domenica 16 marzo 2014

Il servizio del Papa nel tempo di Dio



Ne abbiamo ormai piene le tasche di “bilanci” pontificali. E anche di gare mediatiche per chiavi di lettura. Tanto più che l’interessato, papa Francesco, ha detto che i bilanci li fa solo al confessore e in questa settimana, mentre il mondo lo celebrava, si è ritirato in disparte, sotto gli unici riflettori che lo interessano: quelli dello Spirito. I protagonismi, gli incensi alla sua persona, del resto, da sempre li schiva come la peste. Il servizio non vuole monumenti. Persino un battagliero Bernardo di Chiaravalle sarebbe rimasto a bocca asciutta. Lui che non aveva peli sulla lingua quando si trattava di chiosare a colpi di penna papi e vescovi riguardo ai mali mondani e che non lesinava neppure di apostrofare così Eugenio III, suo discepolo e frate del suo Ordine divenuto pontefice: «Non temo per te né il ferro né il veleno ma l’orgoglio del dominio». È l’unico pericolo che di sicuro non corre Francesco.

Lui, ma noi? Noi da un anno a questa parte di fronte all’imprevista opera di spoliazione siamo rimasti come rimasero tutti davanti al restauro ultimato del “Giudizio universale” di Michelangelo nella Sistina: sorpresi, spiazzati, increduli. Sbalorditi davanti al brillare di quei colori intensi, ritrovati sotto secoli di fuliggine, di polveri incrostate e di braghe posticce che ne avevano deviato e offuscato l’originario splendore. Qualcuno, sgomento, disse che era troppo quel colore, troppo nuovo per essere antico.

Era la minoranza di quei critici che sulle fuliggini avevano costruito il “loro” Michelangelo e mal digerivano che le loro fissate sperequazioni iconografiche venissero squadernate da un colpo di spugna. Ma tant’è, con o senza il loro beneplacito, il “Giudizio” resta quello autentico, così come autentico è il Vangelo sine glossa mostrato da Francesco attraverso la spontanea corporeità dei suoi gesti e delle sue parole. Resourcement. Siamo risaliti alle sorgenti, provocati a tutti i livelli, messi a nudo di fronte a noi stessi. Paventate “papalatrìe” o no, a oggi il dato oggettivo non cambia, e la sostanza resta questa: Francesco ha nutrito e sparso il conforto della fede, ha fatto rifiorire la speranza in una moltitudine di uomini e donne. Perciò adesso gli interrogativi sono al nostro specchio. Se vuoi capire, guardi. Se vuoi andare avanti, ascolti. Se non t’interessa, taci. Se vuoi viverlo, segui quello a cui il vescovo di Roma continua a spianare la strada: «Se non predico e testimonio il Vangelo, la mia vita vale niente». Non c’è altro. Punto e a capo.

Un altro anno è davanti. E il cantiere della vita della Chiesa è sempre aperto. Papa Bergoglio intanto compirà ancora quel paradigmatico ritorno alle fonti, verso la madre di tutte le Chiese, andrà a Gerusalemme, insieme ai fratelli ortodossi perché «Cristo non può essere diviso». Continuerà ad attuare la dinamica missionaria attraverso i tre vitali passi confacenti alla natura della Chiesa rimasti lascito inevaso del Concilio: la sinodalità, l’unità dei cristiani, la povertà. Andrà in Asia senza lo spirito del travelling man, del «vescovo d’aeroporto».

Libero dall’ansia di prendere possesso degli spazi, piantare bandierine di reconquista. Privilegerà le azioni che generano dinamiche nuove, che richiedono accompagnamento, pazienza e attesa perché «il tempo è superiore allo spazio», «Dio si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia» e «noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi». Senza assi preferenziali o ostilità preconcette verso le nazioni, i popoli, le religioni.

Per intuire qualcosa intorno alla cartografia delle sorgenti da cui fluisce il torrente di cose nuove e cose antiche con cui Francesco continuerà a spiazzare e a incamminare la Chiesa e il mondo serve più agilità nel dribblare gli stereotipi prodotti su di lui a getto continuo in un senso o nell’altro e – come ripete sovente lui stesso – un po’ di «discernimento». Il tempo è di Dio e il meglio dovrà, forse, ancora venire.

Stefania Falasca (Avvenire)

*

Il segreto di un Papa che provoca chi lo ascolta
di Piero Gheddo
Un anno fa, il 13 marzo 2013, Giorgio Mario Bergoglio era eletto da 115 cardinali Vescovo di Roma e Pontefice della Chiesa cattolica universale, il 263° discendente dell’Apostolo San Pietro. A un anno di distanza, Papa Francesco continua a suscitare nei popoli anche non cristiani tante speranze di pace, di giustizia, di gioia di vivere, di crescita umana ed economica per tutti. Un interesse inspiegabile, poiché Francesco non ha alcun potere economico-politico-militare-scientifico-tecnico, così da poter influire sull’andamento delle vicende mondane. Si spiega solo per un motivo soprannaturale. Il Papa argentino ripropone ai popoli, con la sua persona, i suoi gesti e le sue parole, il Vangelo e le Beatitudini di Gesù, un’autentica rivoluzione rispetto alla disumanità del mondo in cui viviamo, che specialmente nel nostro Occidente post-cristiano, sembra aver eliminato Dio dall’orizzonte dell’uomo e della società.
Da duemila anni le Chiese cristiane proclamano la Buona Notizia che è nato il Salvatore dell’uomo e già in passato il “primo annunzio” aveva provocato un terremoto benefico nei popoli, come pure capita anche oggi, in territori e popoli limitati, nelle missioni e ora giovani Chiese. L’annunzio delle Beatitudini non ci commuove più, l’abbiamo sentito tante volte! In ogni epoca storica il Vangelo è sempre nuovo, ma perché Francesco viene accolto in modo così corale quasi senza obiezioni o rifiuti? Nel recente passato Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II erano Papi “popolari”, che toccavano il cuore dei popoli. Con Francesco si verifica un fatto nuovo. Lui stesso si mette a livello della gente comune, parla a braccio, i suoi discorsi si riferiscono alla vita quotidiana e li capiscono tutti. Sembra quasi che dica: voi sapete già cosa dice la Chiesa, cosa dicono la dottrina e la morale cristiana. Adesso vediamo un po’ come noi stessi viviamo o possiamo vivere questa millenaria tradizione.

