martedì 10 aprile 2012

L'Evangelo come mi è stato rivelato




Riporto da "Libero" del 7 aprile scorso, a firma di Antonio Socci.
E’ un paradosso, ma i moderni “non credenti” sembrano letteralmente affascinati da Gesù di Nazaret. Ernst Renan lo definisce “uomo incomparabile, grande al punto che non mi sentirei di contraddire coloro che lo chiamano Dio”.
Un altro intellettuale “anticristiano” Paul Louis Couchoud ammetteva:
“Nella mente degli uomini, nel mondo ideale che esiste sotto i crani, Gesù è incommensurabile. Le sue proporzioni sono fuori di paragone, il suo ordine di grandezza è appena concepibile. La storia di Occidente, dall’impero romano in poi, si ordina intorno a un fatto centrale, a un evento generatore: la rappresentazione collettiva di Gesù e della sua morte. Il resto è uscito di là o si è adattato a ciò. Tutto ciò che si è fatto in Occidente durante tanti secoli si è fatto all’ombra gigantesca della croce”.
E tanto gli uomini desiderano saperne di più che spesso scrittori, registi, intellettuali danno sfogo alla fantasia per ricamare storie sui Vangeli, per inventare teorie o spesso balle e magari per produrre film, telefilm o spettacoli, solitamente di basso livello, ma che mietono grandi ascolti, perché – come dice la Chiesa – “tutta la terra desidera il Suo volto”.
I Vangeli infatti sono cronache abbastanza scarne, che contengono i fatti necessari ed essenziali, ma che molto lasciano immaginare. Infatti san Giovanni conclude il suo Vangelo proprio così: “vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere”.
Ebbene, se è vero che tutti desidererebbero essere stati lì, presenti, aver visto Gesù di Nazaret, il suo volto, “il più bello tra i figli dell’uomo”, averlo ascoltato in quelle piazze, su quelle strade polverose, aver assistito ai suoi sconvolgenti miracoli, si deve sapere che esiste un’opera, unica al mondo e unica nella storia, che esaudisce esattamente questo desiderio “impossibile”.
Proprio alla nostra generazione è stato fatto questo dono eccezionale. Si tratta di un’opera in dieci volumi, circa 5000 pagine, letteralmente travolgenti, dove si rivive in presa diretta, giorno per giorno, l’avventura di Gesù di Nazaret, l’uomo-Dio che ha capovolto la storia umana.
S’intitola “L’Evangelo come mi è stato rivelato” e ha la firma di Maria Valtorta.
Queste pagine sono il frutto di alcuni anni di esperienze mistiche nelle quali Gesù ha letteralmente fatto rivivere alla veggente quei giorni di duemila anni fa, proprio come se fosse stata lì allora, anzi, ancora di più perché lei vede e ascolta anche cose che gli stessi apostoli, in quei giorni, non poterono vedere, conoscere e riferire (a cominciare da tutto il lungo traviamento di Giuda, conosciuto solo da Gesù che provò in ogni modo e con un amore inaudito, per tre anni, a salvarlo).
Ma chi è Maria Valtorta? Nasce il 14 marzo 1897. Dal 1913 i Valtorta abitano a Firenze. Lei è militante dell’Azione Cattolica e durante la prima guerra fa l’infermiera volontaria.
Sempre a Firenze, nel 1920, durante una manifestazione, un rivoluzionario colpisce alla schiena la ragazza, che si trovava lì per caso, ponendo le condizioni della sua successiva immobilità.
Infatti, dopo varie esperienze dolorose, dal 1° aprile 1934 fino alla morte, il 12 ottobre 1961, trascorse ventisette anni e mezzo ‘inchiodata’ al letto. Un calvario che lei visse con fede eroica.
Per questo, a cinquant’anni dalla morte, sono sempre di più coloro che aspettano l’apertura del processo di beatificazione. La Valtorta era una donna di forte personalità, molto razionale e concreta, per nulla incline alle suggestioni fantastiche e che mai desiderò o cercò esperienze mistiche.
