sabato 3 gennaio 2015

II Domenica dopo Natale

Nella seconda domenica dopo Natale, la liturgia ci presenta il Prologo del Vangelo di Giovanni:
“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio … In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta”.
“La luce splende nelle tenebre”. Ecco il grido di speranza che ci accoglie in questo nuovo anno appena iniziato e ci lancia verso la notte vittoriosa della Pasqua: le tenebre non hanno vinto. Non sono le tenebre, non è la morte l’ultima parola sulla vita dell’uomo, ma la vittoria di Cristo, della Parola, del Verbo che si è fatto carne, che è venuto a mettere la sua tenda in mezzo a noi, dandoci il potere di diventare figli di Dio. Il dono che il Padre ha fatto all’uomo, rivestendo il Figlio suo di una carne come la nostra, attacca alla radice quel potere maligno che aveva provato a rovinare la creazione di Dio sin dai suoi inizi: ora questo Figlio viene fra la sua gente, pur sapendo che non lo accoglieranno, viene a restituire alle sue creature la pienezza della loro immagine e somiglianza, viene a farle ancora più grandi di prima, a farne dei figli. Egli scende tra di noi, si appropria delle pene della nostra esistenza – commenta un teologo ortodosso –, del nostro dolore, della nostra morte, dei nostri peccati, per riversarsi completamente dentro di noi e amalgamarsi con noi, rendendoci templi suoi, sue membra e restituirci alla gloria del Padre suo. Così, quel Dio che nessuno ha mai visto, ci viene svelato dal Figlio suo e non come un Essere lontano, il motore immobile dei filosofi antichi e moderni, ma come un Padre dolcissimo, innamorato delle sue creature che vuole partecipi della sua stessa vita divina.
don Ezechiele Pasotti
*
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sap 18,14-15
Nel quieto silenzio che avvolgeva ogni cosa,
mentre la notte giungeva a metà del suo corso,
il tuo Verbo onnipotente, o Signore,
è sceso dal cielo, dal trono regale.

 
 
Colletta

Dio onnipotente ed eterno, luce dei credenti, riempi della tua gloria il mondo intero, e rivelati a tutti i popoli nello splendore della tua verità. Per il nostro Signore...


Oppure:

Padre di eterna gloria, che nel tuo unico Figlio ci hai scelti e amati prima della creazione del mondo e in lui, sapienza incarnata, sei venuto a piantare in mezzo a noi la tua tenda, illuminaci con il tuo Spirito, perché accogliendo il mistero del tuo amore, pregustiamo la gioia che ci attende, come figli ed eredi del regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, ......


LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura
  Sir 24, 1-4. 8-12, neo-vulg. 24,1-4.12-16
La sapienza di Dio è venuta ad abitare nel popolo eletto.
 

Dal libro del Siràcide
La sapienza fa il proprio elogio,
in Dio trova il proprio vanto,
in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria.
Nell'assemblea dell'Altissimo apre la bocca,
dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria,
in mezzo al suo popolo viene esaltata,
nella santa assemblea viene ammirata,
nella moltitudine degli eletti trova la sua lode
e tra i benedetti è benedetta, mentre dice:
«Allora il creatore dell'universo mi diede un ordine,
colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse:
"Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele,
affonda le tue radici tra i miei eletti" .
Prima dei secoli, fin dal principio,
egli mi ha creato, per tutta l'eternità non verrò meno.
Nella tenda santa davanti a lui ho officiato
e così mi sono stabilita in Sion.
Nella città che egli ama mi ha fatto abitare
e in Gerusalemme è il mio potere.
Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso,
nella porzione del Signore è la mia eredità,
nell'assemblea dei santi ho preso dimora».
  
Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 147
Il Verbo si è fatto carne
e ha posto la sua dimora in mezzo a noi.
 
Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
 
Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.
 
Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun'altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi. 

