giovedì 23 ottobre 2014

Ispirazione e verità



Documento della Pontificia Commissione Biblica. 

(Klemens Sotck, Segretario della Pontificia Commissione Biblica)
La Pontificia Commissione Biblica ha pubblicato un documento su Ispirazione e Verità della Sacra Scrittura. La Parola che viene da Dio e parla di Dio per salvare il mondo (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2014, pagine 254, euro 10). Nell’assemblea sinodale del 2008 sulla Sacra Scrittura nella vita e nella missione della Chiesa, venne suggerito uno studio approfondito delle due caratteristiche principali della Bibbia, ossia la sua ispirazione e verità. La commissione, accogliendo questo suggerimento, ha iniziato la propria riflessione basandosi sull’insegnamento del Vaticano II che ritroviamo nella costituzione dogmatica Dei verbum.A partire da questa traccia, il documento della Commissione si sofferma anzitutto sulla natura dei libri sacri. Una prima parte è dedicata a verificare che cosa essi stessi testimoniano riguardo alla loro provenienza da Dio. Una seconda parte indaga poi come viene presentata la verità che Dio vuole comunicarci. Segue una terza parte che si occupa di alcuni passi della Bibbia che sembrano metterne in dubbio la verità e di conseguenza l’ispirazione.
Secondo quanto si trova attestato dagli stessi testi sacri, la loro provenienza da Dio viene presentata in diversi modi. Vengono indicati alcuni esempi. Mosè viene chiamato da Dio, diventa il mediatore fra Dio e il popolo d’Israele e deve comunicare al popolo, oralmente e per iscritto (cfr. Esodo, 24, 4; 34, 27; Deuteronomio, 31, 9) le istruzioni ricevute da Dio. Simile è il caso dei profeti che dopo la loro chiamata da Dio (per esempio Isaia 6, 1-13) ricevono le parole di Dio per comunicarle al popolo, talvolta con un esplicito comando di metterle per iscritto (cfr. Geremia, 36, 2). Per l’autore del libro del Siracide la lettura meditativa e credente «della Legge, dei Profeti e degli altri libri dei nostri padri» diventa la fonte della sapienza che «viene dal Signore» (Siracide, 1, 1) e lo spinge a scrivere la sua opera.
È caratteristico per tutti gli scritti del Nuovo Testamento che ogni rapporto degli autori con Dio viene mediato dalla persona di Gesù. L’apostolo Paolo asserisce il suo rapporto immediato con Gesù risorto (1 Corinzi, 9, 1; 15, 8) e lo considera come dono ricevuto da Dio Padre (cfr. Galati, 1, 15-16; anche Galati, 1, 12). L’autore del quarto Vangelo attesta la sua contemplazione della gloria del Figlio unigenito (Giovanni, 1, 14) e si presenta come testimone oculare di ciò che racconta e come è istruito e guidato dallo Spirito di verità mandato da Gesù glorificato. Diverso è il caso dell’autore del Vangelo di Luca e di quello della Lettera agli Ebrei. Il primo fonda il suo racconto «di tutto quello che Gesù fece e insegnò» (Atti, 1, 1) sui «testimoni oculari e ministri della parola» (Luca, 1, 2); il secondo si riferisce ai testimoni auricolari dell’annuncio del Signore per la sua esposizione di «una salvezza così grande» (Ebrei, 2, 3). I dati biblici così raccolti non costituiscono una dottrina integrale sull’ispirazione biblica ma una tale dottrina ne deve tener conto.
La salvezza umana è il fine della rivelazione di Dio. Secondo la Dei verbum i libri biblici comunicano la verità in quanto è in connessione con questa salvezza (n. 11). Secondo la stessa costituzione la verità che si trova al centro della rivelazione riguarda Dio stesso e la salvezza umana e raggiunge il suo pieno svelamento nella persona di Gesù (n. 2). Di conseguenza si deve tener conto di due aspetti. Primo: la lettura che corrisponde alla finalità della Sacra Scrittura è quella che cerca in essa la conoscenza di Dio e della sua salvezza. Secondo: la venuta di Gesù, e con essa il culmine della rivelazione, viene preparata da una lunga “economia” della rivelazione divina.
