domenica 17 marzo 2013

Papa Francesco: l'omelia di oggi nella chiesa di sant'Anna

Papa Francesco a sorpresa in strada con i fedeli. Angelus: "Misericordia rende mondo più giusto"


"IL MESSAGGIO PIU' FORTE DEL SIGNORE E' LA MISERICORDIA"


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SANTA MESSA NELLA PARROCCHIA SANT'ANNA
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

V Domenica di Quaresima, 17 marzo 2013
E’ bello questo: prima, Gesù solo sul monte, pregando. Pregava solo (cfr Gv 8,1). Poi, si recò di nuovo nel Tempio, e tutto il popolo andava da lui (cfr v. 2). Gesù in mezzo al popolo. E poi, alla fine, lo lasciarono solo con la donna (cfr v. 9). Quella solitudine di Gesù! Ma una solitudine feconda: quella della preghiera con il Padre e quella, tanto bella, che è proprio il messaggio di oggi della Chiesa, quella della sua misericordia con questa donna.

Anche c’è una differenza tra il popolo: C’era tutto il popolo che andava da lui; egli sedette e si mise ad insegnare loro: il popolo che voleva sentire le parole di Gesù, il popolo di cuore aperto, bisognoso della Parola di Dio. C’erano altri, che non sentivano niente, non potevano sentire; e sono quelli che sono andati con quella donna: Senti, Maestro, questa è una tale, è una quale … Dobbiamo fare quello che Mosè ci ha comandato di fare con queste donne (cfr vv. 4-5).

Anche noi credo che siamo questo popolo che, da una parte vuole sentire Gesù, ma dall’altra, a volte, ci piace bastonare gli altri, condannare gli altri. E il messaggio di Gesù è quello: la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore: la misericordia. Ma Lui stesso l’ha detto: Io non sono venuto per i giusti; i giusti si giustificano da soli. Va’, benedetto Signore, se tu puoi farlo, io non posso farlo! Ma loro credono di poterlo fare. Io sono venuto per i peccatori (cfr Mc 2,17).

Pensate a quella chiacchiera dopo la vocazione di Matteo: Ma questo va con i peccatori! (cfr Mc2,16). E Lui è venuto per noi, quando noi riconosciamo che siamo peccatori. Ma se noi siamo come quel fariseo, davanti all’altare: Ti ringrazio Signore, perché non sono come tutti gli altri uomini, e nemmeno come quello che è alla porta, come quel pubblicano (cfr Lc 18,11-12), non conosciamo il cuore del Signore, e non avremo mai la gioia di sentire questa misericordia! Non è facile affidarsi alla misericordia di Dio, perché quello è un abisso incomprensibile. Ma dobbiamo farlo! “Oh, padre, se lei conoscesse la mia vita, non mi parlerebbe così!”. “Perché?, cosa hai fatto?”. “Oh, ne ho fatte di grosse!”. “Meglio! Vai da Gesù: a Lui piace se gli racconti queste cose!”. Lui si dimentica, Lui ha una capacità di dimenticarsi, speciale. Si dimentica, ti bacia, ti abbraccia e ti dice soltanto: “Neanch’io ti condanno; va’, e d’ora in poi non peccare più” (Gv8,11). Soltanto quel consiglio ti da. Dopo un mese, siamo nelle stesse condizioni… Torniamo al Signore. Il Signore mai si stanca di perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono. E chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui mai si stanca di perdonare. Chiediamo questa grazia.

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Il commento è di Andrea Tornielli.

