venerdì 21 giugno 2013

Gesti e parole per tutti: i primi 100 giorni di Papa Francesco




Come Luigi Gonzaga
«Forse la lezione principale dei primi cento giorni di Francesco è che quando c’è di mezzo la leadership spirituale, a volte in realtà lo stile è sostanza», scrive il vaticanista John L. Allen su «National Catholic Reporter», tirando un bilancio su questo primo periodo di Bergoglio sul soglio di Pietro. Allen riprende le parole di Jorge Eduardo Lozano, vescovo di Gualeguaychú dell’arcidiocesi di Paraná in Argentina nonché amico stretto di Bergoglio, quando dice che è un errore attendersi che lentamente, da sotto i gesti simbolici di grande effetto di queste prime settimane, emergerà il vero Papa Francesco: secondo Lozano, infatti, questi gesti sono il vero Papa, «sono espressione del suo magistero».
Con un messaggio rivolto a tutti, ai cardinali, ai vescovi, ai sacerdoti e ai cattolici di ogni parte del mondo. Nel tentativo di capire in cosa concretamente si articoli questo messaggio-magistero, Allen lo articola in quattro caratteristiche fondanti: «semplicità, umiltà, la scelta di restare largamente al di sopra della politica e quella di mantenersi straordinariamente accessibile alla gente comune».
Tra i sedici punti in cui si articola invece l’analisi che John Carr ha scritto su «America» sui primi cento giorni, vi sono «il potere è servizio» (parla «il pastore globale che condivide la sua fede, la sua speranza e il suo amore»); le «questioni di identità» («la Chiesa non è una tra le tante organizzazioni che fanno del bene, è il corpo di Cristo»); e l’invito a «non clericalizzare i laici» (come Bergoglio ricorda sempre, la vocazione al laicato è il sale, la luce e il lievito del mondo). «Un amico non cattolico commentando la ricorrenza — conclude Carr — mi ha detto “avete un Papa che sa come fare il Papa”. E dopo cento giorni, sono impaziente di vedere come si articolerà il prosieguo della storia».
E sull’«Huffington Post», Thomas Worcester traccia invece un bilancio che coglie un legame importante con il santo celebrato il 21 giugno, anniversario dei primi cento giorni. Si tratta del gesuita Luigi Gonzaga (1568-1591), che prese le distanze dalla sua illustre famiglia per vivere a stretto contatto con i poveri ammalati di peste a Roma. Così a stretto contatto da contrarre la malattia: trovato in strada un appestato, Luigi Gonzaga se lo caricò in spalla per portarlo in ospedale, morendo così a soli ventitré anni. «Difficilmente — conclude Worcester — si potrebbe immaginare un santo più calzante per un giorno come questo, che segna i primi cento giorni di Francesco, vescovo di Roma e umile serv0».
La prima lezione
Nei suoi primi cento giorni, Papa Francesco ha conquistato la fiducia dell’85 per cento degli italiani. Lo rivela un’indagine condotta dall’Istituto Demopolis, che riferisce di un apprezzamento che raggiunge il 96 per cento tra i cattolici, l’87 per cento tra le donne e il 65 per cento tra non cattolici e non credenti.
A colpire maggiormente sono la spontaneità, il linguaggio, la semplicità, la vicinanza alla gente e l’attenzione particolare mostrata verso i più deboli. Tra i gesti che più hanno colpito gli italiani vi sono la scelta del nome Francesco, l’incontro storico con Benedetto XVI e la lavanda dei piedi ai giovani detenuti il Giovedì santo. Un altro dato interessante è quello relativo alla fiducia degli italiani verso la Chiesa cattolica, che si attesta oggi al 63 per cento.