I fenomeni soprannaturali iniziarono nel 1943, proprio quando lei pensava di non farcela più e di essere vicina alla morte. La mattina del 23 aprile, era il venerdì santo, Gesù entrò nella sua vita e iniziò per lei una frequentazione soprannaturale quotidiana fatta di locuzioni interiori, visioni e dettati che impegnò Maria – già sofferente su quel letto – in un lavoro di trascrizione immane: circa quindicimila pagine manoscritte.
L’opera principale è appunto ‘L’evangelo come mi è stato rivelato’. Dal 1944 al 1947 – con alcune visioni successive – la Valtorta ha rivissuto tutta la storia di Gesù, riferendo ogni episodio e descrivendo perfino gli odori e il vento.
Pagine eccezionali che, in pratica, contengono tutti i quattro evangeli e riempiono i periodi mancanti, risolvendo tanti punti enigmatici o apparenti contraddizioni.
Leggere queste pagine non è solo un’avventura straordinaria per la mente, perché rivela tutto quello che si vuole sapere e illumina tutta la verità, ma cambia il cuore e cambia la vita.
Soprattutto conferma con i fatti tutti i dogmi e l’insegnamento della Chiesa, di san Giovanni, di san Paolo, di tutti i Concili.
Dopo aver compitato per vent’anni centinaia di volumi di biblisti, posso dire che – con la lettura dell’Opera della Valtorta – si possono buttare al macero duecento anni di chiacchiere illuministe, idealiste e moderniste sui Vangeli e sulla vita di Gesù.
E questo forse è uno dei motivi per cui quest’opera eccezionale – che commosse anche Pio XII – è tuttora ignorata e “rimossa” dall’intellighentsia ufficiale, dal modernismo clericale.
Nonostante ciò, fuori dei normali canali di distribuzione, grazie a Emilio Pisani e al Centro editoriale valtortiano, l’Opera è stata letta da un mare di persone, ogni anno da decine di migliaia di nuovi lettori, ed è tradotta in 21 lingue.
Un celebre biblista, Gabriele Allegra l’ha definita “un capolavoro della letteratura cristiana mondiale”.  E constatava “la sorprendente cultura scritturistica” dell’autrice, che però non aveva studiato teologia e aveva a sua disposizione solo una vecchia e popolare versione della Bibbia.
Emblematico anche il giudizio che nel 1952 espresse il padre gesuita Agostino Bea, un’autorità in campo esegetico, essendo Rettore del Pontificio istituto biblico di Roma (dove alcuni anni dopo gli succedette Carlo Maria Martini).
Bea fu anche una importante personalità della Chiesa perché – dopo essere stato il confessore di Pio XII – divenne cardinale e fu uno dei principali protagonisti del Concilio Vaticano II.
Ebbene nel 1952 scrisse di aver esaminato un estratto dell’Opera “attendendo nella lettura particolarmente alla parte esegetica, storica, archeologica e topografica”.
Ecco il suo giudizio: “Quanto all’esegesi non ho trovato, nei fascicoli da me esaminati, errori di alcun rilievo. Sono poi stato molto impressionato dal fatto che le descrizioni archeologiche e topografiche sono proposte con notevole esattezza”.
Tutto questo è umanamente inspiegabile.
Nell’Opera valtortiana si trova una ricostruzione così precisa e ricca dei fatti storici, geografici e umani della vita pubblica di Gesù che è impossibile da spiegare, specie se si pensa che è uscita dalla penna di una donna che era ignara di queste materie e di teologia, che non conosceva la Terra Santa e che non disponeva di libri da consultare trovandosi malata e immobilizzata su un letto, nella Viareggio della Linea gotica, durante i mesi più feroci la guerra.
Migliaia di pagine, traboccanti di notizie e riflessioni altissime, di descrizioni geografiche che solo oggi, andando sul posto, si potrebbero fare.
Centinaia di toponimi e resoconti di luoghi che erano sconosciuti a tutti e che solo le recenti ricerche e gli scavi archeologici hanno riportato alla luce. L’Opera della Valtorta è davvero inspiegabile con mezzi umani. Perfino lo stile letterario è molto alto.
Ma, soprattutto, il gigante che attraversa quelle pagine e che affascina per potenza, bontà, bellezza, che entusiasma per parole e atti, è precisamente quel Gesù di Nazaret di cui parlano i Vangeli. Il mondo non aveva visto e non vedrà mai niente di paragonabile.