I libri biblici attestano non soltanto la meta (Nuovo Testamento) ma anche il cammino di preparazione (Antico Testamento). Perciò la piena verità su Dio e sulla sua salvezza non si trova in una lettura ristretta a singoli e isolati libri ma soltanto in una lettura “canonica”, nella luce che viene dalla persona di Gesù.
Il documento riferisce la verità che si manifesta in diversi libri biblici. Il culmine della rivelazione su Dio e la salvezza apportato da Gesù può essere espresso in riferimento a Matteo, 28, 19-20: Gesù rivela il Dio che è Padre, Figlio, Spirito Santo, il Dio che è e vive in se stesso perfetta comunione. Gesù chiama i discepoli alla sequela (Matteo, 4, 18-22), alla comunione di vita con sé, e li incarica di fare suoi discepoli tutte le persone di tutti i popoli (Matteo, 28, 19), di introdurli cioè nella stessa comunione di vita con lui. Gesù esprime poi in Giovanni, 17, 24 il suo desiderio più alto. La verità su Dio e sulla salvezza umana, rivelata da e in Gesù, può essere sintetizzata così: Dio è perfetta comunione in se stesso e Dio offre la comunione di vita con sé a tutti gli esseri umani per mezzo del suo Figlio (cfr. anche Dei verbum, 2).
Fra i testi che appaiono problematici dal punto di vista di ciò che è effettivamente accaduto, il documento si occupa dei racconti del ciclo di Abramo (specialmente Genesi, 15) e del passaggio del mare (Esodo, 14), dei libri di Tobia e Giona, dei vangeli dell’infanzia (Matteo, 1-2; Luca, 1-2), dei racconti di miracoli e dei racconti pasquali. Accenniamo a queste spiegazioni.
Per Abramo si mette in rilievo il carattere normativo del suo atteggiamento, per il passaggio del mare la salvezza completamente realizzata dal Signore; si mostra il carattere sapienziale ed edificante del libro di Tobia e si indicano alcuni temi teologici del libro di Giona. I vangeli dell’infanzia servono come introduzioni ai due vangeli e fondano le caratteristiche della persona e opera di Gesù già nelle sue origini.
Le azioni straordinarie di Gesù costituiscono parte essenziale del suo ministero. I termini «opere di potenza» le qualificano come manifestazioni del regno di Dio che si è reso vicino e chiama alla conversione, e «segni» le caratterizzano come rivelazioni dell’identità di Gesù che chiamano alla fede in lui. Le molte divergenze nei particolari dei racconti pasquali possono dirigere l’attenzione sul «perenne valore teologico dei Vangeli» (istruzione Sancta mater ecclesia), sulla possibilità cioè di trovare un commento teologico espresso in modo narrativo che indichi il rapporto con Dio dei fatti raccontati.
Esempi di pratiche scandalose e contrarie all’insegnamento di Gesù sono la preghiera a Dio che chiede vendetta (per esempio nel Salmo 109) o il votare allo sterminio gli abitanti del paese di Canaan (Deuteronomio, 7, 1-2; Giosuè, 6-11). Collocarli nel loro contesto storico e letterario serve a una comprensione migliore del loro significato originale; validi per i cristiani sono però unicamente l’esempio e l’insegnamento di Gesù.
Lo studio dei libri biblici in riferimento alla loro auto-testimonianza circa la provenienza da Dio e alla verità che essi ci consegnano mette in risalto i diversi modi del rapporto dei loro autori con Dio e della espressione della verità, la quale rimane sempre orientata alla conoscenza di Dio e della sua salvezza.
Si raggiunge il culmine nella persona di Gesù in cui si verifica la piena rivelazione della verità. La comprensione adeguata dell’ispirazione e della verità biblica deve essere fondata sul ruolo della persona e opera di Gesù.
L'Osservatore Romano