mercoledì 12 agosto 2015

Mercoledì della XIX settimana del Tempo Ordinario




E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore 
ed ami me suo servo e tuo, 
se ti comporterai in questa maniera, e cioè: 
che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, 
che, dopo aver visto i tuoi occhi, 
non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede;
e se non chiedesse perdono, 
chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. 
E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, 
amalo più di me per questo: 
che tu possa attrarlo al Signore
ed abbi sempre misericordia per tali fratelli.

San Francesco, Lettera a un ministro

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Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
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La comunione è uno tra i beni più preziosi donati dallo Sposo alla Sposa; rivelando l'amore e l'unità tra i "fratelli", essa è il segno che Dio offre al mondo perché "creda". Il termine greco "koinonia" traduce l'ebraico "khaburah"; entrambi indicavano, in origine, una cooperativa, una società, come quella dei pescatori Pietro, Giacomo e Giovanni. Ma khaburah indicava anche la comunità di almeno dieci persone riunita per celebrare la Pasqua. Quindi anche gli apostoli riuniti con Gesù nel Cenacolo formavano una khaburah: nella comunione umana, la partecipazione al Mistero Pasquale del Signore gettava le fondamenta della comunione celeste! Dio che s'era fatto carne, provocando scandalo e rifiuto, diveniva tanto prossimo all'uomo da farsi pane da mangiare e sangue da bere, fondando così la comunione tra gli uomini nella comunione con Gesù; in virtù del suo Mistero Pasquale, il Figlio di Dio "comunica" se stesso ai suoi apostoli che, uniti a Lui, divengono così figli del suo stesso Padre. Cristo, infatti, si è “legato a noi in terra” nella Chiesa attraverso la Parola e i sacramenti, per “legarci anche in cielo" al Padre. “Sciogliendoci in terra” dal potere del demonio e dai lacci del peccato, infatti, ci “ha sciolto anche in cielo" dalla condanna che meritavamo, ha rotto ogni barriera tra noi e Dio e così ci ha “legato” in terra ai fratelli nel suo amore. Per questo, Cristo freme di compassione in ogni cristiano nel vedere un “fratello” che si sta separando consegnandosi di nuovo all’inganno del demonio. Ogni passo che Gesù oggi indica alla Chiesa per "guadagnare il fratello" è quindi l'attualizzazione nella storia e l'annuncio salvifico di quello che ha fatto Lui per ogni suo “fratello” perduto: fattosi peccato, è stato accusato nell'assemblea e alla fine è stato gettato fuori, a morire crocifisso, "come un pagano e un pubblicano", per scendere nella tomba di ogni fratello che si è separato e, risorgendo con lui, "scioglierlo" dalla morte per "legarlo" di nuovo al Padre. Ma tu, hai a cuore il destino del fratello?  O meglio, quello che ti è accanto è davvero “tuo fratello” al punto che se si è perduto a causa di un peccato - un tradimento del coniuge, un rancore incancrenito - senti che hai perduto una parte di te? O forse lo stai giudicando, e lo hai già perduto perché lo hai rifiutato nel tuo cuore? Se è così, allora le parole di Gesù sono innanzi tutto una chiamata a conversione per te, perché ti umili profondamente, chiedi perdono a Dio, ti confessi e fai penitenza, per "guadagnare" il fratello nel tuo cuore. Così forse ti renderai conto che, prima di andare a correggerlo, dovrai incamminarti per inginocchiarti dinanzi a lui e chiedergli perdono. Sino a che l'altro non è tuo fratello non potrai correggere nessuno... Può darsi, infatti, che quello che abbiamo visto nel fratello sia solo apparenza. "Se qualcuno ha peccato": è importante quel “se”... Spesso noi lo omettiamo, in preda ai nostri giudizi e pregiudizi. Allora il criterio migliore è mettersi dalla parte del fratello; solo quando avrai esaurito ogni possibile giustificazione del suo operato, allora potrai avvicinarti a lui, non senza esserti prima immedesimato in lui. Avvicinarsi cioè senza dimenticare la trave che è nel tuo occhio: tu sei stato lui, anzi, senza la misericordia di Dio, tu saresti molto peggio di lui. Se non c'è questo atteggiamento, allora è meglio lasciar perdere, perché "correggere" significa "reggere insieme". La correzione è un frutto purissimo dell'amore, forse la sua incarnazione più difficile. Per correggere occorre amare l'altro al punto di desiderare di portare con lui il peso dei suoi peccati. 