«Il primo atto, la prima impressione, la prima emozione che deve accompagnare l’incontro con la Chiesa — scrive monsignor Pierangelo Sequeri commentando i primi cento giorni di Papa Francesco su «Avvenire» del 20 giugno — è l’immagine della prossimità di Gesù». In questa dimostrazione del «tocco di Dio», il teologo milanese individua «la prima lezione di ecclesiologia» del Pontefice. «Nessuna strategia di comunicazione può colmare la mancanza di questo primo amore. Ricorda, Chiesa, come si muove il Corpo del Signore. E fa’ lo stesso. la lezione di ecclesiologia dei primi cento giorni è questa».
Encicliche quotidiane
«Nel caso di questo Papa, in cui ogni gesto è un’enciclica, i primi cento giorni sono un concilio senza riunioni interminabili e incensari d’argento, un concilio virtuale e telematico, coerente con i tempi», scrive padre Ángel García Rodríguez, presidente e fondatore dei Mensajeros de la Paz nello speciale che il quotidiano spagnolo «La Razón» ha dedicato al Papa. «Il soffio d’aria fresca — continua Rodríguez — si sta trasformando in un uragano di fede e di opere. Papa Francesco vuole una Chiesa madre, mai addormentata e, soprattutto, che non addormenti».
José Beltrán, sempre per «La Razón», è tornato a intervistare il sacerdote uruguaiano che il Papa incontrò durante la sua prima messa nella parrocchia di Sant’Anna, in Vaticano. «Durante quella messa — si legge nell’articolo — Francesco indicò a tutti padre Gonzalo come un modello di impegno. Questo ha provocato nel governo uruguaiano una risposta immediata. Ci sono già due nuovi centri per i ragazzi di strada e il governo ha annunciato che ha l’intenzione di diffondere questo modello in tutto il Paese».
E continua padre Gonzalo raccontando il ritorno alla vita “normale” insieme ai suoi ragazzi dopo il viaggio a Roma che lo ha reso noto in tutto il mondo: «Mi ha dato molta pace incontrarlo, ma avere sempre davanti il suo esempio resta una sfida permanente».
L’“effetto Francesco” ha avuto un impatto molto positivo sull’ecumenismo scrive Rafael Navarro-Valls, editorialista di «El Mundo»: anglicani, evangelici ed ebrei hanno mostrato un interesse non comune nei confronti dei messaggi pontifici. Sorprende per esempio che il pastore Timothy George, in «Christianity Today», il principale organo di stampa evangelico in lingua inglese, fondato da Billy Graham, abbia voluto pubblicare un articolo estremamente positivo (Our Francis, too) in cui si elogia l’esempio di semplicità e austerità di Papa Francesco. Qualcosa di simile è successo con la recente visita in Vaticano dell’arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa anglicana Welby. Il clima era di cordialità e concordia, su due temi in particolare: la promozione dei valori cristiani e la giustizia sociale «che deve dar voce ai poveri».
È da cento giorni che Francesco sorprende il mondo, scrive Aura Miguel in un articolo pubblicato sulla pagina online del periodico portoghese «Renascença»: «Un Papa umile ma forte, popolare ma esigente, dalla parte dei poveri ma non in modo ideologico, un Papa che richiama alla solidarietà e all’ecologia ma parla anche del diavolo, critica i cristiani “seduti” e approva quelli che vanno nelle periferie, biasima i carrieristi ma anche quelli che passano la vita a lamentarsi. Ci ricorda che parlare male degli altri è peccato e che senza la preghiera non andiamo lontano. Considera la religiosità popolare un tesoro e parla costantemente di amore, tenerezza e misericordia, cose di cui la sua vita è testimonianza eloquente».
Predicatore nato 
«Questo Papa parla molto. Ogni mattina un’omelia, lettere agli amici, commenti e frasi scherzose. Spesso discorsi scritti di suo pugno o improvvisati al momento, mentre i fogli già preparati vengono messi da parte. Questo gesuita è un predicatore nato» scrive Jean-Marie Guénois su «Le Figaro».