Papa Francesco scende dalla Cattedra pontificia, rinunzia ai lussi e ai fasti tradizionali, si proclama “peccatore”, è uno di noi che fa lo stesso nostro cammino e ha le nostre stesse tentazioni, è trasparente, non vuole segreti, anzi spalanca tutte le nicchie, i ripostigli, le cassaforti vaticane in modo da iniziare la purificazione della Chiesa proprio dal suo centro.
Soprattutto, quando parla provoca sempre chi lo ascolta. Non fa ragionamenti, ma fa la revisione di vita ogni giorno, nel commento al Vangelo a Santa Marta spiega cosa vuol dire Gesù, ma poi subito applica il Vangelo alla vita quotidiana, sua e della gente. Si veda ad esempio il discorso del 14 febbraio 2014 in Piazza San Pietro alle decine di migliaia di fidanzati, venuti da ogni parte del mondo. Un predicatore all’antica avrebbe spiegato cos’è il fidanzamento, quali sono le regole da osservare, citando passi del Vangelo e il Catechismo della Chiesa cattolica. Papa Francesco si fa preparare tre domande dai fidanzati e risponde direttamente raccontando fatti ed esempi: perché il matrimonio è per sempre? Come vivere assieme il matrimonio e la preparazione alle nozze? Domande che tutti si fanno, quindi l’attenzione è assicurata, e poi i fatti, i proverbi, le battute che Francesco fa saranno ricordati, mai un Papa ha parlato in modo così diretto e personale alla gente che lo ascolta. E’ la realtà vista dalla parte della gente, non dalla parte della millenaria Dottrina della Chiesa. Naturalmente spiegando la Dottrina, ma applicandola alle situazioni umane del nostro tempo.
Ma insomma, qual è, in fondo, la rivoluzione di Papa Francesco? Nient’altro che questa: vuole riportare gli uomini del nostro tempo a Dio, a Gesù Cristo, al Vangelo. In lui non c’è alcuna rottura con i Papi precedenti e con la Tradizione cristiana, che però, come i Manuali della morale cristiana, i Codici di diritto canonico, le norme liturgiche, i Concili ecumenici e le encicliche dei Papi vengono pubblicati per adattare, “aggiornare” (come diceva Giovanni XXIII) la dottrina e la morale cattolica agli uomini di tutti i tempi. La Verità rivelata rimane ferma, ma viene interpretata e applicata in modi diversi secondo le varie epoche storiche e l’evoluzione dei popoli. Gesù ha detto ai suoi Apostoli: “Ho ancora molte cose da dirvi, ma ora non potete comprenderle; quando però verrà lo Spirito della verità, vi guiderà verso tutta la verità… Lo Spirito riprenderà quanto io ho insegnato e ve lo farà capire meglio” (Giov. 16, 12-15).
L’ultima rivelazione di Dio è quella di Gesù Cristo, ma noi uomini non possiamo mai comprendere pienamente il pensiero di Dio, la volontà di Dio. Ecco perché dalla Parola di Dio autenticata dalla Chiesa, nei duemila anni di cristianesimo lo Spirito ha rivelato, ha fatto capire tante cose contenute nel Vangelo. Questa è la grande “Tradizione della Chiesa”, che è fonte di rivelazione come la Parola di Dio scritta, l’Antico e il Nuovo Testamento. La Chiesa ha compreso a poco a poco più profondamente il Vangelo ed è cambiata nei secoli in tante cose: ad esempio, il giudizio sulle religioni non cristiane (“Nostra Aetate” del Vaticano II), la libertà religiosa di ciascun uomo (“Dignitatis humanae”), la “collegialità” dei vescovi con il Papa (“Lumen Gentium”, Capitolo III), la Messa nelle lingue locali “Sacrosanctum Concilium”, n. 36), ecc. Papa Francesco è su questa linea, ad esempio convocando il Sinodo sulla Famiglia e interrogando le Chiese di tutto il mondo, porterà un rinnovamento e “aggiornamento” non del modello di matrimonio secondo il Vangelo, ma delle norme pastorali e giuridiche per vivere il modello nel mondo d’oggi.
Molti ancora si chiedono qual è, com’è la rivoluzione evangelica di cui Papa Francesco è il primo missionario e modello. Eppure è facile capirlo: che tutti noi battezzati diventiamo sempre più autentici seguaci e imitatori di Gesù Cristo, per trovare l’entusiasmo e la gioia di essere suoi testimoni, luce del mondo e sale della terra. Nessuno può tirarsi fuori da questa “revisione di vita” secondo il Vangelo: cardinali, vescovi, preti, suore, laici, l’importante è che ciascuno di noi abbia a cominciare la rivoluzione evangelica della Chiesa, partendo da se stesso. Tornare a Cristo affinchè, con l’aiuto dello Spirito Santo, il mondo in cui viviamo diventi meno disumano e più umano.