Ogni "fratello" di Gesù, infatti, sa che "se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà". Si accorderanno, con il greco originale saranno una "sinfonia"! Note diverse per innalzare al Padre la stessa preghiera... Per questo va a cercare il "fratello" e lo "ammonisce", solo a solo; lo corregge smascherando il suo peccato, per illuminare profeticamente la sua situazione e annunciargli la vittoria di Cristo e il suo amore, e così indurlo ad "accordarsi" con lui per domandare, insieme, il perdono al Padre. Ogni correzione è, infatti, un annuncio del Vangelo. Per questo Gesù dice "se non ti ascolterà": la fede nell'amore e nel perdono viene donata, infatti, attraverso la stoltezza della predicazione. E perché il "fratello" possa ascoltare ed essere "guadagnato" si fa di tutto: si coinvolgono i fratelli più vicini e con cui egli è più in confidenza, i pastori e i catechisti, che sono i "testimoni" dell'opera di Dio in lui e della sua misericordia. Se il suo cuore è tanto duro da non ascoltare neanche loro allora si coinvolge l' "assemblea", perché l'amore di tutti sciolga le sue resistenze. Tutto per annunciare al fratello che Cristo, vivo nella comunità, vuole "guadagnarlo" alla felicità, alla libertà, alla vita di figlio di Dio. Tutto per testimoniargli l'amore infinito che i fratelli hanno per lui, che fremono di compassione nel vederlo schiavo della menzogna. Per dirgli che non possono perdere una parte così bella e unica di se stessi... A volte però è necessaria la massima severità, che è il segno della più grande misericordia. La Chiesa sa che Dio ha creato l'uomo libero sino al punto di ostinarsi sino alla fine nel peccato. La Chiesa non è buonista ma realista, e per questo ama i suoi figli nella realtà in cui si trovano. Proprio per amore della libertà, di fronte al rifiuto, non c'è altra soluzione che lasciare che il "fratello" la usi sino in fondo, sino alle sue più dolorose conseguenze. Il peccato rompe la comunione, e, non accogliendo il perdono e perseverando in esso, si torna a vivere come prima dell'incontro con Cristo, come prima del Battesimo: come "un pubblicano e un pagano". Far finta di niente, in una falsa misericordia che scioglie la verità, sarebbe rendere vana la Croce di Cristo; sarebbe anche fare torto alla dignità del "fratello", obbligandolo a vivere come lui non vuole. Alleandosi con il peccato che rompe la comunione egli se ne è chiamato fuori; ogni segno che esprima la comunione sarebbe solo un'ipocrisia che, paradossalmente, gli impedirebbe la conversione e frustrerebbe la missione della Chiesa. Una comunità divisa perché qualche "fratello ha commesso una colpa" e non si è lasciato "guadagnare" al perdono, non può compiere la sua missione nel mondo. Le accade come al Popolo di Israele, quando a causa anche di uno solo che aveva peccato e lo aveva occultato, non poteva resistere ai suoi nemici. "Se qualcuno ha peccato" non si può restare indifferenti, vi è di mezzo la conquista della Terra Promessa, il Cielo da schiudere agli uomini attraverso la Chiesa. Per questo, quando c’è ostinazione nel peccare, solo la verità delle conseguenze amare del peccato può percuotere, alla lunga, il cuore più indurito inducendolo alla conversione; come accadde al figlio prodigo, ormai lontano dalla casa paterna, che proprio lì, nella solitudine affamata, è rientrato in se stesso spinto dalla nostalgia della comunione che aveva sperimentato, la cui pienezza non aveva più gustato peccando. Per questo, “considerare un fratello" come un pagano e un pubblicano” significa “amarlo sino alla fine”, sino a dove non ci sono più parole, ma solo la preghiera e l’offerta di se stessi, ovvero i dolori, le angosce, le malattie, tutto per "guadagnare il fratello" che in quel momento non si vuole far "guadagnare". Sino a prendere i suoi peccati su di noi, perché così Cristo ci ha “guadagnato” mentre lo rifiutavamo ostinatamente... Così anche noi siamo chiamati a non disperare mai, anche quando gli eventi e le persone ci inducono alla severità della verità. Essa è sempre sinonimo dell'amore e della libertà che Dio ha dato a ciascuno, e ne abbiamo esperienza... Così sapremo educare i nostri figli che scelgono di non obbedire, ammonire il coniuge e i fratelli che peccano, nella speranza invincibile che la nostalgia di casa e la memoria struggente della comunione con il Padre e i fratelli, li faccia rientrare in se stessi per tornare, in un cammino di penitenza sincera, all'amore e all'unità.

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LA MUSICA PER BENEDETTO XVI

Che cos’è in realtà la musica? Da dove viene e a cosa tende? Una sua prima scaturigine è l’esperienza dell’amore. Quando gli uomini furono afferrati dall’amore, si schiuse loro un’altra dimensione dell’essere, una nuova grandezza e ampiezza della realtà. Ed essa spinse anche a esprimersi in modo nuovo. La poesia, il canto e la musica in genere sono nati da questo essere colpiti, da questo schiudersi di una nuova dimensione della vita.


 

Rimane indelebilmente impresso nella mia memoria come, ad esempio, non appena risuonavano le prime note della Messa dell’incoronazione di Mozart, il cielo quasi si aprisse e si sperimentasse molto profondamente la presenza del Signore.