Il quotidiano «la Croix» propone un percorso per immagini, articoli e testimonianze, tra le altre, quella dello scrittore Philippe Sollers, del deputato europeo Sylvie Goulard, e dell’ex primo ministro francese Jean-Pierre Raffarin che confessa al quotidiano cattolico: «Sono stato conquistato dalla sua richiesta di pregare per lui. Questo Papa comunica uno straordinario sentimento di pace interiore e di umiltà. Prima percepivo una sorta di disfattismo nel cattolicesimo, adesso mi sono accorto che i cattolici non attendono altro che un messaggio forte e chiaro per risvegliarsi. Sono stato colpito in modo particolare dalla sua visione del ruolo degli anziani nella società».
Sempre su «la Croix», il metropolita Emmanuel, presidente dell’Assemblea dei vescovi ortodossi francesi, ricorda: «attenzione a non giudicare i primi cento giorni di un Pontefice come quelli di un Presidente o di un capo di Stato. La Chiesa è prima di tutto una realtà spirituale. Per ora possiamo valutare positivamente l’inizio del pontificato di Francesco per la prossimità con gli svantaggiati e per il suo ecumenismo: lui vuole parlare a tutti ed è un segno per ilmondo di oggi».
E sul giornale online «Slate» scrive Henry Tinq: «Questo Papa non cessa di stupire».
Rotti tutti gli schemi
Commenti molto positivi in Polonia per i primi cento giorni di pontificato di Francesco. «Rompe gli schemi, introduce cambiamenti rivoluzionari, stupisce i prelati» scrive il quotidiano nazionale «Gazeta Wyborcza» in un articolo. Della questione si è occupato anche il settimanale «Gość Niedzielny» con una rassegna, a cura di Joanna Bątkiewicz-Brożek, che riprende articoli tratti da quotidiani e settimanali principalmente italiani.
Da parte sua il settimanale di Cracovia «Tygodnik Powszechny» ha dedicato oltre dieci pagine ai primi cento giorni di pontificato di Francesco. Il lungo approfondimento è aperto da un editoriale di Adam Boniecki che nota come in Polonia sia diffusa la sensazione che indipendentemente dal numero dei provvedimenti che ha assunto finora, «Francesco stia cambiando il volto della Chiesa». Forse il Papa, aggiunge l’articolo, «ha pensato che non si può produrre questo cambiamento con metodi amministrativi e attraverso documenti, pur senza disconoscere la loro importanza». Per questo, conclude l’analisi, «ha scelto la difficile strada della testimonianza evangelica, la quale sembra portare frutto. Non si occupa di ordinare la fede, ma di trasmetterla. In questo consiste la strategia evangelica».
Grandi attese
Diversi organi di stampa tedeschi si sono occupati dei primi cento giorni di Papa Francesco. Secondo la Zweites Deutsches Fernsehen, seconda rete nazionale, Bergoglio «è diverso dai suoi predecessori. Lo ha fatto capire chiaramente sin dal primo istante. Vestito di bianco, il 13 marzo, dopo la sua elezione, sorprendentemente rapida, si è presentato nella loggia della basilica di San Pietro. (...) Semplicità e modestia sono diventati il marchio di fabbrica di Francesco». Il Papa, prosegue il commento, «continua a portare le sue scarpe nere e ad abitare nella Domus Sanctae Marthae, la foresteria vaticana. E questo non perché considera troppo sfarzosi gli appartamenti pontifici nel palazzo apostolico, ma perché vuole stare in mezzo alle persone». Questa vicinanza del Papa alle persone, rileva la rete televisiva, «è tra le sue principali sollecitudini. Ciò che Jorge Mario Bergoglio ha vissuto come cardinale di Buenos Aires, visitando continuamente i quartieri poveri della città, ora come Papa lo vuole fare per tutta la Chiesa. “Uscire”, è questo il suo motto. Vuole che la Chiesa non si occupi costantemente di se stessa, ma che, conformemente al suo mandato, si preoccupi della gente». L’agenzia di stampa Katholische Nachrichtern Agentur (Kna), da parte sua, parla di «una ventata di aria fresca e grandi attese» attraverso un commento di Johannes Schidelko, secondo il quale «Papa Francesco ha portato un nuovo stile nel centro della Chiesa di Roma: nuove forme di comunicazione e d’incontro, come anche nuova semplicità e modestia. Bergoglio va incontro alle persone con carisma e una cordialità che conquista. Smuove le folle e trova il tono giusto nei suoi discorsi». Alcuni, però, aggiunge il commento «s’interrogano sul corso esatto, sul profilo e sul programma del nuovo pontificato, e si domandano quando inizieranno le necessarie riforme e il cambiamento del personale».
