intera comunione cattolica. Ma ancora più nuova è la proiezione in avanti di queste due assemblee, chiamate ad affrontare la questione famiglia in ogni aspetto, in totale libertà di “confronto sincero, aperto e fraterno” – come ha detto il papa ieri – senza la predisposizione di quel binario breve e già di ingresso in stazione che ha caratterizzato fino a ieri tutti i Sinodi convocati da Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI.
Siamo a una specie di anno zero, o di nuova partenza dell’esperienza sinodale chiamata a evolvere, sul tema più impegnativo, verso una pienezza collegiale che è ancora da esplorare. I Sinodi che sono venuti dopo il Concilio sono stati come una prova di parola e infine oggi i padri sono pronti a prenderla quella parola e a gestirla a edificazione d’ognuno.
Anche per l’insieme della comunità cattolica il tempo è maturo perché quella presa di parola si svolga “senza mai perdere la pace”, come ha detto ieri Francesco.
Il momento è creativo: il papa ha posto i padri sinodali davanti a una pagina bianca, dove campeggia a titolo il tutto della famiglia ma dove nessuna riga è già scritta e neanche abbozzata. Quattro volte tra ieri e oggi ha invitato alla creatività. Da padre di cinque figli, pensando alla difficoltà di presentare loro il Vangelo della famiglia, sono grato al vescovo di Roma che invita a cercare parole nuove.