sabato 14 marzo 2015

Tempo di misericordia



(Nicola Gori) La basilica di San Pietro come un grande “ospedale da campo”. A ogni angolo tanti sacerdoti e penitenti. Chi in ginocchio, chi seduto, chi in piedi, decine di fedeli ricevono la “medicina” della misericordia. Non è un farmaco, ma molto di più, perché ha il potere di risanare all’istante le ferite dell’anima. E il peccato non fa distinzione di persone: ecco perché nella basilica c’è gente di ogni provenienza. Uno accanto all’altro, giovani e anziani, donne e uomini, consacrati, laici, sacerdoti, in attesa di ricevere il perdono attraverso il sacramento della penitenza.
Non poteva esserci dunque miglior occasione per annunciare un anno di grazia, un giubileo straordinario, un anno santo all’insegna della misericordia. Come ha fatto Papa Francesco venerdì pomeriggio, 13 marzo, presiedendo la celebrazione della penitenza. Una sorpresa che ha lasciato stupiti, contenti, commossi, e che è stata accolta da uno scrosciante applauso.
Sarà un tempo di misericordia quindi quello che si aprirà l’8 dicembre prossimo, solennità dell’Immacolata, cinquantesimo anniversario della chiusura del concilio Vaticano II, e si chiuderà il 20 novembre 2016, domenica di Cristo Re dell’Universo. L’annuncio ufficiale e solenne avverrà con la lettura e la pubblicazione presso la porta santa della bolla d’indizione nella festa della Divina misericordia, la prima domenica dopo Pasqua. Significativa la scelta di utilizzare per le letture delle domeniche del tempo ordinario dell’anno giubilare il vangelo di Luca, “l’evangelista della misericordia”.
Un tempo di grazia che in qualche modo è già iniziato e che per ogni cristiano inizia tutte le volte che il perdono di Dio riconcilia il cuore attraverso l’assoluzione sacramentale. Non è passato inosservato, del resto, che il primo a inginocchiarsi davanti a un confessore sia stato lo stesso Papa Francesco. Sullo scalino del confessionale in legno, il Pontefice si è genuflesso per confessarsi da uno dei frati minori conventuali che trascorre ore intere nella basilica per accogliere i penitenti. Non è la prima volta che il Pontefice si confessa in pubblico: già lo fece lo scorso anno, nella stessa occasione. Ma come allora, questa scena è rimasta impressa negli occhi di quanti partecipavano al rito, con il quale ha preso il via anche la Ventiquattro ore per il Signore, l’iniziativa promossa dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, che si occuperà anche dell’organizzazione del Giubileo straordinario.
Dopo aver ricevuto l’assoluzione, Francesco si è seduto in un confessionale e ha ascoltato otto penitenti: un giovane, un anziano, una madre di famiglia, due volontari, una religiosa, un sacerdote e un uomo. A raccogliere le altre confessioni dei fedeli erano quarantotto sacerdoti, tra i quali i penitenzieri delle quattro basiliche papali, San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le Mura.
Tra i confessori erano il cardinale Piacenza, penitenziere maggiore, insieme con il reggente, monsignor Nykiel, e gli officiali della Penitenzieria; gli arcivescovi Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e Krajewski, elemosiniere. Tra i presenti i cardinali Bertone, Vallini, Grocholewski, Comastri, De Giorgi, Monteiro de Castro e Montezemolo, gli arcivescovi Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, e Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e numerosi presuli e prelati della Curia romana.
La presenza dei penitenzieri ha rappresentato idealmente il momento conclusivo del ventiseiesimo corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria apostolica dal 9 marzo. Nel vedere le lunghe file di gente in attesa davanti ai sacerdoti in vari punti delle navate, venivano in mente le parole che Gesù confidò a suor Faustina Kowalska, la santa della misericordia: «Prega perché le anime non abbiano paura di venire a questo tribunale che è quello della mia misericordia». 

L'Osservatore Romano