L'Osservatore Romano

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Quel nuovo stile di comunicare
Pubblichiamo in una nostra traduzione uno degli articoli contenuti nello speciale «Cien por cien Francisco» che il quotidiano spagnolo «La Razón» ha dedicato al Papa.
(José María Gil Tamayo) Dopo l’efficace risposta comunicativa della Santa Sede alla sfida mediatica rappresentata dallo storico periodo della rinuncia di Benedetto XVI, del conclave e dell’elezione di Papa Francesco, l’opinione pubblica in generale continua a guardare con stupore, attenzione e simpatia, ai gesti e ai messaggi del nuovo vescovo di Roma. E tutto ciò al punto che, in questi tre mesi in cui è stato a capo della Chiesa cattolica, si è arrivati a parlare di una sorta d’inaspettata “luna di miele” mediatica tra Papa Bergoglio e il mondo della comunicazione, che sana, o quanto meno riduce, alcuni contrasti sorti in precedenza al momento di trattare in modo corretto l’informazione sul Papa e, con essa, l’immagine della Santa Sede nell’opinione pubblica.
Certo, da tempo il Vaticano sta adottando la forma di comunicazione più adeguata alla personalità e al messaggio dei Papi, sfruttando tutte le potenzialità informative che ogni Pontefice offre. E lo fa traducendo con coerenza in immagine o in messaggio mediatico l’identità del vescovo di Roma, il suo modo naturale di essere e di pensare. È questa la chiave. Il Papa non “recita”, è semplicemente così.
È ciò che sta accadendo ora in modo originale con Papa Francesco, che, con il linguaggio diretto della gente comune, rende accessibili la freschezza e la profondità del messaggio evangelico, e allo stesso tempo invita a un impegno più grande nella vita cristiana e di conseguenza a mostrare una Chiesa più aperta e accogliente, che esce da se stessa alla ricerca di quanti si sono allontanati e sono nel bisogno in tutte le periferie esistenziali del mondo di oggi, vittime delle vecchie e delle nuove forme di povertà.
I gesti di Papa Francesco sono percepiti dal grande pubblico come vicini per la loro semplicità e tenerezza, giungendo direttamente al cuore e toccando i sentimenti profondi delle persone, con tutto il carico di rappresentatività che questo comporta per l’immagine positiva della Chiesa nel mondo di oggi. Lo stesso accade con il suo stile di vita sobrio, che gli conferisce ancora più coerenza e credibilità.
Anche nei messaggi pronunciati nei momenti più formali, quali sono i discorsi ufficiali e le omelie nelle grandi celebrazioni, l’apporto originale delle sue improvvisazioni, delle sue domande, delle sue denunce e dei suoi reiterati riferimenti all’essenziale della sua visione della Chiesa e della vita cristiana che egli vuole promuovere, non toglie nulla alla dovuta solennità ministeriale.