Cari amici, scusate per il silenzio di questi giorni, ma sto lavorando molto intensamente. Volevo raccontarvi quello che mi è capitato ieri mattina: sono stato invitato alla messa di Papa Francesco nella parrocchia di Sant’Anna, e alla fine ho potuto salutarlo, come ha fatto ciascuno dei presenti. Vedendomi, mi ha chiesto notizie di mia mamma, che sapeva gravemente ammalata. E poi mi ha rivolto la richiesta con la quale era sempre solito chiudere la conversazione, ogni volta che l’ho incontrato: “E non ti dimenticare di pregare per me…”. Il testo che segue è il commento che ho pubblicato oggi su La Stampa: credo che l’omelia pronunciata ieri a braccio dal Papa nella chiesa di Sant’Anna valga come sua prima enciclica.
La prima grande enciclica di Francesco è una predica domenicale durata una manciata di minuti. Il nuovo Papa la pronuncia a braccio, dall’ambone della piccola chiesa parrocchiale di Sant’Anna, all’interno delle mura vaticane: «Il messaggio di Gesù è la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore».
Viviamo in una società che ci abitua sempre meno a riconoscere le nostre responsabilità e a farcene carico: a sbagliare, infatti, sono sempre gli altri. Gli immorali sono sempre gli altri, le colpe sono sempre di qualcun altro, mai nostre. Ma viviamo talvolta anche l’esperienza di un certo clericalismo di ritorno intento solo a «regolarizzare» le vite delle persone, attraverso l’imposizione di prerequisiti e divieti che soffocano la libertà e appesantiscono il già faticoso vivere quotidiano. Pronto a condannare, invece che ad accogliere. Capace di giudicare, ma non di chinarsi sulle miserie dell’umanità. Il messaggio della misericordia, cuore di questa prima enciclica non scritta del nuovo Papa, abbatte contemporaneamente entrambi i cliché.
Papa Francesco ha commentato il brano evangelico dell’adultera, la donna che gli scribi e farisei vorrebbero lapidare come prescritto dalla legge mosaica. Gesù le salva la vita, chiedendo a chi fosse senza peccato di scagliare la prima pietra: se ne andarono tutti. «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Il Pontefice, riferendosi agli scribi e farisei che avevano trascinato la donna da lapidare davanti al Nazareno, ha detto: «Anche a noi a volte, ci piace bastonare gli altri, condannare gli altri».
Il primo e unico passo richiesto per fare esperienza della misericordia, ha spiegato Francesco, è quello di riconoscersi bisognosi di misericordia. «Gesù è venuto per noi, quando noi riconosciamo che siamo peccatori», ha detto. Basta non imitare quel fariseo che stando davanti all’altare ringraziava Dio per non essere «come tutti gli altri uomini». Se siamo come quel fariseo, se ci crediamo giusti, «non conosciamo il cuore del Signore, e non avremo mai la gioia di sentire questa misericordia!». Chi è abituato a giudicare gli altri, a sentirsi a posto, a considerarsi giusto e buono, non avverte il bisogno di essere abbracciato e perdonato. E c’è chi invece lo avverte ma pensa di essere irredimibile, per il troppo male commesso.
Il Papa ha raccontato a questo proposito un dialogo avvenuto in confessionale quando un uomo, sentendosi rivolgere questa parola sulla misericordia, aveva risposto a Bergoglio: «Oh, padre, se lei conoscesse la mia vita, non mi parlerebbe così! Ne ho fatte di grosse!». E lui ha risposto: «Meglio! Vai da Gesù: a lui piace se gli racconti queste cose! Lui si dimentica, Lui ha una capacità speciale di dimenticarsi. Si dimentica, ti bacia, ti abbraccia e ti dice soltanto: “Neanch’io ti condanno; va’, e d’ora in poi non peccare più”. Soltanto quel consiglio ti da. Dopo un mese, siamo nelle stesse condizioni… Torniamo al Signore. Il Signore mai si stanca di perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono. E chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui mai si stanca di perdonare».
Dio non si stanca mai di accogliere e di perdonare, se soltanto riconosciamo di essere bisognosi del suo perdono. Questa è la prima grande enciclica non scritta del nuovo Papa. Si dirà: ma questo è da sempre il cuore del messaggio cristiano. Eppure da quattro giorni le parole semplici e profonde di Francesco sono una boccata d’ossigeno. Per tanti. Proprio perché presentano il volto di una Chiesa che non rinfaccia agli uomini le loro fragilità e le loro ferite, ma le cura con la medicina della misericordia.