 
Seconda Lettura  Ef 1, 3-6. 15-18
Mediante Gesù, Dio ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi. 
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini.
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato.
Perciò anch'io 
[Paolo], avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell'amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi. 
Canto al Vangelo   Cf 1 Tm 3,16
Alleluia, alleluia.

Gloria a te, o Cristo, annunziato a tutte le genti;
gloria a te, o Cristo, creduto nel mondo.

Alleluia.

   
   
Vangelo  
Gv 1,1-18

Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
 

Dal vangelo secondo Giovanni
  
[ In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta. 
]
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità. 
]
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

*

Guardiamoci intorno, è tutto un incarnarsi della Parola di Dio!

Commento al Vangelo della II Domenica dopo Natale


Se le parole buone e belle che diciamo potessero rivestirsi di carne, e, ricolme di Spirito Santo, cominciassero a vivere compiendosi in un amore vero, visibile, carnale, che meraviglia!
Se le parole che un marito sussurra a sua moglie diventassero carne capace di riflettere la loro  “grazia”, ovvero la gratuità, e la loro “verità”, ovvero l’autenticità, che matrimonio diventerebbe.
Immaginatele con gambe, occhi e mani realizzare ciò che dicono. Quale moglie dubiterebbe più di suo marito?
O quale figlio potrebbe covare rancore verso i suoi genitori se le parole con cui questi affermano che darebbero la vita per loro diventassero gesti da vedere e toccare? E così via, tra amici, fidanzati, colleghi.
Immaginate che, in un istante, si materializzassero qui, “in mezzo a noi”, tutte le promesse, le dichiarazioni di fedeltà, i complimenti e le tenerezze, ogni parola che ci nasce nel cuore e sussurriamo a volte tremanti a volte con un po’ di presunzione.
No, è impossibile anche il solo immaginarlo, perché in fondo sappiamo di dire l’impossibile, di rivestire con le parole i desideri più intimi; eppure già così ci sembra di vederli in qualche modo realizzati. Ci basta dire ti amo, ed è già amore. E attenzione, non è sempre ipocrisia e sentimentalismo. Non possiamo di più, ecco tutto.
Vorremmo compiere quello che diciamo, ma l’incarnazione delle nostre parole abortisce sempre nell’incoerenza.
Abbiamo troppa paura perché è anche la nostra, amara e crudele, l’esperienza di Pietro: “ti seguirò ovunque e darò la mia vita per te” aveva detto e ridetto al Signore. Ed era sicuro che ce l’avrebbe fatta, perché lo desiderava con tutto il suo cuore.
Ma non aveva fatto i conti con la paura della morte che ancora lo teneva schiavo. Così, è bastato che una voce gliela facesse riaffiorare per indurlo a rinnegare il Signore che credeva di amare a suon di parole.
Eppure, proprio giunto a quel triste capolinea dove finalmente scendeva l’illusione, Pietro ha incontrato la carne che avrebbe compiuto ogni suo desiderio di bene e di amore. Lo sguardo di Gesù lo sconvolgeva, aprendo d’un colpo la diga che gli bloccava le lacrime in petto.
Sino a quel momento le parole che Gesù aveva detto si erano compiute al di fuori di lui. Anche quelle miracolose con le quali lo aveva chiamato. Ora era diverso, si compivano in Pietro le parole che Gesù aveva rivolto a lui, e che lui aveva tentato di smorzare nelle proprie orgogliose promesse.
Ora la misericordia dagli occhi di Gesù passava nelle sue lacrime, come una profezia di ogni conversione. L’amore sfiorava la ferita attraverso la quale Dio si sarebbe fatto carne nei peccatori.
Quelle lacrime erano come un battesimo nel quale la Parola buona pronunciata da Dio su ciascun uomo scendeva di nuovo per farsi carne nell’incoerenza e trasformarla in fedeltà.