Non evita inoltre di affrontare, in modo diretto e chiaro, nessuno dei difficili problemi dell’attuale momento ecclesiale o della società di oggi. Così, in un recente discorso a un gruppo di nuovi ambasciatori, per citare un tema che coinvolge seriamente milioni di persone, ha affermato: «La crisi finanziaria che stiamo attraversando ci fa dimenticare la sua prima origine, situata in una profonda crisi antropologica. Nella negazione del primato dell’uomo! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano. Dietro questo atteggiamento si nasconde il rifiuto dell’etica, il rifiuto di Dio».
Accanto a questi accenti più formali della sua predicazione, Papa Francesco nelle sue omelie quotidiane nella Domus Sanctae Marthae sta mostrando un nuovo modello di magistero pontificio, una sorta di sermo humilis (con le parole di sant’Agostino), con un linguaggio colloquiale, sintetico e trasparente, sconosciuto negli ambienti curiali, che può essere facilmente diffuso nelle reti sociali e che allo stesso tempo delinea per il grande pubblico il significato delle parole e delle frasi, rendendole subito comprensibili a tutti, con espressioni così originali come «Chiesa babysitter», «Dio-spray», «progressismo adolescente», «cristiani satelliti», «mondanità spirituale», «clericalismo sofisticato», usate per riferirsi a difetti che occorre evitare per avanzare in un vero rinnovamento cristiano, a livello sia personale sia ecclesiale.
Ci troviamo, in definitiva, di fronte a un Papa con un nuovo stile comunicativo per tempi nuovi come i nostri.
L'Osservatore Romano

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Papa Francesco secondo i media internazionali.

«Forse la lezione principale dei primi cento giorni di Francesco è che quando c’è di mezzo la leadership spirituale, a volte in realtà lo stile è sostanza», scrive il vaticanista John L. Allen su «National Catholic Reporter», facendo un bilancio di questo primo periodo di Bergoglio sul soglio di Pietro. «Nel caso di questo Papa, in cui ogni gesto è un’enciclica, i primi cento giorni sono un concilio senza riunioni interminabili e incensari d’argento, un concilio virtuale e telematico, coerente con i tempi», scrive padre Ángel García Rodríguez, presidente e fondatore dei Mensajeros de la Paz nello speciale che il quotidiano spagnolo «La Razón» ha dedicato al Papa. «Il soffio d’aria fresca — continua Rodríguez — si sta trasformando in un uragano di fede e di opere. Papa Francesco vuole una Chiesa madre, mai  addormentata e, soprattutto, che non addormenti». «Questo Papa parla molto — scrive  Jean-Marie Guénois su «Le Figaro» commentando quella che chiama la “Papamania” diffusa in tutto il mondo — ogni mattina un’omelia, lettere agli amici, commenti e frasi scherzose. Spesso discorsi scritti di suo pugno o improvvisati al momento, mentre i fogli già preparati vengono messi da parte. Questo gesuita è un predicatore nato» conclude Guénois.
Il quotidiano «la Croix» propone un percorso per immagini, articoli e testimonianze, tra le altre, quella dello scrittore Philippe Sollers, del deputato europeo Sylvie Goulard, e dell’ex primo ministro francese Jean-Pierre Raffarin che confessa al quotidiano cattolico: «Sono stato conquistato dalla sua richiesta di pregare per lui. Questo Papa comunica uno straordinario sentimento di pace interiore e di umiltà. Prima percepivo una sorta di disfattismo nel cattolicesimo, adesso mi sono accorto che i cattolici non attendono altro che un messaggio forte e chiaro per risvegliarsi. Sono stato colpito in modo particolare dalla sua visione del ruolo degli anziani nella società». E sul giornale online «Slate» scrive Henry Tinq: «Questo Papa non cessa di stupire». Nei suoi primi cento giorni, Papa Francesco ha conquistato la fiducia dell’85 per cento degli italiani. Lo rivela un’indagine condotta dall’Istituto Demopolis, che riferisce di un apprezzamento che raggiunge il 96 per cento tra i cattolici, l’87 per cento tra le donne e il 65 per cento tra non cattolici e non credenti.
L'Osservatore Romano