Come può accadere in questa Domenica nella quale splende la “luce” del Natale. La Parola che ha pronunciato il nostro nome chiamandoci all’esistenza, è pronta ad incarnarsi di nuovo nella nostra debolezza.
La Parola di Dio viene a cercare le nostre parole sussurrate, gridate, pregate, a volte macchiate sino a farsi imprecazione. Viene per purificarle e tradurle nella sua lingua, l’unica che ogni uomo possa comprendere.
Perché Dio non si scandalizza delle parole che gettiamo alla rinfusa nei giorni, seminando nelle relazioni illusioni e frustrazioni, ferite e dolore, gioia e speranza.
Dio viene a far bella la nostra vita nell’amore. Per questo “ordina” di nuovo alla “Sapienza di piantare la tenda” tra noi “suoi eletti” e di “affondare le sue radici” nella nostra storia.
Perché l’Incarnazione esaltata nel Prologo del Vangelo di Giovanni canta la “Sapienza della Croce” piantata nella storia. Nella tua e nella mia, come in quella di Pietro e di ogni cristiano. E’ sulla Croce, infatti, che Gesù doveva portare la nostra carne.
E’ su di essa che il Figlio rivela il Padre sconosciuto: stendendo le braccia per accogliere nel perdono ogni uomo, la Parola, “Dabar” in ebraico, ne mostra il cuore spiegando chi sia Dio con ogni goccia versata gratuitamente.
Sulla Croce è stato un nuovo “principio”, la prima Parola della nuova creazione. Finalmente la “Gloria”, ovvero la presenza amorevole di Dio, si faceva carne nelle membra doloranti dell’umanità.
E sulla Croce anche per noi può inaugurarsi una vita nuova. Basta lasciare che Dio inchiodi il nostro uomo vecchio, per farci rinascere figli di Dio a sua immagine e somiglianza, “non per volere umano”, ma per la sua elezione gratuita.
Infatti, nessuna “carne o sangue” può capire e tanto meno accettare la Croce; la nostra natura è ferita dal peccato nel quale siamo stati concepiti: per questo ci atterriscono l’umiliazione, il dolore, la morte e la frustrazione delle nostre idee, dei progetti, degli ideali.
La “carne e il sangue” sfuggono la Croce, perché sono ancora schiave dell’inganno del demonio, il nemico della Croce… Come lo era Pietro, e non si conosceva. Ma nella Liturgia di questa Domenica, di nuovo si compie il mistero dell’Incarnazione, gratuitamente, perché Dio sa che la Legge consegnataci attraverso Mosè non siamo proprio capaci di compierla.
La “luce” che ha vinto le tenebre del peccato risplende su di noi per illuminarci e ridestarci alla verità. La Parola che la Chiesa ci predica “si fa carne” oggi nei sacramenti e nel Popolo Santo di Dio, “per abitare in mezzo a noi” e risuscitarci.
E’ Dio che ci “genera come figli” attraverso il grembo materno della sua Chiesa. Guardiamoci intorno, è tutto un incarnarsi della Parola di Dio! Non c’è una sua promessa andata a vuoto. Non c’è un matrimonio che la sua Parola non abbia ricreato. “Tutto” ha visto la luce in essa, e “tutto” in essa sarà salvata.
Coraggio allora, non “rifiutiamo” più il Signore; siamo “i suoi”, allora “accogliamolo” perché anche il “mondo” che “non lo riconosce” possa imparare a lasciarsi amare da Lui.
Per questo il Natale ci invia a predicare il Vangelo offrendo la nostra carne nella quale il Signore ha preso dimora. Nessun volere umano salverà chi ci è accanto, ma il potere del “Verbo che viene a mettere la sua tenda” in mezzo ai peccatori.
Non abbiamo più bisogno di immaginare o sognare le nostre parole d’amore diventare realtà. Lo sono già in Cristo! Basta solo annunciarle a tutti, e le vedremo farsi carne in questa generazione, perché “dalla sua pienezza tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia”.